sabato 31 maggio 2008
NY, 17 - MANHATTAN
I newyorchesi li riconosci subito: sono quelli che camminano con passo veloce, in modo rettilineo, e con lo sguardo dritto davanti a loro.
Tutti gli altri, invece, si spostano con movimento ondivago, quasi barcollando, e guardano quasi sempre all'insù, alla ricerca del maggior numero possibile di dettagli di quei colossi in ferro e vetro che sfilano sopra il loro naso.
E questo è assai pericoloso.
Non tanto per il rischio di calpestare qualche escremento di cane - come forse tutte le grandi metropoli, New York ha da tempo espulso qualsiasi tipo di animale: sarà un effetto collaterale della "Tolleranza Zero"? - ma al contrario per il fatto che ogni circa cento-centocinquanta metri c'è un semaforo, e ci vuole davvero molta attenzione, e concentrazione, per fermarsi in tempo a ogni segnale rosso.
La città è stata infatti costruita su una fittissima griglia ortogonale, assolutamente perfetta, che se da un alto facilita l'orientamento - dopo la quinta avenue puoi star sicuro che c'è la sesta avenue, e dopo la sesta c'è la settima, e dopo la settima c'è l'ottava, e così via - dall'altro diventa la causa di una lunga successione di barriere consecutive. Un'interminabile corsa a ostacoli.
Malgrado sulle strade viaggino solo un immenso fiume di taxi gialli, oltre a qualche bus turistico e alle limousine di qualche autorità o dei padroni di Wall Street (i newyorchesi, normalmente, non posseggono un'auto, e non si stenta a comprenderne il motivo), il traffico è alquanto caotico.
Proprio a fianco di ogni semaforo, campeggia immancabile un baracchino di wurstel - gestito normalmente da un greco o da un turco - o di pane di tipo pretzel (un ciambellone rigonfio di mollica e ricoperto da semi di sesamo) - gestito, per esempio, da un ispanico - o di frutta esotica: mango, papaya, avocado - gestito da un cinese. Ogni etnia gestisce il racket di un ramo preciso, ci spiegano. Verso mezzogiorno, un esercito di colletti bianchi erutta dai colossali termitai di uffici, quasi li vomitasse, e si dirige all'assalto di queste bancarelle improvvisate. Uno spettacolo per antropologi, Manhattan in pausa pranzo, popolata da queste moltitudini di impiegati e funzionari che abusano - rigorosamente in piedi - di hot dog, donuts e hamburger.
La selva di grattacieli si infittisce mano a mano che Cj procede verso sud.
A lui incute un certo timore.
Le strade sono tutte una uguale all'altra.
C'è una luce rarefatta, innaturale.
Lì giù, infatti, si resta quasi sempre all'ombra. Difficile infatti che fin lì possa arrivare un raggio di sole, forse solo a ferragosto, a mezzogiorno in punto, quando l'asse del sole è perfettamente verticale. L'unico modo per vederne la luce, e respirarla a pieni polmoni, è dirigersi verso il Central Park, il grande parco realizzato alla fine del secolo scorso proprio al centro di Manhattan. Vederlo adesso, sembra persino un errore di costruzione, una pecca, oppure un'enorme voragine scavata - da chissà quale evento distruttivo - nel mezzo della assurda giungla degli skyscrapers che ha aggredito senza soluzione di continuità il resto dell'isola. La passeggiata intorno al grande lago centrale rappresenta un vero e proprio deja-vu cinematografico: aspetti solo di incrociare Dustin Hoffmann nella sua tuta da maratoneta anni '70.
Per avere una (meravigliosa) visione d'insieme dello skyline metropolitano, è necessario salire in cima all'Empire State Building. Ed è ciò che facciamo, non prima di avere fatto incetta - Steve su tutti, ovviamente - di inutili gadget dei Jets e degli Yankees in uno dei tantissimi negozi di souvenir di tema sportivo.
Per Wikipedia, esso è probabilmente il più famoso grattacielo della città di New York e forse del mondo. Con i suoi 381 metri di altezza (443,2 m se si considera anche l'antenna televisiva sulla sua cima), esso è stato il grattacielo più alto del mondo fra la sua costruzione (1931) ed il 1973, quando furono inaugurate le Torri Gemelle del World Trade Center.
È stato proposto come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.
Dopo una lunga coda per l'accesso all'ascensore, veniamo perquisiti con rigore all'ennesimo posto di blocco.
Qui a New York la paura la respiri in ogni angolo.
Il viaggio nel ventre molle del mostro dura solamente lo spazio di un istante, ed eccoci sulla vetta del mondo.
