sabato 28 giugno 2008

GLI ASSENTI HANNO SEMPRE TORTO, ovvero I 40 DEL PRESIDENTE DELLA REAL TRAPANA


Stadio Comunale di Tuna, 27 giugno 2008, ore 20.30
Maglia azzurra - Maglia verde 1-6

Il pagellone:

Wally 7. Ritrovato. Certo, il suo ritmo non è tra i più mai sostenuti, ma nel mezzo del campo far girar palla come solo lui sa. E’ sempre nel vivo dell’azione. Considerata la sua non più giovane età, potrebbe fare gola al Bologna. Mister Arrigoni, infatti, lo vedrebbe bene in coppia con Sergio Volpi.

Catone 7. Roccioso. Spesso al limite del regolamento, è un puntello insostituibile di una difesa che nel primo tempo tutto sommato ha retto. Adesso si capisce perché il presidente gli ha fatto firmare un triennale da favola. Secondo alcune indiscrezioni, è il calciatore più pagato di tutta la Provincia: guadagna più di Patrascu. Dopo il cedimento del ginocchio è dirottato in porta, da dove assiste (quasi) incolpevole al crollo dei suoi. Anche se prendere due gol dal Monte…

Pollo 5. Irriconoscibile. Ci ricordavamo l’attaccante della Cavalli e Scommesse, veloce e scattante come pochi. Lo ritroviamo un po’ appesantito, anche se poco servito dai compagni di reparto. Sul suo tabellino, in ogni caso, solo un paio di deboli conclusioni verso Barbagia. Nemmeno un guizzo dei suoi.

Skoro 4,5. Impalpabile. Passeggia senza costrutto in varie zone del campo. In pratica, si limita a osservare e registrare tutto quello che accade intorno a lui. Qualcuno lo scambia addirittura per un cameraman…

Terenzio 7. Sontuoso. Dalle sue parti non si passa. Il solito baluardo al centro della difesa. Nella ripresa, quando i suoi compagni di reparto ormai non si reggono in piedi, non perde nai la Trebisonda (cazzo sarà mai, poi, la Trebisonda…) e rimane da solo a fronteggiare le avanzate avversarie. A tratti ricorda il Chiellini di Vienna.

Gio Menzo 7. Ineccepibile. In porta fa valere tutta la sua esperienza, anche se sul primo gol di Venturone si tuffa a una velocità talmente ridotta da inauguare, di fatto, la moviola in campo, per la gioia di Aldone Biscardi. A causa dell’infortunio di Catone, nell’ultimo quarto d’ora cazzeggia in avanti, assolutamente immobile. Avrebbe anche un’ottima occasione per raddrizzare il risultato, ma Barbagia compie l’ennesimo miracolo.

Galletto 5,5. Generoso. Gioca la consueta partita di corsa e impegno, ma stavolta non incide più di tanto lì nel mezzo, dove Wally, Peggy e Venturone la fanno da padroni incontrastati. Nel secondo tempo, partecipa al naufragio dei suoi senza opporre particolare resistenza. Forse dovrebbe limitare l’attività sessuale.

Venturone 7,5. Elegante. E’ sempre stato un pallino del sottoscritto, quando era presidente della Cavalli e Scommesse: lo schieravo sempre dietro alle punte malgrado malumori e polemiche. Anche ieri sera non ha deluso le aspettative. Molto ispirato, le sue incursioni in area sono sempre devastanti.

Youssef 8. Imprendibile. Senza dubbio “Man of the Match”. Il compagno Youssef è dappertutto: lotta in mezzo al campo, porta palla per quaranta metri, tira, segna e serve preziosi assist per i compagni. Con la maturità ha limitato la sua sregolatezza e adesso può far esplodere tutto il suo genio. Lo confesso: quando ha cercato il cross con il suo classico colpo da sotto con le “tre dita” mi sono emozionato.

Dino 5. Spento. Schierato inizialmente sulla sinistra nel più classico dei moduli (3-3-3), si scambia poi con Giggetto e cerca spazio più avanti, senza tuttavia lasciare traccia. Da rivedere.

Giggetto 4. Inguardabile. La più grande delle delusioni di ieri sera. Non è che la pallida copia del mastino di un tempo, quando vestiva la gloriosa maglia della Matchpoint. Dalle sue parti passano proprio tutti, riesce a far scappare anche il Monte. Per usare un eufemismo: un uomo con un grande futuro dietro alle spalle.

Monte 7,5. Implacabile. L’ultima volta che aveva fatto una doppietta era stato nel cortile di casa a Mucinasso, quando aveva cinque anni o sei. E’ il Monte che non ti aspetti, una punta completa. Segna di destro e di testa, e inoltre mette in mostra un ampio repertorio di finte e dribbling stretti. Chapeau.

Ranka 7,5. Incolpevole. Gioca una grande partita da capitano, in ogni parte del campo, distribuendo consigli e incoraggiamenti. Encomiabile per impegno e dedizione, rischia persino di frantumarsi contro un palo per rincorrere un goal, che, sia detto, meritava ampiamente. Non ha colpe sul naufragio dei suoi, forse ha solo sbagliato un attimo a mettere giù le squadre…
(P.S.: Ranka, per il regalo di compleanno io sono a posto…)

Peggy 6,5. Preciso. In mezzo al campo dispensa la consueta saggezza, fatta di geometrie semplici e di fitte trame di passaggi. Cerca sempre la cosa più facile, è questo il suo punto di forza. Per lui gli anni non passano mai. Solo a fantacalcio non ci becca mai…

Gigi 6. Tosto. Il professore, si sa, si trova più a suo agio con la palla ovale: di quella tonda non sa che farsene. E infatti sfoggia i consueti e inopportuni drop e i suoi classici calci in avanti “a correre”. Però, va detto, dalle sue parti non si passa. Poi, nel dopopartita, sfodera il meglio del suo repertorio davanti a un bel piatto di tagliolini coi finferli.

Cece 6. Ordinato. Fa il suo compitino senza sbavature, là in mezzo alla difesa, senza ritagliarsi avventure in attacco, non ce n’è bisogno. Se Barbagia non incassa un passivo più pesante, è anche merito suo.

Barbagia 7,5. Solido. Parte un po’ in sordina, ma con il passare del tempo acquista in sicurezza e finisce per essere uno dei migliori del match. Di riffa o di raffa, salva la sua porta in parecchie occasioni. Un’autentica saracinesca.

Marcello 7. Guizzante. Poco sfruttato nel primo tempo, nella seconda metà della gara trova a disposizione parecchio spazio sulla destra, e lo sfrutta a dovere, con una serie di azioni pericolose e di cross nel mucchio. Un ragazzo da seguire in futuro.

Bado 5. Anonimo. Gara piuttosto scialba sulla fascia, ah no, al centro… oppure era in difesa? Insomma, dove cazzo ha giocato il Bado? Di lui, in gara, non si ricorda quasi nulla.

Puccio 5. Evanescente. Non era lui. Forse aveva la testa al trasloco. Qualcuno sostiene di averlo visto mentre impacchettava col nastro marrone la bandierina del corner. Il presidente ha investito molto su di lui: deve fare di più.

Sassaroli e Conte Gando: n.e.

Assenti ingiustificati il Reggio, Canaglia, l’altro Menzo, Scattone, Cugio, Nanni, Paolissimo, la Foppa, Jimmy Cella.
Assente giustificato (non ha la mail): il Mimmo.
La scusa più patetica (oltre a quella di Scattone, che pretendeva di giocare al sabato mattina): Paolissimo, aveva una cena con la Marcegaglia… dove l’hai portata a trombare, al motel di Le Mose?

giovedì 26 giugno 2008

QUASI COME KEROUAC, 00

In attesa degli ulteriori sviluppi del Munich Blues, per ora stagnante (ma il Piccoletto mi ha promesso un suo contributo, attendiamo fiduciosi), stamattina registriamo la mail di Steve e Federica da San Francisco.
Che è fredda e nebbiosa, come quasi sempre.
Steve dice che ha il suo fascino, e ha ragione.
Il Golden Gate immerso nella nebbia è un'immagine che non si dimentica facilmente.
Steve fa facile ironia sulla promiscuità che regna sovrana ad Haight Asbury e dintorni - " e' pieno di ricchioni e leccabistecca", racconta - e rimugina sui disguidi del viaggio (volo annullato e dirottato su altra compagnia: quando parti senza l'ausilio del Grosso e del Piccoletto, sono cose che possono capitare), oltre a segnalare che la sua carta di credito sta già prendendo il volo...

Cj è preso dalla nostalgia per il viaggio che ha fatto - con altri due esponenti del Cartello, ovvero Big e Paulette, nell'estate del 1994.
Proprio allora Cj aveva debuttato come scriba.
Aveva raccolto un diario di viaggio su un centinaio di pagine a righe di un NoteBook PenTab rilegato con spirale metallica, cover viola.

La sua idea è di trascriverlo qui sul blog.

mercoledì 25 giugno 2008


Chiedo scusa per il patetico ripiegamento su fatti personali, ma dovete cercare di capirmi.
Il fatto è che per tutti noi genitori i nostri figli sono sempre i migliori, per alcuni sono addirittura dei geni, anche se ancora dobbiamo capirne i motivi.
Come diceva Pinaccio appena prima di devastarsi completamente il cervello con la coca, "ogni scarrafone è bello a'mamma soa".
Allora vi sottopongo questo lavoro (tempera su cartoncino rigido) che Agnese ha fatto nei giorni scorsi all'asilo.
A me piace molto.
Probabilmente è stata aiutata dalle maestre (brave!), avendo lei solo quattro anni e mezzo, ma non importa: è bello lo stesso.

Influenze decisive: espressionismo tedesco, il Cavaliere azzurro, Chagall, Mirò.

domenica 22 giugno 2008

venerdì 20 giugno 2008

MUNICH BLUES, 11


Il piccoletto aveva finito per montarsi un pò la testa. Tutti quei complimenti, evidentemente, non gli avevano fatto bene. Poveretto, mica ci era abituato. Poco dopo l'ingresso in città, infatti, aveva dato sempre più frequenti segnali di impazienza, con colpi di clacson e schiamazzi vari, per poi improvvisamente effettuare un paio di pericolose inversioni a U.
Roba da ritiro della patente immediato.

Infine parcheggiò il furgone a pochi metri dall'albergo, al margine di un viale alberato che conduceva alla stazione ferroviaria. La zona era popolata per lo più da stranieri, turchi forse. A pochi metri dall'Art Hotel campeggiava l'immancabile bandiera del Doner Kebab; o Kebap, vallo a capire. In ogni caso, si respirava aria di casa, per noi fedelissimi dell'Imperatore.
Dopo un veloce conciliabolo, il Cartello decise di inserire un pò di monetine nel parchimetro, peraltro particolarmente esoso. Il lettore non si stupisca di questa stravagante scrupolosità.
A Bratislava, infatti, si erano guadagnati le ganasce pochi muniti dopo l'arrivo.
A Barcellona il Bobo aveva scagliato il vecchio Briscola di Achille giù per uno stradello contromano, allo scopo di farlo ripartire in seconda marcia, urlando a squarciagola: Segunda! Segunda!
Il fatto era che non volevamo strafare, c'era tutto il tempo di far emergere la nostra italianità nel proseguio del weekend.

L'atrio dell'Art Hotel aveva un arredo metropolitano, seppur stereotipato, con un design marcatamente vintage '70. La cosa più bella erano senza dubbio le lampade a sospensione della zona bar, realizzate con dei grappoli di bottigliette di Campari, di colore rosso fiammante. I tavolini della hall avevano poi un inserto vetrato per proteggere i sottostanti monitor a cristalli liquidi, collegati a computer nascosti e pronti alla connessione. Nell'attesa del nostro turno per la registrazione, Cj provò a navigare sul web, senza risultati: ci voleva la password, ovvio.
Alla reception li accolsero, con gentilezza tutt'altro che eccessiva, una ragazza di etnia probabilmente indo-pakistana, dalla pelle olivastra e i capelli lisci e corvini, e un giovane dalla chioma invece rossiccia, con occhiali a montatura massiccia e soprattutto un riporto da urlo, alla Schifani prima maniera per intenderci. Uno sfigato di primissima. Con grande piacere, Cj notò che assomigliava un pò all'assistente viscido del vero Lebowski, di Jeffrey Lebowski, il milionario in carrozzella. Non so se avete presente quell'attore strepitoso, mi pare abbia avuto una parte importante anche in "Magnolia".

Non un gran cerimoniale, per la verità.
Il Cartello meritava certamente di più.
Oltretutto, le camere non erano ancora pronte, malgrado fosse quasi l'una di pomeriggio, per cui i nostri eroi furono invitati a depositare i bagagli in un ripostiglio cieco, situato proprio dietro il bancone.
Avevano un paio d'ore prima di potersi dare una sciacquata, per cui decisero di incamminarsi per un primo sopralluogo in centro. Dopo neanche mezzora o poco più, si convinsero a vicenda per una sosta ristoratrice in un locale con i tavolino all'aperto sul viale che portava alla Cattedrale, dove gli vennero serviti dei piatti riscaldati e - della serie: possono capitare solo al Cartello - delle pessime birre annacquate.

Rientrati in tutta fretta all'Art Hotel, dovevano decidere la suddivisione delle camere.
Che, neanche a dirlo, non nacque da un confronto aperto e democratico.
Decise il Grosso, per farla breve.
Dal momento che girava notizia, in seguito confermata dall'interessato, che Easy Willy fosse di idee seppur moderatamente progressiste - eccheccazzo, ascolta Guccini - a Cj non sembrò riproponibile una classica ripartizione di matrice ideologica. Erano infatti maggioranza assoluta, in palese controtendenza con il resto del paese - ma è noto, gli italiani non capiscono un cazzo - anche se con Steve non si sa mai dove si va a parare: alla fine lui è sempre un franco tiratore, uno di cui non ti puoi mai fidare, un tipo alla Mastella o alla Dini, se non avete ancora inteso.

E allora non restò che confermare lo schema, ormai consolidato, della Penzion di Berlino:
Stanza 414: Il grosso, il piccoletto, Cj e Paulette;
Stanza 404: Steve, Winnie, Beddolix e Willie, ovviamente in sostituzione del patetico uomo del Torrazzo.

Cazzo.
Ancora con quei due che russano come bastardi.
Bel colpo di culo.

Il corridoio del secondo piano era ancora fresco di vernice. Su alcuni quadrotti del controsoffitto in cartongesso erano state dipinte delle tristissime nuvole di colore azzurro.
Non si conoscevano i criteri secondo i quali l'Art si era accaparrato ben quattro stelle, e francamente a nessuno interessava saperlo, ma era un fatto incontestabile che di spazio non ce n'era da buttar via.
La camera, o camerata, era una slungarola - ndr: termine di derivazione dialettale coniato dalla Giulia - con i quattro letti disposti a batteria sul lato destro, mentre su quello sinistro era sistenata una piccola scrivania con sopra una tv di ultima generazione. Il frigobar era desolatamente vuoto. Sulla parete del bagno, l'armadio era composto da una sola anta: che abbondanza, per quattro persone. Fortuna che avevano un corredo da poveretti.
La disposizione degli arredi ricordò a Cj la casa milanese di Moscova, quella dove si era fermato nell'inverno del 1991 - o era il 1992? Non si ricordava bene... - con Beddolix e l'amico Zidda. Tornarono alla sua mente la turca fuori sul ballatoio, il lavello di graniglia dove ci si lavava il culo e anche si lavavano i piatti, e poi il pavimento del soggiorno, con quelle tavole di legno talmente imbarcate che quando ci si camminava sopra tintinnavano sinistri tutti i bicchieri dentro la credenza.

Anche il tanto decantato collegamento wireless, che doveva essere presente in tutte le stanze, si rivelò ben presto una cagata: senza password non andava un cazzo, questa era la scomoda verità, scomoda per il Grosso si intende. A noi non ne poteva calare di meno. Il Grosso aveva quindi ripiegato sulla sua chiavetta Vodafone: giusto una mail di saluti a Liz (appena sbarcato sul territorio teutonico, aveva opportunamente manomesso il cellulare per non correre il rischio di essere disturbato) e una ricerca su Google degli indirizzi dello Starbucks in città. Proprio così, perchè Steve faceva la collezione dei mug - quei tazzoni da caffelatte - degli Starbucks delle varie città che visitava.
Cj non aveva mai capito fino in fondo i collezionisti, gli pareva una passione un pò malsana la loro, ma quella dei mug degli Starbucks gli sembrava una ficata. E sotto sotto invidiava anche gli orridi souvenir di Paulette, con i monumenti sotto la neve in quelle cupolette di plastica...
Una volta aveva conosciuto uno che collezionava ciabatte e pantofole: ecco, quel tipo sì, che gli sembrava decisamente patetico.
In prima superiore, invece, il suo nuovo compagno di banco - un biondo tutto riccio che veniva da Gropparello, e che aveva l'aria di saperla lunga - gli chiedeva spesso di tenergli via il biglietto dell'autobus anche se già timbrato.
- Faccio la collezione, - gli aveva detto per giustificare la sua bizzarra richiesta.
- Cazzo, se è messo male, - aveva pensato Cj.
Ma assai presto, durante una ricreazione, aveva scoperto che li usava per farsi le canne nei cessi della scuola. Erano perfetti per il filtro, gli aveva spiegato alla fine. Rigidi il giusto, ma anche arrotolabili senza grossa fatica.
Il viso di Cj si era fatto paonazzo per la vergogna: aveva fatto l'ennesima figura da sfigato.
Avrebbe voluto scavare una fossa nel pavimento del cesso e nascondercisi dentro.

giovedì 19 giugno 2008

Idioteque



Solo un flash dalla serata milanese di ieri sera, una performance strepitosa di Tom Yorke e compagni nella magica atmosfera dell'Arena Civica.
I concerti alle spalle ormai sono decine e decine, ma Cj riesce ancora a emozionarsi...

martedì 17 giugno 2008

Frane

- Piòv anca incò, maladissa...
- Va bene così, Luigiòn. Così porta via un pò di polvere...
- Per fortuna che c'era il surriscaldamento del pianeta!, - commenta un tipo giovane con una tuta da lavoro ricoperta di macchie di grasso, uno che non avevo mai visto qui in giro.
(Devo ammettere che ho pensato anch'io le stesse cose, in questi giorni, in considerazione di una temperatura alquanto atipica per l'inizio dell'estate: sabato Sandra ha dovuto accendere il camino!, ma poi mi hanno spiegato che è proprio questo il clima tipico tropicale: sarà, intanto domenica a Termine Grosso ci siamo fatti polenta e capriolo...)
- Son tutte balle!

In paese non si parlava d'altro, stamattina.
Le piogge incessanti delle ultime settimane avevano già creato non pochi disagi. La grandine aveva distrutto buona parte dei raccolti agricoli. Le strade erano piene di buche. Il fiume, incessantemente, portava a valle un'immensa colata di fango.

E adesso c'era stata la frana.

Mentre sorseggio il mio caffè bollente, leggo sul giornale: "Continua a muoversi la frana che si è staccata dopo le forti piogge dei giorni scorsi invadendo del tutto la strada che porta alla frazione di Pilè, nel comune di Travo. Un'enorme montagna di terra, che ha trasportato con sé alberi e detriti, era scesa improvvisamente nella notte di venerdì (...) già l'altra mattina si estendeva per 700 metri con un fronte di altri 100, complice anche il tempo che non accenna a migliorare, tende a spingersi nuovamente in avanti e a far scendere altro terreno, ormai completamente impregnato d'acqua. A monte della frana si è così pericolosamente formato un lago di circa una sessantina di metri in lunghezza e dieci in larghezza, con una profondità stimata intorno ai tre metri. Al momento è impensabile qualsiasi tipo di intervento sulla frana, i mezzi non riuscirebbero nemmeno ad avvicinarsi a quello che attualmente è una specie di materasso di acqua e fango."

Poco dopo entra al bar un vecchio compagno, un sindacalista di vecchia data. Persona seria.
- Abbiamo vinto anche ieri..., - mi dice, con malcelata disapprovazione.
- Ehm... sì, - abbozzo io. Non ero molto sul pezzo.
Allora lui mi snocciola tutti i dati:
A Palermo siamo al 27%.
Catania 17%.
A Messina, dove il centrodestra candidava un pregiudicato, il 21,5%.
Trapani e Siracusa poco sopra il 30%.
Agrigento addirittura al 15%.
Sotto anche nelle roccaforti storiche, Enna e Caltanissetta.
Schifani che gongola.
Addirittura Sgarbi in vantaggio a Salemi.
E la sinistra, ancora peggio: pura testimonianza.

Altra frana.

lunedì 16 giugno 2008

MUNICH BLUES, 10


http://picasaweb.google.com/GallettoBuBu
http://picasaweb.google.it/paolomenzo/CartelloGoesToMunchen
http://picasaweb.google.com/bedsabidda/20080607CartelloAMonaco?authkey=UBoMNQgsPMk
http://picasaweb.google.com/gbattm/Munich

domenica 15 giugno 2008

MUNICH BLUES, 09


L'idea del racconto collettivo è decollata in maniera entusiasmante, ben oltre le aspettative.
Sono infatti giunti numerosi contributi a CJ, il quale non esita a pubblicarli in modo pressochè completo. Tuttavia, al fine di rendere più omogenea e filante la lettura, CJ si è permesso di operare un leggerissimo editing ai testi pervenuti, senza modificare in nessun modo il senso e la forma degli stessi.
Buona lettura e avanti così!

MUNICH BLUES, 08

- Gimmy il pedofilo uscì di casa ma quel mattino faceva brutto..., - cantò la sveglia del mio cellulare, dando così inizio all'avventura con questo nuovo gruppo denominato "Il Cartello". In effetti, avevo chiuso gli occhi solo due ore prima, dopo un'estenuante, ma divertente, nottata al Bar La Rocca, un luogo ameno situato nel cuore della piccola Rio, così come amo definire quel gioiellino di paese che è Caorso.
Non nego che un po' di emozione e curiosità alimentavano l'impazienza di iniziare questa zingarata. Ma c'era anche un velo di tristezza: l'amico Steve stava iniziando l'ultimo viaggio da single, dopodiche avrebbe spiegato le vele per un ben più duro viaggio, senza ritorno, che era il suo matrimonio.
Ma non era certamente tempo per nostalgie...
Una chiamata, proprio di Steve, annunciava l'arrivo dell'allegro torpedone. Poichè la mia casa è situata in un vicolo cieco e non conoscendo ancora l'incredibile abilità del pilota, decisi di andare all'incrocio con la strada principale ad attenderne l'arrivo. Puntuale come un orologio svizzero, vidi spuntare dalla curva un Ducato bianco, alla cui guida non riconobbi l'autista. Pensai che anche lui fosse un nuovo affiliato al Cartello...
Dopo avere caricato il bagaglio, tirai il portellone per salire e...
finalmente loro!!!

La prima cosa che notai fu uno di quei pupazzetti, tra l'altro enorme, molto kitsch, che si attaccano ai finestrini delle auto. Mentre cercavo con gli occhi la ventosa che lo teneva incollato al vetro, notai che mi sorrideva... Cazzo, non era un pupazzo.
Era Winnie!
Per scatenare subito l'ilarità generale, chiesi: - Ma è attaccato con la ventosa? Come terminai la frase, un brivido mi percorse la schiena: mi stavo introducendo in un gruppo consolidato e non sapevo quale reazione avrebbe potuto scatenare nel Cartello il fatto di prendermi gioco di un loro decennale membro. Non so dunque con quale incoscienza presi la decisione di fare questa battuta, ma andò bene. I ragazzi iniziarono a ridere.
Così salìi a bordo. Presi posto nella terza ed ultima fila, così come si confà all'ultimo arrivato. Non volevo dare l'impressione di essere un gradasso. Dovevo essere rispettoso del gruppo e, entrando in punta di piedi, conquistare pian piano la loro fiducia. Mi sistemai alla destra di Winnie, che nel frattempo era già ritornato pupazzo. Alla mia sinistra sedeva Paulette, il mio compagno di banco ai tempi del Liceo.
Già, il mio compagno di banco. Non nego che provai gioia e nostalgia nel ritrovarmelo accanto come venticinque anni fa.
Quello che mi colpiva di Paulette era, come da sempre, la sua straordinaria arguzia e intelligenza e la capacità di farti subito sentire parte del suo mondo, che, soprattutto negli ultimi anni era stato molto diverso dal mio.
Davanti a Paulette, sedeva il suo gemello, Joe, che io conoscevo da anni e con il quale avevo condiviso anche un'esperienza calcistica nelle giovanili del glorioso Roncaglia Football Club.
- E' sicuramente l'intellettuale del gruppo, - pensai. Lo si notava dal modo in cui guardava distratto al di là del finestrino, forse addirittura al di là dell'orizzonte. Notai che prendeva appunti su un' agenda tascabile, che in alcune delle prime pagine riportava anche una serie di schizzi e disegni, fatti a biro e di varia natura. Lo salutai. Mi rispose in maniera gentile, anche se un po' distratta... ma c'era da aspettarselo. Era in effetti un vero e proprio intellettuale.
Alla sua destra c'era il festeggiato, la scusa per intraprendere questa zingarata, insomma Steve.
Lo vedevo sempre molto volentieri. Era l'amico di sempre. Polemico, burlone, ma sempre grande amico.
Sembrava contento, sereno, nonostante il destino che lo avrebbe atteso di lì a qualche settimana. Nel vederlo così, fui contento per lui. Avevamo condiviso tante cose insieme, sia ai tempi del Liceo sia a quelli dell'Università e, nel tempo, eravamo diventati entrambi due quarantenni, forse immaturi, ma capaci di godersi la vita come due ragazzini. Avevamo anche trascorso una vacanza insieme, condividendo
una tenda canadese, sulle coste della Sardegna e sotto l'attenta guida del Pompelmo e della Mariarosa.
Accanto a Steve, sedeva Beddie, altro amico dei tempi del Liceo.
Sempre vestito con molta stile ed accuratezza nei particolari. Di lui avevo sempre invidiato al capacità di saper fare qualsiasi cosa con estrema classe. Un tipo molto intelligente, di poche parole, ma sempre molto puntuale, preciso e rigoroso nei suoi discorsi e dalle idee sempre molto chiare; una persona, insomma, che sarebbe stata in grado di emergere da una fogna con uno smoking bianco, ancora immacolato.
Notai, non nego con un piccolo piacere, che il tempo iniziava a lasciare su di lui qualche piccolo passaggio.
Ed infine la coppia, e che coppia!, nella cabina di guida.
Come dicevo prima, non conoscevo (o almeno così pensavo) l'autista. Subito l'allegra brigata lo battezzò "Il piccoletto" per contrapporlo a quell'altro che chiamavano Big, oppure "Il grosso". Il piccoletto vestiva con una t-shirt nera e un cappellino scuro. Era molto taciturno, ma sembrava sapere il fatto suo. Nonostante questa sua figura così tagliente, anche lui aveva abbozzato un timido sorriso, solo muovendo un angolo della bocca, alla battuta su Capitan Ventosa.
Accanto a lui, come dicevo prima, c'era Big.
Era un figuro con faccia un po' inquietante, di buona stazza, così come lasciava intuire il suo soprannome, Big appunto. Ci eravamo conosciuti all'epoca in cui frequentavo la casa dei gemelli CJ e Paulette e in giovane età avevamo incrociato gli scarpini su qualche campetto di periferia, quando deliziavo le folle con giocate sopraffini degne del migliore Cigno di Utecht.
Di lui, per citare Francescone Guccini in Amerigo "colpiva il cranio raso e un misterioso e strano suo apparecchio (il tom tom supertecnologico attaccato al parabrezza), un cinto d'ernia che sembrava un fondina per la pistola (il borsello di
tela che portava a tracolla)"


Bene, e così questa era l'allegra combriccola che si accingeva a raggiungere Monaco.
Mi fu chiesto di indicare la strada per uscire dal labirinto di fanciullesca memoria e raggiungere così la fatidica A21. Poco dopo Big intravide i cartelli stradali verdi e chiese: - E' lì che si prende l'autostrada?
- Sì, - risposi, - ma poi riportatecela, perchè a Caorso ci serve...
Ci fu qualche secondo di gelo, e poi scattò l'ilarità generale.
- Sarà un viaggio lunghissimo, - disse Steve con sarcasmo, riferendosi alla mia battuta.
Notai che anche il truce Piccoletto stava sghignazzando, mentre Winnie continuava a penzolare dalla sua ventosa, che era ormai diventata il suo cordone ombelicale. Io pensai: - E' fatta! Mi hanno accettato come uno di loro.

Il viaggio procedeva a vele spiegate. Dopo un infinito tragitto di 21 (ventuno) Km la prima sosta. Paulette intonò a Piccoletto un coro che diceva: - Autista, autista dal cuore gentil... Autogrill, Autogrill.
Anche un duro come il piccoletto non avrebbe potuto resistere ad una richiesta
tanto accorata. E così ci fermammo all'area di Servizio dell'odiata Cremona. Scendendo le suole delle scarpe si attaccavano all'asfalto, ma non per il calore dello stesso, ma per i quintali di mostarda che ricoprono le strade della città lombarda. - Più che Cremona io la chiamerei Mostardona, - pensai, ma non dissi niente ai ragazzi per non esagerare.
Dopo la colazione, decisi che era venuto il momento di presentarmi al piccoletto. Come ogni buon autista era girato di spalle, con la testa infilata nella parte posteriore del pulmino, intento a sistemare il bagagli per ottimizzare gli spazi. Mi avvicinai con un pò di timore.
- Scusa, - dissi: - Vorrei presentarmi...
Lui si girò lentamente, sbuffando qualcosa che non capìi. Ma era il Gallo, anche detto Galletto Bubù!!! Sì, conoscevo anche lui. Avevamo fatto qualche uscita in compagnia dopo le partite di calcetto con Big, i twins e Steve... Mi sorrise. Ci abbracciammo. Stava per scattare il giro di lingua, ma la voce di Big ci interruppe, seccamente e perentoriamente:
- Allora banda di froci, andiamo o volete passare tutto il giorno in questa città di merda?
Non si poteva contaddirlo, anche perchè non aveva poi tutti i torti. Ma ci sarebbe stato modo in seguito di vendicarci ampiamente del suo saccente dispotismo nerazzurro. Il piccoletto mise in moto, inserì la prima marcia, emise un sonoro rutto, e bestemmiò con un altrettanto sonoro Por*****.
Erano le sue prime parole.
Che emozione!
- Monaco stiamo arrivando, - pensai.
E ripartimmo.

(Willie)

MUNICH BLUES, 07

- Oh oh, figa! Si!! Questa me la scrivo!, - e mi prende il lobo con le dita.
Non siamo neanche a Brescia e il Grande Gemello ha già in mano quella cazzo di moleskine riciclata e si annota tutto ciò che succede. Uno come me, che parte per un addio al celibato, parte già con qualche pensiero e spera: - Cazzo, adesso mi rilasso un po’ con questa cialtronesca banda di diversamente sessuali, - e invece no! C’è il Grande Gemello che rompe il cazzo!
E oltretutto quando dici qualcosa che magari gli sfugge, ecco che arriva il "Numar Vòn" (nel senso di Uno in caorsano, perché in genere il "Numar Dù" è il suo interlocutore) che da dietro ti prende il collo o le orecchie ed esclama “T’è propria un cuciu cuciu!” o “T’è propria un Galassi!”.
Nel suo strano idioma mi sta praticamente dando del coglione e allora il nervosismo monta, sento le mani che prudono, cerco affannosamente un capro espiatorio, perché, ammettiamolo, il "Numar Vòn" è troppo grosso, e allora mi giro verso la terza fila, vedo Vinnie che per la terza gita consecutiva sfoggia la stessa maglia Winston che gli ho regalato, perché è una tigna bastarda, e penso: - Cazzo non spende mai un uno!, - vedo il suo sguardo sornione, un po’ lascivo e allora ci siamo, ho i giusti pretesti! Parto! Gli sferro un colpo allo stomaco, lui reagisce scomposto e urta Paulette. Paulette che non aspettava altro e allora lo colpisce duro. Si crea una nuvola dalla quale escono urla e pugni chiusi.
La girandola di platte e colpi bassi è violentissima, ma dopo qualche istante tutto si placa, Beddie lo svizzero è riuscito ancora una volta a mantenere la sua neutralità e uscirne illeso, purtroppo.
Mi giro per ricompormi sul sedile e vedo CJ che cerca di non farsi notare mentre scrive le ultime fasi del tafferuglio.
Bene, penso, comunque adesso sto meglio.
Guardo davanti e vedo il Grosso e il Piccoletto che si danno il cinque perché grazie alla tecnologia hanno evitato una coda di un chilometro facendo una deviazione di dieci chilometri su strada normale.
Nessuno me lo leva dalla testa, ìen dù cùlatòn.

(Steve)

MUNICH BLUES, 06

Tutto ebbe inizio sulle fredde panche del Tempio al rituale post-caletto del giovedi’. Nessuno ricorda bene ne' il come, ne' il quando, e tantomeno il perché, ma sta di fatto che la componente sportiva del cartello stabili’ quanto segue: nel secondo week-end di giugno il cartello si sarebbe recato nella capitale bavarese per quello che sarebbe stato il viaggio di addio allo status di uomo libero del “membro” Steve.

Dopo brevi discussioni sulla scelta delle date di partenza-ritorno (stabilite nei giorni sabato 7 e lunedi’ 9) restava solo da scegliere il mezzo di trasporto adeguato, scelta che cadde unanime su ciò che a tutti sembrava piu’ indicato per una zingarata tipo questa, la classica furgoneda a noleggio.

Da qui entra in scena la vena organizzativa di Big.
Qualche giorno dopo i “membri” ricevettero la prima mail: 21-05-2008 ore 15,41
“Oggi mi sono sbattuto con gli autonoleggio. Risultati:
Hertz massimo sette posti, forse gli arriva qualcosa a giugno….323 euro, 1900 franchigia kasko e furto.
Avis non rispondono al telefono (è chiuso???)
Pharmarent: VW Caravelle o Transport, 380 euro, franchigia kasko 1300
Europcar: Fiat Scudo Panorama 2.8 Td, 262 Euro, Franchigia kasko 1300, franchigia furto 2300. L’offerta è poca, soprattutto per i weekend. Se mi date l’ok prenoto Europcar”


Il grassetto lasciava poche speranze ai piu’…..la scelta di Big era precisa ed evidente…… L’ok arriva da parte di tutti……o quasi……

Stesso giorno, la seconda mail: ore 16,25
Hotel http://www.booking.com/hotel/de/regent.html. Hotel Regent, quattro stelle, centro, 168 euro per camera per le due notti, colazione inclusa. Sono 84 euro a testa. Rimangono pochissime camere. Veloci!

CoccoDD…… giornata piena oggi in cooperativa.
Qualche botta e risposta che avanzava la richiesta di una Locationsssss piu’ simile alla Penzion berlinese……. Irrompe qui la figura di Antonio, viaggiatore solitario, che lamenta la mancanza delle cuffiette da bagno. Si decide di cambiare hotel….
Gli scambi di vedute si protraggono fino alle 18,26, poi tutti a casa.
Il giorno seguente dopo un lungo e preoccupante silenzio, Big si fa ancora vivo: la scelta è caduta sull’ArtHotel, unica concessione alle richieste dei “membri” è la camera, non piu’ 4 doppie bensi’ due quadruple da urlo!
Il tutto viene ufficializzato da un breve comunicato alle 18,26…..(cazzo deve avere una sveglia che gli indica a che ora spedire).

Ottimo. Confermato automezzo. Prenotato albergo.
Posso fare altro per voi culattoni....

I giorni passano e le lancette corrono inesorabili. Ed è così che la mattina del 4-6-2008 ore 9,20 il Galletto Bu Bu, appena giunto in ufficio, scarica la posta con le briciole della brioche della Mina agli angoli della bocca, mentre si “gira” il caffè che lo porterà, dopo aver fumato la prima pagliuzza di giornata, a scaricare nella tazza quanto trangugiato la sera prima e scopre che, tra le tante, spicca una mail di Big:

Ciao Galletto, se ritiri tu il mezzo ti mando la mia patente via e-mail. Il noleggiatore mi ha detto che in contratto se ne possono inserire due, ma che comunque la copertura assicurativa c’è chiunque guidi. Se non puoi tu, mettiti d’accordo con Steve, che ci legge in Cc. Devi andare con patente e carta di credito, ti bloccheranno 500 euro per i tre giorni, senza prelevare niente. Il pagamento è alla riconsegna. Giovedì non ci sono, devo finire un lavoro. Se ritiri tu, mi passate a prendere sab. mattina, così non lascio l’auto in strada? Porta i film, io porto il portatile.

Ancora inconsapevole di ciò che avrebbe generato l’assegnazione di quell’incarico di altissima responsabilità da parte di Big, il Galletto si sentì inchiappettato. Il “Se” ad inizio della penultima riga era tanto cortese quanto inutile nel contesto della frase, sapeva benissimo che la mail era nata senza, del resto lui, non aveva ancora fatto un cazzo, non poteva rifiutare.
Capì all’istante che quello sarebbe stato il suo compito, la sua missione.
Tra una bestemmia e l’altra si organizzò, e si presentò puntuale alle 18,30 del 6-6-2008 sotto un diluvio torrenziale, patente nella sinistra e carta di credito nella desta, al ritiro del Ducato. Fu amore a prima vista, del resto lui ne ha sempre desiderato uno, e immediatamente si sentì Duka!

Le tenebre scendono sulla tranquilla cittadina mescolate alle gocce di pioggia che cadono incessantemente, sembra un messaggio mica tanto implicito (e quindi esplicito) di colui che tutto puote, ma siiiii, beneeeee, tanto il galletto ha le spalle larghe, del resto, non è la prima volta che quello gli si mette di traverso, ma il galletto, che non è uno che si scompone facilmente, sà come prenderlo, in fondo è un pò come una donna, bisogna solo lascialo sfogare, non dargli retta.
Una volta manifestata la sua supposta onnipotenza si dedicherà ad altre questioni. Bene, e ora pensiamo alla pancia, questa sera Zona Fr**** col Ranca (quello che sarebbe venuto ma dire che centrava limitatamente è un’eufemismo n.d.r.).
Quella sera il Galletto faticò a prendere sonno, vuoi per la tensione per la partenza, vuoi per il pollo all’orientale, del resto BIG me lo ha sempre detto di diffidare di quello stronzo, simpatico "come un gatto sui maroni".

E BIG non è mica un coglione, è uno che la sa lunga, lui.

E così, alle 5,05 del 7-6-2008, Big e CJ fecero squillare il k800 del galletto per rimarcare il suo (a quell’ora puo’ definirsi consueto) ritardo all’appuntamento. Si accende il motore, si caricano i bagagli, prima tappa: Padre Pio e Winnie, seconda tappa: Bedo e Steve, Terza tappa: nella terra dell’uranio impoverito il neo acqusto del cartello. William, detto il battutaro de Trastevere, che sale, spara due cazzate, e finisca col declamare, con lui mi presento dopo, all’autogrilllll. CoccoDD…, ma se ci conosciamo da 20 anni... sarà l’ora, sarà che alla guida del Ducato mi sento un’altra persona, siamo messi bene! Me lo ricordavo piu’ tonico, ma Willie, pero’, si rifarà alla grande col passare dei minuti)

ORE 5,45: dopo un buon caffè al primo autogrill incontrato dopo Caorso, al grido “Riprendiamoci Berlino” si parte per Monaco (che poi che cazzo centra?)

(Galletto)

sabato 14 giugno 2008

MUNICH BLUES, 05

Testa appoggiata sul finestrino, cappellino del Bologna in testa per festeggiare l’agognata promozione in serie A e tra le mani una guida di Monaco da sfogliare distrattamente.
- Non avete qualcosa di Moby?, - chiese sarcastico Paulette, al risveglio da uno dei micro-assopimenti che stavano caratterizzando la prima parte del suo viaggio. La stanchezza dovuta alle poche ore di riposo prendeva a intervalli regolari il sopravvento sull’entusiasmo per la zingarata con il Cartello.
E poi quei due cominciavano a dargli maledettamente fastidio.
A dire il vero che il piccoletto non più di tanto, era evidente che aveva poca voce in capitolo nella coppia e che era un operativo. Era il Grosso ad essere insopportabile quella mattina, con la sua boriosa saccenza e la sue continue e spocchiose autocelebrazioni.

Paulette lo conosceva da una vita, il Grosso.
Aveva avuto più volte la fortuna di goderne l’esuberante e trascinante simpatia nelle trasferte del Cartello e ancor prima negli inter-rail giovanili. Ma aveva anche toccato con mano la sua spiccata tendenza alla leadership, come direbbe lo psicologo della mutua, che lo portava a certe derive decisioniste senza, per usare un linguaggio aziendale, un percorso di condivisione completo all’interno del gruppo.
Era democratico come un treno di preti nazisti, per dirla alla Stefano Benni.
Dettava legge, per citare invece il buon Laziale. L’aveva vista lunga il laziale, altrochè, pensò Paulette. Il pensiero agli amici che non ci sono più, file riaperto di recente, fu per lui come un pugno nello stomaco.

Decise di continuare con il sarcasmo, arma che adorava.
- Davvero centrale l’albergo, è praticamente in piazza…
Aveva finalmente localizzato l’Art Hotel sulla mappa, dopo averla più volte allontanata dagli occhi, sintomo inesorabile dei quarant’anni dietro la porta.
- Gliele hai cantate, cristo!, - reagì subito Steve, che non vedeva l’ora di avere un appiglio per attaccare la strana coppia là davanti: - Come gliele canti tu non lo fa nessuno.
- Bravisim!, - sottolineò Willy, l’uomo nuovo del Cartello, inaugurando quello che diventerà il tormentone della trasferta in terra di Germania.
Distolta l’attenzione dal suo navigatore tentacolare, vera e propria appendice del suo stesso corpo, il Grosso rispose piccato: - E’ a due passi dalla Stazione, manica di pederasti, e quindi poco distante dal centro. E si può parcheggiare facilmente la furgoneda… Sai cos’era bella? La Penzion che avevate prenotato a Berlino, bella merda. Andate in culo, va.
- La Penzion aveva un suo stile. E poi era praticamente in Potzdamer Platz, mica nel buco del culo della città, vicino alla stazione dove ci saranno gli sbandati e i froci che fanno marchette… Ah già, magari l’avete scelta per quello, - replicò Paulette, facendo un poco velato riferimento ai presunti orientamenti sessuali della strana coppia. - E poi chi se ne fotte della furgoneda, la parcheggeremo dove capita.
- Si, infatti, chi se ne può inculare, - chiosò Steve, che quando decide di farti da sponda in un battibecco, più o meno creato ad arte, va fino in fondo.

Intanto CJ prendeva nota sulla sua moleskine, fidata compagna di viaggio. A dire il vero lo scriba si era presentato ai nastri di partenza con un taccuino già usato, con una scelta che aveva sorpreso e fatto discutere.
- Non considera la trasferta del Cartello degna di una moleskine nuova… Ma vaffanculo, va là, - aveva commentato risentito Steve.

Porcelain di Moby sfumava.
Paulette pensò che alla fine era uno dei due o tre pezzi veramente buoni dell’album, che per il resto non faceva proprio cagare ma non era nemmeno il capolavoro incensato all’epoca dall’universo mondo.

(Paulette)

MUNICH BLUES, 04

Questo il prezioso (al solito) contributo di Winnie:

I'll be on a business trip from 6/6 to 12/6 (included).
For urgent matters please call +39 - 348/9082085
Regards

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venerdì 13 giugno 2008

Ho conosciuto quel fuoriclasse di Daniel Johnston grazie all'amico Beddolix e alla strepitosa cover di un suo pezzo - "Walking The Cow" - a opera dei fIREHOSE, fantastico combo nato sulle ceneri dei seminali Minutemen.



L’artista - che nella vita ne ha fatte di tutte: ha lavorato in un parco giochi, continuando a incidere canzoni di nascosto, lascia la città natale al seguito di un luna park, per nove mesi vende popcorn in giro per l’America - è molto amato dal mondo indie rock: i Sonic Youth, i Rem, i Pearl Jam, David Bowie, Steven Spielberg, Tom Waits, Beck e i Flaming Lips sono suoi fan accaniti.

Noto più per la sua produzione musicale, Daniel Johnston, nato a Scaramento California nel 1961 da una famiglia cattolica metodista, è però anche artista visivo molto stimato. La notorietà è stata raggiunta con l’invito alla Biennale del Whitney del 2006. Le sue illustrazioni affondano le radici nell’immaginario puerile: l’innocenza dell’infanzia si mescola alle peggiori paure legate all’età adulta. Daniel sviluppa così un suo universo parallelo generato dall’ossessione più che dall’intelletto, riorganizza il mondo secondo il proprio punto di vista. Si ispira inizialmente ai personaggi dei fumetti e dei cartoni, all’Incredibile Hulk, a Capitan America, ma anche a Frankenstein e il fantasmino Casper.

La Galleria Antonio Colombo di Milano ospita fino al 4 luglio una mostra dedicata alle sue opere dal titolo "The Devil and the Daniel"
In occasione della mostra viene pubblicato un catalogo bilingue (italiano/inglese) con testi di Luca Beatrice, giornalista di Linus, e di Alberto Campo, critico musicale, caporedattore di Rumore e direttore del Traffic Free Festival di Torino.
La mostra rimarrà aperta fino al 4 luglio 2008, da martedì a sabato dalle 15 alle 19.00.
Essa si sposterà a Torino dal 7 al 13 luglio nell' ambito del Traffic Free Festival, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in via Modane 16.

Ecco un breve estratto dal sito della galleria:
"Celebrità della scena underground, outsider dell’ultima scuola di cantautori americani, la musica di Daniel Johnston tocca corde universali. Con la sua voce nasale e nervosa racconta i fatti più drammatici dell’esistenza senza mai scadere nel patetismo. Nel fervore del post-punk reinventa il termine Lo-Fi: nei suoi testi alterna filastrocche nonsense a confessioni intime e disperate, versi lunghissimi a rime sorprendenti. Si tratta di suoni privi di artifici, dove non c’è distinzione tra l’uomo e l’artista."

Sul sito ufficiale di Johnston è possibile persino acquistare una riproduzione in 3D della rana Jeremiah, nei colori bianco, verde e giallo:

http://www.hihowareyou.com/store/shop/details/1419



Daniel disegnò l'ormai celebre rana per la copertina del suo primo lp "Hi How Are You" del 1983 - registrato nel corso di una violenta crisi di nervi che seguiva un periodo di forti depressioni e disturbi psichici - e subito diventò uno dei suoi simboli. La "rana aliena", simbolo positivo di speranza, divenne improvvisamente
popolare quando Kurt Cobain indossò una maglietta con il disegno della rana Jeremiah realizzato dall’artista durante gli Mtv Awards del 1994.
Lo stesso anno Daniel la disegnò sui muri del Sound Exchange Music Store at 21st and Guadelupe in Austin, Texas: il murales è ancora lì, protetto e tutelato da un vincolo (che paese, l'America...). Proprio in quella via di Austin, lui distribuiva gratuitamente le sue cassette, come fossero biglietti da visita, diventando subito una sorta di leggenda locale.

giovedì 12 giugno 2008

mercoledì 11 giugno 2008

MUNICH BLUES, 02

Il Grosso aveva saputo che il Cartello organizzava uno dei suoi famigerati viaggi. Stavolta la meta prescelta era Monaco. No, non il Principato, che almeno sarebbe stato un week-end a base di sole, mare, casinò e figa, tanta figa. Quei maledetti bastardi se ne andavano in Baviera, a Cruccolandia. Il Monte glielo aveva detto più volte, a proposito dei crucchi: quelli lì sono più indietro della coda del gogno (veramente il Monte pensava che tutte le razze ed etnie, a parte i “piasintein dal sass”, fossero affette da devianze e ritardi mentali).
Comunque non c’erano cazzi, il viaggio andava organizzato.
La prima cosa, quando si viaggia, è avere un autista decente.
Il Grosso pensò immediatamente al Galletto: piccoletto, scattante, nevrile, ma allo stesso tempo capace di rimanere calmo, impassibile avresti detto, anche in mezzo a una bufera. Peccato che avesse quel maledetto vizio di ruttare e bestemmiare mentre guidava, ma comunque quelli del Cartello se ne strabattevano del galateo.
Per il mezzo, il Grosso aveva provveduto a qualcosa di non vistoso, un Fiat Panorama bianco andava più che bene. Era certo che qualcuno del Cartello, in particolare quel cagacazzi di Steve, avrebbe avuto da ridire, ma era comunque disposto a sopportare il pesante sarcasmo di quella banda di idioti.
Per l’albergo, ne aveva trovato uno vicino alla stazione, in un viale tranquillo, dal nome raffinato di Art Hotel, anche se di artistico non aveva un cazzo. Da lì però era sicuro di potersi muovere rapidamente per tutte le direzioni, sia a bordo del furgone che, all’occorrenza, in metropolitana o in treno.
La prima cosa che gli balzò all’occhio, quando gli fu presentata la lista dei partecipanti, fu il nome di Willy: il Grosso non ne aveva mai sentito parlare, probabilmente era un nuovo affiliato. “Speriamo non sia un novellino sprovveduto, di quelli che si cacciano nei guai e non sanno neanche da che parte sono girati” aveva pensato.
Inutile negarlo, i viaggi del Cartello rendevano il Grosso sempre un po’ nervoso, non si sapeva mai come sarebbero potute andare le cose con quelli.
Poi, finalmente, arrivò il momento della partenza. Il Grosso, come sempre, aveva con sé tutti gli apparati che la tecnologia metteva a disposizione. Il Piccoletto era silenzioso, e cominciò a guidare che faceva ancora buio: al meeting point ecco salire tutti i membri della gang: Steve, Winnie, Paulette, CJ (l’intellettuale del gruppo, l’unico in grado di mettere insieme una consecutio temporum, se capite quello che intendo) e Beddolix.
Il Grosso si accorse che il nuovo non c’era.
- Passiamo a prenderlo a casa, ci sono problemi??!. - abbaiò Steve.
Il Grosso pensò che la giornata sarebbe stata molto lunga, accese il navigatore e disse all’autista:
- Andiamo!

(Big)

MUNICH BLUES, 01

Abbandonammo il furgone in mezzo al piazzale deserto, dopo aver inghiottito la corsia di ingresso all'Autogrill con una brusca decelerazione.
L’autista, che per la verità non doveva essere propriamente a digiuno di alcol, sembrava infatti infischiarsene del perdurante maltempo e del traffico, e procedeva a velocità sostenuta. Il suo stile di guida, sporco ed epilettico, era fatto di improvvise accelerazioni e di altrettante frenate.
Dopo un iniziale disorientamento, scendemmo a terra per sgranchirci un poco le gambe, indolenzite dal lungo viaggio.
Feci due passi in una direzione qualsiasi, facendomi largo tra lattine di birra vuote e sacchetti di plastica.
Tutto intorno, dal cemento saliva un terribile puzzo di piscio.
Ancora non era mattina, e già l’aria non la potevi respirare.

Gli autisti ci avevano intimato di non allontanarci troppo. Non volevano rischiare di perdere troppo tempo, malgrado stessimo rispettando la tabellina di marcia. Non capivo i motivi di tutta questa fretta. Ci tenevano d'occhio con le spalle appoggiate alla portiera, mentre fumavano nervosamente una sigaretta dopo l'altra.
- Tra dieci minuti noi ripartiamo, - avevano intimato, - Chi c'è, c'è. Chi non c'è, non c'è.
Giusto il tempo per un'orinata e berci un ultimo espresso decente. Tra pochi minuti avremmo varcato la frontiera, e quindi ci aspettavano quelle orrende tazzone di sbrodazza marrone che i crucchi si ostinano a chiamare Kafè.

Il viaggio procedeva tutto sommato bene.
Il cartello si era radunato poco prima dell'alba e, approfittando dell'incredibile puntualità di Winnie - sulla quale nessuno di noi avrebbe scommesso un centesimo - era partito in perfetto orario. Unica sosta a Caorso, dove era stato caricato Willy, l'uomo nuovo del Cartello, un improbabile informatore farmaceutico dotato di un umorismo sopraffino. Malgrado l'estrema vicinanza di casa sua dai depositi di barre di uranio impoverito, sembrava un tipo a posto: potrebbe non averne risentito poi così tanto.

L'Europcar ci aveva assegnato un Ducato 2500 Turbo Diesel, motore abbastanza brillante, specchietto destro distrutto, con dei fottuti finestrini laterali con una strana apertura scorrevole.
L'abitacolo anteriore era fisicamente separato dai due divani a tre posti destinati all'equipaggio, mediante alti sedili con relativi appoggiatesta.

Nel pacchetto del noleggio era stranamente compresa un'alquanto bizzarra coppia di autisti.
Strano davvero, perchè nessuno del Cartello si ricordava di averne fatto esplicita richiesta.
C'era un tipo grande e grosso - che d'ora in poi per semplicità chiameremo: il grosso - che aveva i compiti del navigatore. Era rasato a zero e aveva grandi orecchie. Appena salito sul furgone, aveva dato inizio a uno strano cerimoniale, una sorta di rito arcaico, applicando al parabrezza un'interminabile sequenza di ventose per reggere il suo Tom Tom (: forse erano i loro veri nomi: Tom 1 e Tom 2). In pratica, il suo diabolico aggeggio copriva la gran parte della superficie vetrata, limitando paurosamente la visibilità. Aveva dietro anche un pc, a suo dire di notevole utilità nel proseguio del viaggio.
L'altro era invece un piccoletto - che quindi d'ora in poi chiameremo: il piccoletto - scattante e nervoso, che aveva il solo compito di guidare. Era un tipo assai taciturno. Tutte le volte che apriva la bocca, lo faceva per bestemmiare. Era un Anticristo, cazzo. Roba da far impallidire il Luc*** dei tempi d'oro.
Poco male: il Cartello non si distingueva certo per un linguaggio sobrio e morigerato. Verso il Brennero, infatti, Paulette ci aveva letto un sms di Tommi: "Auguro un buon viaggio ma soprattutto un caloroso Por***** a tutto il Cartello".
In ogni caso, era facile stabilire la gerarchia tra i due.
Era il grosso a comandare: il piccoletto era chiaramente ai suoi ordini. Tutte le volte che, a loro insindacabile giudizio, ne indovinavano una - che so: deviavano sulla corsia più veloce, oppure uscivano dall'autostrada per evitare una coda per lavori in corso, ecc... - se la davano da intendere con gesti inequivocabili.

- Il grosso rompe un pò il cazzo, ma il piccoletto non è male, - dissi io rivolto al resto dell'equipaggio.
Qualcuno annuì.
Sul sedile posteriore dormivano quasi tutti.
Viaggiavamo su un'autostrada deserta, facendo girare ripetutamente il nastro di Moby.

- Secondo me sono due froci., - fece Steve, colpendomi all’addome con il gomito destro.
Aveva il difetto di metterti le mani addosso tutte le volte che ti rivolgeva la parola. Era anche un vizio di mia madre, che avevo sempre mal sopportato. Mi veniva vicino, mi prendeva un braccio, lo stringeva con forza e, quando ormai io mi immaginavo dovesse rivelarmi chissà quale segreto, mi diceva cose del tipo: cerca di fare piano nel chiudere le persiane, quando vai a riposare. Oppure: ricordati di mettere la canottiera di lana.
- Ma dai..., - risposi in modo stringato. Avevo un alito pestilenziale, infatti.
- Te lo dico io.
- Cosa te lo fa pensare?
- Non so… è che ho una specie di sesto senso per queste cose..., - disse lui guardando in aria come per pensare chissà cosa.
- Sesto senso?
- Ti dirò di più: si accoppiano tra loro.
- Adesso stai esagerando.
- Sìssignore, - confermò lui, dandomi ancora di gomito. - Già me li vedo, accoppiarsi furiosamente nel buio della loro cameretta di motel con la tappezzeria color rosa antico, con la tv accesa su un qualche canale a luci rosse...

Decisi di non dargli più retta. Non volevo che mi toccasse più, e dunque mi accucciai contro il finestrino, fissando il ciglio della strada, là fuori. In lontananza, tra i boschi di conifere, si riuscivano a intravvedere le vette ancora innevate delle montagne. Poco distante, in splendida solitudine, si stagliava una baita abbandonata dai muri diroccati e il tetto crollato.

- Sìssignore, - aveva ripetuto lui dopo diversi minuti di silenzio. - Si inculano.

MUNICH BLUES, 00

AVVERTENZE:

Ogni riferimento a persone e cose realmente accadute è puramente casuale.

Questo non è infatti un diario di viaggio ma un ipotetico racconto, seppur largamente ispirato al viaggio del Cartello in Baviera.
Si tratta cioè di una ricostruzione dei fatti largamente romanzata, e dunque non tutto corrisponde al vero: Steve, ad esempio, non ti mette le mani addosso tutte le volte che ti rivloge la parola. Tuttavia l'autore ha aggiunto questo vizio al personaggio, ritenendo in questo modo di rendere giustizia alle suo atteggiamento ruipetutamente molesto del viaggio di ritorno.

Nelle intenzioni di Cj, questo vorrebbe essere un racconto corale.
Mi piacerebbe, cioè, se Big, Galletto, Paulette, Steve, Bed, Winnie e Willy (dategli l'indirizzo del blog, please...), quindi tutto il Cartello, che qui saluto calorosamente, partecipassero alla stesura mandando i loro contributi, come fosse un Work in Progress.

giovedì 5 giugno 2008

WAITIN' MONACO BLUES #2


Sale l'attesa per la tre giorni in terra bavarese.

Willy ha sciolto definitivamente le riserve: sarà della partita.
Bene così. Sarebbe stata un'assenza pesante la sua, alla Cannavaro, peraltro ingiustificata.
Resta il rammarico per il forfait del Mostarda, che insiste - alla sua veneranda età - nel volersi misurare in indecorose competizioni pallonare con degli altrettanto patetici over 40.

Le ragazze, dalle poche indiscrezioni che girano, pare si siano comportate tutto sommato bene, anche se l'immagine che circola sul Web con la grande torta a forma di pene merita un'adeguata vendetta, che so, un enorme krapfen con apertura vaginale...

Cattive nuove dal meteo: si va dal "quasi coperto con pioggia moderata" del sabato mattina al "nuvoloso-molto nuvoloso con temporali" del pomeriggio, dalle "nubi sparse" della domenica mattina al "coperto con pioggia moderata" del lunedì mattina, passando anche per un "quasi coperto con temporali" e un semplice "nuvoloso"...
Sì, insomma, se piove allora devi dire: piove!
Abbi il coraggio di dirlo, cazzo.
Temperatura media: dai 12 ai 20 gradi. Classico abbigliamento "a cipolla".

Ricapitolando i must della visita, in primo piano tutti quei babelloni della Bmw, che Tommi ha così ricapitolato: le quattro torri, che poi sono 4 cilindri di motore stilizzati, sono la sede della BMW...il museo BMW è quella struttura in acciao e cristallo in primo piano, l'anno scorso ad agosto era quasi finita...dovrebbero aprirla; comunque il BMW welt (mondo BMW) è alla stessa fermata dell'Ubahn dell'Olimpia Park...
Inoltre consiglia Olimpia Stadion + Olimpia Park = un capolavoro... (di Gunther Behnish, aggiunge l'architettone della p.m.)
E anche l'Allianz Arena, il nuovo stadio di Herzog & de Meuron, che diventa tutto rosso quando gioca il Bayern e tutto blu quando invece c'è il Monaco 1860: quando si dice l'architettura al servizio dei bisogni primari del popolo...

La mia vecchia guida di Marco Polo propone all'interno dell'immancabile Top Ten:
- il Mullersches Volksbad (con la "u" di Mullersches con i due puntini sopra, che non mi ricordo come si mettono con la tastiera...), ovvero un elegantissimo edificio liberty che ospita piscina comunale, bagno turco, sauna, bagni a vapore. L'ideale per incontri promiscui e accoppiamenti contronatura;
- La Pagoda cinese nel Giardino inglese: la birreria all'aperto più famosa della città, una birra tra Punk e Vip, recita a pag. 23. A questo punto vale la pena l'accoppiata con Hofbräuhaus, la birreria più famosa del mondo secondo il Blog di Big;
- Glockenbach, il quartiere artistico e pittoresco della città vecchia;
- Maximilianstrasse, l'ideale per la carta di credito di Steve;
- La torre della Tv nel Parco Olimpico, ma per chi come noi ha ancora negli occhi il simbolo berlinese del progresso della RDT...

Tra i musei e le pinacoteche, il meglio è la Lenbachhaus con le opere del "Der Blaue reiter" (Il Cavaliere Azzurro).

E poi c'è la Monaco di Hitler:
http://www.tuttobaviera.it/visite-guidate4.html

Monaco è infatti la città dove ha mosso i suoi primi passi lo zio baffino, con il famoso Putsch di Monaco.
Qui c'era la sua birreria preferita, la Löwenbräukeller.

Qui ha inaugurato nel 1937 la ormai celebre mostra sull'"Arte Degenerata", con la quale aveva l'intenzione di mettere alla berlina artisti come Klee, Kandinski, Dix, Grosz, Beckmann, Munch, Nolde, Chagall, Liebermann, senza escludere "il più degenerato degli artisti", Pablo Picasso.

In questa mostra le opere erano accompagnate da scritte dispregiative e dal prezzo ovviamente "altissimo", che i musei avevano precedentemente pagato agli "speculatori ebrei". L'esposizione si proponeva di mostrare al pubblico quei generi artistici non ammessi dalla nuova "razza superiore", definiti appunto come "degenerati".
Le tele esposte erano circondate da slogan che puntano a metterle in ridicolo, e accompagnate, a titolo di confronto, dai disegni di malati mentali internati.
Queste le deliranti parole di Hitler: "Perché l'arte non trova fondamento nel tempo, ma unicamente nei popoli. L'artista perciò non deve innalzare un monumento al suo tempo, ma al suo popolo. Perché il tempo è qualcosa di mutevole, gli anni sopravvengono e passano. Ciò che vivesse solo in grazia di una determinata epoca dovrebbe decadere con essa. Questa caducità dovrebbe toccare non solo ciò che è nato prima di noi, ma anche ciò che oggi nasce davanti ai nostri occhi o che solo nel futuro troverà la sua forma."
Inutile sottolineare che baffino aveva preso un granchio...
Certamente questi artisti occupano più spazio sui manuali di storia dell'arte rispetto agli acquarelli bucolici nei quali lui stesso era solito dilettarsi.

Domenica sera c'è Germania-Polonia.
Impossibile perdere il debutto dei bianchi, da vedere in una birreria stracolma di tifosi e di boccali di chiara, con indosso tutti la maglia tarocca numero 9 del Bayern, quella di LucaToni.
Baffino iniziò ben altre tragedie in Polonia, che amava definire "Il campo di grano dell'Europa".

Che i polacchi si prendano una rivincita?

Io tifo per loro, anche se mi spiace che non sia stato convocato Zmuda...

Immagine: particolare da P. Klee, "Suono antico" - notare che il cromatismo assolutamente adeguato non è dovuto a un caso fortuito: trattasi di un'opera che avevo commisionato a quel vecchio degenerato di Paul in previsione dell'apertura del blog...

mercoledì 4 giugno 2008

Oops


Ho ricevuto un sms da Paulette con un cazziatone.
Motivo: non avere ancora pubblicato nulla sul blog sulla (quanto sofferta) promozione del Bologna in serie a.
Rimedio, ripubblicando un vecchio post del 16 dicembre e un'immagine del grande Bologna di un tempo che fu - penso si tratti del 1961 - ovvero di quello squadrone che sapeva giocare come si giocava in paradiso.
Qualcuno riconosce qualcuno?


Tenere del Bologna non è mica una roba semplice.
Soprattutto quando sei un bambino.

I compagni di scuola di c.j. e di paulette, è ovvio, erano tutti tifosi del Milan, della Juve o dell'Inter.
Tutti tranne un certo Parv****, che teneva, se la memoria di c.j. non lo inganna, per Sandro Mazzola.
Sì, avete capito bene: per Mazzola.
Gli altri tutti a dirgli: guarda che Mazzola è un calciatore singolo, non si può tifare per un solo giocatore, devi scegliere una squadra, ma lui imperterrito: Mazzola. E la cosa più divertente è che aveva già smesso di giocare da un decennio o poco più... In ogni caso, dal momento che a sette-otto anni certi distinguo da sofisti non venivano accettati, anche l'ignaro Parv**** venne alla fine catalogato tra gli interisti.

Ma il Parv**** era un'eccezione, e comunque doveva essere anche lui orfano di padre e, sospetta ora c.j., la sua scelta era in qualche modo (anche per lui) attribuibile a quel fatto.
Quindi: Milan, Juve, Inter.
Del resto è da capire: chi è quel pirla che dovrebbe scegliere una squadra che non vince un campionato dal lontano 1964?
Roba da perdenti nati.
Potete immaginare i sorrisetti di compatimento degli altri bambini, quando - alla fatidica domanda, che c.j. cominciava un pò a temere: "tu per squadra tieni?" - lui rispondeva, con un filo di voce: io tengo per il Bologna.

