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mercoledì 6 maggio 2009

lunedì 4 maggio 2009

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Ray "Big Daddy" arriva da Vancouver, Canada.
Non è nuovo a Cervia, anzi qui al 29° International Kite Festival direi che lo conoscono un pò tutti.
E' infatti da anni uno dei grandi vecchi dell'aquilonismo, ovvero "l'indiscutibile ed ineguagliabile re del volo acrobatico", così come recita la brochure stampata ad hoc per l'evento: il solito libretto di quasi cento pagine, pieno zeppo di inutili annunci pubblicitari.
Ray ha qualcosa come ottant'anni e più.
E' uno strano e curioso personaggio. Carismatico.
Gira sempre a piedi scalzi e a torso nudo, anche dopo il tramonto, come i vecchi marinai, mettendo in bella mostra la sua pelle raggrinziata dal tempo e bruciata dal sole, e anche i tatuaggi da vecchio pirata avventuriero. In testa porta un berretto di stoffa ricoperto di spillette metalliche che ricordano i suoi numerosi trofei.

Dovreste vederlo all'opera con i suoi tre aquiloni.
E' uno spettacolo.
Dopo il loro decollo, fulmineo, Ray riesce con straordinaria precisione a farli volare in simultanea, grazie a una personalissima tecnica di volo sincronizzato messa a punto in tanti anni di allenamento in un parco pubblico della città canadese: se non "vola" almeno otto ore al girono, ha confidato lui ad alcuni amici, sta male.
Ray pilota un aquilone con la mano sinistra, un altro con la destra e un terzo attraverso il movimento sinuoso dei fianchi: "sei fili manovrati con una destrezza stupefacente che delude qualsiasi tentativo di emulazione anche da parte di aitanti giovani atleti", recita ancora il depliant.
Nel 2000, a Long Beach, questo vecchio squilibrato ha stabilito uno dei suoi tanti record mondiali, facendo volare contemporaneamente ben 21 aquiloni.

Cosa ancora più incredibile, li fa danzare a ritmo di musica.
Incredibile, certo, perchè Ray - come un novello Beethoven - da diversi anni è completamente sordo.
All'inizio non la prese affatto bene. Da qualche tempo aveva un forte mal di testa, e sentiva un ronzìo incessante all'interno dei padiglioni auricolari.
Il medico che lo visitò, che conosceva Ray dai tempi della scuola, non ebbe la forza di mentirgli: diventerai sordo, Ray.
Completamente sordo?
Sì. Mi spiace. Si tratta di un virus assai raro, che colpisce solo 1 uomo su un 1.000.000, gli spiegò il dottore.
Un 1 uomo su un 1.000.000?, fece Ray: e allora perchè proprio io?
Perchè tu sei un 1 uomo su un 1.000.000, Ray, rispose allora il suo vecchio amico. Come te non se ne trovano tanti.

Intanto è tornato il sereno, sulla spiaggia di Cervia. Il vento finalmente ha spazzato via le nuvole grigiastre gonfie di pioggia. E il vento è proprio quello che ci vuole, se vuoi far alzare un aquilone. Il cielo è punteggiato da un'infinità di piccole macchie colorate che piroettano senza mai fermarsi un attimo.
Tutti qui camminano con il naso all'insu', ed è facile inciampare in una corda lasciata sulla sabbia o scontrarsi con qualche malcapitato.

Ray esegue con grande abilità le sue evoluzioni.
La gente sulla spiaggia lo applaude alla sua maniera, sventolando in alto le mani.

Verso sera ritroviamo Ray in uno stand gastronomico della Sagra della tagliatella, sotto uno di quei tendoni con struttura in ferro zincato che da queste parti, in tempi ormai lontani, servivano per le Feste dell'Unità.
Indossa un giubbino di pelle, tutto rovinato, direttamente sulla pelle nuda, e gesticola in direzione di una tavolata di improbabili aquilonisti arrivati sin qui dall'Indonesia e da altri paesi asiatici.
Mi avvicino per salutarlo, e gli chiedo se può posare per una fotoricordo con le bambine. Strano, non mi capita spesso di fare fotografie con persone famose, non ci ho mai tenuto piu' di tanto, ma Ray è un tipo affascinanate, ispira fiducia e simpatia.
E non è nemmeno famoso, a dire il vero.
Lui si mette in posa, abbraccia Sandra con forza, sorride all'obiettivo e accarezza sul capo le piccole.
Subito dopo mi sgancia un cinque con un tale vigore da rischiare di slogarmi un polso.
I suoi occhi azzurri brillano, non so dirvi il motivo, ma sembra contento.
E allora lo accompagno con lo sguardo mentre si allontana dal tendone tenendo sotto braccio, con orgoglio, la sua anziana moglie. Lei ha in testa un curioso copricapo bianco, e inciampa passo dopo passo, ridendo sguaiatamente (devono aver esagerato col Sangiovese, questi due ragazzi).

