sabato 21 febbraio 2009


Se voi che state leggendo queste poche righe ancora non conoscete di “Astral weeks”, l’acclamato album d’esordio (1968) di Van Morrison, forse è meglio se abbandonate la lettura e pensate a procurarvene al più presto una copia: esso può essere considerato una delle più mirabili fusioni di sempre tra folk – quello tradizionale dell’isola natìa – jazz e blues .
Se invece già conoscete il capolavoro dello scorbutico cantante di Belfast, unaninemente considerato una pietra miliare della storia del pop-rock, allora potete continuare a leggere di questa nuova versione live, registrata durante due serate all’Hollywood Bowl di Los Angeles il 7 e 8 novembre scorsi per celebrarne la ricorrenza dei 40 anni.
Il significato dell’operazione è tutto in queste sue parole: “Queste canzoni sono senza tempo e sono fresche ora come allora, anzi, forse ora più di allora”.
Privo in pratica di sovraincisioni e remissaggi - Van “The Man” da sempre è assai restìo al lavoro di studio – “Astralweeks: Live at Hollywood Bowl” trasferisce tutta la spontaneità dei due concerti, con i brani dilatati all’infinito, i sofisticati barocchismi orchestrali e con quelle frasi ripetute in modo quasi ossessivo, come in un mantra estatico, da un Morrison che sembra quasi inciampare nelle parole: la struttura così atipica dei brani, senza strofa ne’ ritornello, lo agevola assai in quest’opera di rivisitazione free.
Nella scaletta trovano spazio gli otto brani originali, anche se non nell’ordine consueto (su tutte “Madame George”, “Sweet thing” - chi ricorda la splendida versione degli Waterboys? - e “The way young lovers do”), oltre a un paio di bonus tracks recuperate dal suo immenso repertorio, ovvero “Common One” e “Listen To The Lion” (che è anche il nome della sua nuova etichetta indipendente).
Il grande successo dell’operazione ha spinto l’Uomo a programmare una serie di bis: per chi si trovasse nei paraggi, il 27 e il 28 febbraio sarà al Madison Squeare Garden di New York. Fossi in voi, non lo perderei…

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