domenica 18 aprile 2010
Difficile immaginare due debutti così diversi, così lontani.
Soffice, leggero e innocente il primo.
Ruvido, sporco e sfrontato il secondo.
Eppure, sono i dischi che vanno in loop sul mio Ipod durante le lunghe passeggiate serali con il vecchio cane Oscar, adesso che è finalmente primavera e il cielo appare sterminato e senza nubi.
Jonsi – vero nome: Jón Þor Birgisson - è il leader degli islandesi Sigur Ros, band in assoluto tra le piu’ importanti dello scorso decennio. Qui è al suo debutto solista, intitolato semplicemente Go (Andiamo), anche se a dire il vero preceduto dallo sperimentale Riceboy Sleeps recentemente inciso in coppia con Alex Somers.
Per non ricadere nell’ovvio, lo straordinario vocalist dalla terra dei vulcani cerca di smarcarsi da un passato/presente così illustre - che tuttavia riaffiora in brani letteralmente senza tempo come le eteree Tornado e Kolniður, oltre che nella nenia incomprensibile Hengilás) - puntando su filastrocche bislacche e su un’immediatezza e una freschezza pop (il singolo Go Do, Animal Arithmetic e l’ottima Boy Lilikoi) che funzionano assai bene. Oltre che su una base ritmica piu’ solida (alle percussioni troviamo Samuli Kosminen dei Múm) e su una lunghezza dei brani piu’ contenuta del consueto; celebre il rifiuto dei Sigur Rós al Letterman Show: offrirono al gruppo solamente quattro minuti per suonare, un tempo troppo esiguo per lo stile della band.
Gonjasufi – vero nome: Sumach Valentine – è un personaggio alquanto strano, per usare un eufemismo.
Nero, rasta, insegnante di yoga, intellettuale mistico e inquieto, Dj ed ex-rapper, oggi artista di punta della scuderia WARP.
La sua opera prima è una delle produzioni piu’ sorprendenti di questa prima parte dell’anno, con il quale mescola con classe e irriverenza i piu’ disparati generi musicali: il trip hop (Portishead e Tricky) di Ancestors e di Change, il blues-rock gutturale di Suzie Q (Captain Beefheart) e She Gone, il folk bucolico di Sheep, l’elettronica vintage di I've Given e Holidays, il groove di Dust, la disco di Candylane, le citazioni terzomondiste dell’ottima Kowboyz And Indians, l’acid-rock psichedelico di Klowds (nella quale fa il verso addirittura a Jim Morrison) e della conclusiva Made.
E lo fa con un’inclinazione rigorosamente Lo-fi (fruscìi di fondo compresi) che fa pensare – oltre che a Frank Zappa - al primo, grandissimo, Beck.
Da seguire con attenzione.
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