(July 1994, 23rd)
All'ufficio della Hertz dell'aeroporto di Los Angeles sono mortificati. Hanno esaurito le auto "Midsize", poco più di una nostra utilitaria. Proprio la categoria che avevamo prenotato dall'Italia. Cazzo, pensiamo. Si parte bene. Adesso ci tocca scatenargli addosso i nostri avvocati... Ma poi tutto si risolve bene: allo stesso prezzo ci propongono una Toyota Camry, categoria superiore, una berlina dall'estetica francamente orribile ma con interni in pelle e radica, optional di lusso e ampio bagagliaio. E' un tremila di cilindrata, dovremo stare attenti a non schiacciare troppo l'acceleratore, anche se qui la benzina costa poco. Accettiamo, ci mancherebbe. Mentre mi avvicino al deposito delle auto, la osservo di nuovo. Dire che è orribile è davvero poco. In ogni caso meglio della Escort che ci aspettava.
Fatichiamo non poco per districarci nei labirinti del L.A. Airport International. Una volta fuori, imbocchiamo una freeway in direzione nord, verso le spiagge di Venice e Santa Monica.
Procediamo a velocità contenuta, anche per prendere confidenza con il cambio automatico.
Un intreccio inestricabile di strade sopraelevate a cinque o sei corsie che tengono unite una serie di sobborghi che si susseguono senza soluzione di continuità.
Più che una metropoli, Los Angeles è questo.
Attorno a noi è terra bruciata.
Oltre il guardrail, tra le sterpaglie spuntano baracche di lamiere ondulate, copertoni da camion, rottami vari.
Los Angeles è anche questo.
In poco meno di un'ora siamo a Venice. Sono le due del pomeriggio. Il sole picchia duro. In giro non c'è un'anima, ma purtroppo è sabato e quindi il lungomare è chiuso al traffico.
Ci dirigiamo dunque ancora più a nord, verso Santa Monica.
Ora il panorama è decisamente cambiato. Sfilano davanti a noi ville eleganti con i classici vialetti fioriti, palme lussureggianti, Harley Davidson e Cadillac lunghe oltre dieci metri, con i vetri scuri. Giubbotti di pelle nera e minigonne.
A Santa Monica ci mettiamo subito a cercare un posto dove passare la notte.
Il Best Western che ci ha suggerito l'impiegata dell'Ufficio Immigrazione - la tipa che si deve sorbire il famoso questionario con dichiarazioni come "Non ho mai violentato un bambino" oppure "Non sono un simpatizzante nazi" - ha tariffe piuttosto alte. Optiamo piuttosto per un motel in Lincoln Street, poco distante da lì. E' gestito da un tipo simpatico, probabilmente di origine indiana o pakistana, con un sorriso da spot pubblicitario. Ci racconta che ha tifato Italia nella recente Coppa del Mondo, giocata proprio qui negli States.
- Basio, Basio! Wonderful!
- Basio?
- Yes, Basio! Good player...
Ci vuole un pò di tempo per capire che sta parlando di Roberto Baggio, in fin dei conti siamo reduci da un volo transoceanico.
L'indiano è andato a vedere la finalissima al Rose Bowl di Pasadena, a poche miglia a nord di Los Angeles.
- Bad luck! - commenta così la sconfitta ai rigori degli azzurri.
- Yes, bad luck. - confermiamo noi. Anche se a dire il vero quell'Italia passerà alla storia solo per il culo di Sacchi...
La stanza è squallida. Gli unici arredi disposti sulla consueta moquette marrone scuro sono due reti a una piazza e mezzo, una tv a colori anni Settanta, una delle prime uscite sul mercato forse, un tavolino e due sedie. Che triste.
Con il passare dei giorni, però, ci dovremo abituare a questa povertà di standard.
I canali a disposizione trasmettono un poliziesco, il baseball e arti marziali. Spegniamo la tv e scendiamo in spiaggia.
