mercoledì 18 marzo 2009

Bar Sport


Piu' o meno nello stesso momento in cui a Manchester l'arrogante Mou stava (forse) per sganciare un tifoso dei Red Devils, all'Olimpico è andata in onda l'altra sera una scena che restituire dignità e magia al tormentato mondo pallonaro.
Al termine di una gara quasi epica, centoventi minuti di sofferenza, il pubblico dell'Olimpico è tutto in piedi ad applaudire la sua squadra ridotta in pezzi al centro del campo. Quasi tutti hanno i crampi. Qualcuno non riesce più a muoversi.
Lentamente, i giallorossi si dirigono verso il bordo del campo per salutare i propri tifosi, per una volta fantastici.
Il capitano si copre il volto con la maglia: piange.
Perdonatemi un pò di retorica, non ho mai fatto mistero della mia simpatia nei confronti del capitano: non sarà un fuoriclasse, sarà un burino rozzo e ignorante, ma a me sta simpatico, mi sembra sincero.
Si toglie la maglia e la lancia verso la curva. Adesso è a torso nudo e allora si copre le lacrime con il giubbotto che gli porge un addetto della società.
A questo punto io resto davanti alla tv quasi incantato, forse persino emozionato: che importa aver vinto o perso, se il calcio degli scandali e delle veline riesce ancora ad emozionarti?
(Non ho pianto, no, quello no, quello mi succede solo al cinema: mi è successo di recente quando il wrestler fallito e buono impersonato da un grande Rourke cerca di ristabilire un contatto con la figlia abbandonata da bambina.)

E' bello che il pallone sappia ancora regalare sogni ed emozioni.
Come quando eravamo bambini.
Mi ricordo le mie prime partite alla Galleana. Alla domenica andavamo a mangiare sempre dagli zii, sul Facsal, e poi dopo pranzo io e mio fratello ci incamminavamo con lo zio Enzo verso lo stadio.
Erano i tempi di Skoglund e Mendoza, era un Piacenza scadente e pasticcione.
Lo stadio era ancora come una volta, la tribuna era la tribuna e la gradinata era la gradinata, cazzo, quel catafalco metallico non era ancora planato dal cielo come un oggetto non identificato. Noi si andava sempre in gradinata: e quando pioveva aprivamo l'ombrello, altro che storie.
E poi le tante domeniche pomeriggio passate al campetto dell'oratorio con la radiolina in mano. A quei tempi davano "Tutto il calcio minuto per minuto". Tutti stretti a capannello attorno a quello che aveva la radio, in religioso silenzio, ad ascoltare la voce rauca di Ciotti: scusa Ameri, intervengo da San Siro...
Cazzo, mi ricordo quando il Telamone scagliò per terra la sua radio dopo - mi sembra di ricordare così - un gol del Verona a Torino (era il Verona scudettato di Bagnoli dalla Boviusa, quello con Briegel ed Elkjer, e Garella in porta): i transistor andarono in mille pezzi, e fummo costretti ad andare al bar per sentire il resto delle gare.
(Il Telamone era uno degli strani personaggi - prima o poi dovrò decidermi a raccontarne qui sul blog - che gravitavano nella nostra zona, quella dei giardini della stazione. Fece una brutta fine, quel poveretto: overdose d'eroina, se non ricordo male.)

Al Bar Sport ci si andava a vedere Novantesimo Minuto.
Era una sorta di rito collettivo. Non si poteva mancare.
Ognuno aveva la sua postazione preassegnata. Guai a noi ragazzini se rubavamo una sedia in buona posizione sotto lo schermo, a noi toccava guardare tutta la trasmissione in piedi, in seconda o terza fila.
Il grande cerimoniere era il Pera, un energumeno alto due metri con una profonda cicatrice sulla guancia e un sorriso da bambino. Portava sempre gli zoccoli da infermiere, anche in inverno.
Ci faceva cantare in coro la sigla d'apertura. Dirigeva il pubblico eterogeneo del bar, gesticolando come un direttore d'orchestra in preda a una crisi epilettica:

PARAPPAPPAPPAP-PAP-PA'!

Poi lui stesso copriva la voce di Paolo Valenti:
AMICI SPORTIVI, BUONASERA!
E noi giù tutti a ridere.
Tutte le domeniche ripeteva imperterrito la stessa scena, ma, come per magia, a noi faceva sempre ridere.
E intanto la suspence cresceva: inutile dire che allora era l'unico modo per vedere i gol.
Partivano uno dopo l'altro, senza inutili interruzioni o commenti di patetici opinionisti, i ridicoli servizi degli inviati sfigati: Tonino Carino da Ascoli, Franco Strippoli da Bari, con quel suo agghiacciante riportino, Giorgio Bubba da Genova, Marcello Giannini da Firenze, Rolando Nutini da Pisa. Non azzeccavano un congiuntivo, e poi quell'inflessione dialettale...
E il Pera giù con gli insulti. In questo, va detto, ha anticipato di diversi anni persina la Gialappa's...
E volavano anche le saracche. Di vario tipo, anche assai variopinte: emergevano dalle risate e dalle urla, finchè uno dei fratelli che gestivano il bar, due scapoloni che leccavano la paletta dei gelati quando dovevano passare dal cioccolato alla vaniglia, non si incazzavano di brutto e minaccivano di buttarci fuori. (Gran posto, il Bar Sport: non c'era la mitica Luisona di Stefano Benni (radiocittafujiko.it/home/node/5553), ma mancava poco...)

Adesso - lo so, è scontato ripeterlo, ma è così - c'è decisamente meno poesia.
Tuttavia ancora i bambini sanno emozionarsi, col pallone.
Proprio l'altra sera il Danda mi ha raccontato che suo figlio, nascosto nella sua cameretta, ha avuto una mezza crisi isterica quando ha trovato la figurina di Marco Di Vaio: è il capocannoniere del campionato, mica cazzi.
Quasi tutte le sere si guarda un pezzo di partita, qualsiasi cosa passi su Sky, anche campionati esteri: dopo il primo tempo è costretto ad andare a letto, perchè il giorno dopo si deve alzare presto per andare a scuola.
Allora chiede a suo padre di lasciargli un foglietto sul tavolo della colazione, con su scritto risultato finale e marcatori.
Un mito.

2 commenti:

paulette ha detto...

Davvero suggestivo, che bei ricordi..
Un paio di precisazioni:
- il Telamone ce l'ha portato via l'aids (ma la partita era juve-verona, confermo)
- Giuseppone Poi, durante le sue trasferte in Romania in compagnia del barbiere di via Alberoni, non leccava solo la paletta dei gelati.
Grande Pera, gran cerimoniere dell'inizio dello spettacolo pomeridiano. E come non ricordare Ciusseppe Porc***** (con la doppia D), indiscusso protagonista nel finale, quando richiamava all'ordine il figlio Giuseppe...?

Gbattm ha detto...

Sei il solito bacchettone, andava in Romania per turismo... poi, magari, se capitava l'occasione...