sabato 7 marzo 2009
All’alba dei cinquant’anni (li compirà il prossimo 22 maggio), Steven Patrick Morrissey sembra non sentire il peso degli anni e continua imperterrito a proporre ai suoi numerosi estimatori musica di ottimo livello.
Oggi Moz è un uomo maturo, tutt’altro che bolso, che non rinnega nulla di ciò che ha fatto in passato e che guarda avanti con ottimismo (“Why change now?/"It hasn't!"/Now this might surprise you, but/I find I'm OK by myself.”), anche se qua e là riaffiorano i tormenti esistenziali e le incomprensioni amorose (“In the absence of your love/And in the absence of human touch/I have decided/I'm throwing my arms around, around Paris/Because only stone and steel accept my love”) che furono alla base dei fasti dell’epopea Smiths.
Al primo impatto, “Years Of Refusal” – nono album della sua carriera solista - colpisce l’ascoltatore per la sua produzione compatta e monocorde, decisamente rock, merito (o colpa?) del compianto Jerry Finn (Green Day, Bad Religion), scomparso a soli 38 anni a causa di un’emorragia cerebrale dopo aver terminato proprio questo lavoro.
Un ruvido wall of sound di chitarre elettriche copre in alcuni casi – è il caso del singolo “All You Need Is Me”, oppure della tiratissima “I’m Ok By Myself” in chiusura - la voce calda e suadente da crooner del nostro, e questo suscita perplessità.
Alla lunga, però, l’album finisce per farsi apprezzare per la sua energia e per la sua inconsueta freschezza.
L’inizio è addirittura arrembante, con le ottime “Something Is Squeezing My Skull” e “Mama Lay Softly On The Riverbed”, ma c’è spazio anche per superbe e malincoliche ballads come “I’m Throwing My Arms Around Paris” (con la delicata tromba di Mark Isham) e "You Were Good In Your Time", oltre addirittura per un paio di arrangiamenti in sapore Tex-Mex: “When I Last Spoke To Carol” e “One Day Goodbye Will Be Farewell”.
Insomma, Morrissey è ancora capace di scrivere grandi pezzi pop.
La meravigliosa “That’s How People Grow Up” – l’altro singolo, uscito come il primo già lo scorso anno – non avrebbe certo sfigurato in capolavori come “The Queen Is Dead” e “The World Won’t Listen”.
Alla faccia di tutti coloro che pensavano che il merito fosse tutto di Johnny Marr.
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2 commenti:
Grande Moz ! A differenza di un altro grande (Robert Smith) che mi sembra un po' in fase calante, il "bel tenebroso" (così come lo definiva Pier Vittorio Tondelli), da sempre spettacolo !
Intendi dire spettacolare la copertina?
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