sabato 2 ottobre 2010


L’autunno porta una caterva di buoni dischi per tutti i nostalgici degli anni Novanta.
Io sono tra quelli, quanta nostalgia per il mio walkman che smorzava il triste grigiore del distaccamento del Poli alla Bovisa, per riviste cult come Rumore e Rockerilla, per le camicie di flanella dei grunge e gli sfigati del lo-fi, per le serate in ascolto a Raistereonotte, un’autentica miniera di notizie e di informazioni per gli appassionati della scena Indie: in particolare il Dj siciliano Max Prestia – fan accanito dei Fall e degli shoegazers - le cui trasmissioni erano puntualmente registrate dall’amico Sabidda che poi le passava agli amici.

Tornano due maledetti come Nick Cave e Mark Lanegan, ex-leader degli Screaming Trees, con due lavori probabilmente non urgenti ma di classe sopraffina e immutata.
Il primo – ormai definitivamente abbandonati i vecchi compagni dell’epoca Birthday Party – si diverte con la sua ultima creatura, Grinderman, con il consueto bluesaccio sporco e improvvisato a là Stones (Palaces Of Montezuma, When My Babes Comes).
Il secondo dà alle stampe con Hawk il terzo capitolo della sua collaborazione con Isobel Campbell, ex-violoncellista degli scozzesi Belle&Sebastian, confrmandosi un credibile erede di Johnny Cash e Leonard Cohen (ascoltare Come Undone e You Won’t Me Let Me Down Again; nell’albo spiccano due cover di Townes Van Zandt: Snake Song e No Place To Fall).
Ancor meglio fa Kristin Hersh, storica voce di Throwing Muses, che esce contemporaneamente con un doppio live acustico (Cats And Mice) e con un nuovo album intitolato Crooked, secco ed essenziale, poetico e ispirato, soprattutto nella prima parte. Un po’ Patti Smith, un po’ la prima PJ Harvey: Mississippi Kite ricorda davvero tanto Sheila-Na-Gig, Sand e Fortune le tracce migliori.
Tra le bands, ecco di nuovo - a ben quattordici anni dal capolavoro Soundtracks For The Blind - i newyorchesi Swans, capitanati dal geniale Michael Gira, con l’apocalittico e tenebroso My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky, con cameo di Devendra Banhart e di alcuni membri dei Mercury Rev.
E infine l’ultima produzione di Sun Kil Moon, sigla prescelta da Mark Kozelek dopo l’addio dei Red House Painters: un’opera intima e fragile, adatta solo agli spiriti piu’ inquieti e malinconici: Australian Winter e Half Moon Bay sono la colonna ideale per il freddo che avanza.

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