mercoledì 13 ottobre 2010


In attesa di ascoltare le consuete “bombe” autunnali (Antony, Sufjan Stevens, Belle&Sebastian, oltre ai redivivi David Sylvian e Neil Young), PiacenzaSera vuole consigliarvi la nuova, ottava, fatica di Mice Parade, creatura solitaria del percussionista newyorchese Adam Pierce (il nome del progetto è anche un anagramma del suo nome).
Un lavoro davvero impossibile da catalogare, frutto com’è di una miriade di influenze diverse e di spunti creativi apparentemente inconciliabili, nel tentativo dichiarato di fondere in modo armonico la seriosità di etnica e jazz con l’immediatezza dell’indie piu’ alternativo (e sofisticato).
What It Means To Be Left-Handed si apre con la nenia africana di Kupanda, con il suo ritmo tribale, seguita da In Between Times e Do Your Eyes See Sparks?, caratterizzate da un’armoniosa coralità e da notevoli duetti vocali (la prima delle due dovrebbe essere l’improbabile singolo).
Couches & Carpets e Recover – intervallate da un brevissimo strumentale - rievocano i territori post-rock di June of 44 e Gastr del Sol, mentre Old Hut con i suoi delicati arpeggi di chiatarra acustica pare uscire dall’ultimo Mum. E quando meno te lo aspetti Mallo Cup, dal repertorio dei Lemonheads (non è l’unica cover: la conclusiva Marie-Annie è del misconosciuto cantautore Tom Brosseau), sfodera un sound quasi grunge, tra Sebadoh e Motorpshycho. Un altro stacco e poi parte Even, una ballata folk senza né testa né coda, tra le cose piu’ belle del disco.
Il finale tiene botta, con una Tokyo Late Night che pare il miglior Moby, con quelle note di pianoforte su un tappeto elettronico, e la bossanova di Fortune of Folly.

2 commenti:

paulette ha detto...

Figa ti ricordi il suono dei June of 44?!?

Gbattm ha detto...

"Have a Safe Trip, Dear" e "Sink is Busted" sono in quasi tutte le mie compilation del periodo.
Quasi a livello dei Codeine.