martedì 15 febbraio 2011
Reduce da un’annata, quella appena trascorsa, piuttosto opaca, salvata solamente da leoni antichi o meno antichi come Weller e Albarn, la gloriosa terra d’Inghilterra inizia il nuovo anno con una serie interessante di nuove produzioni: il secondo album degli Chapel Club, “Palace”, subito ribattezzati dalla critica come i nuovi My Bloody Valentine, il debutto (omonimo) di James Blake – sul quale torneremo, magari la prossima settimana – e soprattutto quello di Anna (o Anne) Calvi, da tempo al centro dell’attenzione dopo la sua scoperta da parte dei Coral, le manifestazioni di stima di Nick Cave – che l’ha voluta ad aprire i concerti dell’ultima tournee dei Grinderman – e la benedizione di Brian Eno: “è la cosa piu’ bella successa dopo Patti Smith”, ha dichiarato l’alchimista-genio inventore dell’ambient ed ex-Roxy Music, che offre il suo contributo prezioso in un paio di brani.
E la sacerdotessa del rock piu’ impegnato è il primo nome che viene in mente ascoltando l’opera prima di questa giovane autrice di evidente origine italiana, paragonata anche a PJ Harvey (a proposito, è in uscita il suo nuovo lavoro, intitolato Let England Shake), Diamanda Galas, Soap&Skin, Cat Power, Siouxie, Nina Simone, addirittura Tim Buckley.
Opera prima assai gradevole, anche se non il miracolo a cui ha gridato gran parte della critica specializzata. Una produzione assai raffinata, quasi perfetta, toglie infatti un po’ di sapore al disco – e anche di calore, l’interpretazione di Anna in certi tratti è glaciale.
Un incipit strumentale introduce l’innocua No More Words e un bel pezzo quasi dance, Desire, a là Florence & The Machine. Suzanne & I si apre con percussioni rock ed emerge come uno dei tratti migliori della raccolta, First We Kiss e soprattutto la litania The Devil ne mostrano il lato piu’ tormentato e dark. Notevole la sequenza finale: Blackout, ovvero il brano piu’ pop, la teatrale I’ll Be Your Man, la sexy Morning Light e Love Won’t Be Leaving.
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