mercoledì 8 luglio 2009
Questo meravilglioso, piccolo e ottuso angolo di mondo
Arrivo in paese nel tardo pomeriggio.
C'è un afa pazzesca.
Una nuvola di vapore sale dall'asfalto bollente.
I grilli cantano della grossa, nel bel mezzo dei campi di grano dorato, e neppure le cicale se ne stanno zitte. Un frastuono terrificante.
Per raggiungere la piazza è un'Odissea.
Davanti a me ho una vecchia Panda 4x4 - qui tutti hanno almeno una Panda 4x4, in pratica è un requisito per ottenere la residenza: nel mio caso qualcuno ha chiuso un occhio - che avanza come fosse un somaro, con passo lento e andatura costante.
Al volante c'è un uomo col cappello. Starà andando ai trenta all'ora, non di più. Impossibile superarlo, la strada è stretta e piena di buche. Mi fa venire in mente lo zio Cecco, da Carpaneto. Erano anni che usava la sua Ritmo, color carta di zucchero e con i parafanghi in tinta carrozzeria, solo nel fine settimana. Un giorno sua sorella, sentendo gli sforzi del motore in terza sulla provinciale, era sabato mattina e stavano andando al mercato giu' in città, gli disse:
Cecco, perchè non metti la quarta?
Perchè? C'è anche la quarta?
Lascio l'auto nei pressi della nuova lottizzazione, dove le nuove villette con i loro archetti in calcestruzzo nascono come funghi, che non per tutti sono commestibili.
Al campo giochi l'erba è talmente alta che i piu' piccoli potrebbero perdersi.
Ci sono auto abbandonate ovunque. L'anarchia dei parcheggi è una nota dolente.
Anni fa un consigliere comunale arrivò per protesta a dimettersi - bei tempi - perchè qualcuno aveva tolto la rimozione forzata davanti al cippo dei partigiani, uno di quei cippi dove ancora puoi leggere frasi tipo: "caduti in cento epiche battaglie". Che poi, eccesso di retorica a parte, suonano davvero bene.
Anche quest'anno è estate, e la tranquillità è andata a farsi benedire.
Il paese, da poco uscito dal lungo torpore invernale, è stato improvvisamente invaso da una moltitudine di terrificanti umanoidi in tuta di cuoio nera, bandana al collo, rayban d'ordinanza e fronte perlata di sudore, in sella alle loro rombanti e scintillanti motociclette dalle marmitte cromate. Stazionano sotto la topia in canette di bambu' del bar in piazza, guardandosi attorno soddisfatti, con una pinta di birra in mano. Sembrano esponenti di una qualche setta satanica. A me un pò fanno paura, cazzo. Scommetto che ogni tanto buttano l'occhio per controllare che nessuno osi sfiorare le carrozzerie tirate a lucido dei loro mostri metallici.
Oddio, l'accoglienza per loro è piuttosto tiepida.
Qui ai villeggianti mica li attendono al varco con un comitato d'accoglienza e la banda di ottoni che suona una marcetta trionfale. Mica gli srotolano davanti ai piedi un tappetino rosso.
Gli va bene se li sopportano. Con malcelata riluttanza, come direbbe Lupo Alberto.
La leggenda narra che un oste della zona, non ricordo bene di quale frazione, apostrofò una coppia di milanesi - colpevoli di essere stati forse un pò pignoli nelle ordinazioni - con una frase che suonava più o meno così: ma con tutti i posti che c'erano da Milano fino a qui, ma proprio da me dovevate venire a rompere le balle?
Su un bellissimo muro in sassi e mattoni che costeggia le case che si spingono verso il fiume, sono stati affissi i manifesti per la convocazione dei comizi elettorali. Si sfidano quattro contendenti sindaci, tutti e quattro piu' o meno con lo stesso programma, divisi per lo piu' da rancori e inutili personalismi (nulla di cui stupirsi, dalle nostre parti per fare il presidente della Pro loco c'è chi sarebbe disposto a vendere la madre).
Tutti e quattro contro il parco del Trebbia, ovvio.
Qui, se qualcuno sente la parola parco, tirano fuori la pistola.
Sono peggio di Goebbels.
Dall'altra parte della strada, vedo un gruppetto di bambini dirigersi dal benzinaio per farsi gonfiare il pallone di cuoio.
Una scena d'altri tempi, che giaceva nascosta in qualche interstizio remoto della mia memoria. Una scena che mi ripaga della mia scelta di venire a vivere in questo piccolo, meraviglioso e ottuso angolo di mondo.
Oddio (e due), noi qui siamo stati accolti bene, superata una fase di diffidenza iniziale, insita nel DNA quasi montanaro.
E' gente che non si tira indietro, questa: se hai bisogno di qualcosa, puoi stare certo che si fanno in quattro per aiutarti.
Mi ricordo i primi tempi, le riunioni della sezione del partito - quando il partito era il partito, le sezioni si chiamavano ancora sezioni, e non circoli, quando non erano ancora in mano agli stupratori seriali - che facevamo in un ripostiglio della scuola media, senza finestre, seduti su vecchie cattedre accatastate con gente che fumava una sigaretta dietro l'altra. Non si respirava, cazzo. A turno, si usciva a prendere una boccata d'aria e poi si rientrava nello stanzino, come dei sub a corto di bombole. Si discuteva, Cristo, si discuteva anche animatamente, ma alla fine una soluzione si trovava.
E' stato proprio lì che ho fatto le mie prime amicizie, in paese.
Passo davanti al circolo Anspi, prorpio di fianco all'insegna dell'idraulico, un'enorme insegna al neon fuori scala che si accende a intermittenza.
Ci sono quattro vecchi seduti al tavolo che giocano a carte. Altri, in piedi, fanno da capannello e ogni tanto scuotono la testa, in segno di disapprovazione.
Porcamadonna, ma gioca il tre, no, cosa lo tieni in mano da fare?
Cosa dici gioca il tre! Ma se l'asso è ancora fuori, asino che non sei altro!
E tu prova lo stesso, coglione.
Ma cosa devo provare, d'un locco compagno...
Le carte finiscono presto rovesciate sul tavolo.
C'è da ordinare un altro giro di ortrugo frizzante, per sedare un pò gli animi.
Mi piacerebbe conoscerli tutti, questi arzilli vecchietti con le gote arrossate e il vestito della festa. A loro modo, sono dei personaggi famosi, in paese. Delle vere e proprie istituzioni. In questi anni ho ascoltato decine di racconti e di aneddoti, ma l'unico che mi viene in mente, adesso, è questo: c'è un tipo sempre brillo che è a casa di amici a giocare alle carte, all'improvviso si alza dal tavolo e dice: bon, io vado a pisciare e poi si inoltra nel corridoio; la moglie del padrone di casa lo insegue per anticiparlo e per mettere un pò a posto il casino che il marito gli lascia sempre in bagno, ma il tipo, iniziando a orinare su un tappeto nel bel mezzo del corridoio, le dice: non disturbarti, donna, piscio qui.
E intanto la briscola riparte, e volano ancora dei porcodio.
Qui non ci fa piu' caso nessuno, neanche il prete, che poi tra parentesi arriva da Milano e non se lo fila nessuno.
E poi, finalmente, tornerà l'autunno, e la calma tornerà a regnare.
Delle sagre e delle feste agostane rimarranno solo echi sfuggenti, la pedana metallica per ballare il liscio da smontare e qualche chiazza di olio frusto, e di grasso di carne di maiale, sulle lastre di pietra di Luserna della piazza del borgo antico.
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3 commenti:
1 sei un fottuto genio, quando pubblichi la raccolta di racconti invece di inutili libri su Madrid?
2 il tre ha fatto bene a tenerlo
3 il tappeto dava un tono all'ambiente
io il tre l'avrei passato, porcamadonna
io il tre l'avrei giocato, il due per me era asciutto.
per il tappeto, drugo docet.
per i racconti, chissà, ancora un pò di pazienza...
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