martedì 17 febbraio 2009

Letame

(Attenzione: contiene liriche esplicite)

Il pallido sole è appena sbucato nella valle e nulla può, per ora, contro la brina che durante la notte ha avvolto le colline dall'erba ingiallita.
Il termometro segna ancora sotto zero.
Devo ricredermi: domenica mi ero illuso che la primavera sarebbe presto arrivata.
Invece c'è il gelo.
Il fiume scorre tranquillo. C'è una quiete impressionante, dopo le ondate di piena delle ultime settimane. Gli argini questa volta hanno tenuto, non c'è stata nessuna tracimazione - non dobbiamo usare il termine "esondazione", ci ha detto il maestrone l'altra sera - ed è già una notizia.
Altre notizie incombono.
Il radiogiornale snocciola, impietoso, i dati delle elezioni sarde.
Si è perso, sai che novità.
In questo paese di merda.

Lo speaker potrebbe evitare di infierire, ripetendo, con quella sua voce stridula da tacchino, tutti quei numeri e quelle percentuali, con precisione maniacale. Cazzo, potrebbe capire il mio, il nostro momento di difficoltà, quel figlio di puttana. Potrebbe sorvolare, che so, fare solo un cenno fugace e rimandare tutti gli ascoltatori interessati a un ulteriore approfondimento successivo, cosicchè tutti gli altri possano cambiare stazione o addirittura spegnere la radio.
E invece no.
Quel bastardo, insensibile e forse addirittura sadico, manda in onda persino un commento di Gasparri.
Segnati il nome di questo bastardo, penso io.
Uno dice: ma ormai si perde sempre, non fa più nemmeno male. Un pò è vero: prevale da tempo immemorabile un'apatica e lucida rassegnazione. Tuttavia, è pur sempre vero quello che diceva il Principe di Niviano (qualcuno lo ricorderà, era uno dei tipici avventori dell'osteria del Doriano, alla Pieve, dove si poteva avere un gin tonic per millecinquecento lire): "la prima volta fa male, ma la seconda è anche peggio, perchè si rompono le croste". (Il Principe, mezzo poeta e mezzo filosofo, era un intellettuale un pò da battaglia, lo avrete capito...
E il Doriano, lo chiamavamo così perchè la panca di legno appena fuori dal locale era dipinta a strisce azzurre, bianche, rosse e blu.
Nessuno gli ha mai chiesto perchè. E magari lui teneva alla Juve...)

Non puoi ascoltare Gasparri, Country Joe.
A tutto c'è un limite, cazzo.
Devi reagire.

E allora metto in atto la mia vibrante protesta: spengo la radio.
Metto un cd a caso: "Dry your eyes", un rap malinconico e ossessivo di The Streets.
Sembra perfetto.
Con il passare dei minuti, la vasta pianura pare riprendere conoscenza.
Contemplo il succedersi ripetitivo dei campi. La loro aratura rasenta la perfezione, infinite linee parallele che si perdono all'orizzonte.
In mezzo ai campi ci sono alcuni trattori giganteschi, sembrano animali preistorici, con quelle loro stupide ruote dalle dimensioni assurde. Forse sono creature mitologiche. Quei fottuti moloch sono là che spandono liquami nerastri dappertutto, con ovvie ricadute sulla qualità dell'aria.
Ruoto la manopola che ne regola l'ingresso nell'abitacolo e mi giro verso Agnese, che nel frattempo se ne resta lì seduta sul suo seggiolino e si gira tra le mani un pupazzo a forma di topo color fucsia.
Se ne sbatte, lei, di Soru.
- Che odore!, - le faccio.
- Non sono stata io, - risponde lesta lei, avendo già capito di cosa la sto per accusare.
- E allora chi è stato?
- Tu!
- Non sono stato io. E' l'odore del letame.
- Cos'è?
- La cacca della mucca. I contadini la stanno buttando sui campi.
Agnese scrolla la testa, con il suo sorriso più bello stampato sul viso, lo posso vedere attraverso lo specchietto retrovisore. Cerco il suo sguardo, e mi accorgo che non mi crede. Nulla di cui stupirsi. Normalmente lei non crede a quello che dico. Non c'è da biasimarla. Mi diverto troppo a prenderla in giro, raccontandole le cose più assurde, e più sono assurde più le giuro che è vero. Quasi sempre cose raccapriccianti, di spirito pecoreccio.
L'altro giorno si stava frugando nel naso, e allora le ho detto: - Se trovi qualche caccola, dammela, per favore. Faccio la collezione. Le metto via tutte, in un cassetto su in soffitta. Ho ancora quelle di quando ero bambino...

- Sul serio, Agnese. Prendono la cacca delle mucche e la distribuiscono sui campi, per renderli più fertili. Così ci crescono verdure più grandi e più buone.
- Che schifo!
- Può sembrare che faccia schifo, ma è così. Con la cacca delle mucche ci fanno dei pomodori giganti!
- Non è vero.
- Sì che è vero. Puoi chiederlo alla mamma.
Agnese guarda fuori dal finestrino, pensierosa, in direzione dei campi coltivati.
Dopo qualche attimo di silenzio, sentenzia:
- Se ci pensi, papà, le verdure crescono nella terra. Non crescono nella cacca delle mucche.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Apprezzate le citazioni del Doriano e del Principe di Niviano.
Vista la situazione del voto in Sardegna ci stava anche una citazione del grande laziale: "E' merda sui coppi..."

Anonimo ha detto...

a questo punto dovresti prepare un cd che mandi in loop l'ultima strofa di via del campo "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori"...

Gbattm ha detto...

E' vero, è merda sui coppi, ovvero anche: "abbiamo cagato in scuola", per citare anche il Monte.
Per Proleter: saranno fiori bellissimi, speriamo li possano vedere almeno i nostri figli...