
mercoledì 30 aprile 2008
domenica 27 aprile 2008
Mbarek detto Luciano
Ieri ci è venuto a trovare Mbarek.
Stavamo rastrellando l’erba sfalciata ai bordi del fosso, il sole alto a mezzogiorno, quando è comparso sul vialetto a cavallo del solito scassato scooter giallo polenta.
Era sorridente, come sempre.
Sembrava davvero contento di vederci.
Ci ha portato dei regali dal Marocco, da dove è tornato pochi giorni fa: a mia madre ha portato una collana con grandi pietre color onice, a Sandra e a Betta due braccialetti molto decorati in finto argento, ad Agnese un portafortuna di corda rossa.
Un pensiero gentile.
Come tutti gli anni, Mbarek è andato a trascorrere la stagione invernale nel suo paese natìo.
E’ stato via quasi sei mesi.
Ci ha detto che, in tutti quei mesi, non è mai piovuto.
Guardava il campo di erba medica, oltre il canale, e poi ancora all’orizzonte la valle, meravigliosamente rigogliosa di verde per via delle piogge insistenti dei giorni scorsi, e scuoteva la testa sconsolato. “Da noi tutta la terra è bruciata. Non esiste un filo d’erba.”
Ormai Mbraek è per noi una vecchia conoscenza.
Sono anni che passa qui tutte le domeniche d’estate, con il suo enorme borsone nero a tracolla, pieno di mercanzie di vario genere: tovaglie, lenzuola, federe, calze, canottiere, chincaglieria e mediocre paccottiglia.
Spesso lo invitiamo a mangiare qualcosa con noi, anche perché arriva sempre verso mezzogiorno: e forse non è un caso.
Ieri gli ho offerto una birra, e lui mi ha guardato severo: “Io sono musulmano: per me niente birra, niente vino, niente alcol. Va bene una spuma”.
Ha detto proprio spuma, come una volta si usava dire nei vecchi bar di provincia.
Poi Mbarek ha seguito mia madre, che lo ha portato in casa sua per proporgli la vecchia televisione di mia zia, una Telefunken a colori, 27 pollici, in discrete condizioni.
Ha accettato convinto, ossequioso. Gli mancava proprio una tv, perché quella piccola che gli avevamo dato due anni fa nel frattempo l’ha portata in Marocco, dove ha una grande famiglia: una moglie, nove figli e addirittura sei nipoti. Anzi dieci figli, si è corretto sorridendo. Mimando con la curva delle mani il pancione di una gravidanza, ha aggiunto con gli occhi lucidi: “Mia moglie è al sesto mese. E’ masco, anche questo.”
Mbarek ha già cinquantanove anni, ma è una macchina da guerra.
Congratulazioni.
Il problema è che non può caricare la televisione sul motorino, e ovviamente non ha una macchina. “Non c’è problema. Me lo porta Giovanni uno di questi giorni”, ha sentenziato lui. Così, senza chiedere il mio parere.
Non mi è restato che chiedergli l’indirizzo.
Mbarek abita a Breno di Sotto, una piccola frazione vicina a Borgonovo, poche case semidiroccate di mattoni e sassi, disposte a casaccio tra i campi coltivati di mais e barbabietola, tra i silos e i tralicci metallici dell’alta tensione.
“Io alla sera ci sono sempre”, mi ha detto, “tu vieni quando vuoi”.
“E’ meglio se mi dai un numero di telefono, così non rischio di girare a vuoto”, gli ho risposto io.
Allora lui ha tirato fuori un foglietto tutto spiegazzato e me lo ha messo in mano. Come gli anziani, che si segnano il numero su un biglietto perché altrimenti non se lo ricorderebbero mai.
“Ci vediamo una di queste sere”.
“Bene, ti aspetto”.
Era sul punto di andarsene, quando è tornato sui suoi passi: “Dimenticavo. Chiedi di Luciano”
“Luciano. E chi è Luciano?”
“Io sono Luciano. Lì mi chiamano tutti così.”, mi ha spiegato lui, facendomi l’occhiolino per sottolineare l’intesa raggiunta.
“Ok. Cercherò Luciano”.
Al che lui ha riso di gusto, e poi ha replicato i suoi saluti di commiato.
Mentre si allontanava traballante a causa del suo pesante fardello, mi sono chiesto: dovremmo avere paura di quest’uomo?
