martedì 18 ottobre 2011

L’addio di Ivano Fossati - al pari di quello di Antonio Cassano, ma lui tra tre anni - ha fatto parlare molto i media (“Mi sono sempre chiesto se al prossimo disco avrei potuto garantire la stessa passione che mi ha portato fino a qui. Non credo che potrei ancora fare qualcosa che aggiunga altro rispetto a quello che ho fatto fino ad ora”) e forse è una delle ragioni del successo fulmineo di questo suo nuovo lavoro, uscito nei negozi solo il 4 ottobre e già in testa alle classifiche nostrane.
Un altro è la consueta bravura del nostro, artista di classe ed eleganza quasi senza pari nel panorama triste della canzone italiana (ma aspettiamo con fiducia la riscossa dei Bugo, dei Dente, dei Brunori s.a.s….)

La decadenza apre l’album con un ritmo ballabile ma prevedibile – un po’ troppo alla Zucchero, per i nostri gusti – che dà il titolo all’album (un brutto gioco di parole), uno spietato ritratto di un paese in decadenza e apparentemente senza futuro.
Ritmo sostenuto anche per Quello che manca al mondo, un pezzo nello stile classico del cantautore genovese (“quello che mancherà al domani/è un monumento all’uguaglianza”) che tuttavia ricalca cose già sentite.

Più avanti, il disco convince sempre di più.
I bellissimi pezzi pop, quasi americani, di La sconosciuta e La normalità, intervallati dalla delicata e intensa Settembre, una storia d’amore che finisce male (“Il bene che ci siamo voluti noi due è un taxi che si ferma qui/io stavo bene nelle tue mani non avrei chiesto mai niente di più”), sono uno dei picchi della raccolta.
Raccolta che prosegue senza intoppi sino a Laura e l’avvenire (“Ora questo posto non fa più per noi / questo è un deserto di democrazia”) e alle straordinarie ballate Nella terra del vento (“Grazie per le rose d'inverno/ in un momento fiorite/ e in un giorno appassite di nuovo”) e la conclusiva Tutto questo futuro (“Eppure mi piace tutto questo futuro e anche il tempo sprecato che non vedo già più. Io e te, in mezzo al mondo, siamo un pugno di fiori. Ora passa la notte e, come senti, non piove più.”).

Grazie di tutto.

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