
mercoledì 27 febbraio 2008
LA MOLESKINE® DI SPAGNA - 01
venerdì 22 febbraio 2008
COLLEGHI CHE STIMO (02) - RENZO PIANO

Che l'architetto genovese fosse era un grande era noto, ma sentite un pò cosa è successo a qull'uomo betoniera (è una sua autodefinizione) che è Maurizio Milani.
Lo scrive lui nel suo folle libro "Del perchè l'economia africana non è mai decollata", gentile dono natalizio di Giallu e Silvia.
Renzo Piano ieri è venuto al bar dove vado a bere una menta.
Gli ho detto: "Architettone! Ho lo scaldabagno in casa che è fuori norma, può interessarsi lei al problema?"
Lui: "Andiamo a vedere".
Pensavo che ci volesse l'appuntamento da prendere anni prima per parlare con lui, invece è venuto subito.
Renzo Piano: "Qui bisogna mettere lo scaldabagno sul balcone. Lei è un uomo che sta delle ore nella vasca con l'acqua calda che va. Qualche volta si addormenta e quando si sveglia è come uno scemo."
Io: "Architetto come fa a saperlo?"
Lui: "Si vede dalla conformazione della testa. Comunque per adesso le firmo io un permesso che può andare avanti a fare il bagno in condizioni di pericolo. Entro fine anno faccia venire un muratore e poi un idraulico che le installi la caldaia sul balcone".
Io: "Allora architetto se succede qualcosa la responsabilità è sua":
Lui: "Sì".
"Anche se scivolo nella vasca?"
"Prendo la responsbilità su tutto! Anche se salta giù dal camino dal tetto".
"Dottore la ringrazio, ma come mai si prende tutte queste responsabilità senza motivo?"
Renzo Piano: "Se non ho la preoccupazione che qualche manufatto costruito da me possa crollare non dormo bene la notte. Più pensieri fissi ho più mangio bene e dormo bene".
Io: "Complimenti e in bocca al lupo. A proposito architetto, si prende lei la responsabilità se il gorilla dello zoo di Anversa afferra una persona tra le sbarre e non la molla?"
Renzo Piano: "Ok".
martedì 19 febbraio 2008

Caro Big, così non vale.
E' troppo facile sbattere le poppe della Johansson sul blog, mi sembra concorrenza sleale.
Mi viene un'idea: perchè non ispirarci alla guerra di copertine che inscenarono Panorama e L'Espresso negli anni Ottanta per risollevarsi dalla crisi di vendite (il malcostume adesso è meno diffuso). Ricordo che il mitico Cuore (ah..., i bei tempi andati) aveva persino una rubrica con il borsino: ogni settimana aggiornava il numero dei culi e delle tette presenti sui settimanali (trionfò Panorama, ultimo l'Europeo, ndr).
Si sarebbe potuto ribattere con le ormai inflazionate immagini tratte da Caos calmo, così, tanto per fare incazzare un pò Ruini.
A proposito, qualcuno l'ha visto? Il film, intendo, non il cardinale.
Alla fine, quando si parla così tanto di un film, passa la voglia di andarlo a vedere.
E poi sono reduce dalla visione di Saturno contro, questo mese in heavy rotation su Sky Cinema. La regia di Ozpetek è raffinata, certo, ma il film, mi pare, è l'ennesimo ritratto minimalista di un gruppo di trentenni-quarantenni di fine millennio.
Mi sembra che il processo di Muccinizzazione del cinema italiano, purtroppo, sia ormai in fase avanzatissima.
C'è addirittura Accorsi in crisi coniugale!
(Walter, tu che hai inventato le vhs collegate ai giornali e che hai proposto di togliere gli spot dai film, nel primo consiglio dei ministri - anzichè occuparti di Ici e balle varie - fai una cosa seria: vieta per decreto i film con Accorsi in crisi coniugale)
Hai voglia a dire: l'introspezione dei personaggi, la leggerezza dei dialoghi, le ambientazioni radical chic...
Ma la trama?
Esiste, una trama?
Mah...
Cj propone un antidoto: lunedi' prossimo proiezione collettiva del nuovo dei grandi fratelli Coen.
Fate uscire il Drugo che c'è in voi...
Chi c'é?
mercoledì 13 febbraio 2008
BOMB BOMB IRAN, BY BEACH BOYS

Proprio oggi fratello Jr ci ha inviato il link per il video di Yes We Can:
Stasera sul blog di Luca Sofri (http://www.wittgenstein.it/) mi sono imbattuto nella sua parodia, ispirata invece a McCain:
Da vedere tutti e due.
domenica 10 febbraio 2008
Jack
Segnalo agli amici del P.P.D., nel caso avessero perso l'Almanacco dei libri di Repubblica di ieri, l'incipit dell'ultimo romanzo della trilogia di "Drive-In" di Landsdale.
Ora, io sono un grande estimatore di quel grande bastardo che è Joe, ma a giudicare da queste poche righe ho il sospetto che abbia calcato un pò la mano... di certo ha cambiato ancora pusher...
Tutti loro vivevano nel grande drive-in Orbit, sotto un buco nel cielo popolato di ombre. Una volta il buco si contrasse come uno sfintere e cagò una melma scura e appiccicosa.
Che puzzava.
E si attaccava ai piedi.
Qualcuno credette che fosse commestibile, perchè una volta erano piovute mandorle ricoperte di cioccolato e cose simili, ma quella poltiglia non c'entrava niente con le mandorle al cioccolato. Assolutamente niente. Quelli che la mangiarono si portarono le mani al ventre e morirono urlando.
Per un pezzo i loro corpi restarono accatastati accanto al recinto del drive-in, pronti per il trasporto. E furono trasportati, infatti , ma non lontano.
(Ne parleremo dopo).
La roba melmosa, la merda di Dio, fu finalmente spalata via con grandi badili improvvisati ricavati da cofani di automobili, e fu depositata contro il recinto per rinforzarlo. La cosa funzionò: la melma si indurì come cemento, e quando se ne aggiungeva della fresca si attaccava bene sopra l'altra. Così la parete si alzava.
Ma torniamo al cielo.
Coloro che ci vivevano sotto lo chiamavano il buco del culo di Dio. O meglio, Jack lo chiamava così, e la definizione prese piede.
Jack era l'uomo di punta. Il leader di tutto il drive-in, baby. Come tutti gli altri, non era invecchiato neppure di un giorno durante il tempo trascorso lì. Almeno fisicamente. Dal punto di vista emozionale e mentale, be', era una specie di relitto. La sua mente aveva bisogno di un bastone per camminare. Le sue emozioni di un girello a ruote.
Ma era diventato l'uomo di punta.
Jack, l'uomo del drive-in.
sabato 9 febbraio 2008
Io può
A voler vedere bene, molto prima di Obama ci era arrivato Spillo Altobelli, uno dei più raffinati intellettuali che il nostro paese ha conosciuto nel dopoguerra: "C'è chi può e chi non può: io può" (secondo alcune versioni - ancora più divertenti - avrebbe addirittura detto: io, modestamente, può"
Al di là della primogenia sullo slogan, il fatto è che anche Walter nostro ha fatto suo l'ormai celebre "Yes, We Can", coniando invero un più italiota "Si può fare" (pezzo trascurabile della Premiata Forneria Marconi, se non ricordo male, ma Walter ha scelto "Mi fido di te" di Lorenzo)
Ovvero, possiamo vincere anche da soli.
La scelta coraggiosa del Walter, bisogna ammetterlo, ha spiazzato un pò tutti.
Avversari e alleati (o ex).
Ha sicuramente sparigliato le carte in campo avversario, costringendo il Cavaliere Banana a rincorrere (finalmente!) e a metter su in pochi giorni un improbabile megalistone con dentro tutti, dalla Mussolini a Dini, da Gasparri a Rotondi, da De Gregorio a Mastella, costringendo Fini ad ammainare le sue bandiere senza nemmeno consultare la sua base (chissà cosa ne pensano...). E ha riaperto di fatto un solco con l'Udc: vedremo cosa farà da grande Casini.
Ha anche rianimato - quando in molti ormai avevano perso ogni speranza - un centrosinistra che versava in stato comatoso, fisicamente e psicologicamente provati da un calvario durato oltre 20 mesi.
Perchè, siamo sinceri, agli elettori mica si poteva raccontare la favoletta che è stata tutta colpa di quei pochi, Mastella e Dini, che alla fine hanno staccato la spina a Prodi (peraltro da tempo attaccato a una macchina per la respirazione artificiale).
