sabato 4 ottobre 2008

Riso in bianco

I postumi della festa di venerdì sera si sono concretizzati, la mattina dopo, in una terribile nausea, in un catarro della consistenza del cemento armato e, in generale, in uno stato mentale piuttosto approssimativo: diciamo pure che ero totalmente imbambolito.
A stendermi è stato il White Russian, a me nemmeno piace la Vodka, su questa cosa il Drugo non lo seguo.

Verso le undici scendo in città, guidando quasi per inerzia.
Mi presento da Mediaworld per acquistare la Eos 400D in offerta e ne hanno ancora una sola, bene, cazzo, ogni tanto un colpo di culo non guasta. Nel dettare il mio nome per il modulo per l'estensione della garanzia, l'addetto scrive Benzani. Scusa, gli faccio, ho un raffreddore della madonna, il mio cognome è con la M di Milano. Lui straccia i fogli e si rimette a scrivere.

Poi faccio un salto al supermercato dove, una volta entrato, mi accorgo che senza un fottuto carrello non sarei mai riuscito a prendere la frutta e la verdura, dal momento che avevo già tutte due le mani impegnate con le buste di Mediaworld. Allora, appena all'ingresso, recupero uno strano carrello, ci deposito sopra le sporte e inizio il mio difficile viaggio nel labirinto delle corsie.
Questo carrello è proprio strano, penso, proprio non riesco ad andare dritto. E poi continuo a urtare gli spigoli dei banconi, anche perchè questo aggeggio diabolico - chissà per quale assurdo motivo - ha le ruote posteriori molto più larghe di quelle anteriori.
Travolgo un espositore di merendine, e mi dileguo senza lasciare traccia.
Al riparo da occhi indiscreti, osservo il carrello e, cazzo, mi accorgo che lo sto usando al contrario.
Quando arrivo alla cassa, la commessa - una ragazza giovane e piuttosto spigliata - mi apostrofa con commiserazione. Metta giù quel carrello, mi dice, è per i disabili e ne abbiamo solo due.
Ehm, abbozzo io, in effetti mi era sembrato un pò strano. Non faccio la spesa così spesso, l'avrà capito, aggiungo senza troppa convinzione.
Vada a rimetterlo dove l'ha trovato, mi dice.
Appoggio tutte le mie cose sul nastro trasportatore e mi dirigo verso l'ingresso.
Al mio ritorno, la cassiera ricomincia a battere i prezzi.
Io, imbarazzato, volgo lo sguardo lontano, verso un punto imprecisato del controsoffitto.
Respiro a bocca aperta, quasi in apnea.
La stanchezza mi sta crollando addosso all'improvviso, cristo, ho dormito neanche tre ore: ho anche preso un Plasil che, mi ha detto Sandra, provoca sonnolenza.
Resto lì in sospensione, cullato dai beep del lettore ottico, e socchiudo gli occhi.

Signore!
Io niente.

Signore!, ripete ad alta voce la cassiera.
Allora mi scanto, e la guardo ancora intontito.
Ha la patta aperta, mi dice lei con aria disgustata.
Mi scusi, faccio io pieno di vergogna, mentre mi accingo a tirarmi su la cerniera.

Merda.
Come vorrei essere già fuori di qui.
Questa tipa pensa che sono un idiota integrale, un disadattato, o peggio un maniaco sessuale, un tipo che all'improvviso si apre l'impermeabile nei giardinetti.

Avrei potuto dirle, per giustificarmi: non mi sento molto bene.
Oppure: ho avuto una serata difficile.
Invece mi limito ad aspettare il turno di pagare, con un sorrisetto da ebete stampato in faccia.
Striscio il bancomat e, mentre mi affretto a mettere tutte le cose nei sacchetti, lei - forse un pò pentita per il tono secco che ha usato sino a quel momento - improvvisa una conversazione incentrata sul fatto che, messo così, avrei potuto certamente chiedere una settimana di mutua e starmene a letto una settimana. Io provo anche a risponderle, ma per via del catarro riesco a emettere solo suoni gutturali.
Finalmente ho finito, sto per andarmene quando un'amica di Sandra, che era da poco in coda dietro a me, mi fa: e adesso come fai senza un carrello?
Allora realizzo che devo trascinare sei pesantissime buste di plastica fino alla macchina, ovviamente posizionata in fondo al parcheggio.
Quando arrivo alla Scenic, sono fradicio di sudore.
Salgo, respiro piano, mi stiro un pò i muscoli, accendo la radio e mi appresto a ripartire.
Squilla il telefono. E' Sandra.
Stai arrivando?
Sì.
Cosa vuoi da mangiare?
Riso in bianco, rispondo io, sognando di essere già sotto le coperte.

Nessun commento: