domenica 19 febbraio 2012

Il pagellone di Sanremo, 2012


ARISA – La notte
La sorpresa.
Il suo duetto con Mauro Ermanno Giovanardi (La Crus) è una delle poche cose da ricordare di questo festival, e in più c’è il violino commovente di Mauro Pagani.
La canzone, dolce e intimista, è forse la più bella.
E in mezzo a tatuaggi inguinali e mutande nascoste, la sua sobrietà un po’ trista ci sta pure simpatica.
In finale abbiamo tifato per lei, inutilmente: troppo forte lo strapotere del televoto in favore dei prodotti del marketing targato Mediaset.
VOTO: 7,5

CHIARA CIVELLO – Al posto del mondo
Ci dicono che è famosa in tutto il mondo come cantante jazz: lo ripetono più volte nella speranza che noi ci crediamo davvero.
By the way, il colpo alla Gualazzi quest’anno non riesce, perché Chiara è sembrata - a pubblico e critica – poco più di una schiappa.
Ovvio, sul voto influisce anche il duetto non indimenticabile con la Michielin, fresca vincitrice di XFactor 5.
VOTO: 5

DOLCENERA – Ci vediamo a casa
Grintosa con vestitino nero, borchie, spilloni e schiena scoperta: peccato per quei booties che le regalano un bell'effetto cotechino.
L’arrangiamento del pezzo è troppo radiofonico, quasi dance, e i continui riferimenti a De Andrè c’azzeccano poco.
Con Gazzè il pezzo ne guadagna.
VOTO: 5

EUGENIO FINARDI – E tu lo chiami Dio
Il vecchio cantautore milanese, look total black, codino e un’aura da spiritualità zen, sfodera sorrisi immotivati e – ormai raggiunta la pace interiore - se ne fotte di tutto il caos che gli sta intorno.
L’interpretazione è di classe, così come il duetto con un'elegante Noa.
Il testo non è tra i suoi più ispirati, ma pare Proust al confronto con l’avvincente dibattito tra Pupo, Celentano e Morandi sulla sinistra e sulla vita di Gesù.
VOTO: 6,5

EMMA – Non è l’inferno
Non sarà l’inferno, ma ci assomiglia.
Emma canta in modo sguaiato ed eccessivo un pezzo straordinariamente brutto anche per la media non eccezionale di Kekko dei Modà (ma non poteva saltare un giro, quest’anno?). Il testo, poi, è talmente paraculo che si sarebbe vergognato persino Povia.
L’accoppiata salentina con la Amoroso – su Twitter qualcuno le ha definite “due rane” – rappresenta l’apoteosi del DeFilippi-pensiero.
Vince a mani basse: è lo specchio dell’inesorabile declino del paese.
VOTO: 4

FRANCESO RENGA – La tua bellezza
Mah.
L’ex-ledaer dei Timoria ci sembra decisamente involuto, ed è fastidioso questo suo eccesso di autostima. Alla fine fa parlare di sé solo per le polemica (sacrosanta) sul troppo spazio concesso a quello sciroccato del molleggiato: facciamo solo da contorno, si è lamentato. Come dargli torto?
L’accompagnamento del coro di Scala & Kolacny Brothers una pessima idea.
VOTO: 5,5

IRENE FORNACIARI – Il grande mistero
Il grande mistero è lei.
Tra le più assidue frequentatrici del festival, ancora una volta si rivela una meteora: inconsistente e impalpabile, non lascia traccia di sè.
Si presenta vestita come il tubo di una stufa in un sapiente nero che "sfila", e nemmeno al secondo cambio acquista dignità di donna, resta stufa.
Alla lunga stufa anche noi.
VOTO: 4,5

LOREDANA BERTE’ e GIGI D’ALESSIO
Lei esibisce evidenti segni di errori chirurgici sul viso, corredati dalle immancabili labbra a canotto. Non contenta, indossa un vestito che svela ciò che dovrebbe nascondere.
Lui ha l’aria del pappone, con un giubbino da motociclista e un sorriso assai sforzato.
Accanto a loro la povera Macy Gray – in pailettes e paltò – non si regge in piedi: probabilmente si è ubriacata di brutto quando ha saputo che doveva duettare con D'Alessio (pare che abbia provato la strada del certificato medico, senza esito).
Imbarazzanti.
VOTO: 3

MARLENE KUNTZ – Canzone per un figlio
Sul web impazzano le accuse di tradimento da parte dei fan della prima ora. Inevitabili, per loro questo palco è la morte della musica.
Godano – così conciato è il sosia di Mirko Vucinic, con tristi multistrati e improbabili multi grigi - parte troppo piano, bisbigliando frasi apparentemente sconnesse (noi abbiamo capito solo: “attonita”). Il ritornello invece è soffocato dall’enfasi ingiustificata della sezione archi e, insomma, il pezzo ne esce piuttosto male.
Tuttavia, il duetto con l’icona Patti Smith – “Impressioni di settembre” della P.F.M. e poi la celebre “Because the night” – è uno dei pochi momenti emozionanti di uno dei festival più brutti degli ultimi anni.
Lei, poi, sembra una prof di italiano vicina alla pensione: lezione di stile a Dalla e alla Bertè.
VOTO: 6,5

MATIA BAZAR – Sei Tu
Che tenerezza, sembrano dei Muppets, dei vecchi zii dalla faccia di gomma che accompagnano la vocalist vestita come Biancaneve.
Il pezzo, no, non l’abbiamo ascoltato: abbiamo abbassato l’audio.
Non potete chiedere troppo.
VOTO: 4 (sulla fiducia)

NINA ZILLI – Per sempre
La nostra punta di diamante puntava allo scudetto, ma si deve accontentare della Coppa Uefa.
La mandano a rappresentare l’Italia all’Eurofestival a Baku, Azerbaijan.
Povera.
Seppur annoiata dai paragoni con Mina e con Winehouse, Nina si diverte con Giuliano Palma e con Skye dei Morcheeba, bellissima tutta in bianco.
Ha classe e talento, forse il pezzo non era all’altezza.
VOTO: 6

NOEMI – Sono solo parole
Nonostante l’evidente pasticcio cromatico - capelli rosso fuoco, giacca verde cangiante e trucco bianco pallido – Noemi sfodera grinta e una bella voce, e nel complesso non fa una bruttissima figura (anche se, cazzarola, presentarla con “You Really Got Me” dei Kinks è davvero troppo).
Il pezzo è di Fabrizio Moro: scontato ma efficace.
Brava con Sarah Jane Morris, in versione Fiona di Shrek, nella cover da Tracy Chapaman.
VOTO: 5,5

PIERDAVIDE CARONE - Nani
Ha la gravissima colpa di aver scritto “Per tutte le volte che”, brano trash con cui Valerio Scanu ha vinto tempo fa la sezione giovani. Per questo motivo in un paese normale sconterebbe una pena tra i dieci e i dodici anni, mentre lui è a piede libero.
A poco servono l’accompagnamento di un Dalla in versione Biscardi e il duetto di un Grignani sopra le righe.
La sensazione è che l’amico Pierangelo Carbone – un passato illustre negli Hurlo – non lo avrebbe fatto rimpiangere.
VOTO: 4,5

SAMUELE BERSANI – Un pallone
A noi lui piace parecchio, anche se questo pezzo non è tra i suoi migliori.
Il duetto con Paolo Rossi, paragonato sul web al fratello brutto e senzatetto del Pinguino di Batman, non è memorabile; più divertente quello con Bregovic – presentato da Morandi come Goran Zuzminac (!, chi minchia se lo ricordava!), uno dei passaggi migliori del festival insieme all’inutile Ivanka che cita Ennio “Morriccione”.
Scontato il premio della critica (tra i giovani andato alla Erica Mou, non male infatti).
VOTO: 7

(grazie a Nilla, Walter, Ivan e Michele)

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