sabato 11 gennaio 2014

ALTRA RECENSIONE, SU LANKELOT.IT

L'odore della plastica bruciata è la prima raccolta di racconti di Giovanni Battista Menzani, dopo due saggi di architettura e la cura della Guida ai luoghi fantastici di Piacenza (per ed. Piacenzasera, o per Officine Gutenberg, si trovano notizie diverse) e il Dizionario Biografico Fantastico dei Piacentini Illustri (edito da Codex10) entrambe in coppia con Gabriele Dadati. Si può dire che questo libro segni il suo esordio narrativo in solitaria, credo, e un esordio coraggioso, come tutti quelli che si affidano alla forma del racconto, un po' perché nel panorama editoriale italiano le raccolte non antologiche mi sembrano abbastanza rare, e soprattutto per il fatto che scrivere racconti, scrivere buoni racconti, è estremamente difficile. Una raccolta, inoltre, lo è ancora di più, perché non basta essere capaci di dare vita ad un singolo buon racconto, cosa che può accadere a chiunque provi a scrivere, prima o poi, ma presuppone un'omogeneità eterogenea in cui ogni racconto, per quanto possa essere più o meno “diverso” da quello che lo precede e dal suo seguente, acquista forza e senso dal suo essere parte di un insieme, come atomi in una molecola. Tornando al libro in questione, nell'aletta di copertina si legge una frase che conferma il titolo (almeno per me, che lego quell'odore a cantieri e periferie notturne) “Un'immensa periferia globale e stereotipata fatta di svincoli autostradali, capannoni prefabbricati, outlet di cartapesta e cartelloni pubblicitari...”.
Si comincia: Con passo sicuro e costante andatura narra in prima persona le difficoltà di un commesso porta-pacchi in un grande centro commerciale, un commesso che si trasforma in mulo grazie ad una pesante tuta semimeccanica e il cui compito è quello di farsi caricare dai clienti gli acquisti sulla groppa e trasportarli dall'uscita del grande edificio fino alla loro macchina parcheggiata. Digressione: mi ricorda un romanzo, Nessuna esperienza richiesta, di G. Comuniello, edito da Intermezzi, in cui il protagonista dopo varie disavventure lavorative finisce con il “lavorare” come animale domestico. Nel secondo, A stomaco vuoto, è protagonista un'insegnante...a tempo precario indeterminato. In Kerosene ecco una badante dell'Est Europa che si vede trattare con poco rispetto dai parenti dell'uomo che ha assistito per anni. Si continua con frammenti di vite: dalla comparsa televisiva che vive in una sorta di “riserva” per comparse all'architetto che va a fare misurazioni di case su un terreno che, cambiato di proprietà, verrà destinato a nuove abitazioni con conseguente sfratto degli attuali abitanti, dagli ispettori delle Squadre Speciali per il Rilevamento dei Consumi, addetti a controllare che i cittadini spendano almeno la loro quota minima di denaro mensile per mandare avanti l'economia, al figliol prodigo che tornando a casa viene scambiato dal padre esteticamente modificato per un ladro, al mago per compleanni vittima dei genitori del festeggiato, ed altri ancora fino ad arrivare al racconto che dà il titolo a tutto quanto: siamo in un mondo in cui il passaggio all'età adulta viene segnato dalla visione di uno spettacolo.
L'autore gioca in economia, con gli ambienti, i personaggi, e non sbaglia, facendo de L'odore della plastica bruciata una buona raccolta, con una scrittura piana tesa a calare chi legge in ogni situazione descritta, a fargliela sentire reale anche là dove la realtà viene forzata e i racconti sembrano narrare una distopia, un futuro molto vicino, un presente parallelo. A seconda della distanza dal “reale” si possono così distinguere vari livelli, ma nella lettura si confondono, si sovrappongono, e quando si arriva alla fine possiamo quasi dire: è già così. Sappiamo che non è vero, reale, come sappiamo che potrebbe esserlo: vero, reale.
Eppure voltata l'ultima pagina mi sono accorto che mi era rimasta addosso una sensazione di note stonate. Dopo un ripasso veloce ho pensato a come mi ero sentito appena terminata la prima storia: ero molto curioso. Dopo la seconda, invece, la curiosità era diminuita. Come mai? Non una questione di qualità singola, ma di posizione reciproca. Quei due racconti, in quell'ordine, mi erano sembrati distanti, tanto distanti da recarmi una sorta di delusione. Se prendo il libro come molecola e i racconti come atomi, quei due accanto, secondo me, in quell'ordine, non legano. È qualcosa che ho sentito, ma in tono minore, anche in altre parti della raccolta, e mi fa pensare che forse la disposizione generale poteva essere diversa, tenendo come punto fermo il racconto finale. Anche solo lo spostamento del primo, forse, nella parte centrale, o nella seconda metà, sarebbe stato sufficiente, perché si avverte come un salto all'indietro iniziale, mentre dopo c'è una progressione più o meno costante. Impressioni, sensazioni. L'odore della plastica bruciata è una buona raccolta di racconti cui è mancato poco, per me, per essere qualcosa di più.
Termino con un'altra digressione: quando ho letto Con passo sicuro e costante andatura, mi è sembrata un'espressione già sentita o letta, così ho chiesto al motore di ricerca una mano, e sono finito su una pagina del sito agraria.org dedicata al mulo, che avevo già visitato tempo fa, e tra le altre cose dice “Se il mulo è proverbiale per la caparbietà e spesso per la cattiveria, in compenso compie il lavoro con grande energia e molta resistenza, anche sulle strade montane più impervie, con passo sicuro e costante andatura”. Un po' come chi scrive, più o meno.
(recensione di Andrea Brancolini).
Grazie

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