lunedì 7 luglio 2008
Leggo i giornali dopo qualche giorno di assenza, ma il dibattito politico langue. Troppo forte è l'attesa di sapere se la ministra-velina si è fatta scopare o no dallo psiconano.
Surfando un pò, mi imbatto in questo divertente articolo di Franco Ricciardiello su Carmillaonline.com, intitolato "L'estetica di Superciuk".
Lo riporto qui sotto parzialmente , anche in onore del fumetto che più ho amato.
Ma prima una curiosità.
Se, presi dalla nostalgia per questo favoloso personaggio nato dalla fantasia del grande Max Bunker, andate su Google e digitate semplicemente la parola "Superciuk", usciranno per primi due links a Wikipedia: il primo è (correttamente) la voce riferita ad "Alan Ford", ma il secondo è la voce relativa al nostro amatissimo Sandrone Bondi (vedi post più sotto), dal quale potrete ricavare la seguente affermazione di Sgarbi: « Sandro Bondi? La prima volta che l'ho sentito parlare ho avuto uno shock. C'era una riunione di Forza Italia, e non era previsto l'arrivo di Berlusconi. E invece arriva Berlusconi, proprio mentre lui sta parlando. Bondi si ferma, lo guarda e gli dice: "Mi scusi, Presidente, se parlo in sua presenza..."[1] »
Il motivo di questo abbinamento si spiega con il quarto link, che è il blog di Beppe Grillo.
Ecco l'articolodi Carmilla:
(...) se dovessi scegliere un modello per rappresentare l’italiano di oggi — con la debita prevenzione intellettuale per la semplificazione — la prima figura che mi verrebbe in mente è Superciuk, l’antipatico anti-eroe del fumetto di Max Bunker, Alan Ford/Gruppo TNT, il Robin Hood alla rovescia che ruba ai poveri per donare ai ricchi. Anzi, persino questa è una semplificazione: Superciuk trafuga, per esempio, elettrodomestici acquistati a rate pluriennali da famiglie proletarie per regalarli a capitani d’industria che li sistemeranno nella villa al mare, dove magari soggiornano una volta all’anno per pochi giorni.
Nella migliore tradizione del fumetto d’avventure, Superciuk è un eroe mascherato: il suo vero nome pare sia Ezechiele Bluff, di mestiere operatore ecologico, un povero alcolizzato talmente indispettito dalla mancanza di civiltà degli abitanti delle degradate periferie, che insudiciano le strade procurandogli continuamente lavoro, da consacrare la propria vita a una rivincita indiscriminata contro i poveri. Compie le proprie imprese (o malefatte) con un travestimento straccione, coperto da un mantello scalcagnato e armato solo di un fiasco di vino ignobile. Come ogni supereroe che si rispetti, infatti, Superciuk ha un’arma segreta: la sua stomachevole superfiatata alcolica.
Dunque, nessuna scelta di campo dettata dalla coscienza di classe: anzi Superciuk è straccione tra gli straccioni. La sua rivolta ha un senso estetico: i poveri sono brutti, mentre quello dei ricchi è un mondo elegante, piacevole, il luogo del bello. Vi ricorda qualcosa?
Uno dei più lucidi osservatori della coscienza del nostro paese, lo scrittore e sceneggiatore cinematografico Ennio Flaiano (1910-1972), sintetizzò in un aforisma cinico e bellissimo un’amara verità morale: “Gli italiani corrono sempre in aiuto al vincitore.” Ecco la vera essenza di Superciuk: una rivolta contro il brutto, la povertà e il fallimento, a favore dell’eleganza, della ricchezza e del successo.
Sempre Flaiano scrisse che “Fra trent’anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la TV.” Eccoci qui finalmente nella nostra meravigliosa Terra dei Cachi, a vivere non solo al di sopra delle nostre possibilità, ma anche sopra le possibilità dei nostri vicini e dei nostri figli.
Eccoci finalmente nell’era di Superciuk.
Le sue velleità sovversive non sono politiche, ma estetiche: Superciuk si è lasciato alle spalle gli anni Settanta, l’odore sudato della classe operaia in catena di montaggio, l’immagine cafona dell’emigrazione interna, l’atmosfera triste degli anni di piombo.
Non vorrei che queste considerazioni sembrassero ispirate dall’amarezza per un panorama politico sempre più deprimente. In fondo, ci troviamo soltanto a uno stadio di un lungo percorso di trasformazione, che in Italia ha avuto inizio con il boom economico degli anni Cinquanta. Siamo uno dei pochi paesi al mondo in cui l’unità nazionale, politica e culturale, non è stata raggiunta al termine di un processo di rivoluzione sociale, ma grazie a una lingua comune semplificata per trasmettere sentimenti e concetti estremamente facili. Il paradiso ideale del Grande Fratello (quello di Orwell, non quello dei tangheri di Mediaset).
L’unità culturale in Italia è il frutto illusorio del livellamento linguistico ottenuto dalla televisione nazionale dagli esordi e fino agli anni Settanta, e dall’omologazione a modelli culturali americani dagli anni Ottanta in poi. L’inconscio di Superciuk è violentemente colonizzato dal piccolo schermo.
E adesso un fantasma si aggira per l’Italia; non è facile catturarne un fotogramma, però si può riconoscere perché ha il profilo sfumato dalla super fiatata alcolica.
Servile con i potenti e tracotante con i deboli, Superciuk è sempre pronto a baciare le mani ai boss. Già da piccolo, quando va ancora a scuola, Superciuk è rapido a schierarsi con i bulletti e a prendersela con i compagni meno “corazzati”: i timidi, i portatori di handicap, quelli che dimostrano una sensibilità particolare.
Mentre cresce, Superciuk impara a discriminare chi è diverso, specialmente se in condizioni di inferiorità: gli immigrati stranieri, i tossicomani, chiunque non dimostri un comportamento sessuale ortodosso. Al contrario, è un fervente ammiratore dei “furbi”: evasori fiscali, imboscati, mafiosi.
Superciuk accoglie con favore l’abolizione della tassa di successione, anche se quelli come lui non l’hanno mai pagata, mentre chi ha votato in Parlamento risparmia parecchie migliaia di euro. Festeggia l’abolizione dell’ICI, un notevole spostamento di risorse dai poveri ai ricchi dato che attualmente è pagata solo da 6 italiani su 10, i più abbienti. Va in visibilio per l’abolizione della tassa di circolazione sulle automobili, così risparmierà il bollo della sua scalcagnata utilitaria, mentre i suoi idoli ne risparmiano migliaia sulle numerose autovetture di famiglia.
Per reagire alle minacce contro la propria identità, causate dal crescente divario di reddito tra la minoranza privilegiata e la maggioranza in fase di impoverimento, Superciuk partecipa o applaude al terrore contro le fasce meno tutelate della nostra società, il sottoproletariato extracomunitario e i nomadi: in questo modo gli ultimi arrivati saranno sempre più sfruttati e meno garantiti, e continueranno a comprimere gli spazi dei diritti per la totalità dei lavoratori.
Povero Superciuk, questo è un mondo di complessità incomprensibile per lui. Ogni sua azione si ritorce contro i suoi interessi, e nemmeno se ne accorge. Grazie al boom degli anni Cinquanta e Sessanta finalmente poteva mettere da parte le preoccupazioni economiche fondamentali, e invece ecco che gli si prospettano sempre nuove necessità: la seconda automobile, il televisore al plasma, il cellulare di nuova generazione, le ferie nei santuari del turismo di consumo. Stretto tra il martello — una classe agiata di buona cultura, enormemente favorita da un’elusione e un’evasione fiscale record, — e l’incudine — una minoranza svantaggiata di disoccupati, immigrati clandestini e regolari, Superciuk è senza via d’uscita; il suo immaginario è colonizzato da Hollywood e da Mediaset, il suo status sociale definito dal livello dei suoi consumi. Non legge altro che giornali sportivi, non apre un libro in vita sua, spesso nemmeno durante gli anni di scuola. Vive nel culto di un mondo inesistente che i mezzi di comunicazione di massa hanno creato per lui: il calciatore strapagato & la velina, le trasmissioni televisive autoreferenziali che invece di occuparsi della società non parlano che di televisione, i giornalisti servili con i potenti, una fetta del mondo dello spettacolo trapiantata in Palamento, i reality televisivi che trasformano la mediocrità in standard di comportamento. Il qualunquismo, eterna trappola della democrazia, diventato programma di governo.
Povero Superciuk, Robin-Hood-alla-rovescia, credendo di interpretare un super-eroe individualista è diventato la massa di manovra dei poteri extranazionali nella rete del mercato globale.
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2 commenti:
drammaticamente corretto! ci aveva già pensato ilgrande frankie hinrg circa 10 anni fa:
Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perchè gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici guardali stanno dietro a machere e non li puoi distinguere. Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno.
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
...e come le supposte abitano in blisters full-optiona, con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano e tutto il resto invidiano, poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono: parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo e sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli, medi come i ceti cui appartengono, terra-terra come i missili cui assomigliano. Tiratissimi, s'infarinano, s'alcolizzano e poi s'impastano su un albero, boom! Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d'un livello di Doom...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica, mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano. Mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv, che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara ma l'unica che accendono è quella che dà loro l'elemosina ogni sera, quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Gran pezzo, quello lì di Frankie...
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