Stavamo rastrellando l’erba sfalciata ai bordi del fosso, il sole alto a mezzogiorno, quando è comparso sul vialetto a cavallo del solito scassato scooter giallo polenta.
Era sorridente, come sempre.
Sembrava davvero contento di vederci.
Ci ha portato dei regali dal Marocco, da dove è tornato pochi giorni fa: a mia madre ha portato una collana con grandi pietre color onice, a Sandra e a Betta due braccialetti molto decorati in finto argento, ad Agnese un portafortuna di corda rossa.
Un pensiero gentile.
Come tutti gli anni, Mbarek è andato a trascorrere la stagione invernale nel suo paese natìo.
E’ stato via quasi sei mesi.
Ci ha detto che, in tutti quei mesi, non è mai piovuto.
Guardava il campo di erba medica, oltre il canale, e poi ancora all’orizzonte la valle, meravigliosamente rigogliosa di verde per via delle piogge insistenti dei giorni scorsi, e scuoteva la testa sconsolato. “Da noi tutta la terra è bruciata. Non esiste un filo d’erba.”
Ormai Mbraek è per noi una vecchia conoscenza.
Sono anni che passa qui tutte le domeniche d’estate, con il suo enorme borsone nero a tracolla, pieno di mercanzie di vario genere: tovaglie, lenzuola, federe, calze, canottiere, chincaglieria e mediocre paccottiglia.
Spesso lo invitiamo a mangiare qualcosa con noi, anche perché arriva sempre verso mezzogiorno: e forse non è un caso.
Ieri gli ho offerto una birra, e lui mi ha guardato severo: “Io sono musulmano: per me niente birra, niente vino, niente alcol. Va bene una spuma”.
Ha detto proprio spuma, come una volta si usava dire nei vecchi bar di provincia.
Poi Mbarek ha seguito mia madre, che lo ha portato in casa sua per proporgli la vecchia televisione di mia zia, una Telefunken a colori, 27 pollici, in discrete condizioni.
Ha accettato convinto, ossequioso. Gli mancava proprio una tv, perché quella piccola che gli avevamo dato due anni fa nel frattempo l’ha portata in Marocco, dove ha una grande famiglia: una moglie, nove figli e addirittura sei nipoti. Anzi dieci figli, si è corretto sorridendo. Mimando con la curva delle mani il pancione di una gravidanza, ha aggiunto con gli occhi lucidi: “Mia moglie è al sesto mese. E’ masco, anche questo.”
Mbarek ha già cinquantanove anni, ma è una macchina da guerra.
Congratulazioni.
Il problema è che non può caricare la televisione sul motorino, e ovviamente non ha una macchina. “Non c’è problema. Me lo porta Giovanni uno di questi giorni”, ha sentenziato lui. Così, senza chiedere il mio parere.
Non mi è restato che chiedergli l’indirizzo.
Mbarek abita a Breno di Sotto, una piccola frazione vicina a Borgonovo, poche case semidiroccate di mattoni e sassi, disposte a casaccio tra i campi coltivati di mais e barbabietola, tra i silos e i tralicci metallici dell’alta tensione.
“Io alla sera ci sono sempre”, mi ha detto, “tu vieni quando vuoi”.
“E’ meglio se mi dai un numero di telefono, così non rischio di girare a vuoto”, gli ho risposto io.
Allora lui ha tirato fuori un foglietto tutto spiegazzato e me lo ha messo in mano. Come gli anziani, che si segnano il numero su un biglietto perché altrimenti non se lo ricorderebbero mai.
“Ci vediamo una di queste sere”.
“Bene, ti aspetto”.
Era sul punto di andarsene, quando è tornato sui suoi passi: “Dimenticavo. Chiedi di Luciano”
“Luciano. E chi è Luciano?”
“Io sono Luciano. Lì mi chiamano tutti così.”, mi ha spiegato lui, facendomi l’occhiolino per sottolineare l’intesa raggiunta.
“Ok. Cercherò Luciano”.
Al che lui ha riso di gusto, e poi ha replicato i suoi saluti di commiato.
Mentre si allontanava traballante a causa del suo pesante fardello, mi sono chiesto: dovremmo avere paura di quest’uomo?
sabato 26 aprile 2008
Alba di resurrezione
Oh, genti care, oh, voi che m'ascoltate
Il cor premete per cotanta ambascia,
La Terra santa che voi tutti amate
Prona è al nemico e nel dolor ci lascia.
Dubbio non v'è di che parlar m'intendo:
Su tante terre scese il rio destino,
Con speci umane, tosto distruggendo
Il fiore più prezioso del giardino.
Suol suolo italico repubblicano,
Ognor calpesto dal piè teutonico,
Infausto aleggia vieppiù diabolico,
L'orribil ghigno mussoliniano.
Italia mia, pur sempre benedetta,
Madre di santi, di poeti e di artisti,
Tutti i tuoi figli gridan vendetta
Per tua rovina, vanto dei fascisti.
Vendetta avrai da chi ha sangue in cuore,
Da chi i fascisti tollerar non volle:
Dal Patriota, l'Italian d'onore
Cui sdegno, in petto, generoso bolle.
Oh, Patriota, non far che indarno
Versato venga il fraterno sangue,
Coi ceppi ai piedi, dall'Alba all'Arno,
C'è la Tua Terra che schiava langue.
In ogni casa, in lacrimoso velo,
Un padre freme e una mamma implora,
Suo figlio assente, protezion dal Cielo!
Presto ritorno farà l'amato ancora.
E un grido allor proromperà dai petti,
Sorridenti riappariran quei volti:
Viva l'Italia e sian benedetti
Gli eroi dei monti, veri Patrioti.
Dopo il tormento e il lampeggiar dei tuoni,
Popol mio caro su da le rovine
Fumanti e rosse delle tue città
Fra inni e canti e tripudiar di suoni
A sorger libero sii desto alfine:
Alta la stella, ancor ti apparirà!
"Alba di Resurrezione" è una è poesia di Bologna, pubblicata su "Il Grido del Popolo", organo della divisione volontari "Giustizia e Libertà", il 6 ottobre 1944.
Bologna era Comandante della X Brigata "F.Casazza" della I° Divisione di Piacenza dell'Esercito Italiano di Liberazione, con il Comandante Fausto.
La X Brigata fu operativa sulle montagne della Val Tidone e della Val Luretta, e arrivò a contare quasi 50 uomini.
Potete trovare questa poesia e una serie di interessanti documenti sulla guerra partigiana sul volume "Grido di Libertà", edito dai Comuni di Travo, Rivergaro e Gossolengo in occasione del 60° anniversario della Liberazione.
Il Comandante Bologna era mio padre.
Il cor premete per cotanta ambascia,
La Terra santa che voi tutti amate
Prona è al nemico e nel dolor ci lascia.
Dubbio non v'è di che parlar m'intendo:
Su tante terre scese il rio destino,
Con speci umane, tosto distruggendo
Il fiore più prezioso del giardino.
Suol suolo italico repubblicano,
Ognor calpesto dal piè teutonico,
Infausto aleggia vieppiù diabolico,
L'orribil ghigno mussoliniano.
Italia mia, pur sempre benedetta,
Madre di santi, di poeti e di artisti,
Tutti i tuoi figli gridan vendetta
Per tua rovina, vanto dei fascisti.
Vendetta avrai da chi ha sangue in cuore,
Da chi i fascisti tollerar non volle:
Dal Patriota, l'Italian d'onore
Cui sdegno, in petto, generoso bolle.
Oh, Patriota, non far che indarno
Versato venga il fraterno sangue,
Coi ceppi ai piedi, dall'Alba all'Arno,
C'è la Tua Terra che schiava langue.
In ogni casa, in lacrimoso velo,
Un padre freme e una mamma implora,
Suo figlio assente, protezion dal Cielo!
Presto ritorno farà l'amato ancora.
E un grido allor proromperà dai petti,
Sorridenti riappariran quei volti:
Viva l'Italia e sian benedetti
Gli eroi dei monti, veri Patrioti.
Dopo il tormento e il lampeggiar dei tuoni,
Popol mio caro su da le rovine
Fumanti e rosse delle tue città
Fra inni e canti e tripudiar di suoni
A sorger libero sii desto alfine:
Alta la stella, ancor ti apparirà!
"Alba di Resurrezione" è una è poesia di Bologna, pubblicata su "Il Grido del Popolo", organo della divisione volontari "Giustizia e Libertà", il 6 ottobre 1944.
Bologna era Comandante della X Brigata "F.Casazza" della I° Divisione di Piacenza dell'Esercito Italiano di Liberazione, con il Comandante Fausto.
La X Brigata fu operativa sulle montagne della Val Tidone e della Val Luretta, e arrivò a contare quasi 50 uomini.
