martedì 29 gennaio 2008

LA LEVA CALCISTICA DEL '68

Tenetevi forte, amici.
Cj ha intenzione di ripercorrere, con immagini e ricordi vari, la sua (direi) gloriosa carriera calcistica.
Vi ricordo che l'uomo in questione, cresciuto nella mitica Bolide di San Savino (nella categoria Pulcini), ha poi militato nel Roncaglia (Giovanissimi), Libertas (Allievi), Virtus (III categoria) - solo qualche sprazzo prima di infortunarsi seriamente al ginocchio sinistro - per poi riprendere negli Amatori con REA, Cavalli e Scommesse, ecc...
Per iniziare, eccovi due chicche da intenditori...

TESSERA N. 202113

TESSERA N. 202112

venerdì 25 gennaio 2008

Unità di crisi


Dopo l'inesorabile caduta del professore bolognese, Country Joe ha immediatamente aperto un tavolo per l'analisi degli ultimi avvenimenti e per l'elaborazione delle future strategie.

L'Unità di Crisi si è data appuntamento ieri sera al Temple.

La delegazione di centrosinistra era composta, oltre che da Cj, da Steve e da Big, ovvero due raffinitassimi osservatori delle vicende politiche nostrane.

La destra era invece degnamente rappresentata da Galletto Bubù, invitato permanente al tavolo allo scopo di verificare la possibilità delle larghe intese.

La delegazione progressista, dopo aver affogato la propria amarezza in qualche litro di birra chiara, avendo sostanzialmente una paura fottuta di straperdere (giustamente) le eventuali elezioni anticipate ha proposto un governo tecnico, sostenuto da un'ampia parte del Parlamento.
Scartata l'ipotesi di un reincarico a Prodi e le prevedibili soluzioni istituzionali (Marini, D'Alema, Letta), l'Unità di Crisi avrebbe individuato in Nuccio Cusumano l'uomo giusto per traghettare il paese fuori dalla situazione in cui si trova.
Godrebbe anche dei favori dell'Arci Gay
Altra idea, strepitosa risposta alla necessità del centro-sx di svecchiare la propria immagine: Rita Levi Montalcini. Sembra che l'interessata si sia dichiarata disponibile a guidare solamente un governo di breve durata...

Galletto, da parte sua, ha avanzato la candidatura di Clemente Mastella, oppure in seconda battuta, ipotesi alquanto suggestiva, Ignazio La Russa: un uomo sobrio e moderato che piace un pò a tutti, destra e sinistra.

Non sono neppure da scartare altre soluzioni: si parla insistemente di Titta Rota, Rocco Siffredi, Farncesco Guccini.
In rialzo anche le quotazioni di Kermit la rana.

Al fine di orientarsi meglio, l'unità di Crisi ha deciso di proporre a tutti i lettori del blog il sondaggio "Chi volete vedere morire per primo?", che troverete qui a destra.

giovedì 24 gennaio 2008

A casa?

Sondaggio in tempo reale: Mortadella ce la fa?
Per me no.
CJ

mercoledì 23 gennaio 2008

HIGHLIGHTS DALLA SPAGNA

In attesa della scansione della moleskine del viaggio spagnolo di fine anno, c.j. sperimenta la slideshow con le immagini più belle del viaggio.
Qui a destra...

L'infinita periferia dell'Italia


Una vampata di violenza, per alcuni giorni, ha investito la banlieue parigina. In modo più delimitato, rispetto a due anni fa, quando si era rapidamente propagata intorno a Parigi e in altre città francesi. Per molte settimane. Questa volta, invece, si è concentrata a Villiers-le-Bel. A Nord della capitale. Contagiando solo la vicina Saint-Denis, teatro di battaglia nel 2005. Inoltre, gli incidenti sembrano essere finiti abbastanza in fretta. Tuttavia, due notti di violenze hanno provocato, tra le forze di polizia, oltre 120 feriti, alcuni gravi. Ovvero: più o meno quanti in tre settimane di scontri due anni fa. Secondo il governo francese, si tratta di delinquenza giovanile organizzata, che ha "sfruttato" un episodio tragico (la morte di due ragazzi in moto, in seguito allo scontro con un'auto della polizia) per scatenare la guerriglia. Insomma: racaille. Teppaglia, feccia... La definizione usata da Sarkozy, all'epoca degli scontri di due anni fa. Quand'era ministro degli Interni. Tuttavia, se si trattasse "solo" di delinquenza comune, un sistema di polizia efficiente, come quello francese, un Presidente determinato, come Sarkozy, avrebbero contrastato il ripetersi di esplosioni violente, in tempi tanto ravvicinati, negli stessi luoghi. A Villiers-le-Ville, Saint Denis e nella banlieue parigina. Dove comportamenti violenti si ripetono con disarmante e straordinaria regolarità. Se ciò non è avvenuto, probabilmente, è perché questa violenza non nasce nel vuoto. Rischiando la banalizzazione sociologica di alcune letture sociologiche (o sedicenti tali) degli anni Settanta: questa violenza è "anche" figlia del contesto in cui esplode. Banlieues degradate, ad alta concentrazione etnica. Strade e piazze difficili da attraversare, per chi non vive nella zona. (E anche per chi ci vive). Tassi di disoccupazione giovanile elevati. Relazioni intergenerazionali difficili. Genitori che non riescono più a esercitare l'antica autorità sui figli. Un'architettura che denuncia "estraneità". Dello Stato, delle istituzioni. Questi quartieri, queste città periferiche "producono" tipi sociali violenti e marginali. Un Paese, come la Francia, ostile alla sola idea di "comunitarismo", intesa come modello di integrazione fondato sulla comune appartenenza religiosa, nazionale, etnica, oggi affronta una situazione peggiore. Alla periferia delle città e nelle città periferiche, emerge, infatti, un "comunitarismo" senza "comunità". Favorito da "aggregati etnici" (non previsti) che hanno perduto i legami (e le capacità di controllo) di una comunità.
Se pensiamo a noi, è forte la tentazione di chiamarsi fuori. Non siamo la Francia. L'Italia è una terra di città piccole e medie. Con rare eccezioni. Un "Paese di compaesani", come l'ha definito il sociologo Paolo Segatti. Che ancora non si è rassegnato al flusso, massiccio, degli "stranieri". E vorrebbe lasciarli fuori. Alle porte della città. Come a Cittadella e in altri comuni veneti, dove, per scoraggiare il flusso dei poveracci, i sindaci hanno emesso un'ordinanza che vincola la concessione agli stranieri della residenza ad alcuni requisiti. Fra cui un reddito minimo intorno ai 500 euro mensili. (Se applicato ai residenti, produrrebbe l'espulsione di numerosi pensionati). L'Italia non è la Francia. Ma si sta avviando lungo un cammino altrettanto rischioso. Perché si sta trasformando, in modo inconsapevole, in una periferia infinita. Che produce sradicamento, indebolisce il controllo sociale, non contrasta la diffusione di comportamenti violenti. Nelle nostre metropoli, d'altronde, emergono, da tempo, lacerazioni visibili. A Milano. La "rivolta" del quartiere cinese. Il moltiplicarsi di episodi di ordinaria violenza, nelle periferie, che hanno indotto la sindaca Moratti a promuovere una marcia popolare, per rivendicare maggiore attenzione dal governo. (Come se, durante gli anni precedenti, quando essa stessa sedeva al governo, il problema non esistesse). A Roma. Dove alcuni eventi drammatici (ultimo: la tragica aggressione di una donna, a opera di un rom) hanno fatto esplodere il malessere delle zone suburbane. Ulteriormente degradate a causa del flusso costante di nuovi immigrati dall'est europeo. Ammassati in baracche provvisorie. A Napoli. Dove la lunga scia di violenza è, riduttivamente, ricondotta alla "camorra". Mentre riassume i percorsi di "normale devianza", che attraversano alcuni quartieri marginali. Come Scampia: raccontata, con rara efficacia, da Roberto Saviano insieme ad altri autori, in un libro antecedente al fortunatissimo "Gomorra" ("Napoli comincia a Scampia", L'Ancora del Mediterraneo, 2005). Ma segnali di decomposizione si avvertono anche - soprattutto - nell'Italia minore. Nella provincia "dove si vive bene". Non è un caso che la "crescita della criminalità" sia avvertita soprattutto nelle regioni del Centro (62%; media nazionale 51%: indagine Demos per UniPolis, novembre 2007) e nei comuni medio-piccoli (56%). Indipendentemente dall'effettivo andamento del fenomeno (che le statistiche considerano in calo). Il fatto è che molti, troppi borghi, molte, troppe piccole città si stanno svuotando. Ridotte a grandi supermarket. Parchi giochi. Musei. Oppure, come abbiamo osservato qualche settimana fa, in "cittadelle universitarie". Abitate da - anzi, affittate a - studenti. Mentre gli abitanti si sono trasferiti all'esterno. Creando periferie ricche. Ma pur sempre periferie. Aggregati senza centro. Con scarse relazioni. Cariche di edifici affollati. Oppure costellate da villette pregevoli e cascinali ristrutturati. Una umanità che perde l'abitudine alle relazioni; e il "controllo" sul territorio. Il Nord "padano" e "pedemontano", da parte sua, questa strada l'ha già intrapresa da tempo. E' divenuto una metropoli inconsapevole. Che incorpora una miriade di piccoli comuni. Perduti in un viluppo di strade, punteggiato di rotonde impossibili da attraversare a piedi; mentre chi passa in bici corre un rischio mortale. Anche perché, in Italia, il tasso di automobili è il più alto d'Europa: quasi 6 ogni 10 abitanti. La provincia tranquilla e quieta del Nord. Una galassia puntiforme. Una specie di Los Angeles involontaria. Dove maturano piccoli omicidi, inattesi e feroci. Dove la "comunità" ha perso ogni controllo sulla società e sulle persone. Perché si è decomposta. Né possono surrogarla pallide caricature, come le "ronde" padane. Riescono solamente ad accrescerne la nostalgia. Difficile riconoscere il paesaggio intorno a noi. E' cambiato troppo in troppo poco tempo. Edificato, impersonale e desocializzato. Dove, per rispondere al malessere che si respira, le persone si chiudono dentro casa. E gli amministratori erigono nuove mura, visibili e invisibili, intorno alle città. Ma anche dentro alle città. Incapaci di "riconoscere" i problemi, ma anche i propri meriti. Preferendo negarli, per opportunismo. Pensiamo, ad esempio, alle città del Nordest. Le aree che, come dimostrano le statistiche della Caritas e del Cnel, garantiscono livelli di integrazione degli immigrati fra i più elevati in Italia. Ebbene, preferiscono negarlo. Si presentano per quel che "non" sono: inospitali. E rifiutano, anzitutto, di proporsi come un "buon modello" di accoglienza. Fondato sul lavoro, sull'offerta di servizi, espressa dalle associazioni del mondo economico e dal volontariato. Meglio immaginare il Nord Est come il Far West degli sceriffi. Pronti a spingere la racaille fuori dalle mura della "cittadella" assediata. E vero, non siamo la Francia, dove le banlieues critiche si concentrano intorno ad alcune metropoli. Nell'Italia del nostro tempo, invece, la periferia dilaga ovunque. Come una metastasi. Alimentata da logiche immobiliari e immobiliariste; da mille paure. Che la politica si limita a inseguire e ad assecondare. La nostra banlieue infinita non ha un aspetto cupo. Piuttosto: "grigio". Un reticolo di quartieri residenziali. Cresciuti, in modo disordinato, intorno a un "centro storico", bello e inabitato. La nostra periferia infinita. Non trasmette identità. Non promuove relazioni. Non comunica regole. Non plasma uno spirito "estetico", tanto meno "etico". Al più: un individuo "mimetico". E insicuro.