God bless you, Ray, mormoro.


www.raybethell.com

venerdì 9 maggio 2008

FERRARA, 02


La mattina del Primo Maggio sorseggiamo un caffè nei pressi della Cattedrale mentre, sul sagrato, una banda di ottoni suona per noi Frank Sinatra; a pochi passi, un esercito minuscolo di bambine in divisa si prepara a calcare un palchetto improvvisato davanti al portale principale, tra le due possenti statue di leoni che tanto ricordano il nostro Duomo.
La mostra di Mirò un pò ci delude: c'è una grande calca, bisogna farsi spazio a fatica nelle sale piccole e anguste. Ci riposiamo nel cortile austero del Palazzo dei Diamanti; Agnese e Silvia si siedono in mezzo ai vialetti per giocare con la ghiaia.
Un genio ha dipinto degli scarabocchi con lo spray nero sulla vaschetta del cesso del museo, e poi ha firmato: Mirò. Solo gli esperti potranno dirci se è originale o è una bufala...
Troviamo posto al “Brindisi”, secondo il Guinness dei Primati l’enoteca più antica del mondo (sarà poi vero?): qui venivano a degustare i vini sapidi e sabbiosi della laguna l’Ariosto e il Tasso, persino Tiziano; al piano sopra, studiò Copernico. Io e Sandra (lo stesso fanno Achille e Cristina) ci dividiamo un menù turistico - caplaz alla zucca e la mitica e salatissima salama da sugo con purè - con un "rinforzino" di pasticcio di maccheroni al forno alla ferrarese. Nell’attesa dei succulenti piatti, divoriamo i cestini di pane ferrarese, un bigattone intrecciato con quattro punte, che lo scrittore Bacchelli (Il Mulino del Po? Boh…) ha definito il pane più buono del mondo.

E’ tutto “più qualcosa” del mondo, oggi…

Al Monastero di Sant'Antonio in Polesine, all’ombra di un glicine rigoglioso, il ciliegio secolare al centro della corte è piuttosto malconcio: di origine giapponese, è oggetto di venerazione da parte dei turisti nipponici. All'ingresso del complesso, regolamentato tramite un campanello, un'anziana suora di clausura ci accompagna nella visita agli affreschi della sala capitolare, di scuola giottiana. E' una donna assai minuta, e si muove leggera sulle sue grandi ciabatte di cuoio nero. L'aspetto è severo, quasi austero. Ripete la sua lezione in modo meccanico, con sguardo assente e con un tono metallico e monocorde; tuttavia, in alcuni momenti si scioglie e quasi emoziona, nel raccontarci la delicatezza e la sensibilità dell'ignoto pittore medievale nel tratteggiare i contorni del viso sereno di Cristo, mentre sale la scala che lo porterà sulla croce.
Nei dintorni della Certosa cinquecentesca, in pieno centro storico, è tutt'oggi funzionante un'azienda agricola che coltiva diversi ettari di terreno con metodi biologici: è una grande porzione di città che il Comune, nel secondo dopoguerra, ha acquistato allo scopo di evitarne l'edificazione.
Leggiamo che si tratta di un caso unico in tutta Europa.

E’ anche “più qualcosa” d’Europa, quindi.

