lunedì 31 ottobre 2011

Un titolo brutto, bruttissimo.
Una copertina altrettanto brutta.
Un singolo tutto sommato innocuo, Every Teardrop is a Waterfall, che esibisce una metafora talmente immagnifica (ogni lacrima è una cascata d’acqua; ma più avanti ritroviamo anche cose del tipo "the sky is blue"), roba da Baci Perugina.

C’erano le premesse per stroncare – senza nemmeno ascoltarlo - il nuovo lavoro della band inglese, da tempo presa di mira dalla critica più alternativa e militante a causa della recente involuzione rispetto alla magia degli esordi – ricordate Trouble e Yellow? – e di una serie di imbarazzanti accuse di plagio (tra gli altri, i Kraftwerk).
Eppure.
Eppure questo disco dal titolo così brutto è un disco che vale comunque la pena ascoltare: persino il famigerato (almeno sulla carta) duetto elettrodance con la regina dello stasystem Rihanna – Princess Of China - non riesce a convincerci del contrario.

Ma.
Mylo Xyloto si apre con il breve intro della title-track, uno dei tre strumentali del lotto, e con il caleidoscopio psichedelico di Hurts Like Heaven - qui la mano di Eno si sente; ma il livello scende subito con la mediocre Paradise, che parte come un pezzo di Moby ma si rivela come il singolo perfetto da charts, e con la successiva Charlie Brown che sembra ammiccare ai Muse. Non riescono a sollevare il livello i brani tra i più tipici del loro repertorio, Major Minus e Don’t Let It Break Your Heart. Infine c’è ampio spazio per le malinconiche softs (U.F.O., Us against the World e Up In Flames, la migliore) purtroppo quasi mai al livello di quelle che le hanno precedute.

Tuttavia, Martin se ne sbatte.
Pare essersi scrollato di dosso le tensioni del post-successo mondiale e le ansie di essere considerato il più bravo (“Se qualcuno pensa che io sia un testa di cazzo, bene, che ascolti i dischi di qualcun altro. Non siamo in un regime totalitario. Nessuno è obbligato ad ascoltare i Coldplay” o anche: “Lo sappiamo, i nostri testi sono merda pura”) e tira furbescamente avanti per la sua strada, con il suo pop tecnicamente perfetto – quanti gruppi pop all’altezza dei Coldplay conoscete? – ma ormai un po’ stanco, in bilico tra la riproposizione della consueta epica alla U2 e alcune, timide, aperture alla ricerca di un nuovo sound.

Forse non resta che seguire il consiglio di Chris Martin.

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