giovedì 16 luglio 2009

I dinosauri non si sono estinti

Poche storie: “Farm” è un disco bellissimo, ancor piu’ bello perché non ce lo aspettavamo proprio.
La riunion di questa storica band, alfiere del noisy-rock anni ’90, aveva infatti avuto in “Beyond” – uscito due anni fa, a sette di distanza dall’album precedente - un risultato poco convincente, discontinuo e poco ispirato, come spesso accade in casi come questi.
Stavolta è tutta un’altra storia.
I dinosauri sono tornati con la consueta prepotenza e gli ingredienti che li hanno resi grandi: solidi muri di chitarre e scariche violente di amplificatori, che nascondono melodie piacevoli, rese talvolta struggenti dalla voce trascinata di un J. Mascis indolente e apparentemente svogliato come ai bei tempi.
L’ottima “Pieces”, in apertura, è una sorta di “Freak Scene” del terzo millennio, mentre “I Want You To Know”, “See You” e “I Don't Wanna Go There” sembrano quasi outtakes da “Where You Been” (avercene…).
Tra i brani migliori, la languida ballad “Said The People” e soprattutto “Plans”, che potrebbe far parte del repertorio del miglior Neil Young elettrico.
Trova il meritato spazio anche Lou Barlow, novello figliol prodigo, che firma la faticosa “Your Weather” e soprattutto la conclusiva, splendida, “Imagination blind”. Entrambe in puro stile Sebadoh.

Inutile lamentarsi che i dischi dei Dinosaur Jr sono tutti uguali.
Loro sono i soliti cazzoni: prendere o lasciare.
Ricordo che, all’apice della sua fortuna, J.Mascis raccontava - nelle rare interviste che concedeva -di passare tutto il suo tempo davanti a Mtv, strimpellando qualche accordo di chitarra e bevendo pinte di birra: la critica specializzata aveva finito per eleggerlo a simbolo della Generazione X, apatica e disinteressata alle cose del mondo.
Ancora oggi, nello sgargiante video del primo singolo “Over It” (http://www.youtube.com/watch?v=TgTJtdn6VjM), i nostri eroi si divertono a fare gli eterni adolescenti, saltando idranti e panchine di cemento con skate e mtb, ruzzolando rovinosamente a terra, sotto lo sguardo incredulo di un agente di polizia.


Forse J.Mascis, con la sua lunga criniera bianca e un discreto addome, a qualcuno può anche apparire patetico. Noi, alla fine dei conti, apprezziamo la sua ironia (non siamo i soli: “best fat old men video ever!” è il commento di un anonimo internauta…), tra i troppi chi si prendono troppo sul serio (e il troppo stroppia).

mercoledì 8 luglio 2009

Questo meravilglioso, piccolo e ottuso angolo di mondo


Arrivo in paese nel tardo pomeriggio.
C'è un afa pazzesca.
Una nuvola di vapore sale dall'asfalto bollente.
I grilli cantano della grossa, nel bel mezzo dei campi di grano dorato, e neppure le cicale se ne stanno zitte. Un frastuono terrificante.
Per raggiungere la piazza è un'Odissea.
Davanti a me ho una vecchia Panda 4x4 - qui tutti hanno almeno una Panda 4x4, in pratica è un requisito per ottenere la residenza: nel mio caso qualcuno ha chiuso un occhio - che avanza come fosse un somaro, con passo lento e andatura costante.
Al volante c'è un uomo col cappello. Starà andando ai trenta all'ora, non di più. Impossibile superarlo, la strada è stretta e piena di buche. Mi fa venire in mente lo zio Cecco, da Carpaneto. Erano anni che usava la sua Ritmo, color carta di zucchero e con i parafanghi in tinta carrozzeria, solo nel fine settimana. Un giorno sua sorella, sentendo gli sforzi del motore in terza sulla provinciale, era sabato mattina e stavano andando al mercato giu' in città, gli disse:
Cecco, perchè non metti la quarta?
Perchè? C'è anche la quarta?

Lascio l'auto nei pressi della nuova lottizzazione, dove le nuove villette con i loro archetti in calcestruzzo nascono come funghi, che non per tutti sono commestibili.
Al campo giochi l'erba è talmente alta che i piu' piccoli potrebbero perdersi.
Ci sono auto abbandonate ovunque. L'anarchia dei parcheggi è una nota dolente.
Anni fa un consigliere comunale arrivò per protesta a dimettersi - bei tempi - perchè qualcuno aveva tolto la rimozione forzata davanti al cippo dei partigiani, uno di quei cippi dove ancora puoi leggere frasi tipo: "caduti in cento epiche battaglie". Che poi, eccesso di retorica a parte, suonano davvero bene.

Anche quest'anno è estate, e la tranquillità è andata a farsi benedire.
Il paese, da poco uscito dal lungo torpore invernale, è stato improvvisamente invaso da una moltitudine di terrificanti umanoidi in tuta di cuoio nera, bandana al collo, rayban d'ordinanza e fronte perlata di sudore, in sella alle loro rombanti e scintillanti motociclette dalle marmitte cromate. Stazionano sotto la topia in canette di bambu' del bar in piazza, guardandosi attorno soddisfatti, con una pinta di birra in mano. Sembrano esponenti di una qualche setta satanica. A me un pò fanno paura, cazzo. Scommetto che ogni tanto buttano l'occhio per controllare che nessuno osi sfiorare le carrozzerie tirate a lucido dei loro mostri metallici.
Oddio, l'accoglienza per loro è piuttosto tiepida.
Qui ai villeggianti mica li attendono al varco con un comitato d'accoglienza e la banda di ottoni che suona una marcetta trionfale. Mica gli srotolano davanti ai piedi un tappetino rosso.
Gli va bene se li sopportano. Con malcelata riluttanza, come direbbe Lupo Alberto.
La leggenda narra che un oste della zona, non ricordo bene di quale frazione, apostrofò una coppia di milanesi - colpevoli di essere stati forse un pò pignoli nelle ordinazioni - con una frase che suonava più o meno così: ma con tutti i posti che c'erano da Milano fino a qui, ma proprio da me dovevate venire a rompere le balle?

Su un bellissimo muro in sassi e mattoni che costeggia le case che si spingono verso il fiume, sono stati affissi i manifesti per la convocazione dei comizi elettorali. Si sfidano quattro contendenti sindaci, tutti e quattro piu' o meno con lo stesso programma, divisi per lo piu' da rancori e inutili personalismi (nulla di cui stupirsi, dalle nostre parti per fare il presidente della Pro loco c'è chi sarebbe disposto a vendere la madre).
Tutti e quattro contro il parco del Trebbia, ovvio.
Qui, se qualcuno sente la parola parco, tirano fuori la pistola.
Sono peggio di Goebbels.

Dall'altra parte della strada, vedo un gruppetto di bambini dirigersi dal benzinaio per farsi gonfiare il pallone di cuoio.
Una scena d'altri tempi, che giaceva nascosta in qualche interstizio remoto della mia memoria. Una scena che mi ripaga della mia scelta di venire a vivere in questo piccolo, meraviglioso e ottuso angolo di mondo.
Oddio (e due), noi qui siamo stati accolti bene, superata una fase di diffidenza iniziale, insita nel DNA quasi montanaro.
E' gente che non si tira indietro, questa: se hai bisogno di qualcosa, puoi stare certo che si fanno in quattro per aiutarti.
Mi ricordo i primi tempi, le riunioni della sezione del partito - quando il partito era il partito, le sezioni si chiamavano ancora sezioni, e non circoli, quando non erano ancora in mano agli stupratori seriali - che facevamo in un ripostiglio della scuola media, senza finestre, seduti su vecchie cattedre accatastate con gente che fumava una sigaretta dietro l'altra. Non si respirava, cazzo. A turno, si usciva a prendere una boccata d'aria e poi si rientrava nello stanzino, come dei sub a corto di bombole. Si discuteva, Cristo, si discuteva anche animatamente, ma alla fine una soluzione si trovava.
E' stato proprio lì che ho fatto le mie prime amicizie, in paese.