Ilvo Diamanti su Repubblica.it

La foto è di cj

martedì 22 gennaio 2008

NY 12, CHELSEA HOTEL NO. 2

I remember you well in the Chelsea Hotel, you were talking so brave and so sweet, giving me head on the unmade bed, while the limousines wait in the street.Those were the reasons and that was New York, we were running for the money and the flesh. And that was called love for the workers in song probably still is for those of them left.
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I remember you well in the Chelsea Hotel you were famous, your heart was a legend. You told me again you preferred handsome men but for me you would make an exception. And clenching your fist for the ones like us who are oppressed by the figures of beauty, you fixed yourself, you said, "Well never mind, we are ugly but we have the music."
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I don't mean to suggest that I loved you the best, I can't keep track of each fallen robin. I remember you well in the Chelsea Hotel, that's all, I don't even think of you that often.
© by Leonard Cohen.

lunedì 21 gennaio 2008

NY 11, CHELSEA HOTEL

Leonard Cohen, ovvero uno dei grandi. (Grazie, Bedd.)
E quindi il Chelsea Hotel, ovvero una delle cose che a New York non siamo riusciti a vedere.

Chelsea Hotel, 222 West 23rd Street, New York - tel. 001-212-2433700

Un motivo in più per tornare, prima o poi (magari con Sandy, se si decide a prendere l’apparecchio… dai, bella, solo solo nove ore di volo o poco più...)

Beh, forse non ci fermeremo a dormire qui... sarà pur vero, come recita il sito web ufficiale (http://www.hotelchelsea.com/), che quando osservi New York dalla finestra, sembra che la città non possa rinunciare al Chelsea, e viceversa, ma queste sono le tariffe: da $ 195 per la camera singola a $ 485 per la suite; mini appartamenti con uso cucina da $ 275.

Costruito nel 1884 come uno dei primi esempi di appartamenti in cooperativa, il Chelsea è da sempre l’albergo degli intellettuali, degli artisti e dei radical chic.
Se i muri del Chelsea Hotel potessero parlare, racconterebbero di vite bohémiennes, pagine letterarie imbrattate di whiskey, angeli della controcultura, demoni del rock.

Accanto alla porta d’ingresso dell’edificio, alcune targhe celebrano i Chelsea residents a breve e a lungo termine.
La letteratura, qui, ha messo radici soprattutto negli Anni ’50 esibendo i suoi belli e dannati: William Burroughs, impegnato a scrivere The Naked Lunch; gli altri beatniks Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti; Nelson Algren e la sua streetwise novel A Walk On The Wild Side; Arthur Clarke che solo qui riusciva a concentrarsi sulla sceneggiatura del film 2001: A Space Odyssey; Arthur Miller, che al Chelsea trovò il domicilio ideale per il semplice motivo che non doveva indossare lo smoking per ritirare la posta alla reception, come succedeva nel più “fashionable” Plaza Hotel.
E ancora: Brendan Behan, Edgar Lee Masters, Thomas Wolfe, Vladimir Nabokov, Eughenij Evtucenko…

I dipinti esposti sulle scale, lungo i corridoi e nella reception, si portano appesi i ricordi di artisti che barattarono una tela per una notte da non trascorrere sotto i ponti. Tra gli altri, gli action painters Jackson Pollock e Willem de Kooning, il grande pop Jasper Johns hanno soggiornato qui. E sempre qui, negli Anni ’60, zoomando da una camera all’altra, Andy Warhol e i dropouts della Factory hanno girato The Chelsea Girls.

Con l’avvento dei favolosi sixties, direbbe Gianni Minà, diventò poi un incredibile crocevia di rockstar.
Qui dimorò per molti anni Bob Dylan, il vate del Greenwich Village, nel 1966, in compagnia della prima moglie Sara: in una camera al terzo piano (suite 2011) compose la splendida ballata Sad–Eyed Lady Of The Lowlands.
E ci sono passati Jimi Hendrix, Joni Mitchell (che scrisse Chelsea Morning), i Grateful Dead del vecchio zio Jerry (saluta lo zio, Big!), i Jefferson Airplane, Patti Smith e Janis Joplin che a questo proposito proclamò: “Mi piace il Chelsea. Ci abitano parecchi miei amici e succede sempre qualcosa di divertente. Somiglia a una comune californiana. Solo che costa un po' di più."
In tempi più recenti, Jon Bon Jovi ha composto Midnight at Chelsea nella suite numero 515.

Il Chelsea Hotel fu purtroppo anche teatro di celebri tragedie: nel bagno della camera numero 100 - che adesso non esiste più – fu trovata assassinata il 11 ottobre 1978 Nancy Spungen, la ragazza di Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols.
Molti anni prima (1953), Dylan Thomas, il poeta gallese che ispirerà a Robert Zimmerman la scelta del suo nome d’arte, fu trovato in coma nella stanza n. 205 dopo essersi scolato 18 whiskhy in una sola notte.

Ma fu anche la cornice dell’incontro tra due grandi, Janis Joplin (suite 411) e Leonard Cohen (suite 424), che quest’ultimo immortalò nella fantastica Chelsea Hotel #2, inserita nell’album New Skin For The Old Ceremony del 1974 ma eseguita per la prima volta dal vivo il 23 marzo 1972 durante il suo terzo show londinese alla Royal Albert Hall.

Malinconia

Nebbia, nebbia e... nebbia.
E poi, la piccola Agne è al mare con i nonni già da una settimana e a cj comincia a mancare molto.

venerdì 18 gennaio 2008

L'uomo dell'anno 2007

Sempre più spesso cj trova la sua casella piena zeppa di mail spiritose o presunte tali, il più delle volte di stampo rigorosamente maschilista, che prontamente cestina.
Questa, però, gli sembra simpatica, oltre ad essere in tema con le classificone di fine anno.
Per inciso, cj pensa che il secondo classificato (sarà per l'enorme massa adiposa, o per la sigaretta, o comunque per uno stile un pò lebowskiano, tipo: "I like your style, Dude!") meritasse qualcosina di più.

NY 10, IL CLAMOROSO SCOOP DI C.J.

Oggi dovrebbe essere il giorno della proiezione collettiva dell'Uomo Leggenda.
Con i compagni niuiorchesi si era pensato di prepararsi all'evento con una cena al Roadhouse a base di steaks, nachos e chips.
Segue trasferimento alla multisala, altro "nonluogo" interessante, il tutto in omaggio alla filosofia omologante e spersonalizzante made in stelle e strisce.
Chi volesse aderire...
Come succosa anteprima, c.j. posta questo scatto colto di sfuggita sulla Fifth Avenue nel novembre 2006: è l'auto di The Legend!

giovedì 17 gennaio 2008

Bianca

Bianca indossa le candide vestie
apre i suoi occhi profondi e celesti;
la notte incomincia, è un dolce mistero
là dove il sogno può sembrare vero;
La notte è un viaggio in un mondo pulito
senza confini, un pianeta infinito;
e Bianca lo sa e mostra i suoi averi
non sono denaro, ma solo desideri
che crescono in fretta e assumon sembianze
di giovani, forti e convinte speranze.
Adesso Bianca la notte respira
il cielo stellato contempla e ammira
la quiete è attorno, la calma è carezza
che allontana o esorcizza ogni sua amarezza;
nella sua mente, ricordi e pensieri
di sogni raggiunti o rimasti desideri
ma anche la forza, che come una spada
distrugge la roccia che sbarra la strada;
e Bianca vorrebbe un mondo senza rocce
senza salate e amarissime gocce
che brillano il viso di leali sconfitti
che han visto negati i loro diritti,
il piu` importante di tutti: la dignità
spesso soffocata da odio e viltà;
ma Bianca stanotte veste di bianco
il suo spirito brilla, al buio tiene banco
dolcemente lo aggredisce, lo costringe alla resa
una luce immensa in questa notte si è accesa;
chissà se nell`animo, un pensiero ci dona
è il valore primario: si chiama "persona".

Cesco "Harrold The Barrel"

lunedì 14 gennaio 2008

HORIZONS

- Pronto.
- Buonasera, sono Ivan della Compagnia Demoscopica Horizons. Posso rubarLe due minuti del suo tempo?
- No, grazie, non mi interessa.
- Mi consenta di rivolgerLe due domande.
- Non insista, la prego.
- Le rubo solamente due minuti.
- No.
- Due minutini e poi La lascio in pace…
- Senta, sessanta milioni di cristiani - diconsi ses-san-ta mi-lio-ni - vivono in questo fottuto paese. Perché sempre io?
La sua disperazione era comprensibile. Nella sola ultima settimana, aveva dovuto rispondere a quesiti rispettivamente su: progressivo surriscaldamento del pianeta, indice di gradimento dei reality-show, questione maghrebina, crisi delle vocazioni, scelta del nuovo coach della nazionale, livello di soddisfazione dei consumatori, qualità dei programmi televisivi del servizio pubblico in fascia preserale.
- Non comprendo i motivi del Suo nervosismo, Signore, io volevo solo…
- Non sono affatto nervoso, è che ne non ne posso più di rispondere alle vostre inutili domande del cazzo…
- Adesso Lei esagera. Io cerco unicamente di fare bene il mio lavoro.
- Si cerchi un lavoro serio, ragazzo.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
- Buonasera, sono Ivan della compagnia…
- Ancora lei? Le ho già detto che non intendo rispondere.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
Adesso il suo tono era desolatamente dimesso.
Rassegnato all’ineluttabile.
- Signore, Le ricordo che ai sensi dell’art. 6, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica (…) Lei è tenuto a rispondere ai test (…) a pena di reclusione anni due (…) da scontarsi preferibilmente in…
Il ragazzo giocava duro.
Lui non aveva commesso l’errore di sottovalutarlo. Si accomodò perciò nella poltrona imbottita in finta pelle, si accese una Camel senza filtro e restò immobile in attesa, lo sguardo fisso in un punto qualsiasi del soffitto, ormai ocra per colpa del fumo.

mercoledì 9 gennaio 2008

Sempre sulle scimmie

La querelle tra scimmie sì e scimmie no sta prendendo il sopravvento.
Io offro un terreno di incontro tra le due scuole di pensiero...

I am the son / Io sono il figlio I am the heir / Io sono l'erede Of a shyness that is criminally vulgar / di una timidezza che é criminalmente volgare I am the son and heir / Sono il figlio e l'erede Of nothing in particular / di niente in particolare You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti There's a club if you'd like to go / C'é un club se ti va di andarci You could meet somebody who really loves you / potresti incontrare qualcuno che davvero ti ama So you go and you stand on your own / cosi tu ci vai e stai per i fatti tuoi And you leave on your own / e te ne vai per i fatti tuoi And you go home, and you cry, and you want to die / e torni a casa, e piangi, e vorresti morire When you say it's gonna happen now / Quando dici sta per accadere ora What exactly do you mean? / cosa esattamente vuoi dire? See I've already waited too long / Vedi ho aspettato troppo tempo And all my hope is gone / e tutte le mie speranze sono finite You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti

lunedì 7 gennaio 2008

Le scimmie


Il limite della democrazia, si sa, è che non tutti la pensano come noi.
E' giusto quindi consacrare "Favourite Worst Nightmare" degli Arctic Monkeys come disco dell'anno 2007.
Purtroppo non ho avuto il tempo per approfondire l'ascolto, ma ad un primo impatto mi era sembrato un disco di buon rock (qui inteso nella sua accezione più calssica, se ancora può avere un senso...).
Nulla di eclatante, insomma.
La cover è interessante, con quella immagine in bianco e nero di una siedlung in stile "existenz minimum" che contiene al suo interno un cancro psichedelico...
Però se Beddolix e DJ Paulette - non due stronzi qualunque, quindi - mi dicono che le scimmie artiche spaccano, non ci sono cazzi: spaccano!