lunedì 30 marzo 2009


Invaders Must Die, il nuovo album dei Prodigy, ha debuttato all’inizio di marzo direttamente in cima alla classifica U.K. con quasi 100.000 copie vendute nella prima settimana, e conta di collaborazioni importanti, prima tra tutte quella dell’ex-batterista dei Nirvana Dave Grohl.
Il ritorno degli alfieri della scena acid house londinese – cinque anni dopo lo scialbo Always Outnumbered Never Outgunned - fa discutere alquanto sul web, alla stregua di ciò che successe poche settimane fa con No Line On The Horizon degli U2.

Non mancano gli entusiasti, con le loro coloritissime espressioni alla Irvine Welsh:
“Quest’album spacca i culi!”
“Il prodigio è tornato per rompervi i timpani e farvi muovere quei fottuti culi”
“Questo ultimo lavoro è secondo solo al primo disco. I suoni sono nuovi di pacca e in più hanno una presa sul pubblico devastante!”
“Già dall'inizio mettono in fila sei brani da infarto, ma tutti i pezzi sono delle bombe al tritolo con la linea di bassi potenti e profondi. Verso il finale si inizia ad avvertire un pò di ripetitività, ma il disco è compattissimo e gli ex re dei rave sono tornati alla grande!”
“E’ un disco duro, incazzato, intransigente. E apocalittico. L’album è un blocco granitico, un implacabile schiacciasassi con minime variazioni sul tema”

Ma nemmeno le stroncature, altrettanto divertenti:
“Una scossa sismica? a me sembra più il fruscio del contante che esce dal Bancomat”
“Una blanda, molto blanda imitazione di The Fat Of The Land (il capolavoro del trio, ndr), suona stanco, di già sentito, senza palle, roba vecchia, noia...”
“I Prodigy sono proprio finiti. Nessun guizzo, pezzi anonimi, chiassosi e caciaroni. Dave Grohl qui dentro è una macchietta senza nessun valore”
“Il disco è un accozzaglia di demenza”

E c’è anche chi, perplesso, non sa che pesci pigliare:
“Sinceramente non mi è sembrato nulla d'eccezionale”
“Comincia a sentirsi un pò di vecchiume”
“I Prodigy non impressionano più, ma graffiano ancora”

Noi di PiacenzaSera questa volta non ci schieriamo.
Invaders Must Die è, infatti, una sequenza tiratissima di dieci tracce di buona dance elettronica, dense di beat trascinanti e accelerazioni groove, e soprattutto di bassi ultra-potenti, una manna dal cielo per chi non vede l’ora di sballare nel clubbing più duro.
Tuttavia, trattasi spesso di suoni già sentiti, in particolare nella seconda metà del disco, dove prevale una monotona stanchezza.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole.
In definitiva, l’album sembra possa considerarsi un’abile operazione di ripescaggio di quel sound che ha reso celebre la band negli anni Novanta.

Ma forse è meglio non andare troppo per il sottile.
A chiudere il disco ci pensa Stand up, citazione di Come together dei Primal Scream:
“In piedi adesso! E’ l’ora di ballare!”

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