Potete trovare questa poesia e una serie di interessanti documenti sulla guerra partigiana sul volume "Grido di Libertà", edito dai Comuni di Travo, Rivergaro e Gossolengo in occasione del 60° anniversario della Liberazione.
Il Comandante Bologna era mio padre.
sabato 19 aprile 2008
E poi arrivano i momenti difficili.
Per Cj, è uno di quelli, colpa soprattutto di un pasticcio sul lavoro, anche se la debacle elettorale non è stata una passeggiata.
E allora serve la filosofia, e quale miglior filosofia se non quella del Drugo, il nostro anti-eroe preferito, un hippie pigro e disincantato, uno squattrinato trasandato che passa le sue giornate al bowling con improbabili amici a bere una sfilza di White Russian?
Il Drugo ("The Dude", nell'originale) sa aspettare.
Per dirla con le parole di Jeff Bridges, "Dobbiamo aspirare alla sua personale saggezza, per goderci quello che c'è là fuori. Lasciare che le cose vadano come devono andare".
Il suo è un vero e proprio stile di vita, una sorta di zen degli straccioni.
Per approfondire è utile la lettura di un autorevole saggio di Bill Green, Ben Peskoe, Will Russell e Scott Shuffit, edito da Sperling & Kupfer nel 2007 con il titolo "La vita secondo il Grande Lebowski" (titolo originale: "I'm a Lebowski, you're a Lebowski").
A Cj l'ha regalato per Natale l'amico Marco detto Zavarov.
I quattro autori , accortisi che il capolavoro dei geniali fratelli Coen stava diventando un autentico cult, organizzarono il 12 ottobre 2002 al "Fellowship Lanes" di Los Angeles ("faro di virtù cinto da un mare di strip club, empori di liquori e parcheggi per roulotte") il Primo Festival Annuale sul Grande Lebowski. Abbigliamento consigliato: vestaglia/bermuda sgualciti/infradito oppure tuta viola con riga verticale rossa oppure una tuta mimetica alla Walter ("Questo non è il Vietnam, è il bowling: ci sono delle regole!").
Seguito da numerose edizioni, e dall'enorme successo del sito Lebowski Fest.
Troverete tutto quello che volevate sapere sul Drugo e sugli altri fantastici personaggi del film, le interviste agli attori, le fonti di ispirazione per le scene più indimenticabili: da quella della cassetta dei Creedence alla banda dei Nichilisti, dal proprietario di casa che fa danza classica al tema nel plico di plastica lasciato sull'auto rubata del Drugo, da Jesus che lecca la palla da bowling prima di lanciarla ai teppisti che pisciano sul tappeto del Drugo, che commenta: "Quel tappeto dava un tono all'ambiente".
E poi tanti consigli: su come far arrugginire l'automobile nei punti giusti, come drughificare il vostro posto di lavoro, come preparare un White Russian degno di macchiare i vostri baffi, come distinguere i canti delle balene da un brano degli Eagles...
venerdì 18 aprile 2008
domenica 13 aprile 2008
Waitin' blues
La domenica elettorale è scivolata via senza particolari emozioni.
Cj pensava di poter narrarvi qualche episodio simpatico del suo pomeriggio in veste di "Accompagnatore Ufficiale degli Anziani Non Autosufficienti ai Seggi", ovvero il suo nuovo ruolo dopo la sua estromissione dai "Rappresentanti di Lista", probabilmente a causa di un pò di confusione e di sdoppiamenti vari con Dj Paulette. Un declassamento in ogni caso sintomatico della sua folgorante e irresistibile scesa nelle gerarchie del nuovo partito.
Invece niente.
Il telefono ha squillato solo per qualche lamentela di poco conto, alcune schede non timbrate in un seggio, dei poster elettorali affissi da un militante di destra nel corridoio di una scuola, qualche contestazione sui distintivi dei Rappresentanti di lista.
Evidentemente gli anziani di oggigiorno sono tutti in grande forma, già li vedo tutti lì in fila con la tuta grigio topo a fare ginnastica nelle palestre convenzionate con il Comune oppure ai corsi di salsa e merengue in qualche circolo del Dopolavoro ferroviario.
Oppure non vanno a votare.
E' un vero peccato, poteva essere un'esperienza positiva, in grado di restituire un minimo di poesia e romanticismo, dopo le notizie sull'incivile sgarbo alla Montalcini, costretta a fare più di mezz'ora di coda al seggio.
E io che mi ero preparato per bene, rileggendomi ampi stralci del "Diario di uno scrutatore" di Italo Calvino.
Pur con qualche rammarico, la fauna che gironzolava attorno alla federazione, ieri, era piuttosto eterogenea e variopinta.
C'era la Nanda perplessa sulla scarsa affluenza alle urne, anche nelle ex-regioni rosse.
C'era la Tina euforica che annunciava A.N. in crisi, e che diceva che i poliziotti avrebbero votato tutti Di Pietro.
C'era Stragl**** un pò abbacchiato, preoccupato per l'ennesima disfatta del Toro.
C'era la Giovanna che, per "stemperare" letteralmente la tensione, faceva la punta alle matite.
C'era chi diffondeva i sondaggi più svariati, qualcuno che diceva che siamo addirittura sopra, alcune voci su sms di Letta e di Franceschini del tipo "va meglio di quanto potessimo immaginare", o "davvero si può fare!"
Ovviamente Cj ha provveduto a far girare questi rumours, anche i più incontrollati, dando vita a un turbillon di notizie false e tendenziose.
Stamattina c'è calma piatta.
L'unica bomba, una dichiarazione attribuita a Migliav****: "Tocchiamoci i coglioni, non può essere vero!"
E tocchiamoceli, sti coglioni.
Il Cesco che ci dice che il titolo di Mediaset è al rialzo.
Lorenzo che ribatte con il dato Unipol: quasi +2%
Ma la più bella è di Proleter: un sito rumeno collegato a Ipsos dice che il Berlusca è in netto vantaggio.
Non rimane che citare un blog di un cugino dell'ambasciatore del Burkina Faso in Transilvania che ci da in vantaggio +5 in molise!
Cj pensava di poter narrarvi qualche episodio simpatico del suo pomeriggio in veste di "Accompagnatore Ufficiale degli Anziani Non Autosufficienti ai Seggi", ovvero il suo nuovo ruolo dopo la sua estromissione dai "Rappresentanti di Lista", probabilmente a causa di un pò di confusione e di sdoppiamenti vari con Dj Paulette. Un declassamento in ogni caso sintomatico della sua folgorante e irresistibile scesa nelle gerarchie del nuovo partito.
Invece niente.
Il telefono ha squillato solo per qualche lamentela di poco conto, alcune schede non timbrate in un seggio, dei poster elettorali affissi da un militante di destra nel corridoio di una scuola, qualche contestazione sui distintivi dei Rappresentanti di lista.
Evidentemente gli anziani di oggigiorno sono tutti in grande forma, già li vedo tutti lì in fila con la tuta grigio topo a fare ginnastica nelle palestre convenzionate con il Comune oppure ai corsi di salsa e merengue in qualche circolo del Dopolavoro ferroviario.
Oppure non vanno a votare.
E' un vero peccato, poteva essere un'esperienza positiva, in grado di restituire un minimo di poesia e romanticismo, dopo le notizie sull'incivile sgarbo alla Montalcini, costretta a fare più di mezz'ora di coda al seggio.
E io che mi ero preparato per bene, rileggendomi ampi stralci del "Diario di uno scrutatore" di Italo Calvino.
Pur con qualche rammarico, la fauna che gironzolava attorno alla federazione, ieri, era piuttosto eterogenea e variopinta.
C'era la Nanda perplessa sulla scarsa affluenza alle urne, anche nelle ex-regioni rosse.
C'era la Tina euforica che annunciava A.N. in crisi, e che diceva che i poliziotti avrebbero votato tutti Di Pietro.
C'era Stragl**** un pò abbacchiato, preoccupato per l'ennesima disfatta del Toro.
C'era la Giovanna che, per "stemperare" letteralmente la tensione, faceva la punta alle matite.
C'era chi diffondeva i sondaggi più svariati, qualcuno che diceva che siamo addirittura sopra, alcune voci su sms di Letta e di Franceschini del tipo "va meglio di quanto potessimo immaginare", o "davvero si può fare!"
Ovviamente Cj ha provveduto a far girare questi rumours, anche i più incontrollati, dando vita a un turbillon di notizie false e tendenziose.
Stamattina c'è calma piatta.
L'unica bomba, una dichiarazione attribuita a Migliav****: "Tocchiamoci i coglioni, non può essere vero!"
E tocchiamoceli, sti coglioni.
