E’ uno dei più bravi – il più bravo? - cantautori italiani, oggi, e questo lo abbiamo già detto.
Anche il pubblico sembra averlo capito: il suo “Nuvola numero nove” -
dall’inglese “Cloud 9”, ovvero “Settimo Cielo” come il titolo di uno dei
dieci pezzi - è stato per alcuni giorni al primo posto nella classifica
dei download su iTunes.
Ciò nonostante, è comunque difficile, dopo più di venti anni di carriera
(l’esordio, “C’hanno preso tutto”, è del 1992) e otto lp, riuscire a
non deludere le aspettative.
Bersani ci riesce, e lo fa con un disco bello e leggero, dall’aria quasi
scanzonata, anche ispirato alle dinamiche della sua sfera privata, ma
non privo della solita lucida e spietata satira sul nostro paese,
“stivale ridotto a pantofola”. Come in “DAMS”, dove ironizza sulla
ribellione forzata di uno studente, oppure in “Chiamami Napoleone”, dove
l’impietoso confronto tra l’attualità scontata e banale e il glorioso
pasaato della cultura italiana (e non) ha come vittima i Modà: “Non c’è
più niente qui da musicare, a parte un disco dei Modà”.
L’album è stato registrato nello studio utilizzato anche da Lucio Dalla,
suo antico mentore a cui è stato dedicato. Rispetto al passato anche
recente, i testi – sempre di alto, altissimo livello: – appaiono meno
complessi e cervellotici, più diretti, e il consueto uso/abuso delle
metafore è più limitato.
Interessanti gli arrangiamenti, più stratificati e meno pop, grazie anche ad alcune collaborazioni con artisti e band emergenti.
Tra i brani migliori, il singolo “En e Xanax”, ballata forse
autobiografica sull’incontro con una ragazza anch’essa succube degli
ansiolitici (“In due si può lottare come dei giganti contro ogni
dolore/e su di me puoi contare per una rivoluzione”), la raffinata
“Ultima chance” e le notevoli “Desiree” (“Desirée torna in sé dopo un
sogno/svegliandosi tra gli scoiattoli di una città/su una panchina
aspetta l’autobus /e si strofina le mani dal freddo che fa/è una mattina
in cui le nuvole battono i taxi in velocità/e le altalene si credono
libere di dondolare per propria volontà”) e “Il re muore” (“Rimango a
farmi tenerezza/perché è cambiato il giorno/ma non tutto l’odio che vedo
qui intorno/Ma quale ironia, servono soldi/muscoli e strada da fare per
dimenticare”).
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