venerdì 23 novembre 2007

TUTTI GLI UOMINI DEL CARTELLO - 2




2 commenti:

Anonimo ha detto...

ma perchè quelli del cartello 1 sono sfocati e quelli del 2 no?
io protesterei

Anonimo ha detto...

Facce era molto teso quel giorno. Era domenica. Gebre stava rincorrendo il suo sogno. Così lontano dai sogni dei più, così lontano da casa. Eppure ora il sogno era lì, alla sua portata. La falcata di Gebre era allo stesso tempo lieve e potente, ti dava una sensazione di velocità e di calma (se mai possono stare assieme due parole così diverse). Lui si chiese che senso potesse mai avere stare lì fermi ad aspettare, fermi immobili a vedere passare l'uomo più veloce del mondo, e guardarlo prendersi il suo sogno. Non sarebbe stato mille volte meglio avere un sogno da rincorrere? non sarebbe stato meglio viverla la vita, piuttosto che osservarla dai bordi? La domenica, lui lo sapeva, queste domande paranoiche lo tormentavano più degli altri giorni. Berlino era un dettaglio insignificante, lui lo aveva detto, non gli sembrava nemmeno una città, eppure ne era ossessionato.
E poi nessuno sembrava più sapere, o ricordare, perché fossero lì. Cosa ci facevano? Quale fottuto motivo li aveva portati a nord? Lui non ne aveva la più pallida idea. E invece quell’omino africano, pelle, ossa e grinze, lo sapeva benissimo cosa era venuto a fare, la sua determinazione era feroce, dietro al sorriso beffardo che svelava denti bianchissimi ed una incredibile impressione di non sforzo, avresti detto di relax. A Gebre di sicuro non mancava la sua casa, anzi, non gliene fregava un cazzo, ora che il sogno era davanti a lui, e diveniva reale metro dopo metro.
A lui invece mancava tutto di casa sua, anche le cose che normalmente lo angosciavano o lo facevano incazzare: gli sembrava di essere a Berlino da troppo tempo, voleva solo tornare. Ma anche quell’atto di volontà durò un istante. Poi ritornò l’apatia di sempre.
Si volto verso gli altri. “Facciamoci una birra, ‘codìo”. Ma non c’era più nessuno.