In ogni caso, chapeau. Davvero.
Per non parlare dell'ormai celebre Parco delle Mura: un invidiabile anello di oltre sette chilometri di piste ciclabili (ci sono distributori di bici comunali ovunque, a Ferrara), sentieri pedonali, parchi giochi, immersi in una ricca vegetazione e con suggestive vedute sulla cinta fortificata: con le debite proporzioni, un po’ come il Ring di Vienna. All’orizzonte, in un ennesimo grande parco a pochi passi dal centro, vediamo volare gli aquiloni, che qui sono molto diffusi (esiste anche un festival, anche se non famoso come il Busker’s…), e tante partite di pallone.

martedì 6 maggio 2008

FERRARA, O1


Vorrei mettere giù qualche riga sul viaggio al delta del Po, ma non so da dove cominciare.
Per dirla alla Drugo, "ho molte idee in testa, un sacco di input e di output".

Arrivi a Ferrara con un sacco di stereotipi, a cui non si può sfuggire: la città delle biciclette, del parco delle mura, il primo esempio di urbanistica moderna ('500), la città di De Chirico e di Antonioni.
La prima sensazione che hai è quella di una città sonnecchiosa e tranquilla, un grande paesone immerso nella piattissima pianura padana, ma tutt'altro che spento.
Sul piano culturale e artistico, infatti, l'offerta è notevole: le grandi esposizioni internazionali di Palazzo dei Diamanti (Mirò, in questi giorni), la mostra del Garofalo (sarà l'ultima scoperta di Sgarbi, questo è da sempre un suo feudo), il Palio, il Museo d'arte moderna De Pisis, il Museo dell'Architettura.

Tuttavia, non riesci a cogliere del tutto la sua dimensione metafisica, che influenzò fortemente De Chirico.
Forse per via di queste giornate limpide, luminose.
Come un'altra città magica e letteraria, Praga, Ferrara andrebbe visitata in una serata uggiosa di tardo novembre: uscendo , vedresti emergere dalla fitta nebbia l'imponente mole del Castello Estense, e capiresti l'ispirazione per il capolavoro del grande maestro, "Le muse inquitetanti".
E ammireresti ancor più il fantastico gioco di luci ed ombre sulle 8.500 bugne del Palazzo dei Diamanti, l'edificio più celebre del Quadrivio degli Angeli, ovvero il baricentro dell'addizione rinascimentale ad opera dell'architetto Biagio Rossetti.

La prima sera ci accampiamo in un grande parcheggio asfaltato ai margini della città vecchia, a pochi metri dalle barche ormeggiate nel porto canale; quando arriviamo ci sono pochi camper, ma al nostro rientro ci troveremo letteralmente circondati da decine e decine di bisonti in vetroresina biancastra: pare di essere in un campo rom.
Per visitare la città, la bicicletta è certamente il mezzo migliore.
Allora saliamo in sella alle nostre citybike (equipaggi: Achille ed Alice sulla bibici, ammiratissima dai vicini di camper, Sandra e Agnese, Cristina e Silvia, Io) e ci dirigiamo verso piazza del Duomo, dove costeggiamo le botteghe tardomedievali, edificate senza soluzione di continuità, sul lato destro della Cattedrale. In fronte ad esse, campeggiano implacabili tre insegne di McDonalds...
Attraversiamo il cortile del municipio, dove si allenano coloratissimi gli sventolatori del Palio. Le vie strette e tortuose del reticolo medievale, nei pressi del ghetto, sono caratterizzate dalla successione di eleganti palazzotti in mattoni a vista, con archi in terracotta decorata e volte ribassate. Al posto delle persiane, tendoni di colore rosso mattone, posizionati anche dietro le inferriate del piano terra.
Rientriamo costeggiando la cinta murata. Tra i lecci e gli altissimi pioppi, stazionano malinconici le giostre e i calcinculo deserti di un lunapark decisamente poco frequentato.

mercoledì 30 aprile 2008

Anguille



Cj e famiglia sono in partenza per il superponte del Primo Maggio (sì, esiste ancora, malgrado i dubbi di Cirri di Caterpillar...), destinazione Ferrara e Valli di Comacchio, compresa escursione naturalistica al Parco del Delta alla ricerca delle anguille.
In attesa di raccontare la sua esperienza nelle terre tanto care a due grandi come Antonioni ("Il grido", "Al di là delle nuvole, con Wenders) e Zavattini (per non citare il Pupi Avati de "La casa dalle finestre che ridono"), pubblica qui sotto l'ultima parte della moleskine di Spagna.
Buona lettura, a presto.