mercoledì 3 marzo 2010


Davvero non riesco a capacitarmi – dopo un primo sommario ascolto - dell’enfasi con la quale la critica specializzata ha accolto questo nuovo secondo disco dei Vampire Weekend, sopravvalutata band di newyorkesi fighetti autori di un etno-folk elettrico un po’ naive e un po’ furbastro, e allora decido di andare a cercare qualche notizia sui nostri sul web.
Leggo su Wikipedia: “I Vampire Weekend sono una band indie/afro-pop americana, formatasi a New York nel 2006”.
Spulcio da un’intervista rilasciata dal leader della band, Ezra Koenig, a Onda Rock: “Penso che siamo attratti dalla musica africana perché è un tipo di musica che usa strumenti rock occidentali ma in un modo molto differente ed eccitante. E poi c’era una compilation di musica pop anni Ottanta del Madagascar molto minimalista che ascoltavamo sempre, con suoni di chitarra molto puliti: è stata un’ispirazione decisiva quando abbiamo iniziato a suonare insieme”.
Dappertutto si citano i Talking Heads di Fear Of Music, il Peter Gabriel piu’ terzomondista, Paul Simon, i Feelies.
Mah.
Ritento (sarò piu’ fortunato?)
Per dirla tutta, sin’ora sono riuscito ad ascoltare “Contra” solo attraverso i piccoli autoparlanti dell’Ipod, seduto su una seggiovia monoposto – di quelle di una volta, che devi tenerti tieni gli sci in mano – e quindi è decisione saggia del recensore quella di non abbandonarsi alla prima impressione, sostanzialmente negativa, e di dare loro almeno una seconda possibilità.
Anche se quella orrenda cover – con tanto di marchio di Ralph Lauren in bella vista - sembrerebbe già parlare da sola…
E infatti non va molto meglio.
Ascoltate l’attacco del singolo Horchata (tra parentesi, la beveva sempre anche mio nonno, che però la mescolava con lo sciroppo al tamarindo per creare un terrificante beverone): “In December, drinking horchata/I'd look psychotic in a balaclava/Winter's cold is too much to handle/Pincher crabs that pinch at your sandals”.
E pensare che c’è anche che li considera troppo intellettuali.
Sarà anche così. A me ricordano il Socrates della Fiorentina, quello che era talmente intelligente che nessuno dei compagni capiva quello che voleva fare.
Cousins e Holiday sembrano due cover degli Strokes eseguite da un’orchestrina a una festa dell’oratorio, spiazzano California English e Diplomate’s Son con la loro elettronica da cameretta e White Sky con il suo imbarazzante coretto tardo-adolescenziale, mentre Giving Up The Gun prova a mostrare inutilmente i muscoli.
Niente paura: i piu’ sembrano apprezzare quest’aura infantilista, questa presunta “ventata di freschezza”.
Tra i brani che si salvano, Run e soprattutto la conclusiva, rilassata, I Think UR A Contra, che – insieme all’altro pezzo lento del lotto, Taxi Cab - lascia intravvedere le reali potenzialità di questi ragazzi, se solo decidessero di crescere un po’.

Nessun commento: