L’odore della Plastica Bruciata è una raccolta di racconti scritta da Giovanni Battista Menzani ed edita da
LiberAria. Racconti crudi, spietati, tristemente ironici, che mettono in
evidenza tutto l’egoismo e il cinismo della nostra società, in una deriva di
valori che ci spinge sempre più verso il basso e ci costringe a rotolarci nel
fango.
Non è un caso che il libro si apra con Con
passo sicuro e costante andatura, storia di un povero malcapitato che
per sbarcare il lunario si trova costretto a lavorare come asino in un outlet,
caricandosi sul groppone i pacchi della “gentile” clientela che dal momento che
paga ha il diritto di sottoporlo a umiliazioni e vessazioni di ogni sorta,
fingendo di dimenticare che sotto quel costume si nasconde un essere umano.
Il racconto in chiusura L’odore della plastica bruciata (che dà il titolo alla raccolta) affronta un tema molto delicato: la pena di morte. Qui ci vengono presentati alcuni assassini condannati alla sedia elettrica, la cui esecuzione capitale viene eseguita in diretta in un cinema multisala affollato di persone. Persone talmente assuefatte alla spettacolarizzazione del lutto, da gustarselo assieme ai loro figli con un pacco di popcorn tra le mani, in un parossismo di disumanità. In mezzo ci sono storie di lavori precari, di mariti rovinati dalle ex mogli, di brutture, di freddezza, di vite in bilico. Una cosa su tutto: l’indifferenza, che il più delle volte rende l’uomo peggio della bestia. Giovanni Battista Menzani affronta questi argomenti in modo egregio, senza mai scadere nella retorica, denotando una sensibilità e una profondità d’animo fuori dal comune. Ma la cosa a mio avviso più importante e che rende questi racconti credibili, è che Menzani non indugia in inutili personalismi, non offre soluzioni stereotipate, il suo è solo un preciso punto d’osservazione frutto di un immaginario compatto. E per riuscire a mettere insieme tutto questo utilizza un’ironia sottile e una scrittura semplice, senza sbavature. Semplice nel senso che anziché ricorrere a effetti speciali o colpi di scena, ha il pregio di mostrare le cose per quello che sono. L’atmosfera rarefatta che si respira durante la lettura trasmette un senso di claustrofobico.
E alla fine resta dentro un sapore acre.
Acre come la plastica bruciata.
Il racconto in chiusura L’odore della plastica bruciata (che dà il titolo alla raccolta) affronta un tema molto delicato: la pena di morte. Qui ci vengono presentati alcuni assassini condannati alla sedia elettrica, la cui esecuzione capitale viene eseguita in diretta in un cinema multisala affollato di persone. Persone talmente assuefatte alla spettacolarizzazione del lutto, da gustarselo assieme ai loro figli con un pacco di popcorn tra le mani, in un parossismo di disumanità. In mezzo ci sono storie di lavori precari, di mariti rovinati dalle ex mogli, di brutture, di freddezza, di vite in bilico. Una cosa su tutto: l’indifferenza, che il più delle volte rende l’uomo peggio della bestia. Giovanni Battista Menzani affronta questi argomenti in modo egregio, senza mai scadere nella retorica, denotando una sensibilità e una profondità d’animo fuori dal comune. Ma la cosa a mio avviso più importante e che rende questi racconti credibili, è che Menzani non indugia in inutili personalismi, non offre soluzioni stereotipate, il suo è solo un preciso punto d’osservazione frutto di un immaginario compatto. E per riuscire a mettere insieme tutto questo utilizza un’ironia sottile e una scrittura semplice, senza sbavature. Semplice nel senso che anziché ricorrere a effetti speciali o colpi di scena, ha il pregio di mostrare le cose per quello che sono. L’atmosfera rarefatta che si respira durante la lettura trasmette un senso di claustrofobico.
E alla fine resta dentro un sapore acre.
Acre come la plastica bruciata.
(Grazie a Francesco Rago)
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