Il Cesco che ci dice che il titolo di Mediaset è al rialzo.
Lorenzo che ribatte con il dato Unipol: quasi +2%
Ma la più bella è di Proleter: un sito rumeno collegato a Ipsos dice che il Berlusca è in netto vantaggio.
Non rimane che citare un blog di un cugino dell'ambasciatore del Burkina Faso in Transilvania che ci da in vantaggio +5 in molise!
giovedì 10 aprile 2008
PiacenzaSera

E' finalmente on-line PiacenzaSera, l'unico quotidiano on-line della nostra città e del nostro territorio.
Come molti di voi già sapranno, si tratta del coronamento di un progetto nato ormai diversi anni fa, prima con l'intuizione del sito "Polveri Sottili" (un'agenda aggiornata e ragionata di tutti gli eventi a Piacenza e dintorni) e poi con la fondazione, con alcuni amici come Maurino, Jeegio, Tommi, DJ Paulette e il sergente Filippo, della cooperativa di grafica e comunicazione CODEX10.
Penso che si tratti di una bella cosa, e per questo ringrazio tutti quelli che vi hanno lavorato.
Ma soprattutto: PiacenzaSera ha bisogno di noi, di voi, di tutti: per i commenti alle notizie, le segnalazioni, l'aggiornamento delle rubriche, anche eventuali articoli e recensioni.
Al lavoro, dunque...
Leggete PiacenzaSera!
www.piacenzasera.it
mercoledì 9 aprile 2008
sabato 5 aprile 2008
NY 16, (QUASI) BRONX

"Immaginai di volare con l'elicottero sopra la città, imparando a conoscere gli abbellimenti architettonici e le bellezze naturali di grande impatto, ma l'elicottero continuava a volare in direzione nordovest fino a quando raggiungeva la punta meridionale dell'isola di Manhattan, diffondeva la sua ombra sopra il conglomerato di asfalto di Downtown e di Midtown e superava velocemente i frontoni e le finestre degli abbaini del Dakota Building a Central Park, dove un tempo il signor Lennon visse e morì.
E subito dopo eccomi su un treno IRT diretto a East Tremont Avenue, nel Bronx.
E subito dopo eccomi su un treno IRT diretto a East Tremont Avenue, nel Bronx.
Era inverno, il riscaldamento era al massimo e nel mio cappotto foderato di lapin sentivo il sudore raccogliersi tra la seconda e la terza piega del collo, che, prese insieme, formavano un setaccio carnoso. Sentivo l'acqua fresca sgocciolare lungo la clavicola, irrigare i peli ricciuti dell'inguine. Avevo caldo e freddo, ero ansioso e innamorato.
Sui treni in direzione dei distretti esterni di New York le dimensioni dei passeggeri superano di gran lunga quelle della popolazione bianca che gironzola per Downtown. I miei compagni obesi erano stoici, multiculturali, vestiti con piumini gonfi in grado di salvare un astronauta dall'asfissia spaziale. Appoggiati alle porte per mantenere l'equilibrio, addentavano ali di pollo e code di bue fritte, sputando ossa e cartilagine nei sacchetti di plastica. Chi erano questi Atlanti di Amsterdam Avenue? Questi Caligola di Cypress Hill? Se non fossi stato così schizzinoso da non volermi ungere le mani, mi sarei unito a loro per consumare al bagliore deossigenato del treno numero cinque un piccolo mammifero avvolto nella pellicola trasparente."
Gary Shteyngart, "Absurdistan", 2006 (Ed. italiana da Guanda, 2007)
Sui treni in direzione dei distretti esterni di New York le dimensioni dei passeggeri superano di gran lunga quelle della popolazione bianca che gironzola per Downtown. I miei compagni obesi erano stoici, multiculturali, vestiti con piumini gonfi in grado di salvare un astronauta dall'asfissia spaziale. Appoggiati alle porte per mantenere l'equilibrio, addentavano ali di pollo e code di bue fritte, sputando ossa e cartilagine nei sacchetti di plastica. Chi erano questi Atlanti di Amsterdam Avenue? Questi Caligola di Cypress Hill? Se non fossi stato così schizzinoso da non volermi ungere le mani, mi sarei unito a loro per consumare al bagliore deossigenato del treno numero cinque un piccolo mammifero avvolto nella pellicola trasparente."
Gary Shteyngart, "Absurdistan", 2006 (Ed. italiana da Guanda, 2007)
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