Passo davanti al circolo Anspi, prorpio di fianco all'insegna dell'idraulico, un'enorme insegna al neon fuori scala che si accende a intermittenza.
Ci sono quattro vecchi seduti al tavolo che giocano a carte. Altri, in piedi, fanno da capannello e ogni tanto scuotono la testa, in segno di disapprovazione.
Porcamadonna, ma gioca il tre, no, cosa lo tieni in mano da fare?
Cosa dici gioca il tre! Ma se l'asso è ancora fuori, asino che non sei altro!
E tu prova lo stesso, coglione.
Ma cosa devo provare, d'un locco compagno...
Le carte finiscono presto rovesciate sul tavolo.
C'è da ordinare un altro giro di ortrugo frizzante, per sedare un pò gli animi.
Mi piacerebbe conoscerli tutti, questi arzilli vecchietti con le gote arrossate e il vestito della festa. A loro modo, sono dei personaggi famosi, in paese. Delle vere e proprie istituzioni. In questi anni ho ascoltato decine di racconti e di aneddoti, ma l'unico che mi viene in mente, adesso, è questo: c'è un tipo sempre brillo che è a casa di amici a giocare alle carte, all'improvviso si alza dal tavolo e dice: bon, io vado a pisciare e poi si inoltra nel corridoio; la moglie del padrone di casa lo insegue per anticiparlo e per mettere un pò a posto il casino che il marito gli lascia sempre in bagno, ma il tipo, iniziando a orinare su un tappeto nel bel mezzo del corridoio, le dice: non disturbarti, donna, piscio qui.

E intanto la briscola riparte, e volano ancora dei porcodio.
Qui non ci fa piu' caso nessuno, neanche il prete, che poi tra parentesi arriva da Milano e non se lo fila nessuno.

E poi, finalmente, tornerà l'autunno, e la calma tornerà a regnare.
Delle sagre e delle feste agostane rimarranno solo echi sfuggenti, la pedana metallica per ballare il liscio da smontare e qualche chiazza di olio frusto, e di grasso di carne di maiale, sulle lastre di pietra di Luserna della piazza del borgo antico.

domenica 5 luglio 2009


Ai Sonic Youth dovrebbe essere consegnato il grammy della sfortuna.
Furono, davvero, uno dei grandi gruppi degli anni Ottanta, forse il piu’ grande. Il loro Daydream Nation (1988) è da tutti considerato una pietra miliare della storia del rock, un’opera seminale per il movimento indie e del noise-rock in generale.
Purtroppo, arrivarono troppo presto - gli uomini sbagliati al momento sbagliato - e altri raccolsero i frutti, dal punto di vista commerciale, del loro immenso lavoro. I Nirvana di Nevermind, ad esempio, con i quali girarono gli States in tournee (1991: the year that punk broke).
E’ vero che Cobain disse che in Smells Like Teen Spirit non fece altro che copiare i Pixies di Debaser, ma non dimenticò mai di rendere omaggio ai loro maestri della gioventu’ sonica, che da parte loro cercarono di strizzare l’occhio al nascente grunge in opere successive come Goo e Dirty.
Longevi come pochi altri, Kim Gordon, Thurston Moore, Lee Ranaldo, Steve Shelley ed il neo acquisto Mark Ibold (ex Pavement, a proposito di indie) sono tornati in studio di registrazione per un’etichetta indipendente, seppur potente come la Matador, per un’operazione da loro stessi definita di revival.
The Eternal – il cui titolo rimanda a un pezzo decadente e funereo dei Joy Division – è infatti il loro quindicesimo album (oltre a una sfilza di EP e progetti minori) - questo fatto inevitabilmente pesa - e ha l’ambizione dichiarata di racchiudere in poco piu’ di un’ora una carriera quasi trentennale.
Il loro sound risulta dunque un po’ datato (AntiOrgasm, Sacred Trickster, Malibu’ Gas Station, quasi il titolo di un quadro di Hopper), qua e là affiorano segnali di stanchezza e, in generale, c’è la sensazione di melodie già sentite, pur ben costruite.
Tuttavia, dal momento che la classe non è acqua, è impossibile non apprezzare alcuni pezzi di bravura di Ranaldo (Antenna, Walkin Blue, che sembra uscire da Copper Blue dei Sugar), un omaggio al poeta beat Gregory Corso e soprattutto la lunga, bellissima, coda acustica di Massage the History.

Da ottobre i Sonic Youth saranno in Europa: per ora previste solo cinque date: Berlino, Bruxelles, Parigi, Dublino e il festival All Tomorrow Parties di Minhead, UK.
Anche loro snobberanno il nostro paese?