Questa rubrica va in ferie un paio di settimane, non prima di segnalarvi un simpatico listone di suggerimenti per l’estate.
Il primo disco che ci viene in mente – non necessariamente il piu’ bello; anzi, sì – è il secondo parto solista di Bill Callahan, intitolato “Sometimes I Wish We Were An Eagle”. L’ex-leader dei seminali Smog compone brani acustici di bellezza sontuosa ed estrema delicatezza; ricordiamo, tra essi, “The Wind And The Dove” e la terminale, ripetitiva e ossessionante “Faith Void”.
Tra i cantautori, in attesa di ascoltare il nuovo Scott Matthews (una delle rivelazioni dell’anno passato), ottimi Stephen Wilson (“Insurgentes”), Patrick Wolf (“The Bachelor”, un’opera eclettica che mescola con sapienza un’impostazione classica, elettronica e barocchismi dandy) e Steve Earle.
Quest’ultimo, ovvero uno dei vecchi maestri ancora in libera circolazione, dedica un intero album di cover a quel folk-writer straordinario che è stato Townes Van Zandt (l’idea non è nuova, recentemente l’ha fatto Springsteen con Pete Seeger).
Van Zandt è apprezzato anche dai Lemonheads, che a loro volta inseriscono in un disco di sole cover (“Varshons”) la sua “Waiting Around To Die” (tra gli altri brani “Hey, That’s No Way To Say Goodbye” di Cohen, “Beautiful” di Linda Parry – nota al grande pubblico nella versione di Christina Aguilera – e poi Wire e Gram Parsons).
Deludente, invece, il nuovo lavoro di Bonnie Prince Billy (“Beware”), ex-cantante Palace Brothers: stanco e ripetitivo.
Capitolo bands. Le nostre preferenze vanno ai mancuniani Doves (“Kingdome Of Rust” probabilmente non è un capolavoro ma è una raccolta di ottimi brani, assai ben curati e dal sound originale, tra i quali – oltre alla title-track – si distinguono “Winter Hill” e “Birds Flew Backwards”), ai graziosi Grizzly Bear (“Veckatimest”, consigliato ai fan sfegatati dei Beach Boys), agli eterei e riflessivi Great Lake Swimmers (“Lost Channels”) e ai sorprendenti Cheer Accident (“Fear Draws Misfortune”), da Chicago, USA, autori di un indie-prog palesemente ispirato alla grande tradizione del progressive britannico ’70 (King Crimson e soprattutto Van Der Graaf Generator), oltre che al free-jazz della Scuola di Canterbury (Gong e Soft Machine).
Per i patiti dell’elettronica, una citazione d’obbligo per Dj Sprinkles (“Midtown 120 Blues”) e per il drone-metal dei Sunn O))) (“Monolyths & Dimensions”); mentre l’ennesimo Tortoise (“Beacons Of Ancestorship”) ci lascia tutto sommato indifferenti.
Spostandoci in altri territori geografici, sono piaciuti assai il duo portoghese ambient dei Gala Drop (“Gala Drop”, che tuttavia in patria dovrebbe essere uscito nel 2008), i 17 Hippies (“El Dorado”), fricchettoni berlinesi berlinesi fricchettoni sponsorizzati dall’amico Gigio, e infine Mulatu Astatke & The Heliocentrics (“Inspiration Information”), lo strambo e proficuo incontro tra il re del Jazz etiope e una straordinaria band elettro-funky.
Restando in Italia, molto interessanti i sardi Zu (“Carboniferous”) e Dente (“L’Amore Non E’ Bello”).
Buon ascolto.
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