- Gimmy il pedofilo uscì di casa ma quel mattino faceva brutto..., - cantò la sveglia del mio cellulare, dando così inizio all'avventura con questo nuovo gruppo denominato "Il Cartello". In effetti, avevo chiuso gli occhi solo due ore prima, dopo un'estenuante, ma divertente, nottata al Bar La Rocca, un luogo ameno situato nel cuore della piccola Rio, così come amo definire quel gioiellino di paese che è Caorso.
Non nego che un po' di emozione e curiosità alimentavano l'impazienza di iniziare questa zingarata. Ma c'era anche un velo di tristezza: l'amico Steve stava iniziando l'ultimo viaggio da single, dopodiche avrebbe spiegato le vele per un ben più duro viaggio, senza ritorno, che era il suo matrimonio.
Ma non era certamente tempo per nostalgie...
Una chiamata, proprio di Steve, annunciava l'arrivo dell'allegro torpedone. Poichè la mia casa è situata in un vicolo cieco e non conoscendo ancora l'incredibile abilità del pilota, decisi di andare all'incrocio con la strada principale ad attenderne l'arrivo. Puntuale come un orologio svizzero, vidi spuntare dalla curva un Ducato bianco, alla cui guida non riconobbi l'autista. Pensai che anche lui fosse un nuovo affiliato al Cartello...
Dopo avere caricato il bagaglio, tirai il portellone per salire e...
finalmente loro!!!
La prima cosa che notai fu uno di quei pupazzetti, tra l'altro enorme, molto kitsch, che si attaccano ai finestrini delle auto. Mentre cercavo con gli occhi la ventosa che lo teneva incollato al vetro, notai che mi sorrideva... Cazzo, non era un pupazzo.
Era Winnie!
Per scatenare subito l'ilarità generale, chiesi: - Ma è attaccato con la ventosa? Come terminai la frase, un brivido mi percorse la schiena: mi stavo introducendo in un gruppo consolidato e non sapevo quale reazione avrebbe potuto scatenare nel Cartello il fatto di prendermi gioco di un loro decennale membro. Non so dunque con quale incoscienza presi la decisione di fare questa battuta, ma andò bene. I ragazzi iniziarono a ridere.
Così salìi a bordo. Presi posto nella terza ed ultima fila, così come si confà all'ultimo arrivato. Non volevo dare l'impressione di essere un gradasso. Dovevo essere rispettoso del gruppo e, entrando in punta di piedi, conquistare pian piano la loro fiducia. Mi sistemai alla destra di Winnie, che nel frattempo era già ritornato pupazzo. Alla mia sinistra sedeva Paulette, il mio compagno di banco ai tempi del Liceo.
Già, il mio compagno di banco. Non nego che provai gioia e nostalgia nel ritrovarmelo accanto come venticinque anni fa.
Quello che mi colpiva di Paulette era, come da sempre, la sua straordinaria arguzia e intelligenza e la capacità di farti subito sentire parte del suo mondo, che, soprattutto negli ultimi anni era stato molto diverso dal mio.
Davanti a Paulette, sedeva il suo gemello, Joe, che io conoscevo da anni e con il quale avevo condiviso anche un'esperienza calcistica nelle giovanili del glorioso Roncaglia Football Club.
- E' sicuramente l'intellettuale del gruppo, - pensai. Lo si notava dal modo in cui guardava distratto al di là del finestrino, forse addirittura al di là dell'orizzonte. Notai che prendeva appunti su un' agenda tascabile, che in alcune delle prime pagine riportava anche una serie di schizzi e disegni, fatti a biro e di varia natura. Lo salutai. Mi rispose in maniera gentile, anche se un po' distratta... ma c'era da aspettarselo. Era in effetti un vero e proprio intellettuale.
Alla sua destra c'era il festeggiato, la scusa per intraprendere questa zingarata, insomma Steve.
Lo vedevo sempre molto volentieri. Era l'amico di sempre. Polemico, burlone, ma sempre grande amico.
Sembrava contento, sereno, nonostante il destino che lo avrebbe atteso di lì a qualche settimana. Nel vederlo così, fui contento per lui. Avevamo condiviso tante cose insieme, sia ai tempi del Liceo sia a quelli dell'Università e, nel tempo, eravamo diventati entrambi due quarantenni, forse immaturi, ma capaci di godersi la vita come due ragazzini. Avevamo anche trascorso una vacanza insieme, condividendo
una tenda canadese, sulle coste della Sardegna e sotto l'attenta guida del Pompelmo e della Mariarosa.
Accanto a Steve, sedeva Beddie, altro amico dei tempi del Liceo.
Sempre vestito con molta stile ed accuratezza nei particolari. Di lui avevo sempre invidiato al capacità di saper fare qualsiasi cosa con estrema classe. Un tipo molto intelligente, di poche parole, ma sempre molto puntuale, preciso e rigoroso nei suoi discorsi e dalle idee sempre molto chiare; una persona, insomma, che sarebbe stata in grado di emergere da una fogna con uno smoking bianco, ancora immacolato.
Notai, non nego con un piccolo piacere, che il tempo iniziava a lasciare su di lui qualche piccolo passaggio.
Ed infine la coppia, e che coppia!, nella cabina di guida.
Come dicevo prima, non conoscevo (o almeno così pensavo) l'autista. Subito l'allegra brigata lo battezzò "Il piccoletto" per contrapporlo a quell'altro che chiamavano Big, oppure "Il grosso". Il piccoletto vestiva con una t-shirt nera e un cappellino scuro. Era molto taciturno, ma sembrava sapere il fatto suo. Nonostante questa sua figura così tagliente, anche lui aveva abbozzato un timido sorriso, solo muovendo un angolo della bocca, alla battuta su Capitan Ventosa.
Accanto a lui, come dicevo prima, c'era Big.
Era un figuro con faccia un po' inquietante, di buona stazza, così come lasciava intuire il suo soprannome, Big appunto. Ci eravamo conosciuti all'epoca in cui frequentavo la casa dei gemelli CJ e Paulette e in giovane età avevamo incrociato gli scarpini su qualche campetto di periferia, quando deliziavo le folle con giocate sopraffini degne del migliore Cigno di Utecht.
Di lui, per citare Francescone Guccini in Amerigo "colpiva il cranio raso e un misterioso e strano suo apparecchio (il tom tom supertecnologico attaccato al parabrezza), un cinto d'ernia che sembrava un fondina per la pistola (il borsello di
tela che portava a tracolla)"
Bene, e così questa era l'allegra combriccola che si accingeva a raggiungere Monaco.
Mi fu chiesto di indicare la strada per uscire dal labirinto di fanciullesca memoria e raggiungere così la fatidica A21. Poco dopo Big intravide i cartelli stradali verdi e chiese: - E' lì che si prende l'autostrada?
- Sì, - risposi, - ma poi riportatecela, perchè a Caorso ci serve...
Ci fu qualche secondo di gelo, e poi scattò l'ilarità generale.
- Sarà un viaggio lunghissimo, - disse Steve con sarcasmo, riferendosi alla mia battuta.
Notai che anche il truce Piccoletto stava sghignazzando, mentre Winnie continuava a penzolare dalla sua ventosa, che era ormai diventata il suo cordone ombelicale. Io pensai: - E' fatta! Mi hanno accettato come uno di loro.
Il viaggio procedeva a vele spiegate. Dopo un infinito tragitto di 21 (ventuno) Km la prima sosta. Paulette intonò a Piccoletto un coro che diceva: - Autista, autista dal cuore gentil... Autogrill, Autogrill.
Anche un duro come il piccoletto non avrebbe potuto resistere ad una richiesta
tanto accorata. E così ci fermammo all'area di Servizio dell'odiata Cremona. Scendendo le suole delle scarpe si attaccavano all'asfalto, ma non per il calore dello stesso, ma per i quintali di mostarda che ricoprono le strade della città lombarda. - Più che Cremona io la chiamerei Mostardona, - pensai, ma non dissi niente ai ragazzi per non esagerare.
Dopo la colazione, decisi che era venuto il momento di presentarmi al piccoletto. Come ogni buon autista era girato di spalle, con la testa infilata nella parte posteriore del pulmino, intento a sistemare il bagagli per ottimizzare gli spazi. Mi avvicinai con un pò di timore.
- Scusa, - dissi: - Vorrei presentarmi...
Lui si girò lentamente, sbuffando qualcosa che non capìi. Ma era il Gallo, anche detto Galletto Bubù!!! Sì, conoscevo anche lui. Avevamo fatto qualche uscita in compagnia dopo le partite di calcetto con Big, i twins e Steve... Mi sorrise. Ci abbracciammo. Stava per scattare il giro di lingua, ma la voce di Big ci interruppe, seccamente e perentoriamente:
- Allora banda di froci, andiamo o volete passare tutto il giorno in questa città di merda?
Non si poteva contaddirlo, anche perchè non aveva poi tutti i torti. Ma ci sarebbe stato modo in seguito di vendicarci ampiamente del suo saccente dispotismo nerazzurro. Il piccoletto mise in moto, inserì la prima marcia, emise un sonoro rutto, e bestemmiò con un altrettanto sonoro Por*****.
Erano le sue prime parole.
Che emozione!
- Monaco stiamo arrivando, - pensai.
E ripartimmo.
(Willie)
6 commenti:
così mi fai commuovere e soprattutto si capisce che ci inculavamo già ai tempi del liceo...
Eh, quante ne sai... Le buone abitudini sono dure a morire
che due froci.....
La tua ignoranza e soprattutto la tua invidia scivolano sui binari della mia indifferenza
citazione colta, sei il numero due...
Ah, lo sai, vecchio?
Posta un commento