Attraversiamo un quartiere di piccole case in legno, con piccoli patii esterni decorati con cactus e rampicanti colorati, tettoie in cannette di bambu' per tenere al riparo gigantesche auto dalla carrozzeria tirata a lucido. Se verso l'interno le architetture sono assai semplici, avvicinandoci all'oceano prende il sopravvento il postmodern: sul litorale costeggiato da due filari di palme da cocco è un trionfo di barocco italiano e di pagode cinesi, frontoni neoclassici e colonne scanalate.
La spiaggia è senza fine.
Per raggiungere la riva ci vuole un'infinità.
Il baywatch, la consueta torre di osservazione per il salvataggio, ostenta con orgoglio la bandiera a stelle e strisce. Da lì è possibile avere una bellissima veduta di insieme sull'Oceano Pacifico. Nessuno di noi l'aveva mai visto, sino ad allora.
Qui c'è spazio per tutti.
C'è chi fa footing con tute e top aderenti. Chi porta a passeggio il cane. Ci sono ragazzini neri e ispanici che compiono incredibili evoluzioni sui loro skate. Bambini con aquiloni coloratissimi. Qualcuno gioca col frisbee. Ragazze bellissime che sollevano pesi in palestre improvvisate sulla sabbia. Non mancano nemmeno i surfisti, muscolosi e statuari, con l'immancabile bandana e i lunghi capelli biondi sulle spalle: sono loro il vero simbolo della California.
Raggiungiamo un enorme molo di legno, popolato da una frotta di pescatori in paziente attesa. Ci avviciniamo per dare un'occhiata alle reticelle. Il loro bottino è assai magro. Eravamo curiosi di vedere quanto erano grandi persino i pesci. Tutto è più grande, qui. Ti sembra di essere in un plastico in scala 2:1. Ci si poteva aspettare tonni di tre-quattro metri.
Camminiamo sul bagnasciuga, accompagnati dal rumore della risacca delle onde. Immergiamo i piedi nell'oceano ma l'acqua è gelata. Di fare il bagno non se ne parla nemmeno. Mica abbiamo ammazzato qualcuno. Molto meglio sederci sotto un ombrellone di paglia e ordinare delle limonate ghiacciate con nachos messicani e salsa al chili piccante.
Stanchi ma felici, ci incamminiamo verso il motel: il jetlag comincia a farsi sentire.
Sono solo le nove della sera, ma già dormiamo tutti e tre.
6 commenti:
bella menzo, bello dopo tanto tempo ripercorrere quella vacanza leggendaria..
nel proseguoi del racconto cerca di non tralasciare lo scherzo che hai fatto a me e a big con i posti sull'aereo...
non mancherà, stai certo. devo solo riordinare gli appunti, dentro al notebook c'è una serie di foglietti volanti... dopo quasi quindici anni non ci capisco dentro un cazzo...
Che fasto C.J.! Ti torno dalle ferie e mi ritrovo con questa sorpresa!!! Dettagli che erano andati perduti nel labirinto della memoria mi tornano davanti agli occhi! Basio...l'indiano si era fumato l'impossibile!! E comunque io ricordo di essermi immerso nell'oceano, uscendo subito urlando per il freddo!!
Sul mio notes c'è che ci siamo tirati indietro da veri conigli.
Magari avevo il vizio di romanzare già allora...
oppure, non è che ti confondi con Santa Barbara?
No, ricordo di essermi immerso per un istante a Santa Monica, o almeno così mi segnalano i pochi neuroni rimasti nel mio cervellino.
Naturalmente è un dettaglio di rilevanza pressochè nulla.
Acc! Allora il notes è inattendibile... giuro che stavolta non ho fatto editing, ho solo lavorato sulla prosa.
Comunque sia, sono contento di aver buttato giù tutte quelle pagine, rileggerle e trascriverle qui sul blog è davvero una bella sensazione, soprattutto per chi come me non si ricorda nemmeno cosa ha fatto la settimana scorsa!
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