martedì 1 aprile 2008


La cosa più terribile la invia Giacomo.
Ora, Cj è da sempre interessato alle evoluzioni dell'arte contemporanea nelle sue più svariate forme.
Che è quasi sempre provocazione, e oltraggio.
Su questa non ha problemi a prendere posizione: a titolo di esempio, tra il manovale che si arrampica su una quercia per tagliare la corda ai fantocci impiccati da Cattelan - per poi inopinatamente cadere e fratturarsi gli arti inferiori - e Cattelan stesso non ha remore a schierarsi con quest'ultimo.
Ma a tutto c'è un limite.

Sentite questa:

Nell anno 2007, Guillermo Vargas Habacuc, un finto artista, ha preso un cane di strada, lo ha legato ad una corda corta ad un muro di una galleria d'arte e lo ha lasciato morire lentamente di fame e di sete. L'autore di questa orribile crudeltà e i visitatori di questa galleria d'arte sono stati spettatori impassibili dell' agonia del povero animale, fino a quando finalmente è morto di fame e di sete, sicuramente dopo essere passato per un doloroso, assurdo e incomprensibile calvario.

Bene: la prestigiosa Biennale Centroamericana di Arte ha deciso, incomprensibilmente, che la bestialità che aveva appena commesso questo individuo era arte, ed in questo modo tanto incomprensibile Guillermo Vargas Habacuc è stato invitato a ripetere la sua crudele azione in alla Biennale del 2008.

OSTACOLIAMOLO!!!
Firmate qui: http://wpop2.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=wF6amBxe7kcrx0c5DwHgzzYCnlhafClt3L/eQx9wme7gzhEEssmcvr8La9TjYfNL&Link=http%3A//www.petitiononline.com/13031953/petition.html

9 commenti:

blackbado ha detto...

Bastardi, figli di puttana.
Scusate ma è il commento più moderato che possa scrivere.

Anonimo ha detto...

il coso del cane è un famoso HOAX del 2007.

per hoax, si intende che è una cazzata, non esiste quella mostra, non esiste quell'"opera", niente di niente...basta andare su google e documentarsi un attimo...

non crediamo a tutto cio' che si legge, dai.

Big ha detto...

CHIARIMENTO DELLA
GALLERIA CODICE.
Managua, 19 ottobre.

La Galleria Codice, fin dalla sua creazione nel 1991, ha promosso le arti visuali centroamericane, e specialmente quelle del Nicaragua, sia a livello nazionale sia regionale ed internazionale. A Codice hanno esposto grandi maestri centroamericani, così come artisti affermati ed emergenti. Anche i linguaggi contemporanei dell’arte universale hanno avuto un loro spazio a Codice, giacché periodicamente accoglie mostre di arte concettuale.

Con questo spirito, lo scorso gioved¡ 16 agosto si presentò l’Esposizione No.1 dell’artista costaricano Guillermo Vargas, conosciuto artisticamente come HABACUC. Uno dei lavori esposti consisteva nella presentazione di un cane affamato che Habacuc aveva raccolto dalla strada, e che durante l’esposizione appariva legato con una corda di nylon, a sua volta saldata ad un’altra corda che pendeva da due chiodi in un angolo della Galleria. Habacuc chiamò il cane “Natividad”, in omaggio al nicaraguense Natividad Canda (24 anni), morto divorato da due cani Rottweiler in un laboratorio di San José, in Costa Rica, la mattina del giovedì 10 novembre 2005.

Il cane restò nel locale tre giorni, a partire dalle 5 del pomeriggio del mercoledì 15 agosto. E’ rimasto slegato nel cortile interno per tutto il tempo, tranne durante le tre ore di apertura della mostra, ed è stato alimentato regolarmente con il cibo per cani che lo stesso Habacuc portava. Di sorpresa, il cane scappò all’alba del venerdì 17, passando fra le barre di ferro dell’entrata principale dell’edificio, mentre il vigilante notturno che gli aveva appena dato da mangiare stava pulendo il marciapiede esterno dello stesso.

La Galleria Codice si riserva il diritto di vegliare sulla qualità dei lavori esposti, rispettando in ogni momento la creatività dell’artista e mai ha preteso esercitare alcun tipo di censura, sempre che [i lavori stessi] non pregiudichino i principi elementari di etica ed ancor meno giochino sulla vita di un essere vivente, sia umano o animale. Io pensavo di tenere “Natività” con me, però lui ha preferito ritornare al proprio habitat. Sono contenta che tante persone a livello internazionale si siano mostrate contrariate per le dichiarazioni rilasciate da Habacuc, nelle quali sosteneva che la sua intenzione era lasciar morire di inedia il cane, fatto questo di sua assoluta responsabilità. Con l’aver fatto luce sulla verità dei fatti, spero che tutte queste stesse persone abbiano alzato le loro voci di dissenso anche quando Natività Canda fu divorato dai Rottweiler.

Cordiali Saluti,

Juanita Bermúdez

Direttrice della Galería Códice

Managua, Nicaragua

Big ha detto...

Per far capire meglio il senso della provocazione, vi spiego l'antefatto, quello sì davvero tragico.
Nella (relativamente) ricca Costarica i nicaraguensi sono spesso trattati con disprezzo e razzismo. Natividad Canda era un poveraccio di soli 24 anni. Una notte ha scavalcato la recinzione di un'officina per rubare, ed è stato attaccato da due rottweiler. Sia il custode che i vicini non hanno mosso un dito per salvarlo, lasciandolo per alcune ore in balia dei due cani, che lo hanno spolpato fino ad esporre le ossa del poveretto, che urlava disperatamente. Solo al mattino i cani sono stati richiamati e il giovane è stato portato, inutilmente, in ospedale. La questione ha avuto pochissimo risalto sulla stampa. Vargas, che è costaricense, ha deciso di mettere in scena questa sceneggiata secondo me dimostrando molto coraggio, vista la forte rivalità tra i due popoli. I media occidentali (italiani inclusi) hanno abboccato in pieno.

none ha detto...

Ecco uno dei "debunk" alla notizia:

http://attivissimo.blogspot.com
'SLASH'
2007/11/antibufala-cane-lasciato-morire-per.html

Quel cane, in quel periodo di tempo in cui è stato al museo e nutrito fuori dagli orari, è stato meglio del solito, probabilmente, essendo randagio.
Inoltre credo fosse una provocazione perfettamente riuscita.
L'artista ha voluto dimostrare che spesso basta un cartello ( o una qualunque forma di autorità ) che ti dica cosa fare per giustificare l'azione, non importa quanto sbagliata.
Sul cartello c'era scritto: "non date da mangiare al cane" e la gente non lo faceva.
Questa è la vera aberrazione.
La cosa è stata dimostrata da numerosi esperimenti, famoso quello dell'elettroshock:

http://www.utopie.it
'SLASH'
nonviolenza/teoria_del_potere.htm

Gbattm ha detto...

Non ho avuto il tempo di verificare, d'altronde la mail arrivava dall'Accedemia delle Belle Arti di Milano.
Cmq, meglio così...

Anonimo ha detto...

per come l'ha messa giù big, con queste notizie, un a bravo Vargas e brava la galleria.

Gbattm ha detto...

Mah... io ho trovato questa dichiarazione di Vargas con la qulae chiede scusa:
“Hello everyone. My name is Guillermo Habacuc Vargas. I am 50 years old and an artist. Recently, I have been critisized for my work titled “Eres lo que lees”, which features a dog named Nativity. The purpose of the work was not to cause any type of infliction on the poor, innocent creature, but rather to illustrate a point. In my home city of San Jose, Costa Rica, tens of thousands of stray dogs starve and die of illness each year in the streets and no one pays them a second thought. Now, if you publicly display one of these starving creatures, such as the case with Nativity, it creates a backlash that brings out a big of hypocrisy in all of us. Nativity was a very sick creature and would have died in the streets anyway.”

Gbattm ha detto...

Il mistero si infittisce:

http://www.wikio.it/cultura/arti_visive/guillermo_habacuc_vargas

Da quando ho appreso della nuova posa gastronomica vigente in Giappone, consistente nella consumazione dell’interno di pesci portati in tavola ancora in vita, che continuano per intenderci a boccheggiare mentre le bacchette pseudofalliche attingono con approccio tentacolare a viscere e carni che più fresche non si può, ho creduto che il fatto potesse contribuire a corroborare la teoria secondo la quale l’arte che ci è coetanea
(quella “dei giorni nostri”, direbbero i giornalisti d’ufficio) non riesca di fatto, pur provandoci con notevoli picchi di autentico estremismo, a superare in efferatezza la vita e i vizi che la vita comporta, a volte, spesso, frutto di rimuginamenti contorti intenzionati ad accaparrarsi l’inedito merito d’aver scovato il nuovo, bizzarro trend (e in questa disciplina, si sa, i nipponici non hanno rivali).

Ma.

Lo scorso inverno (ne dico ora, in preparato ritardo, perché l’osservanza del metodo sincronico non di rado pilota l’utente verso il plausibile sospetto che la dissertazione abusi del frangente per l’impinguamento dello share) Guillermo Habacuc Vargas, artista 50enne del Costa Rica, ha tenuto presso la galleria “Codice” di Managua la mostra “Eres lo que lees” (“Sei quello che leggi”). La sola opera/installazione ivi esposta era Nativity, un cane randagio prelevato dalla strada e legato privo di viveri in un angolo dello spazio. Gli spettatori era invitati, anzi agli spettatori era proibito dispensare sostentamento alcuno alla creatura, secondo certi (come Leonor Gonzalez, editore del supplemento culturale di “La Prensa”) deceduta pochi giorni dopo l’inaugurazione, secondo altri (come la galleria che ha ospitato l’evento) fuggita in un momento di distrazione dei presenti.

In un'intervista rilasciata a “Nación” l’artista (soprannominato, come si fa coi serial killer, “Il torturatore”) ha dichiarato: "Salve a tutti. Il mio nome è Guillermo Habacuc Vargas. Ho 50 anni e sono un artista. Recentemente sono stato criticato per il mio lavoro intitolato “Sei quello che leggi”, raffigurante un cane chiamato Nativity. Lo scopo del lavoro non era causare sofferenza alla povera innocente creatura, bensì illustrare un problema. Nella mia città natale, San Josè, Costa Rica, decine di migliaia di randagi muoiono di fame e malattia e nessuno dedica loro attenzioni. Ora, se pubblicamente mostri una di queste creature morte di fame, come nel caso di Nativity, ciò crea un ritorno che evidenzia una grande ipocrisia in tutti noi. Nativity era una creatura fragile e sarebbe morta comunque su una strada".

Ora, preferendo intanto rinunciare ad intrattenervi con un inventario pedantesco degli artisti servitisi di animali per le proprie produzioni (vedi, giusto per, i cavalli di Kounellis, le interiora di Nitsch, le zebre e gli struzzi di Paola Pivi, gli squali di Hirst…), è ovvio che non ci possa esimere dal ritenere i vari “MUORI BASTARDO INFAME!” o “GUILLERMO HABACUC VARGAS E’ UNO STRONZO CHE PER FARE L’ARTISTA HA FATTO MORIRE UN CANE DI FAME E SETE” o “IO METTEREI LUI AL POSTO DEL CANE, TANTO SE IL CANE ERA RANDAGIO LUI E’ UN BASTARDO E PRIMA O POI DOVRA’ MORIRE” o “QUESTO VARGAS E’ UN EMERITO COGLIONE E UN GRANDE FIGLIO DI PUTTANA”, reperiti on line, più che condivisibili. Ed è (tristemente) insolito notare come, ahimé solo in occasione di episodi tanto disturbanti, la notizia di un presunto appuntamento d’arte riesca a smuovere e intaccare l’opinione umana tutta a quote controproducenti, quasi l’eventuale intento propagandistico, cui la provocazione creativa ha più volte mirato proprio attraverso la scalfittura dei limiti consentiti, sia rimasto vittima di se stesso per un eccessivo dosaggio di cruda crudeltà.
Poi: le giustificazioni di cui sopra rilasciate dal torturatore potrebbero lasciar intendere, volendo proprio dimostrare un atto di buona fede e di clemenza che in verità suppongo non sarebbe manifestabile nemmeno da parte del più santo e illuminato degli uomini in vita -e tanto meno da chi scrive, un gesto di tale audacia (tentare di sensibilizzare il mondo in merito alla questione in oggetto a costo della propria reputazione, immagine e nomea) da meritare il beneficio del dubbio.
In verità e per fortuna questo non può accadere poiché chiunque sia dotato della pur minima dose di “oggettiva” sensibilità riesce a non legittimare, nemmeno in nome e a causa dell’arte, l’alibi per una simile manovra espressiva, sia essa effettivamente generata da oneste intenzioni concettuali tese a scuotere gli animi (ma allora si preferisce il gran lavoro, meno concettuale e ben più esplicativo, svolto da associazioni come “Animal Amnesty”, l’eloquenza della quale -dagli stickers ai video shock- lascia ben poco spazio al concetto…) o, peggio, da auspici pubblicitario-divulgativi che hanno superato il segno.

Allora l’arte batte la vita, in quanto ad atrocità? Il pesce vivo servito ansimante e Nativity che muore dove si fa arte sono casi tanto distanti tra loro o dietro a ognuno dei due c’è lo stesso uomo? E se invitassimo l’arte a moderare i suoi messaggi, oltre che a decidersi di intraprendere la strada per un dire che se proprio deve danneggi o uccida se stesso e il suo papà? E se, già che ci siamo, chiedessimo all’uomo a cena, se proprio deve, di saziarsi senza assistere a un funerale in diretta?

Da http://carolacatalano.blogspot.com:
“Vargas, in un comunicato diffuso via web, ha affermato che ‘Sei quello che leggi’ non verrà più chiamata opera d'arte, in segno di rispetto verso quanti si sono sentiti offesi. Ha ammesso l'errore ed ha chiesto a tutti di accettare le sue scuse.”

Bastava non farlo, Vargas.