Perchè non gli si poteva certo riproporre la solita alleanza ampia ed eterogenea, in cui nessuno è sostanzialmente d'accordo su nulla, con il solito programma di 300 pagine che contiene tutto e il contrario di tutto.
Dunque serviva una svolta, un'accelerazione.
Al di là della primogenia sullo slogan, il fatto è che anche Walter nostro ha fatto suo l'ormai celebre "Yes, We Can", coniando invero un più italiota "Si può fare" (pezzo trascurabile della Premiata Forneria Marconi, se non ricordo male, ma Walter ha scelto "Mi fido di te" di Lorenzo)
Ovvero, possiamo vincere anche da soli.
La scelta coraggiosa del Walter, bisogna ammetterlo, ha spiazzato un pò tutti.
Avversari e alleati (o ex).
Ha sicuramente sparigliato le carte in campo avversario, costringendo il Cavaliere Banana a rincorrere (finalmente!) e a metter su in pochi giorni un improbabile megalistone con dentro tutti, dalla Mussolini a Dini, da Gasparri a Rotondi, da De Gregorio a Mastella, costringendo Fini ad ammainare le sue bandiere senza nemmeno consultare la sua base (chissà cosa ne pensano...). E ha riaperto di fatto un solco con l'Udc: vedremo cosa farà da grande Casini.
Ha anche rianimato - quando in molti ormai avevano perso ogni speranza - un centrosinistra che versava in stato comatoso, fisicamente e psicologicamente provati da un calvario durato oltre 20 mesi.
Perchè, siamo sinceri, agli elettori mica si poteva raccontare la favoletta che è stata tutta colpa di quei pochi, Mastella e Dini, che alla fine hanno staccato la spina a Prodi (peraltro da tempo attaccato a una macchina per la respirazione artificiale).
Perchè non gli si poteva certo riproporre la solita alleanza ampia ed eterogenea, in cui nessuno è sostanzialmente d'accordo su nulla, con il solito programma di 300 pagine che contiene tutto e il contrario di tutto.
Dunque serviva una svolta, un'accelerazione.
E secondo me, se lo si analizza, è un rischio ben calcolato.
Con la riproposizione del film già visto, si profilerebbero infatti due possibili scenari. In caso di sconfitta, si aprirebbero gli ennesimi processi e rischieremmo di bruciare anche Veltroni, l'unico che oggi può fare la differenza (lo dicono tutti i sondaggi). In caso di vittoria (assai inverosimile per la verità: difficile che gli elettori possano premiarci dopo gli ultimi avvenimenti) non si riuscirebbe, a mio giudizio, come al solito a combinare nulla e ci si avvierebbe verso il consueto travaglio, con governi traballanti che cadono, si rialzano, magari con dei ribaltoni o dei ribaltini, oppure dei governi bis, o dei tecnici, e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo ci costa assai. Non è un processo indolore.
E' chiaro, io stesso ho il cuore diviso a metà, non posso certo ritenermi soddisfatto dell'ennesima divisione a sinistra.
Però quello che abbiamo davanti, la nostra storia recente, è un clamoroso fallimento.
Su tutta la linea. Dobbiamo ammetterlo, senza indugi.
Essere contro Berlusconi non è sufficiente. Non basta, o almeno non basta più.
Oggi è necessario fare anche proposte chiare e concrete (ne bastano poche) per un paese in declino, forse inesorabile. Imporre una svolta radicale e un ricambio generazionale. Abbandonando tatticismi esasperati e buttando in campo un pò di coraggio e di sfrontatezza.
Allora, avanti Walter.Con la riproposizione del film già visto, si profilerebbero infatti due possibili scenari. In caso di sconfitta, si aprirebbero gli ennesimi processi e rischieremmo di bruciare anche Veltroni, l'unico che oggi può fare la differenza (lo dicono tutti i sondaggi). In caso di vittoria (assai inverosimile per la verità: difficile che gli elettori possano premiarci dopo gli ultimi avvenimenti) non si riuscirebbe, a mio giudizio, come al solito a combinare nulla e ci si avvierebbe verso il consueto travaglio, con governi traballanti che cadono, si rialzano, magari con dei ribaltoni o dei ribaltini, oppure dei governi bis, o dei tecnici, e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo ci costa assai. Non è un processo indolore.
E' chiaro, io stesso ho il cuore diviso a metà, non posso certo ritenermi soddisfatto dell'ennesima divisione a sinistra.
Però quello che abbiamo davanti, la nostra storia recente, è un clamoroso fallimento.
Su tutta la linea. Dobbiamo ammetterlo, senza indugi.
Essere contro Berlusconi non è sufficiente. Non basta, o almeno non basta più.
Oggi è necessario fare anche proposte chiare e concrete (ne bastano poche) per un paese in declino, forse inesorabile. Imporre una svolta radicale e un ricambio generazionale. Abbandonando tatticismi esasperati e buttando in campo un pò di coraggio e di sfrontatezza.
Bene così.
Probabilmente non si vincerà, ma almeno si cadrà in piedi.
4 stagioni
SOLSTIZIO D'ESTATE
Estate sposa, sei giunta all`inizio
orgogliosa del tuo caro Solstizio;
la situazione lui prende in pugno
in questo afoso fine di Giugno.
Il tuo vestito bianco prepara
con la giornata dell`anno piu` chiara
luce e calore son pizzi e ricami
la moda ha sempre eleganti dettami
e questo battesimo di Sole radioso
qualsiasi ansia mette a riposo;
feste in spiaggia, ombrelloni e sdrai
per esorcizzare i nostri guai.
EQUINOZIO D'AUTUNNO
Ritorna a scuola il giovane alunno
ritorna la legge dell`Autunno
coi suoi tramonti sempre piu` anticipati
e i suoi rovesci che bagnano i prati
e mentre il ricordo dei giorni piu` lunghi
cede il passo al vento ed ai funghi
colori forti assumon le foglie
prima di lasciare le piante spoglie.
E` come un attimo di riflessione
in questo mondo che e` un polverone
se va veloce, senza mai sosta
c`e` tempo per una caldarrosta.
SOLSTIZIO D'INVERNO
Inverno neonato dove mi conduci ?
nelle vie del centro con le mille luci
intermittenti ma sempre accese
e poi i negozi, la gente, le spese...
Il tuo inizio e` proprio col botto
ma poi prosegui con freddo e cappotto
la tua frenesia ha ceduto il passo
ora sei calmo, non sei piu` gradasso
i rami spogli come nude braccia
mentre di notte la strada ghiaccia;
sei piu` tranquillo, cosi` mi piaci
riscalda il camino fino alle braci.
EQUINOZIO DI PRIMAVERA
Comincio a sperare buone nuove
fuori fa il sole ma a volte piove
ma mentre l`Inverno fa le valigie
la mia mente gia` si dirige
verso lidi piu` soleggiati
che anticipano calde Estati
sperando in giorni costruttivi
di dialoghi e sentimenti positivi
lei e` una Donna, solare sorriso
ma se vuole amarmi, non ha ancora deciso
sara` una fata o una chimera ?
resto ottimista: lei e` Primavera.
Il Cesco
Estate sposa, sei giunta all`inizio
orgogliosa del tuo caro Solstizio;
la situazione lui prende in pugno
in questo afoso fine di Giugno.
Il tuo vestito bianco prepara
con la giornata dell`anno piu` chiara
luce e calore son pizzi e ricami
la moda ha sempre eleganti dettami
e questo battesimo di Sole radioso
qualsiasi ansia mette a riposo;
feste in spiaggia, ombrelloni e sdrai
per esorcizzare i nostri guai.
EQUINOZIO D'AUTUNNO
Ritorna a scuola il giovane alunno
ritorna la legge dell`Autunno
coi suoi tramonti sempre piu` anticipati
e i suoi rovesci che bagnano i prati
e mentre il ricordo dei giorni piu` lunghi
cede il passo al vento ed ai funghi
colori forti assumon le foglie
prima di lasciare le piante spoglie.
E` come un attimo di riflessione
in questo mondo che e` un polverone
se va veloce, senza mai sosta
c`e` tempo per una caldarrosta.
SOLSTIZIO D'INVERNO
Inverno neonato dove mi conduci ?
nelle vie del centro con le mille luci
intermittenti ma sempre accese
e poi i negozi, la gente, le spese...
Il tuo inizio e` proprio col botto
ma poi prosegui con freddo e cappotto
la tua frenesia ha ceduto il passo
ora sei calmo, non sei piu` gradasso
i rami spogli come nude braccia
mentre di notte la strada ghiaccia;
sei piu` tranquillo, cosi` mi piaci
riscalda il camino fino alle braci.
EQUINOZIO DI PRIMAVERA
Comincio a sperare buone nuove
fuori fa il sole ma a volte piove
ma mentre l`Inverno fa le valigie
la mia mente gia` si dirige
verso lidi piu` soleggiati
che anticipano calde Estati
sperando in giorni costruttivi
di dialoghi e sentimenti positivi
lei e` una Donna, solare sorriso
ma se vuole amarmi, non ha ancora deciso
sara` una fata o una chimera ?
resto ottimista: lei e` Primavera.
Il Cesco
venerdì 8 febbraio 2008
THE ULTIMATE D.J. PAULETTE 2007 COMPILATION

"The ultimate Dj Paulette 2007 compilation: night side and day side"
NIGHT SIDE:
All I need - Radiohead
Fake empire - The National
Put your head towards the air - Editors
Chain of flowers - Grindermen
Society - Eddie Vedder
Bloodstream - Stateless
The saddest sound - Devastations
Interventation - Arcade Fire
On and on and on - Wilco
Dear darkness - PJ Harvey
Pioneers to the falls - Interpol
Nude - Radiohead
Long nights - Eddie Vedder
To build a home - The Cinematic orchestra
The hardest ship of the world - Karen Ann
Just as you are - Robert Wyatt
Vortex - Grinderman
Enchanted - Patrick Wolf
Title track - Okkervill River
DAY SIDE:
Smokers outside the ospital door - Editors
Delivery -Babyshambles
Fluorescent adolescent - Arctic Monkeys
The Heinrich manouver - Interpol
Elephant gun - Beirut
Ruby - Kaiserchiefs
Little Cream Soda -White Stripes
Rythm and soul - Spoon
Tick tick boom - The Hives
The prayer - Bloc Party
Nag nag nag nag nag - Art Brut
Unless it's kicks - Okkervil River
Gloden skank - Klaxons
Suburban nights - Hard Fi
Chelsea Dagger - Fratellis
American X -Black Rebel Motorcycle Club
Crumble - Dinosaur Jr
If you were there, beware - Arctic Monkeys
Agaetis biryun - Sigur Ros
lunedì 4 febbraio 2008
domenica 3 febbraio 2008
Unità di crisi, part two

Mentre al Bellavita impazzava la festa di Carnevale agli ordini di Dj Paulette e Dj Lukka, l'Unità di Crisi si è riunita a casa di Big.
Presenti Cj, Big, Steve e le rispettive compagne.
Acclarato che il tentativo di Marini era destinato a fallire miseramente, l'Unità dio ha cercato di elaborare le strategie per evitare, di quì a qualche mese, un'assai probabile disfatta.
Davanti alla superba fajolada e al platano fritto di Liz (bella serata, big...) sono state avanzate diverse ipotesi. Scartata la possibilità che il Cavalier Banana venga raggiunto dall'ennesimo avviso di garanzia - è una strada che in passato ci ha già dato tante soddisfazioni, ma che ora non è più percorribile - proviamo qui a riassumere le varie proposte.
1. SENATORI A VITA: Non risultano esserci limiti al numero dei senatori a vita. Napolitano potrebbe dunque, già la prossima settimana, procedere alla nomina di un buon numero di nuovi senatori, lo stretto necessario per riottenere la maggioranza. Qualche nome: Umberto Eco, Nanni Moretti, Francesco De Gregori, Tina Anselmi, Michele Serra, Cristiano Lucarelli, Pietro Ingrao, Renzo Foa.
2. RAPIRE LA VECCHIA: Il Berlusca non vuole le larghe intese? E noi, come Fantozzi dopo aver battuto il grande capo a biliardo (nel Secondo tragico, se non sbaglio: Cesco correggimi), rapiamo la vecchia troia e lo ricattiamo. (Ndr: notizia dell'ultima ora, anche questa strada non + più percorribile...)
3. IL GOVERNO DELLA PATATA: A Fini e Casini sembra che non dispiaccia la patata. E tanti altri del centodestra sembrano non disdegnare la compagnia occasionale di attricette, soubrette e veline. Bene: si proponga un governo a tempo, con un programma minimo basato sulla valorizzazione della patata stessa, i numeri si troverebbero senza problemi.
