lunedì 18 aprile 2011

Low

Reduci dall’improvvida svolta elettronica e antimilitarista di Drums And Guns di quattro anni orsono, la band del Minnesota torna alle sue radici, ovvero alle sonorità slowcore (Slint, Codeine, Red House Painters) che ne avevano caratterizzato i fulgidi esordi.
A rimarcare la scelta, C’mon è stato registrato per Sub Pop – che recentemente non sbaglia un colpo, dai Beach House allo splendido album solista di J.Mascis - al Sacred Heart Studio, una chiesa cattolica sconsacrata nella loro Duluth, che già tenne a battesimo il capolavoro Trust.
In apertura, il bellissimo singolo Try To Sleep, pervaso da un’atmosfera sognante ma tutt’altro che cupa, anzi quasi pop: qualche maligno ha notato una certa somiglianza con Sunday morning dei Velvet Underground.
Dal folk-rock di You See Everything e Witches, quest’ultima impreziosita dalla chitarra slide dei Wilco, Nels Cline, e dal banjo di Dave Carroll, al gospel postmoderno di Especially Me (“some songs feel like butter/some songs sound like cake/this little number is for your sake”), Nightingale e $20 (“The dream is enough/The price is too much/But it's nothing to us/My love is for free, my love”), sino all’ipnotica MajestyMagic, la successione dei pezzi non soffre cadute di tensione, malgrado l’estrema lentezza, la semplicità delle composizioni e il canto soffuso di Alan Sparhawk e Mimi Parker, nella vita marito e moglie (la band si è divertita a sfruttare per le registrazioni anche i giochi dei figli della coppia).
Pare proprio di restare in sospensione.

venerdì 15 aprile 2011

Barba

Qualche giorno fa, B. - nella sua veste di Tycoon, di archetipo dell’uomo di successo - ha intrattenuto una platea di “giovani talenti” con una piccola ma significativa lezione di stile, dispensando consigli tricologici ad alcuni degli studenti con calvizie incipiente, ha chiarito che su un abito blu non si mettono mai le scarpe marroni, che la cravatta «non deve spuntare da sotto la giac­ca» di cui «bisogna abbottona­re solo i primi due bottoni» ,e ha spiegato di non gradire gli uomi­ni con la barba, perché «na­sconde il volto, come se si aves­se una malformazione o si vo­lesse celare qualcosa» (dal web).

Cj non è d'accordo e mette in fila una personalissima classifica delle sue barbe preferite di tutti i tempi (ancora in costruzione...)

20 - MONTY PITHON

19 - IL NUMERO UNO

18 - GOYA E LEONARDO


17 - RENZO PIANO

16 - MR. E

15 - JACK BLACK

14 - AL PACINO E JOHHNY DEPP


13 - NANNI MORETTI

12 - GEORGE BEST

11 - GIGHEN

10 - GINO STRADA

09 - CHARLES DICKENS

08 - IL MAESTRONE, FRANCESCO GUCCINI

07 - ERNEST HEMINGWAY

06 - ROBERT WYATT

05 - ABBE' PIERRE

04 - IL CHE

03 - JIM MORRISON

02 - IL DRUGO

01 - MARX E DIO (A PARI MERITO)


domenica 10 aprile 2011


Si sono già guadagnati, indubbiamente, il Grammy – dovrebbero inventarlo, se già non esiste… - come miglior titolo dell’anno: “Che cosa vi aspettavate dai Vaccines?”, che sia il parto di un genio del marketing oppure la prova di un reale terrore di non essere all’altezza di aspettative spropositate (sottinteso: non aspettatevi un capolavoro).
Tante e tali erano le aspettative per il loro esordio – il piu’ atteso dell’anno dalla stampa britannica, che già li ha incoronati the next big thing, oppure i nuovi Libertines, preferendoli a bands come Chapel Club e Mirrors - che la tentazione di una feroce stroncatura per il recensore era forte. Tendenza rafforzata dall’ascolto ripetuto del primo singolo, la brevissima “Wreckin Bar (Ra Ra Ra)” (1’22’’!) in heavy rotation su Mtv, un’innocua rilettura del power pop alla Ramones con ammiccamenti al surf dei Beach Boys.
E invece questi quattro esponenti della working class della periferia londinese – che presto saranno in tour con gli Arctic Monkeys - suonano un garage-rock godibile e divertente (Strokes, Billy Bragg) con venature dark e similitudini con la scena wave (Glasvegas, Franz Ferdinand, Interpol), e mettono insieme una manciata di pezzi niente male (If You Wanna, A Lack Of Understanding, Wetsuit, la irresistibile Post Break-Up Sex).

Insomma, liquidarli come l’ennesimo bluff della stampa britannica sarebbe ingeneroso, e dunque siamo disposti – magnanimi che siamo – a concedere credito ulteriore.
Poi, per passare alla storia (del Dio Rock, si intende) servirà ben altro.

domenica 3 aprile 2011


Il paesaggio brullo e desolato, l’atmosfera uggiosa, il vento che ti sferza la faccia e la pioggia, fitta e leggera, che non sembra nemmeno che ti stai bagnando, il gregge di pecore che attraversa pigramente la strada e ti tocca aspettare a motore spento, e fai anche un cenno con la mano al pastore che invece ti ignora, passa e va, il pub oscuro e fumoso con le panche di legno e i vecchi dalle gote rosse che urlano con un bicchiere di whisky tra le mani: Isola di Mull, Arcipelago delle Ebridi Interne, Scozia orientale.
E’ qui che la band di Manchester si è ritirata per registrare l’atteso seguito di quel The Seldom Seen Kid – un estratto del quale, Grounds For Divorce, è stato scelto dai Coen per il trailer di Burn After Reading - che aveva stregato critica e pubblico, e questa scelta si riflette nell’intensa malinconia del loro nuovo lavoro (il quinto).

Prendiamo il cuore dell’album, Jesus Is A Rochdale Girl/The Night Will Always Win, due ballate apparentemente semplici ma costruite su sfumature raffinate, quasi inafferrabili.
Un consiglio: è un disco da ascoltare in cuffia, per meglio apprezzare la cura maniacale degli arrangiamenti, la precisione e lo stile dei dettagli, la raffinatezza delle sovrapposizioni tra trame classiche, effetti digitali e campionamenti. Come nell’iniziale ed epica The Birds, costruita sul crescendo lento e inesorabile di un'unica nota ripetuta che culmina in un trionfo solenne di archi e di synth. Grande sfoggio di classe anche in Lippy Kids (narra ricordi di infanzia nei cortili tra le alte case in mattoni rossi della operosa città inglese) e nella conclusiva Dear Friends (un omaggio del leader Guy Garvey ai suoi compagni di viaggio).

Le stelle polari sono i capostipiti dell’art-rock britannico colto e ambizioso: Eno, Fripp, Wyatt, Sylvian. E soprattutto Gabriel: in The River la voce di Garvey ricorda in maniera davvero spaventosa quella dell’Arcangelo di Bath.
Vero: svanito l’effetto novità, qua e là affiora il manierismo (With Love, Open Arms) o un’enfasi ingiustificata, una certa magniloquenza.
La stessa critica mossa da sempre anche ai Genesis (ai Genesis di Gabriel, sia chiaro): e noi che abbiamo amato alla follia Foxtrot e Selling England By The Pound ci teniamo stretti anche gli Elbow.

venerdì 1 aprile 2011

How much for the women?



Una delle scene piu' epiche dei Blues Brothers è quella che si svolge nel ristorante gestito da Fabolous.
C'è una tranquilla famigliola borghese che sta cenando al suo tavolo.

PADRE: Cameriere? Senta. Per favore, maitre.
FABULOUS: Sì, signore? Vanno bene le insalate?
PADRE: Le insalate sono ottime. È... è solo che vorremmo... spostarci a un altro tavolo, un po' lontano da quei due signori.
FABULOUS: Perché? Vi hanno disturbato?
PADRE: No. È solo che... beh, francamente emanano uno spiacevole odore. Sì, insomma, puzzano da vomitare.
FABULOUS: Voglia scusarmi. Vedo se riesco a trovarle un altro tavolo.
PADRE: Grazie.
(...)
JAKE: Quanto vuoi tu per bambina bionda? Le donna. Quanto vuoi tu per tutte le donna?
PADRE: Come?
JAKE: Le tue donna. Io... io... io... compre tue donna, tutte. Bambina, signorine belle. Io voglio comprare tutte. Quanto vuoi tu per tua bambina?
PADRE: Maitre! Maitre!
MADRE: Oh!

A me viene in mente il nostro Grande Capo.
Ma non per la storia di Ruby e dell'Olgettina. O meglio, non solo per quello.
Lui conosce solo un modo per risolvere i problemi: comprare.
Non ha piu' la maggioranza in Parlamento? Il problema non esiste, lui si compra una mezza dozzina di deputati.
Pare di vederlo, aggirarsi furtivo tra i banchi dell'opposizione (sic), con il cerone in faccia e quell'imbarazzante moquette in testa, e rivolgersi ai vari capogruppo: Quanto vuole tu per tuo onorevole? Il deputato. Quanto vuole per i tuoi deputati. Io... compre tuoi deputati. Io voglio comprare tutti.

Insomma, c'è un problema da risolvere?
Eccolo arrivare col suo ghigno proverbiale, tirare fuori il portafoglio, e chiedere: Quanto costa?

L'altro ieri è andato in scena un nuovo, imperdibile show. Non appena sbarcato a Lampedusa, giunto là allo scopo di quietare gli animi di una popolazione infuriata per i continui sbarchi dei barconi di migranti, ha esordito con un incipit straordinariamente comico:
Il Presidente del Consiglio ha il vezzo di risolvere i problemi.
Pare abbia aggiunto:
Sono in missione per conto di Dio.

Poi ha promesso che potenzierà fognature, impianti di illuminazione e traccerà nuove strade. Che aprirà addirittura un casinò: forse chi gli scrive i testi ha messo un accento di troppo, probabilmente intendeva un "casino".
Infine ha affermato di volere comprare una villa.
Anzi, pare l'abbia già acquistata su internet, salvo poi pentirsene in loco perchè troppo vicina all'aeroporto. Troppo rumore. Il Presidente della Regione Sicilia era sbalordito: pensavo che su internet si acquistassero le mozzarelle (ma gli arriveranno fresche?), ha commentato laconico (che non so che cazzo vuol dire ma ci stava bene, laconico).

Sempre ieri, a "Un Giorno da Pecora" il suo medico personale - nonchè sindaco o ex sindaco di Catania, non me lo ricordo se è ancora in carica - ha ammesso di essersi sbagliato sul fatto che il premier è immortale.
No che non lo è, immortale, ha proclamato solenne.
(Probabile che l'immortalità non sia in vendita. Non ancora).

Però vivrà fino a 120 anni, ha proseguito, quasi in forma di minaccia.
Porca troia, mi sono detto.
Quest'anno Lui compie 75 anni, dunque per arrivare a 120 Lui vivrà altri 45 anni. Per esserci anch'io, cioè, per assistere a quell'evento storico, anzi epocale, dovrei vivere fino a 88 anni.
Col cazzo che ci arrivo fino a 88 anni, mi sono detto.
Porca di quella troia, mi sono detto.