Bravi o furbi, questi Kasabian?
Il dubbio è piu’ che lecito.
La scelta del nome, tanto per cominciare.
Linda Kasabian era una seguace di Charles Manson. La notte del 9 agosto 1969 faceva il palo, mentre altri tre adepti della famigerata “Family” entravano nella villa di Roman Polanski a Cielo Drive per assassinare senza alcun motivo l’attrice Sharon Tate, moglie del regista di origine polacca, e altre quattro persone.
Solo che la musica dei ragazzi di Leicester non ha nulla di perverso o diabolico.
Il titolo dell’album, poi.
“West Rider Pauper Lunatic Asylum” allude ad un noto ex-istituto psichiatrico inglese. Il leader del gruppo Sergio Pizzorno, di chiara origine genovese, ha spiegato che aveva in mente un concept album in stile seventies, tipo “Tommy” dei Who o “Arthur” dei Kinks per intenderci, dove ogni brano doveva riferirsi a un ospite del manicomio. Soltanto che il progetto si è strada facendo un po’ annacquato, e l’unica cosa rimasta è la cover del disco, sulla quale i quattro sono vestiti da Napoleone, Rasputin, Marco Polo e da rivoluzionario con la bandana tipo il Silvio: forse qui c’è persino un po’ di sana autocritica, i Kasabian si sono sempre distinti – in questo (e altro) degni allievi degli Oasis, che perlatro non perdono occasione per osannarli: da anni i fratelli Gallagher vanno dicendo che i Kasabian sono il meglio che l'indie-rock britannico può oggi offrire – per le loro dichiarazioni da sboroni sfacciati e arroganti.
Chi non ha alcun dubbio è il pubblico inglese, che in una sola settimana ha spinto il terzo album della band direttamente al primo posto delle charts.
A noi di PiacenzaSera qualche piccolo dubbio, invece, resta.
Non mancano i pezzi riempipista di robusta dance, tra Primal Scream e Chemical Brothers (la notevole “Undergdog”, “Fast Fuse” e “Vlad The Impaler”: meglio non provare a tradurre…) , così come le ballate in stile brit-pop (la old-style “Thick As Thieves”, “Happiness”, tra Beatles e Stones, e la dolce “Ladies And Gentlemen”), e nemmeno l’elettronica d’atmosfera, di ispirazione ambient (“Secret Alphabets”, lo strumentale “Swarfiga”, e la notevole “Where Did All the Love Go?”, che a noi fa venire in mente, chissà perchè, i T.Rex di Marc Bolan).
E infine c’è un singolo riuscitissimo, “Fire”, quasi blues.
Di piu’: il disco suona bene, è tecnicamente perfetto, senza sbavature.
Insomma, questi Kasabian sanno fare un po’ di tutto.
Pure troppo.
Bravi e furbi, questi Kasabian.
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