(Sarebbe stato bello avere una foto ricordo di gruppo, ma Cj, in preda a un raptus, sceglie di fare la foto abbracciato a un incredulo estraneo...)
Immagine: www.popitlikeitsart.co.uk/.../new%20york.JPG
mercoledì 28 maggio 2008
Here comes the rain
Le pioggie insistenti delle ultime settimane sono da considerarsi una manna per l'agricoltura, certo, ma chi come Cj passerà il prossimo fine settimana con un decespugliatore in mano ha tutto il diritto di sacramentare.
(E' un oggetto diabolico, ve lo assicuro: va in moto dopo qualche decina di tentativi di accensione; normalmente, dopo aver terminato di ripulire il fosso dalle erbacce infestanti, Cj continua a vibrare come un Parkinsoniano per ore e ore.)
Domenica scorsa, ancora pioggia.
Poco male al mattino: ci siamo svegliati molto tardi.
Con Sandra e Agnese avevamo in programma di aderire all'iniziativa "Cantine Aperte", andando a visitare quella del Poggiarello, ovvero i vigneti appena sopra casa nostra. E quello che doveva essere un semplice aperitivo si è trasformato presto in un lauto buffet - assaggi di salumi, panzerotti, risotti, fritture, torte salate - con una degustazione di svariati tipi di vini.
Funziona così: all'ingresso cacci 15 euro e ti consegnano un calice.
Da quel momento in poi puoi bere e mangiare tutto quello che vuoi.
Un "All You Can Eat" nostrano.
Verso mezzogiorno arriviamo al parcheggio, un campo appena tagliato delimitato dalle fettuccine bianche e rosse. Poco più in là, in un recinto di legno, pascolano tre asini dal manto scuro e un gruppo di oche starnazza nel fango. Fuori da una roulotte, per l'occasione assurta a biglietteria, un ragazzo con una palese inflessione dell'est europeo, ci spiega che, purtroppo, a causa del maltempo la manifestazione si svolge solo al coperto, e dunque non è possibile fare la visita guidata alla cantina e nemmeno il tour attraverso il vigneto (l'avevamo fatta un paio di anni fa, ti raccontano tempi e modi della vendemmia, della pigiatura, ecc...).
Cazzocene, noi vogliamo solo bere.
E dunque con la supervisione del Cuccu, maestro sommelier, e del suo amico Marco abbiamo sorseggiato, in ordine sparso, mezzi calici di pinot nero, cabernet, sauvignon, barbera (il famigerato "Piston"), gutturnio, ortrugo.
Per finire in bellezza con una ciambella fatta in cassa "pocciata" nella malvasia dolce, ance se non in scodella come tradizione vorrebbe.
Insomma, una roba che vi consiglio caldamente.
Inoltre, ci hanno co-optato con entusiamo nella sedicente "Accademia del Piston", un sodalizio dedito esclusivamente ai piaceri della tavola: mi fa venire in mente la "Confraternita del Chianti" del romanzo di Fante. Me li immagino come personaggi curiosi, tendenzialmente sovrappeso ma quasi sempre sorridenti. Si trovano tutti i mesi, magari ogni tanto ci scappa anche una briscola in cinque...
Nel pomeriggio, la sbornia viene smaltita davanti al tappone dolomitico con arrivo al Lago Fedaia, alle pendici della Marmolada: per chi non lo sapesse, è il luogo dove Cj si è tranciato allegramente i legamenti crociati del legamento sinistro.
Per cui conserva un buon ricordo.
La pioggia incessante moltiplica gli sforzi dei corridori, rendendo ancora più eroici i loro gesti.
Verso sera, mentre Sandra impasta la pasta della pizza, Cj si decide finalmente a raccogliere le ciliege del grande albero in mezzo al giardino. L'albero è malato, aggredito dalle formiche e da chissà quali altri insetti malefici: tutti gli anni i rami secchi sono sempre di più e le foglie sempre meno; malgrado ciò, anche questa primavera ci ha regalato migliaia di ottimi frutti: che sia il canto del cigno?.
Sotto una pioggierellina scozzese, appollaiato su una scala traballante che affondava sempre più nel terreno bagnato.
Un miracolo che la giornata non sia finita nel reparto di ortopedia dell'Ospedale di Bobbio.
(E' un oggetto diabolico, ve lo assicuro: va in moto dopo qualche decina di tentativi di accensione; normalmente, dopo aver terminato di ripulire il fosso dalle erbacce infestanti, Cj continua a vibrare come un Parkinsoniano per ore e ore.)
Domenica scorsa, ancora pioggia.
Poco male al mattino: ci siamo svegliati molto tardi.
Con Sandra e Agnese avevamo in programma di aderire all'iniziativa "Cantine Aperte", andando a visitare quella del Poggiarello, ovvero i vigneti appena sopra casa nostra. E quello che doveva essere un semplice aperitivo si è trasformato presto in un lauto buffet - assaggi di salumi, panzerotti, risotti, fritture, torte salate - con una degustazione di svariati tipi di vini.
Funziona così: all'ingresso cacci 15 euro e ti consegnano un calice.
Da quel momento in poi puoi bere e mangiare tutto quello che vuoi.
Un "All You Can Eat" nostrano.
Verso mezzogiorno arriviamo al parcheggio, un campo appena tagliato delimitato dalle fettuccine bianche e rosse. Poco più in là, in un recinto di legno, pascolano tre asini dal manto scuro e un gruppo di oche starnazza nel fango. Fuori da una roulotte, per l'occasione assurta a biglietteria, un ragazzo con una palese inflessione dell'est europeo, ci spiega che, purtroppo, a causa del maltempo la manifestazione si svolge solo al coperto, e dunque non è possibile fare la visita guidata alla cantina e nemmeno il tour attraverso il vigneto (l'avevamo fatta un paio di anni fa, ti raccontano tempi e modi della vendemmia, della pigiatura, ecc...).
Cazzocene, noi vogliamo solo bere.
E dunque con la supervisione del Cuccu, maestro sommelier, e del suo amico Marco abbiamo sorseggiato, in ordine sparso, mezzi calici di pinot nero, cabernet, sauvignon, barbera (il famigerato "Piston"), gutturnio, ortrugo.
Per finire in bellezza con una ciambella fatta in cassa "pocciata" nella malvasia dolce, ance se non in scodella come tradizione vorrebbe.
Insomma, una roba che vi consiglio caldamente.
Inoltre, ci hanno co-optato con entusiamo nella sedicente "Accademia del Piston", un sodalizio dedito esclusivamente ai piaceri della tavola: mi fa venire in mente la "Confraternita del Chianti" del romanzo di Fante. Me li immagino come personaggi curiosi, tendenzialmente sovrappeso ma quasi sempre sorridenti. Si trovano tutti i mesi, magari ogni tanto ci scappa anche una briscola in cinque...
Nel pomeriggio, la sbornia viene smaltita davanti al tappone dolomitico con arrivo al Lago Fedaia, alle pendici della Marmolada: per chi non lo sapesse, è il luogo dove Cj si è tranciato allegramente i legamenti crociati del legamento sinistro.
Per cui conserva un buon ricordo.
La pioggia incessante moltiplica gli sforzi dei corridori, rendendo ancora più eroici i loro gesti.
Verso sera, mentre Sandra impasta la pasta della pizza, Cj si decide finalmente a raccogliere le ciliege del grande albero in mezzo al giardino. L'albero è malato, aggredito dalle formiche e da chissà quali altri insetti malefici: tutti gli anni i rami secchi sono sempre di più e le foglie sempre meno; malgrado ciò, anche questa primavera ci ha regalato migliaia di ottimi frutti: che sia il canto del cigno?.
Sotto una pioggierellina scozzese, appollaiato su una scala traballante che affondava sempre più nel terreno bagnato.
Un miracolo che la giornata non sia finita nel reparto di ortopedia dell'Ospedale di Bobbio.
domenica 25 maggio 2008
L'amico ritrovato
Archiviamo con soddisfazione anche il mini-sondaggio sull'album italiano del periodo con la vittoria di stretta misura dell'ultimo Afterhours.
Vittoria ineccepibile, anche se io avevo votato per i napoletani 24 Grana, ormai affrancatisi dall'influenza di Almamegretta e autori di un disco di canzoni d'autore di ottimo livello.
"I Milanesi ammazzano il sabato" - gioco di parole dal titolo di un romanzo di Scerbanenco - mi sembra dai primi ascolti un buon album, malgrado la stroncatura di ondarock (http://www.ondarock.it/recensioni/2008_afterhours.htm).
E' bello ritrovare Manuel e il resto della banda.
Ci eravamo lasciati, ormai due o tre anni orsono, con quel pessimo show al Fillmore, quando il nostro eroe si era scagliato giù dal palco durante il concerto per azzuffarsi con un incredulo spettatore, colpevole (sembra) di avergli lanciato insulti vari e (forse) delle palline di carta (!).
Era un Manuel nervoso, poco ispirato, imbottito di alcool e chissà cos'altro.
Era il periodo della mitica campagna americana, della tourneé a stelle e strisce in collaborazione con Greg Dulli (ex Afghan Whigs) e della improbabile traduzione in inglese delle ballate per piccole iene (che da allora è il mio soprannome preferito per Agnese, Anna, Bianca e Silvia).
E' tornato tra noi, dopo un periodo caratterizzato dalla paternità e dal passaggio a una Major.
Noi che in realtà non lo conosciamo, se si escludono due chiacchiere fugaci scambiate (grazie alla sua amicizia con il grande Marcone) a margine di un bellissimo set acustico da solista al Muzak di Casalpusterlengo, dove aveva reinterpretato "Waves of Mutilation" dei Pixies e "Fake Plastic Trees" dei Radiohead, ma è come se fosse un amico. Chiacchiere documentate dalla foto di cui sopra, per la lettura della quale è utile sottolineare che Cj non è quel tipo con la casacca di Jascin, detto il Ragno nero.
Lui sceglie sempre bene le cover, niente da dire: un mese fa, al Primo Maggio, ha cantato la magnifica "For What Is Worth", inno pacifista dei Buffalo Springfield di Neil Young.
Sappiamo da Marcone che Manuel è fuggito da Milano e si è ritirato sulle colline bergamasche in compagnia della sua famiglia.
Chissà, magari un giorno lo andremo a trovare...
Non abito più lì da sempre
Ho avuto una vita
Altrove
E' solo una stupida villetta con uno sputo di giardino, ma sarà la prima cosa che comprerò
Quando sarò ricco
giovedì 22 maggio 2008
RIPRENDERE (DA) BERLINO. DIREZIONE: MONACO DI BAVIERA
Tutti gli uomini del Cartello stanno scaldando i motori per la trasferta bavarese, per via dell'ennesimo addio al celibato di Steve (ma quante volte si sposa?).
L'organizzazione è a pieno ritmo.
Big ti ha scovato un furgone da 8 posti (quanti sono gli uomini del cartello) da Europcar alle seguenti condizioni: Fiat Scudo Panorama 2.8 Td, 262 Euro, Franchigia kasko 1300, franchigia furto 2300. Sarà certamente una chiavata...
Per l'albergo: prima opzione il Regent, Quattro stelle, centro, 168 euro per camera per le due notti, colazione inclusa. Ninete male, anche se sembra che non ti diano le cuffiette per i capelli per la doccia, così almeno sostiene Antonio, il viaggiatore solitario, quest'anno arrivato terzo nella classifica di Hornby "L'uomo più patetico del mondo".
Dal momento che secondo alcuni di noi, Winnie ad esempio (che arriverà in bolletta perchè il weekend prima se ne va - lui dice per lavoro - a Rio de Janeiro, dove come i pensionati di De Andrè ci lascerà giù mezzo stipendio), era meglio qualcosa più simile alla Penzion berlinese, sono uscite proposte alternative: pare che siano state trovati un paio di hotel con quadruple, 3 stelle, colazione, 50 talleri a testa (forse una addirittura in Ciucciacaz Platz, sostiene il Galletto).
Vedremo.
Ormai dunque è tutto pronto.
Cj aspetta i vostri commenti sul blog.
Argomenti consigliati:
* l'addio al celibato di Federica, che vedrà Sandra, Liz ed Elena sicure protagoniste sulla Riviera Romagnola, in compagnia di Bobone Vieri e del siluratissimo Pippone;
* il weekend preparativo dell'anonimo di San Donato in Brasile;
* la defezione del cremonese bastardo (primo nella speciale classifica di cui sopra), che resta nella sua magnifica cittadina per la finale della Terza edizione del "torneo di calcio nella mostarda" Over 40;
* il debutto di Willy, uno dei battutari più conosciuti della zona post-nucleare.
A voi.
Non sarebbe strano
Essere più leggeri
E non aver paura
Se capitasse a noi
Se capitasse a noi
Se capitasse a noi
Se capitasse a noi
martedì 20 maggio 2008
OLA!
Par di capire che Madrid impazza.
Bedo è appena tornato dal ponte del Primo Maggio.
Così pure il Jeegio, del quale pubblico qui uno scatto dell'immancabile (per lui) visita all'Arena.
Paulette, dice lui, il prossimo mese sarà là per un progetto e rivedrà Alvaro, che
lavora per una struttura che si occupa dei gitani, la Fundación
Secretariado Gitano.
Cj ci tornerà, per l'ennesima volta, a fine giugno, in coda alla visita dell'Expo di Sargozza. Ne approfitterà per aggiornare definitivamente il suo saggio sull'architettura contemporanea della capitale spagnola, se mai vedrà la luce presso qualche editore compiacente.
Alla lunga, Cj deve ammettere di essersi affezionato a Madrid.
Ci era stato una prima volta da ragazzo, durante un viaggio spagnolo con la famiglia, ma di quel viaggio si ricorda solo un caldo terribilmente umido e una visita sgradita dei ladri al camper (gli rubarono tra le altre cose una Slazenger di legno anni '70, se non ricorda male: regalo della cresima degli zii di Bologna).
Tornò nell'agosto 2004: erano lui, il Sergente e Maurino con la Fiat Uno di quest'ultimo. Anche allora un caldo della Madonna. Cj ricorda in particolare le notti passate in bianco nell'afa della stanzetta della pensione a Lavapiés, senza aria condizionata perchè Maurino - notissimo braccina corta - si affidò come al solito alla sua Routard. Poco prima dell'alba, finalmente riuscivano a prendere sonno, perchè dalle finestre spalancate cessavano gli schiamazzi notturni della Movida che impazzava e tirava un alito di brezza mattutina. Ma durava poco: alle otto in punto gli automezzi dei cantieri edili cominciavano a scaricare macerie e detriti in quegli assurdi contenitori metallici collocati ai margini delle strade.
Però ci furono bei momenti, come la fiesta popolare di San Caetano, nel quartiere del Rastro, dove un'ottima Sangria veniva via con un solo euro!
Cj tornò poi altre due volte per terminare il suo scritto, ed ebbe il tempo per apprezzarne i meravigliosi musei (celeberrimi Velazquez, El Greco e Goya, con le sue "pinturas negras", al Prado; la Guernica di Picasso al Reina Sofia) e le sue ariose ed eleganti strade.
E riuscì ad apprezzare fino in fondo questa difficile e scorbutica città, per lungo tempo oscurata dalla più dinamica e cosmopolita Barcellona.
A Cj piacerebbe avere il vostro parere...
DX
Per mesi hanno i mass-media hanno ripetuto che ormai tra destra e sinistra non ci sono più differenze.
"Tanto sono tutti uguali", ci hanno detto, sdegnati, i censori della casta.
Per i politologi, oggi sopravvive solamente un nostalgico (e patetico) spirito di appartenenza.
Per i sociologi, la società dei consumi ha stravinto, e marcia trionfale sulle macerie di idee, ideologie e valori.
Per gli economisti, esiste in pratica un'unica ricetta per difenderci dallo strapotere dei cinesi e del lontano oriente.
E poi ha vinto la destra.
In pochi giorni di vita, questi hanno già colpito.
Prima, i giornalisti non allineati.
Poi, i clandestini.
Gli zingari.
Gli omosessuali.
E' tornata la vecchia, cara destra.
Allora non tutto era vero...
Io, in un certo senso, sono un pò rinfrancato.
"Tanto sono tutti uguali", ci hanno detto, sdegnati, i censori della casta.
Per i politologi, oggi sopravvive solamente un nostalgico (e patetico) spirito di appartenenza.
Per i sociologi, la società dei consumi ha stravinto, e marcia trionfale sulle macerie di idee, ideologie e valori.
Per gli economisti, esiste in pratica un'unica ricetta per difenderci dallo strapotere dei cinesi e del lontano oriente.
E poi ha vinto la destra.
In pochi giorni di vita, questi hanno già colpito.
Prima, i giornalisti non allineati.
Poi, i clandestini.
Gli zingari.
Gli omosessuali.
E' tornata la vecchia, cara destra.
Allora non tutto era vero...
Io, in un certo senso, sono un pò rinfrancato.
domenica 18 maggio 2008
Animals
Una domenica così, neanche in novembre.
In campagna le giornate uggiose, si sa, trasmettono una grande e profonda malinconia.
Ancora più profonda se pensi a chi adesso non c'è più.
La pioggia non ci ha lasciato un attimo di tregua. Solo verso sera, verso ovest ha fatto capolino qualche timido raggio di luce, finalmente in grado di squarciare il sipario di nuvole nere.
Sull'erba bagnata, scivola lento un esercito di lumache. Agnese è da giorni che le cattura. Ho dovuto costruirle un rifugio con una scatola di scarpe, opportunamente bucata sul coperchio, in modo da poterne portare una all'asilo. Voleva farla vedere alla maestra.
In questi giorni ci ha fatto visita una moltitudine di animali. Quando ieri mattina ha aperto gli scuri, Sandra ha visto due lepri enormi nel campo di erba medica appena tagliata. Per non parlare degli uccelli. Quando arriva primavera siamo letteralmente circondati da gazze, merli, tortore e piccioni. Nessuna notizia del ghiro, invece, che ha passato tutto il suo fottuto letargo tra i coppi del tetto della nostra camera da letto, probabilmente sgranocchinadosi interi fogli isolanti in poliuretano espanso.
La settimana scorsa Agnese ha trovato un lumacone, di quelli senza il guscio, sotto i cespugli di lavanda. Ci ha giocato un pò sotto il portico - facendogli ripetutamente fare manovra, avanti e indietro - e poi, appena mi sono distratto, l'ha portata dentro in casa. Dopo pochi minuti l'ho ritrovato stecchito sul bordo del lavandino.
- Gli ho fatto il bagnetto, mi ha risposto quando le ho chiesto perchè lo aveva fatto.
- Con il sapone?
- Certo. Con il sapone, ha confermato lei con lo sguardo intristito.
Torturare gli animali era anche nelle corde di Cj, da bambino.
Questione di cromosomi.
Una volta lui e Paulette si erano fatti comprare tre piccole tartarughe da acqua sul mercato e, al rientro a casa, le avevano scagliate giù dal terrazzo (per chi non sapesse: abitavano al quinto piano) per vedere quale delle tre si sarebbe schiantata prima, scommettendoci persino su.
Inoltre erano soliti giocare con il loro criceto - un esemplare pigro e tendenzialmente obeso - a basket, nel senso che seduti sul divano lanciavano il criceto nel canestro collocato sopra la porta di ingresso della loro camera, a circa due metri e mezzo d'altezza. Lui, il criceto, alle volte riusciva ad aggrapparsi alla rete del canestro durante la parabola discendente del lancio: rimaneva a penzolare ansimante, probabilmente maledicendo quel giorno in cui quei due stronzetti dalla faccia quasi uguale si erano presentati al negozio di Bergamaschi, in Piazza Duomo, con i soldi contati per acquistare proprio lui.
Lo stesso piccolo roditore era anche oggetto di quelli che, con il senno di poi, potremmo definire dei veri e propri test di intelligenza sulla specie. Cj e Paulette impiegavano interi pomeriggi per costruire dei complicatissimi labirinti con il Lego. Terminata la loro opera, piazzavano il malcapitato criceto in un punto imprecisato del percorso, possibilmente centrale, e poi coprivano il tutto con una tavola di truciolato traforato che avevano fatto realizzare all'uopo. Inutile aggiungere che l'animale, alquanto stupido, non provava nemmeno a muoversi. Quando, dopo ore, andavano a controllarne i progressi, lo trovavano esattamente nel punto iniziale.
Vorrei raccontare qui anche del coniglio di razza albina, dal pelo bianco e gli occhi rossi, soprannominato Andy in onore di Andy Luotto, che era costretto a numerose discese sullo scivolo del campogiochi sotto casa, dopo inutili tentativi di aggrapparsi con i minuscoli artigli alla superficie di alluminio liscio.
Ma il tempo è scaduto, e di Andy diremo poi.
sabato 10 maggio 2008
In attesa dei vostri preziosi suggerimenti (dall'epoca della memorabile zuffa sulle scimmie artiche sul versante sonoro c'è stata calma piatta) su nuovi gruppi da ascoltare, Cj - oltre finalmente ad apprezzare la Winehouse, così caldeggiata da Bed e Big, e a fare piccole (magnifiche) scoperte come Merz e i Drift - in questo periodo si è buttato sui grandi ritorni, ovvero sulle vecchie conoscenze: R.E.M., Portishead (ottimo), Eels (non si discute, Mr. E è un mio pallino), American Music Club (altro pallino storico), Bauhaus, Joe Jackson, Mark Lanegan e Greg Dulli (Gutter Twins, un pò sciapo per la verità).
Ancora non sa che dire dell'Afterhours fresco di stampa, forse è ancora choccato dalla celebre rissa sotto il palco del Fillmore...
Ci proverà persino con i nuovi dEUS e Tindersticks.
Cj ci prova gusto, un senso piacevole di deja-vu, nel senso "come è bello incontrare un giorno un vecchio amico".
Più di tutti, però, lo appassiona il nuovo di Billy Bragg.
Non ne sa il motivo.
Mr. Love & Justice, infatti, è tutt'altro che un capolavoro.
E' un disco onesto, sincero, robusto.
(Da DELROCK.IT: Erano sei anni che non pubblicava un album nuovo, anni in cui peraltro non è stato fermo: numerosi show, molte buone cause sostenute con le sue canzoni, una biografia pungente. Alla fine gli è venuta voglia di un disco nuovo ed eccolo, senza routine, anzi, tra i migliori di tutto il catalogo.
Billy parla un pop rock senza affettazioni, lucidamente vintage, mettendo in gioco le sue buone fonti di ispirazioni: Dylan, Donovan, Johnny Cash, qui soprattutto Van Morrison. Lo aiuta un quintetto di bei perdenti come lui, i Blokes, con Ben Mandelson e Lu Edmonds alla chitarra e quel bel tomo di Ian McLagan alle tastiere, che i rocker della mia generazione ricorderanno certamente con gli Small Faces e poi gli Stones, e Bob Dylan ai tempi di Infidels.)
Ci canta anche un certo Robert Wyatt - una presenza estremamente delicata la sua, quasi sussurrata: giusto un cameo - in una song che rappresenta anche la sintesi del nuovo lavoro(la splendida I keep faith).
Gustoso il racconto di Bragg sull'incontro con lo zio Bob, sempre che l'anedddoto sia poi vero: "Ero andato a Louth a cercare del rabarbaro fresco per un dolce alla frutta che dovevo cucinare. L'ho incontrato, lui abita lì, ed è stata una giornata produttiva; mi ha trovato il rabarbaro e, già che c'era, è venuto in studio a cantare."
http://it.youtube.com/watch?v=Zers1ITPEYQ
Che dire, se non che Cj ha intenzione di organizzare un pellegrinaggio a Louth... anche se non sa che farne del rabarbaro.
Caramelle?
A proposito di Wyatt; curiosando tra i lavori di Pascal Comelade - uno dei must dell'amico J. per il 2007 - ha trovato una sua notevole cover con Wyatt di September Song (Kurt Weill). Peccato che sullo stesso album il bizzarro autore francese rifaccia con i suoi ormai celebri strumenti giocattolo (do you remember Daniel Johnston?) anche "L'italiano" di Toto Cutugno.
Come dire: confondere la cacca con il cioccolato.
venerdì 9 maggio 2008
FERRARA, 02
La mattina del Primo Maggio sorseggiamo un caffè nei pressi della Cattedrale mentre, sul sagrato, una banda di ottoni suona per noi Frank Sinatra; a pochi passi, un esercito minuscolo di bambine in divisa si prepara a calcare un palchetto improvvisato davanti al portale principale, tra le due possenti statue di leoni che tanto ricordano il nostro Duomo.
La mostra di Mirò un pò ci delude: c'è una grande calca, bisogna farsi spazio a fatica nelle sale piccole e anguste. Ci riposiamo nel cortile austero del Palazzo dei Diamanti; Agnese e Silvia si siedono in mezzo ai vialetti per giocare con la ghiaia.
Un genio ha dipinto degli scarabocchi con lo spray nero sulla vaschetta del cesso del museo, e poi ha firmato: Mirò. Solo gli esperti potranno dirci se è originale o è una bufala...
Troviamo posto al “Brindisi”, secondo il Guinness dei Primati l’enoteca più antica del mondo (sarà poi vero?): qui venivano a degustare i vini sapidi e sabbiosi della laguna l’Ariosto e il Tasso, persino Tiziano; al piano sopra, studiò Copernico. Io e Sandra (lo stesso fanno Achille e Cristina) ci dividiamo un menù turistico - caplaz alla zucca e la mitica e salatissima salama da sugo con purè - con un "rinforzino" di pasticcio di maccheroni al forno alla ferrarese. Nell’attesa dei succulenti piatti, divoriamo i cestini di pane ferrarese, un bigattone intrecciato con quattro punte, che lo scrittore Bacchelli (Il Mulino del Po? Boh…) ha definito il pane più buono del mondo.
E’ tutto “più qualcosa” del mondo, oggi…
Al Monastero di Sant'Antonio in Polesine, all’ombra di un glicine rigoglioso, il ciliegio secolare al centro della corte è piuttosto malconcio: di origine giapponese, è oggetto di venerazione da parte dei turisti nipponici. All'ingresso del complesso, regolamentato tramite un campanello, un'anziana suora di clausura ci accompagna nella visita agli affreschi della sala capitolare, di scuola giottiana. E' una donna assai minuta, e si muove leggera sulle sue grandi ciabatte di cuoio nero. L'aspetto è severo, quasi austero. Ripete la sua lezione in modo meccanico, con sguardo assente e con un tono metallico e monocorde; tuttavia, in alcuni momenti si scioglie e quasi emoziona, nel raccontarci la delicatezza e la sensibilità dell'ignoto pittore medievale nel tratteggiare i contorni del viso sereno di Cristo, mentre sale la scala che lo porterà sulla croce.
Nei dintorni della Certosa cinquecentesca, in pieno centro storico, è tutt'oggi funzionante un'azienda agricola che coltiva diversi ettari di terreno con metodi biologici: è una grande porzione di città che il Comune, nel secondo dopoguerra, ha acquistato allo scopo di evitarne l'edificazione.
Leggiamo che si tratta di un caso unico in tutta Europa.
E’ anche “più qualcosa” d’Europa, quindi.
In ogni caso, chapeau. Davvero.
Per non parlare dell'ormai celebre Parco delle Mura: un invidiabile anello di oltre sette chilometri di piste ciclabili (ci sono distributori di bici comunali ovunque, a Ferrara), sentieri pedonali, parchi giochi, immersi in una ricca vegetazione e con suggestive vedute sulla cinta fortificata: con le debite proporzioni, un po’ come il Ring di Vienna. All’orizzonte, in un ennesimo grande parco a pochi passi dal centro, vediamo volare gli aquiloni, che qui sono molto diffusi (esiste anche un festival, anche se non famoso come il Busker’s…), e tante partite di pallone.
giovedì 8 maggio 2008
martedì 6 maggio 2008
FERRARA, O1
Vorrei mettere giù qualche riga sul viaggio al delta del Po, ma non so da dove cominciare.
Per dirla alla Drugo, "ho molte idee in testa, un sacco di input e di output".
Arrivi a Ferrara con un sacco di stereotipi, a cui non si può sfuggire: la città delle biciclette, del parco delle mura, il primo esempio di urbanistica moderna ('500), la città di De Chirico e di Antonioni.
La prima sensazione che hai è quella di una città sonnecchiosa e tranquilla, un grande paesone immerso nella piattissima pianura padana, ma tutt'altro che spento.
Sul piano culturale e artistico, infatti, l'offerta è notevole: le grandi esposizioni internazionali di Palazzo dei Diamanti (Mirò, in questi giorni), la mostra del Garofalo (sarà l'ultima scoperta di Sgarbi, questo è da sempre un suo feudo), il Palio, il Museo d'arte moderna De Pisis, il Museo dell'Architettura.
Tuttavia, non riesci a cogliere del tutto la sua dimensione metafisica, che influenzò fortemente De Chirico.
Forse per via di queste giornate limpide, luminose.
Come un'altra città magica e letteraria, Praga, Ferrara andrebbe visitata in una serata uggiosa di tardo novembre: uscendo , vedresti emergere dalla fitta nebbia l'imponente mole del Castello Estense, e capiresti l'ispirazione per il capolavoro del grande maestro, "Le muse inquitetanti".
E ammireresti ancor più il fantastico gioco di luci ed ombre sulle 8.500 bugne del Palazzo dei Diamanti, l'edificio più celebre del Quadrivio degli Angeli, ovvero il baricentro dell'addizione rinascimentale ad opera dell'architetto Biagio Rossetti.
La prima sera ci accampiamo in un grande parcheggio asfaltato ai margini della città vecchia, a pochi metri dalle barche ormeggiate nel porto canale; quando arriviamo ci sono pochi camper, ma al nostro rientro ci troveremo letteralmente circondati da decine e decine di bisonti in vetroresina biancastra: pare di essere in un campo rom.
Per visitare la città, la bicicletta è certamente il mezzo migliore.
Allora saliamo in sella alle nostre citybike (equipaggi: Achille ed Alice sulla bibici, ammiratissima dai vicini di camper, Sandra e Agnese, Cristina e Silvia, Io) e ci dirigiamo verso piazza del Duomo, dove costeggiamo le botteghe tardomedievali, edificate senza soluzione di continuità, sul lato destro della Cattedrale. In fronte ad esse, campeggiano implacabili tre insegne di McDonalds...
Attraversiamo il cortile del municipio, dove si allenano coloratissimi gli sventolatori del Palio. Le vie strette e tortuose del reticolo medievale, nei pressi del ghetto, sono caratterizzate dalla successione di eleganti palazzotti in mattoni a vista, con archi in terracotta decorata e volte ribassate. Al posto delle persiane, tendoni di colore rosso mattone, posizionati anche dietro le inferriate del piano terra.
Rientriamo costeggiando la cinta murata. Tra i lecci e gli altissimi pioppi, stazionano malinconici le giostre e i calcinculo deserti di un lunapark decisamente poco frequentato.
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