domenica 27 maggio 2012
DECEMBERISTS, "We all raise our voices to the air" (2012)
Il lettore più attento potrà lamentarsi: ancora i Decemberists.
Vero, seguiamo con attenzione le mosse della band di Portland, e l’ennesima occasione per parlare di loro è l’uscita del loro primo live, un cd doppio – addirittura triplo nell’edizione in vinile.
La recente riscoperta della tradizione e delle radici folk si riflette in questa torrenziale (126 minuti!) raccolta di brani incisi in ben 12 diverse performance tenute da Colin Meloy e soci dal mese di aprile ad agosto del 2011, durante il Popes of Pendarvia World Tour, comprese le ultime due date nella loro città natale (alcuni episodi si avvalgono di una sezione fiati aggiuntiva).
Tale generosità permette loro di farsi perdonare qualche piccola sbavatura.
La raccolta si caratterizza per una sapiente alternanza tra struggenti e languide ballate e pezzi più ritmati e festaioli, con grande profusione di mandolini, fise e armoniche a bocca, e si distingue per la sua immediatezza e il suo potente impatto emotivo.
La track-list ripercorre una breve ma intensa carriera, se album e una mancita di EP (32 solo nel corso del 2011): da Oceanside (dall’EP di debutto, Five Songs, 2001) alle storie epiche di soldati e marinai tratte dal celebrato Picaresque (2005: The Infanta, The Bagman’s Gambit, We Both Go Down Together, The Mariner's Revenge Song, per lungo tempo l’epilogo consueto dei loro concerti, questa volta egregiamente sostituita dalla più datata I Was Meant For The Stage), dalla suite The Crane Wife alle recenti Rise To Me, All Arise, June Hymn, This Is Why We Fight, Down By The Water, Rox In The Box, che ripropone nel mezzo un’aria in stile Irish Heartbeat, e Calamity Song, ispirata a una novella di David Foster Wallace.
Bravi a saper coniugare la scuola del folk elettrico britannico di fine ’60 (Fairport Convention, Pentangle) e degli anni ’80 (Pogues, Waterboys) con il roots americano, la lezione dei R.E.M. e dei grandi maestri (The Band, Byrds, Grateful Dead).
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