4. OBAMA INSEGNA: Estendere da subito il diritto a stranieri, extracomunitari, con permesso di soggiorno e abusivi, per poi presentare una serie di candidati radicati sul territorio: un egiziano a Milano, un Rumeno a Roma, uno slavo a Piacenza, un senegalese a Napoli, ecc... Candidato premier: Nino La Rocca o SuperMario Balotelli.
5. SECESSIONE: Dopo i tanti proclama di Bossi e tutte le puttanate sulla Padania, è ora che anche l'Etruria alzi la testa: Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Alto Lazio dichiarino la secessione, e poi vediamo chi vince le elezioni nel nuovo soggetto...
6. LEGGE TV: Varare in fretta una nuova legge - assai equilibrata - sulle tv: abolizione di Rai3, Rai2 solo sul satellite, annessione del Tg1 a Mediaset, che si accaparrerebbe anche Sanremo, il Giro d'Italia, la Serie A e cazzi annessi. Silvio si ricrederebbe...
7. CAPITALE A CEPPALONI: Spostare la capitale da Roma sino alla ridente cittadina campana potrebbe essere un'operazione costosa, ma ci sarebbe un ritorno in termini di consenso ad un nuovo governo che tiri a campare qualche mese.
8. I BAMBINI SONO DI SINISTRA? "I bambini sono di sinistra perché si fanno fregare quasi sempre. Ti guardano, cacci delle balle vergognose e loro le bevono, tutti contenti." Così diceva Claudio Bisio. Sarà vero? Tanto vale provarci, garantendo da subito il voto a tutti, senza distinzione di età. Problemi con il Vaticano: la Cei ha subito chiesto di estendere tale provvediamento anche ai feti e agli embrioni con almeno quattro settimane di vita...
9. MANDATO ESPLORATIVO A RAZINGER: potrebbe avere più chance di Marini. Nel programma: abolizione della scuola pubblica, ripristino del latino, proclamazione dell'indipendenza dello Stato Vaticano (il Lazio, più o meno), annessione dei territori di Avignone, esclusione dai programmi scolastici dell'illuminismo, delle teorie di Darwin e di Galileo, lui e tutte le sue balle sul fatto che la terra non è piatta...
10. RICAMBIO GENERAZIONALE: Beh, se proprio si deve andare a votare subito allora proponiamo un ricambio drastico: 50% dei candidati donne, 33% sotto i 40 anni, a casa chi è già stato 2 legislature in parlamento, a casa chi è inquisito, niente parenti dei leader, qualche operaio e non solo avvocati, pochi ministri di cui la metà donne, al massimo una trentina di sottosegretari...
Beh, ma quest'ultima sembra proprio pura utopia...
venerdì 1 febbraio 2008
NY 13, TIMES SQUARE
Cj è spaesato.
Si muove lentamente sul marciapiede, nella vana speranza di trovare un angolo nel quale è possibile fermarsi un istante, senza rischiare di essere risucchiati dalla corrente.
La folla che scivola tutto intorno è uno spaccato rivelatore della varietà umana.
Fa freddo, ed è calato il buio.
L'appuntamento con Paulette, Steve e Winnie è stato fissato per le 21. Si va a mangiare qualcosa insieme all'Hard Rock Cafe'.
Nell'attesa, Cj osserva ammutolito lo spettacolo abbacinante delle insegne al neon sui grattacieli di fronte a lui, un caleidoscopio di luci e di colori che variano di continuo.
Sulla Settima Avenue, in particolare, incombe un'installazione del Nasdaq, ovvero una bandiera a stelle e strisce di dimensioni colossali che domina il paesaggio.
"Fuck", pensa Cj, "i soliti nazionalisti."
Al suo fianco, un enorme monitor a cristalli liquidi proietta le principali notizie economiche e persino le quotazioni della borsa.
"Perfetto per la Giulia!", dice tra sè.
Sulla 42esima, il traffico non conosce sosta. Una fila interminabile di taxi e di bus procede a passo costante. Attraversare la strada potrebbe essere davvero un'impresa.
Il flusso sensuale di dati al neon scorre ininterrotto, ovunque Cj volga lo sguardo. Un'anarchia selvaggia di segni e di simboli: LG, Toys, Philips, Swatch, Doc News, JVC, