domenica 27 settembre 2009

I Pearl Jam ai tempi di Obama


Il Nemico N.1 – George W. Bush: lui, le sue guerre e le sue bugie - non c’è piu’, ormai, e dunque gli ex-ragazzi di Seattle si vedono costretti, per una volta, ad abbandonare il consueto impegno politico e a virare verso toni meno accesi e vibranti.
Il loro nono lavoro di studio - per il quale è stato richiamato Brendan O'Brien, produttore di “Vs” e “Vitalogy”- ha sì un impatto diretto e immediato, senza fronzoli, ma testi piu’ sereni e ottimisti, anche se qua e là riaffiora una vena malinconica.
Il titolo (“Backspacer”) è ispirato all' omonimo tasto per macchine da scrivere - caduto in disuso negli anni '50 – con le quali Vedder è solito comporre i suoi pezzi, mentre per l’art-work è stato coinvolto il disegnatore “politico” Tom Tomorrow, conosciuto durante la campagna elettorale di Ralph Nader nel 2000.

Il disco – undici brani per poco piu’ di mezz’ora di durata - si apre alla grande con “Gonna see my friend”, un robusto garage-rock alla Stooges. “Got Some” rimane a galla con fatica, grazie a un sound ruvido e all’enorme mestiere della band, mentre “The Fixer” è un singolo spento e prevedibile. Inserita tra due episodi tutto sommato dimenticabili, “Just Breathe” è certamente il clou, una ballata da brividi – con un insolito accompagnamento d’archi - basata su un pezzo strumentale di Eddie Vedder da “Into the Wild", soundtrack dell’omonimo film diretto da Sean Penn. “Unthought Know” inizia bene, con un’unica variazione in costante aumento, “Supersonic” è il pezzo da “pogo” e dimostra - se davvero ce ne fosse il bisogno - la loro incredibile velocità d'esecuzione, e a seguire ci sono il pop sofisticato di “Speed of Sound” (che non è una cover dei Coldplay, anche se forse potrebbe esserlo…) e il pezzone grunge di “Force of Nature”. In chiusura, la soffertissima “The End”, con quel titolo talmente evocativo e impegnativo: avranno almeno chiesto il permesso a James Douglas Morrison, in arte Jim Morrison?

In sintesi, un album che difficilmente potrà passare alla storia, anche della storia della stessa band: in ultima analisi, davvero non si tratta di uno dei loro episodi migliori.
Tuttavia, Vedder e soci sembrano sinceri. Sembrano divertirsi ancora e metterci tutto il loro entusiasmo per fare un rock classico e tradizionale, solido ed emozionante, in una parola: onesto.

Insomma, come cantava Mick Jagger: “It’s only Rock’n’Roll, but I like it”.

2 commenti:

JR ha detto...

A proposito di Seattle...

country joe ha detto...

Ma se tu eri a Sevilla...