domenica 21 dicembre 2008

Pasquale

Uno pensa che in Molise non c'è un cazzo da vedere - cazzo ci sarà mai da vedere, in Molise? - e invece Termoli è una bella sorpresa.
Arriviamo piuttosto tardi, dopo un pomeriggio sulla spiaggia soffice di Ortona, dove il mare è una distesa di alghe e mucillagine di color petrolio. Il piccolo televisore del baretto del Lido dei Saraceni è sintonizzato sulle gare di ping pong di Pechino 2008. I pochi avventori, tra i quali un gruppo di tedeschi tatuati che trangugiano birre su birre giocando a scala quaranta, lanciano ogni tanto una sbirciatina al monitor in bianco e nero, più che altro per forza dell'abitudine. Cazzo, in quello schifo di monitor sfido chiunque a vedere la pallina. Un sms di Paulette ci avverte: oro a Minguzzi. E chi cazzo è, Minguzzi?

Termoli, dicevamo, è un borgo caratteristico con una lunga e larga spiaggia dorata, anche quest'anno bandiera blu, e il consueto trabucco, ovvero un'antica macchina da pesca diffusa in tutto il basso Adriatico, secondo alcuni importata dai Fenici.
Il castello svevo-normanno ospita una mostra di dipinti da dopolavoro ferroviario.
La Cattedrale romanica e le statue di marmo del sagrato si affacciano su una piazza bianchissima e tirata a lucido, decorata con una interminabile teoria di luminarie in ossequio alla Madonna d'Agosto.

Sui vicoli che si spingono sulle pendici del promontorio si affacciano piccole case imbiancate a calce. Imperturbabili e fieri, i vecchi si godono la brezza marina seduti su poltroncine di plastica bianca presso le soglie socchiuse, con quelle corde pelose che servono a non fare entrare le mosche e le zanzare.
Il Gambero Rozzo ci indirizza verso un locale in stile marinaresco all'estremità del corso principale, dove lo struscio non accenna a calare di intensità.
Prendiamo posto sotto una toppia in cannette di bambù, tira un'aria che sferza piacevolmente le spalle già rosolate a puntino.
Menù di pesce, ovvio.
Mi dovrò arrangiare.

Pasquale avrà compiuto sì e no quattordici anni.
Pasquale è il nostro cameriere.
L'approccio è professionale, la divisa bianca e nera impeccabile, l'accento marcato ma una grammatica tutto sommato accettabile.
Tuttavia, Pasquale inizia non benissimo: per usare un eufemismo.
Ovvero sbaglia tutti gli antipasti, nel tipo e nel numero, e subito si becca un cazziatone da un altro tipo che segue i suoi movimenti da pochi metri di distanza, si direbbe che il suo ruolo sia proprio quello di tenerlo costantemente sotto controllo.
Forse Pasquale sente troppo la pressione.
Infatti, di lì a pochi istanti si esibisce in un vivace battibecco con il titolare della pizzeria di fronte a noi, un energumeno con il grembiule tutto lordo e due enormi baffi corvini. I due si accusano a vicenda di portarsi via la clientela in modo sleale, par di capire. Finisce che si mandano a fanculo, sotto gli sguardi divertiti dei clienti e dei numerosi passanti. Quasi scatta l'applauso. Ci viene persino il dubbio che la scenetta sia stata costruita ad arte, così, per fare del sano folclore italiota.

Poi Pasquale infila una serie clamorosa di portate senza errori.
Cresce bene, Pasquale.
Ormai è da sufficienza piena, malgrado l'avvio un pò stentato.
Invece, nel momento in cui pensa di avere in mano la situazione, ecco che piombano davanti all'ingresso della trattoria due ragazzotti muscolosi con le canottiere firmate, le robuste collane d'oro e i capelli tirati all'indietro grazie a massicce dosi di brillantina.
Cercano Pasquale, fanno sapere.
Il tipo che lo tiene sotto controllo ammicca ai due e poi, da vero bastardo, entra nel locale e dopo alcuni istanti accompagna fuori Pasquale, quasi con la forza, il ghigno soddisfatto stampato sul volto di chi sta pensando: se hai fatto una cazzata adesso la paghi, piccolo stronzo che non sei altro.
I due si stringono attorno a Pasquale. Lo accusano di ronzare attorno alle due cameriere che servono in sala.
Pasquale adesso suda come un maiale.
Gira voce che dopo la chiusura del locale qualcuno se le porta in giro, gli dicono i due ragazzi impomatati da far schifo.
Pasquale nega.
E' visibilmente nervoso.
Non osarti a toccarle, lo minacciano.
Pasquale annuisce, mentre osserva le punte delle sue scarpe di vernice nera.
Poi i due se ne vanno senza fretta.
Per noi, è giunto il tempo di chiedere il conto.
Per Pasquale, invece, la serata torna a essere decisamente in salita.

Nessun commento: