mercoledì 11 giugno 2008

MUNICH BLUES, 01

Abbandonammo il furgone in mezzo al piazzale deserto, dopo aver inghiottito la corsia di ingresso all'Autogrill con una brusca decelerazione.
L’autista, che per la verità non doveva essere propriamente a digiuno di alcol, sembrava infatti infischiarsene del perdurante maltempo e del traffico, e procedeva a velocità sostenuta. Il suo stile di guida, sporco ed epilettico, era fatto di improvvise accelerazioni e di altrettante frenate.
Dopo un iniziale disorientamento, scendemmo a terra per sgranchirci un poco le gambe, indolenzite dal lungo viaggio.
Feci due passi in una direzione qualsiasi, facendomi largo tra lattine di birra vuote e sacchetti di plastica.
Tutto intorno, dal cemento saliva un terribile puzzo di piscio.
Ancora non era mattina, e già l’aria non la potevi respirare.

Gli autisti ci avevano intimato di non allontanarci troppo. Non volevano rischiare di perdere troppo tempo, malgrado stessimo rispettando la tabellina di marcia. Non capivo i motivi di tutta questa fretta. Ci tenevano d'occhio con le spalle appoggiate alla portiera, mentre fumavano nervosamente una sigaretta dopo l'altra.
- Tra dieci minuti noi ripartiamo, - avevano intimato, - Chi c'è, c'è. Chi non c'è, non c'è.
Giusto il tempo per un'orinata e berci un ultimo espresso decente. Tra pochi minuti avremmo varcato la frontiera, e quindi ci aspettavano quelle orrende tazzone di sbrodazza marrone che i crucchi si ostinano a chiamare Kafè.

Il viaggio procedeva tutto sommato bene.
Il cartello si era radunato poco prima dell'alba e, approfittando dell'incredibile puntualità di Winnie - sulla quale nessuno di noi avrebbe scommesso un centesimo - era partito in perfetto orario. Unica sosta a Caorso, dove era stato caricato Willy, l'uomo nuovo del Cartello, un improbabile informatore farmaceutico dotato di un umorismo sopraffino. Malgrado l'estrema vicinanza di casa sua dai depositi di barre di uranio impoverito, sembrava un tipo a posto: potrebbe non averne risentito poi così tanto.

L'Europcar ci aveva assegnato un Ducato 2500 Turbo Diesel, motore abbastanza brillante, specchietto destro distrutto, con dei fottuti finestrini laterali con una strana apertura scorrevole.
L'abitacolo anteriore era fisicamente separato dai due divani a tre posti destinati all'equipaggio, mediante alti sedili con relativi appoggiatesta.

Nel pacchetto del noleggio era stranamente compresa un'alquanto bizzarra coppia di autisti.
Strano davvero, perchè nessuno del Cartello si ricordava di averne fatto esplicita richiesta.
C'era un tipo grande e grosso - che d'ora in poi per semplicità chiameremo: il grosso - che aveva i compiti del navigatore. Era rasato a zero e aveva grandi orecchie. Appena salito sul furgone, aveva dato inizio a uno strano cerimoniale, una sorta di rito arcaico, applicando al parabrezza un'interminabile sequenza di ventose per reggere il suo Tom Tom (: forse erano i loro veri nomi: Tom 1 e Tom 2). In pratica, il suo diabolico aggeggio copriva la gran parte della superficie vetrata, limitando paurosamente la visibilità. Aveva dietro anche un pc, a suo dire di notevole utilità nel proseguio del viaggio.
L'altro era invece un piccoletto - che quindi d'ora in poi chiameremo: il piccoletto - scattante e nervoso, che aveva il solo compito di guidare. Era un tipo assai taciturno. Tutte le volte che apriva la bocca, lo faceva per bestemmiare. Era un Anticristo, cazzo. Roba da far impallidire il Luc*** dei tempi d'oro.
Poco male: il Cartello non si distingueva certo per un linguaggio sobrio e morigerato. Verso il Brennero, infatti, Paulette ci aveva letto un sms di Tommi: "Auguro un buon viaggio ma soprattutto un caloroso Por***** a tutto il Cartello".
In ogni caso, era facile stabilire la gerarchia tra i due.
Era il grosso a comandare: il piccoletto era chiaramente ai suoi ordini. Tutte le volte che, a loro insindacabile giudizio, ne indovinavano una - che so: deviavano sulla corsia più veloce, oppure uscivano dall'autostrada per evitare una coda per lavori in corso, ecc... - se la davano da intendere con gesti inequivocabili.

- Il grosso rompe un pò il cazzo, ma il piccoletto non è male, - dissi io rivolto al resto dell'equipaggio.
Qualcuno annuì.
Sul sedile posteriore dormivano quasi tutti.
Viaggiavamo su un'autostrada deserta, facendo girare ripetutamente il nastro di Moby.

- Secondo me sono due froci., - fece Steve, colpendomi all’addome con il gomito destro.
Aveva il difetto di metterti le mani addosso tutte le volte che ti rivolgeva la parola. Era anche un vizio di mia madre, che avevo sempre mal sopportato. Mi veniva vicino, mi prendeva un braccio, lo stringeva con forza e, quando ormai io mi immaginavo dovesse rivelarmi chissà quale segreto, mi diceva cose del tipo: cerca di fare piano nel chiudere le persiane, quando vai a riposare. Oppure: ricordati di mettere la canottiera di lana.
- Ma dai..., - risposi in modo stringato. Avevo un alito pestilenziale, infatti.
- Te lo dico io.
- Cosa te lo fa pensare?
- Non so… è che ho una specie di sesto senso per queste cose..., - disse lui guardando in aria come per pensare chissà cosa.
- Sesto senso?
- Ti dirò di più: si accoppiano tra loro.
- Adesso stai esagerando.
- Sìssignore, - confermò lui, dandomi ancora di gomito. - Già me li vedo, accoppiarsi furiosamente nel buio della loro cameretta di motel con la tappezzeria color rosa antico, con la tv accesa su un qualche canale a luci rosse...

Decisi di non dargli più retta. Non volevo che mi toccasse più, e dunque mi accucciai contro il finestrino, fissando il ciglio della strada, là fuori. In lontananza, tra i boschi di conifere, si riuscivano a intravvedere le vette ancora innevate delle montagne. Poco distante, in splendida solitudine, si stagliava una baita abbandonata dai muri diroccati e il tetto crollato.

- Sìssignore, - aveva ripetuto lui dopo diversi minuti di silenzio. - Si inculano.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"CJ writes in straight-ahead, unadorned prose and, refreshingly, he refrains from excessive psychologizing and sentimentalizing.. a rough on-the-road memory by a rough on-the-road man."
-The New York Times Book Review

"In this piquaresque, humorous yet somehow melancholic excursion from Piacenza to Munich and back, CJ serves as both participant and witness to the strangest and most blasphemous carnival of souls... a thought-provoking and richly re-created tale of friends celebrating the end of young madness.."
-Publishers Weekly

Steve ha detto...

si si...
cùlatòn!

Gbattm ha detto...

Cj è lusingato per l'ampio risalto ottenuto sulla stampa internazionale, anche se per la verità si trova un pò in difficoltà per la traduzione...