venerdì 13 novembre 2009

VERSO DRESDEN


L'autostrada, deserta, costeggia immensi pascoli, sporadicamente delimitati da folte boschine. Non ci sono campi coltivati. Nonostante sia diretto verso sud. Nemmeno un campo di patate. Nessun edificio, nemmeno. Nessun capannone.
Non si vede anima viva.
Solamente i pali zincati della linea elettrica a tenermi compagnia.
In lontananza, un campanile - esile, con il solito bulbo a cipolla alla sua sommità - segnala ogni tanto la presenza di un borgo o di una piccola città.
La nebbia sale lentamente, l'alba si è alzata da ore ormai, e improvvisamente appare alla mia vista un'auto distrutta e capovolta nella scarpata. C'è un ragazzo seduto tra le sterpaglie, indossa il giubbino arancio fosforescente e si tiene la testa tra le mani. Se l'è vista brutta, lo stronzo. Tutto sommato, se l'è cavata con poco.
La polizei cerca di sogmbrare la carreggiata dai pezzi di lamiera e di plastica nera, mentre la carcassa fuma poco lontano.
Io rallento l'andatura, potrebbero aver bisogno. Una donna bionda di mezz'età, un pò impiccata nella sua divisa color sabbia di qualche taglia in meno, mi fa cenno di proseguire.
Curiosamente, la strada è invasa da arance e mandarini.
Ripensandoci, anche il tedesco che mi ha centrato un paio di anni fa a Merano - invadendo improvvisamente la mia corsia durante un sorpasso ad alta velocità, malgrado il fondo bagnato da una pioggerellina autunnale - aveva il baule stipato di cassette di mandarini. Lui sembrava pieno di cocaina e passeggiava avanti e indietro nervosamente, e anche la bagascia teutonica che sedeva al suo fianco aveva gli occhi lucidi. L'idiota aveva distrutto un'Audi da svariati bigliettoni da mille - optional esclusi - e però sembrava preoccupato per i suoi mandarini del cazzo.
La lezione di oggi è: in Germania è pericoloso trasportare mandarini e agrumi in generale.
Forse che qui i mandarini contengono sostanze speciali?
Sì, forse si sono inventati i mandarini lisergici.
Beh, fosse così, si potrebbe cambiare idea sul discorso OGM...
In fondo, perchè no?

Ora il tappeto di cemento ruvido taglia in due le colline, e un pallido sole fa capolino nella fitta coltre grigiastra all'orizzonte.
L'ingresso a Dresda risulta agevole oltre misura. Il navigatore della Nissan mi aiuta a orientarmi, non lo si puo' negare, ma il fatto è che non sono nemmeno le dieci di sabato mattina, e Dresda sembra una città fantasma.
Le strade sono sgombre, è impossibile trovare un locale aperto per un caffè. Mi guardo attorno e mi accorgo che gli scuri e le persiane delle case sono tutti ancora chiusi.
Oltre il fiume solcato da vecchi barconi di legno appare uno scenario spettacolare di cupole e di guglie barocche.
Una sinfonia di pietre e di marmi anneriti dallo smog e dall'incuria.
Persino gli edifici che sono stati ricostruiti dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale sono avvolti in una sottile patina di cenere.
Lascio l'auto sotto il ponte e salgo la riva destra dell'Elba per raggiungere la prima tappa, ovvero la sinagoga ebraica. Pur essendo sabato, la trovo chiusa. Non che io sia così ferrato sulle abitudini dei rabbini: il mio faro, in questo campo, è Walter.
Shomer shabbos!
Niente tornei di bouling al sabato!
Non se ne parla proprio.
(Quando il Drugo gli fa notare che lui in realtà non è ebreo, Walter risponde: sì, ma lo era la mia ex-moglie)
Mentre mi avvicino, mi tolgo la mia chefia azzurrina che uso come foulard, per rispetto, certo, ma anche perchè ho anche un pò paura.
Il complesso è interessante, due parallepipedi ermetici e rivestiti in pietra calcarea e deformati rissetto al loro asse di simmetria. Mi fa venire in mente la famosa cabina di controllo del traffico ferroviario di Herzog&deMeuron, a Basilea.
Il tram - o metropolitana leggera - scorre sui binari proprio a fianco del cortile della sinagoga, prima di avventurarsi sul ponte e verso i sontuosi palazzi neoclassici della riva sinistra. I vagoni si bloccano a pochi metri da me. Si aprono le porte scorrevoli. Scende uno studente con l'iPod e una bici da corsa in braccio.
Tornando alla macchina, mi sorpassa una vecchia Trabant bicolore, crema e giallo canarino. Da paura.
Percorro le grandi vie alberate della Dresda del socialismo reale. Queste strade hanno una sezione enorme, talmente fuori scala. Però sono gradevoli. I grandi casermoni in cemento armati sono stati interamente rivestiti con facciate continue in alluminio, in acciaio porcellanato, con ceramiche colorate all'eccesso. Li hanno infiocchettati per bene, insomma. Spesso con scarsi risultati estetici.
Roba da rimpiangere Honecker.

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