Il Bologna?
E in che serie gioca?

In effetti, a partire dai tardi anni '70 lo squadrone che un tempo aveva fatto "tremare il mondo" era precipitato in una crisi irreversibile, e puntualmente ogni anno si arrabattava sul fondo della classifica, in perenne lotta per non retrocedere (fino a che, finalmente perchè l'agonia durava da troppo tempo, in B ci andò davvero... e poi ci fu persino l'umiliazione della serie C, ma adesso non stiamo qui a rivangare troppo che a c.j. viene un groppo alla gola...)

Ma bisognava tenere duro: il Bologna - inteso come Bologna Football Club - era l'unica cosa che consentiva a lui di rimanere ancorato, in qualche modo, alle sue radici.

Sbiaditi erano infatti i ricordi dell'infanzia, quelle lunghe estati afose passate nella vecchia casa di Sasso Marconi.
Una volta, era un bel casolare di campagna, immerso in un parco lussureggiante di ippocastani e querce secolari, con il tronco contorto e la chioma maestosa. Sul retro, l’aia inghiaiata era coperta da una vite rampicante che in estate, fittamente appesa a un traliccio di fili di ferro ormai arrugginiti, costituiva uno scudo impenetrabile ai raggi del sole. In un angolo poco distante, tre o quattro sedie in metallo – di quelle con i tubicini di plastica colorata di rosso, di giallo e di blu – restavano allineate a una recinzione metallica coperta di muschio, proprio sotto la pianta dei fichi.
C.j. ricorda la sua grande camera d'angolo, con la carta da parati a motivi floreali (che aveva imparato a memoria, ancora adesso sarebbe in grado di farne uno schizzo) e il terrazzo che guardava i campi di grano e l'orto del Giorgio; qui, nella semioscurità delle sere d'estate, si lasciava cullare dal ritmo dei fasci di luce dei fari delle auto che correvano lungo la Porrettana.
Per arrivarci bisognava fare più rampe di scale; al mezzanino c'erano la camera della zia Tina e il piccolo bagno, affacciato sul fosso; nel mezzo una porta murata, che nascondeva chissà quali terribili segreti; in cima alla scala, invece, la camera - chiusa e imperscrutabile - dello zio Nando, che dominava tutta la casa; entarci era rigorosamente vietato, ma c.j. una volta era riuscito ad eludere il controllo della vecchia zia e aveva varcato la soglia (probabile che cercasse il "carrarmato", ovvero una fantastica barretta di cioccolato bianco, oggi introvabile), e si trovò davanti - immaginate la delusione dipinta sul suo volto - solamente una vecchia scrivania, degli scaffali da ufficio e un misero letto in legno.

Era proprio Nando che favoleggiava con c.j. e paulette del Grande Bologna, di un'epoca che ormai non c'è più, di una squadra che sapeva giocare "come si gioca solo in paradiso", di un certo Haller, di Nielsen, di Bulgarelli...
Con un piccolo sforzo, c.j. riesce qui a ricordare quasi tutta la formazione del Bologna di quegli anni:
Mancini, Roversi, Cresci; Battisodo, Bellugi, Bachlechner; Nanni, Maselli, Clerici, Massimelli, Fiorini (sì, proprio lui, il Giuliano...).
A dire il vero, adesso gli sembra che Bachlechner non c'entri nulla, forse è venuto dopo, e poi è proprio così che si scrive?
Anche Maselli e Massimelli gli puzzano un pò: possibile che avessero due nomi così simili?
E poi Pecci?
Il mitico Eraldo Pecci, che praticamente giocava senza correre, ma che con la sua sapienza tattica e le sue geometrie in mezzo al campo faceva la differenza...

Lo zio Nando diceva di conoscerlo, il Pecci.
Diceva che una volta era andato a una cena con un club al Sasso, e che si era fermato sino a tardi a chiacchierare con loro.
Mi farò dare la maglietta, e ve la regalerò, disse una sera, a cena. Anzi, facciamo così: il Bologna va in ritiro tutti i sabati sera qui vicino, allo "Chalet delle Rose", una volta vi porto con me a vedere l'allenamento prima della partita.
Dopo essersi pulito la bocca con il tovagliolo, si alzò, salutò tutti e poi uscì, come ogni sera, per andare al bar del paese a giocare a briscola o a scopone scientifico, davanti a una boccia di lambrusco dolce e frizzante.
Probabile che lui neanche si ricordò, di quella promessa estiva.
Promessa che, come altre, non seppe mantenere.

domenica 1 giugno 2008

NY, 18 - LE ANITRE DI CENTRAL PARK


Il taxi che presi era un vecchio scassone e aveva un odore come se qualcuno ci avesse appena fatto i gattini. Se vado in qualche posto la sera tardi, mi capitano sempre taxi schifi come quello. A peggiorare le cose, fuori era così tranquillo e deserto, con tutto che era sabato sera. Non vidi quasi nessuno, per la strada. Di tanto in tanto vedevate un uomo e una ragazza che attraversavano tenendosi abbracciati per la vita eccetera eccetera, o un gruppetto di giovinastri con le loro ragazze, che ridevano tutti sgangheratamente di qulache cosa che non era affatto comica, potete giurarci. New York è terribile quando qualcuno ride per la strada la sera tardi. Lo senti a chilometri di distanza. Ti fa sentire solo e abbacchiato. Non riuscivo a togliermi di dosso la voglia di andare a casa a far quattro chiacchiere con la vecchia Phoebe. Ma alla fine, dopo un pò che marciavamo, io e l'autista attaccammo una specie di conversazione. Si chiamava Horowitz. Era molto meglio dell'altro autista che mi era capitato prima. Ad ogni modo, pensai che forse lui sapeva qualcosa delle anitre.
- Ehi Horowitz, - dissi. - Ci passa mai vicino allo stagno di Central Park? Giù vicino a South Central Park?
- Al cosa?
- Allo stagno. Quel laghetto, cos'è, che c'è laggiù. Dove ci sono le anitre, sa?
- Sì, e allora?
- Be', sa le anitre che ci nuotano dentro? In primavera eccetera eccetera. Che per caso sa dove vanno d'inverno?
- Dove vanno chi?
- Le anitre. Lei lo sa, per caso? Voglio dire, vanno a prenderle con un camion o vattelapesca e le portano via, oppure volano via da sole, verso sud o vattelapesca?
Il vecchio Horowitz si girò tutto di un pezzo sul sedile e mi guardò. Aveva l'aria di essere un tipo nervosetto. Non era affato malvagio, però. - E come diavolo faccio a sapere una stupidaggine così?
- Be', non si arrabbi per questo, - dissi. Era arrabbiato o che so io.
- E chi si arrabbia. Nessuno si arrabbia.
Io smisi subito di chiacchierare con lui, se doveva essere così maledettamente suscettibile. Ma fu lui stesso a riattaccare. Si girò tutto un'altra volta e disse: - I pesci non vanno in nessun luogo. Restano dove sono, i pesci. Proprio in quel dannato lago.
- Ma i pesci... è un'altra cosa. I pesci sono un'altra cosa. Io sto parlando delle anitre, - dissi.
- Perchè è un'altra cosa? E' proprio tale e quale, - disse Horowitz. Qualunque cosa dicesse, aveva l'aria di essere arrabbiato. - Per i pesci è molto peggio che per le anitre, Cristo, l'inverno e tutto quanto. Faccia funzionare il cervello, Cristo!
Io non dissi niente per un minuto almeno. Poi dissi: - Va bene. E cosa fanno, i pesci e compagnia bella, quando tutto il lago diventa un solo blocco di ghiaccio, con la gente che ci pattina sopra e via discorrendo?
Il vecchio Horowitz si girò un'altra volta. - Che diavolo vuol dire, cosa fanno? - mi urlò in faccia. - Restano là dove sono, Cristo.
- Ma non possono non accorgersi del ghiaccio. Non possono non accorgersene.
- E chi è che non se ne accorge? Nessuno può non accorgesene! - disse Horowitz. Era così maledettamente infuriato e tutto quanto che avevo paura che mandasse a sbattere il taxi contro un lampione o che so io. - Vivono dentro quel maledetto ghiaccio, vivono. E' la loro natura, Cristo. Si congelano e stanno in quella posizione per tutto l'inverno.
- Ah sì? E che cosa mangiano, allora? Voglio dire, se sono proprio congelati non possono nuotare per cercarsi da mangiare eccetera eccetera.
- I loro corpi, Cristo; ma che ti piglia? Sono i loro corpi che prendono il nutrimento eccetera eccetera da quelle maledette alghe e porcherie che ci sono nel ghiaccio. Stanno là coi pori sempre aperti. E'la loro natura, Cristo. Capisci cosa voglio dire? - E si voltò un'altra volta tutto d'un pezzo sul sedile per guardarmi.
- Oh, - dissi io. Lasciai perdere. Avevo paura che fracassasse quel maledetto taxi o non so cosa. D'altronde era un tipo talmente suscettibile che non c'era nessun gusto a discutere con lui.
(...)

ovviamente da J.D.Salinger, Il giovane Holden, 1951

immagine: Davide Corona, Il giovane Holden, 2007, olio su tela, 100*100 cm