sabato 21 marzo 2009
La prima idea per la recensione di questa settimana per PiacenzaSera è stata quella della nuova, terza fatica dei Telefon Tel Aviv, non foss'altro per rendere omaggio alla prematura scomparsa di Charles Cooper, uno dei due componenti del combo americano.
Ma l'ascolto di "Immolate Yourself "(2009) - il titolo è tutto un programma - si è rivelato nei fatti piuttosto deludente.
Eppure si parte con la marcia giusta, con l'incedere incombente di The Birds che si conclude in un crescendo turbinoso di suoni ed emozioni, e arriva altrettanto bene, con gradevoli pezzi di pop elettronico (You're the worst thing in the world e la title-track). In mezzo, tuttavia, pochi spunti degni di questo nome: un suono freddo e algido ma, in definitiva, tanta noia. A tratti, i T.T.A. appaiono persino una fotocopia sbiadita dei Nine Inch Nails, ma dei Nine Inch Nails senza palle, un pò come una pinta di birra analcolica...
Così ho deciso di ripiegare sul terzo dei Mountains, "Choral" (2009), il migliore della serie per la stampa specializzata, addirittura Disco del mese per Onda Rock.
Si tratta anche in questo caso di un duo, questa volta proveniente da Chicago, Illinois: Brendon Anderegg e Koen Holtkamp sono amici sin dai tempi della middle school.
La loro è poesia sonora di impianto ambient e minimalista, strettamente imparentata con la discreet music di Brian Eno. In questi anni, i critici si sono sbizzarriti alla ricerca di un genere entro cui catalogarli: drones, elettroacustica pastorale, field recording, soundscape, chi più ne ha più ne metta.
L'album è suddiviso in sei composizioni strumentali, di grande suggestione.
Choral è un'ouverture assai ostica, un'unica lunga nota che si dilata per quasi dieci minuti. Map Table è invece un delicato acquerello per chitarra acustica alla John Fahey. Anche la terza traccia - Telescope, a nostro giudizio l'apice compositivo della raccolta - parte acustica ma presto viene sommersa da un muro ipnotico di suoni immagnifici, ossessionatamente intensi e ripetitivi fino alle estreme conseguenze, fino al collasso nervoso.
Add Infinity ci regala uno straordinario momento di serenità e di armonia, ma subito irrompe Melodica, dove - a dispetto del nome - non vi è traccia alcuna di melodia: qui sono strumenti tradizionali come campanelle, fisarmoniche e cornamuse a giocare un ruolo di primo piano, e improvvisamente tornano alla mente le atmosfere cosmiche del krautrock di Popul Vuh, Amon Duul e Cluster.
Il disco si chiude con un piccolo gioiello, ancora acusitico. Sheets Two, quasi un invito finale alla meditazione, nella vana ricerca di una pace interiore.
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