sabato 22 dicembre 2007

NY 06 - STEVE, AGAIN (GIORNO 1)


Dalla finestra della nostra stanza si vedono il Chrysler Building e l’East River , siamo sulla 42^, un fiume di taxi gialli scorre sotto di noi.
Manhattan è già sveglia e ci aspetta.
Stasera arriverà CJ e allora saremo al completo, ma intanto abbiamo una giornata davanti e non bisogna perdere tempo.
Abbiamo prenotato un tour in pullman, ma prima facciamo colazione da Starbucks. Vinnie prova un succo di frutta viola, gli piace, lo riprenderà per tutta la vacanza. Ci avviamo. Paul e io camminiamo guardando all’in su, respirando la meraviglia dei grattacieli, Vinnie ci segue, come se nulla lo sfiorasse, ha già visto tutto lui, a NY c’è già stato.
La scorsa volta trovò coda alle Twin Towers, “ci tornerò”, disse.
Il tour è una mezza vaccata, anche se ci da comunque una visione d’insieme della città. Al Financial District scendiamo e andiamo a vedere il vuoto lasciato dalle Torri. Sinceramente non è molto emozionante, in fondo oggi è solo un cantiere. C’è tanta gente. Lungo il perimetro le foto della tragedia e testimonianze varie ti riportano emotivamente all’11-9, ma non se nel frattempo ti chiama tua mamma per dirti che Libertà ha pubblicato le tue dichiarazioni pre-maratona, con tanto di cognome nel titolo. Scoppio in una risata. Mi guardo attorno, vedo le facce degli altri.

Andiamo?

E’ proprio una bella giornata, Battery Park è incantevole e noi camminiamo senza sosta. Ci immergiamo tra i grattacieli fotografando tutto e decidiamo che non possiamo mancare una delle bancarelle che vendono cibo take-away. Forse becchiamo la peggiore. Ad oggi nessuno ci potrebbe convincere che quello nel piatto non fosse un cane, ma va bene così.

Riprendiamo verso nord, il porto, un cantante che gira un video e poi lui, il Brooklyn Bridge, vecchio e solido, che aggancia Manhattan al suo passato di mattoni e immigrati. Lo percorriamo tutto, ci fermiamo ogni due passi a fare foto, siamo quasi al tramonto e c’è una luce bellissima.
Sono a New York e penso che ci devo tornare.
Strano no?
Hai come un senso di accoglienza e di familiarità. Come se fosse la tua seconda città, nonostante sia così diversa dal tuo mondo quotidiano.
Ci tornerò, la prossima volta con Federica. Glielo devo.

Ci arrendiamo alle distanze e prendiamo un taxi, CJ sta per arrivare e dobbiamo incontrarlo a Times Square, come se fosse la cosa più normale del mondo. “Ci si be a NY!”…
Eccolo, Johnny! Bella lì! Passavi di qua?
L’Hard Rock, dove la sera prima Vinnie ha sfoggiato il suo inglese con un “rare” graffiante, ci sembra il posto ideale per una cenetta a base di carne e cakes XXL.
Ah… dolci cameriere yankees, siete proprio cotte di noi Italians… no, non insistete, pazze!, siamo atleti…

STEVE

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi scende una lacrima...

doveroso il riferimento a Rare, peccato che non si possa anche mimare...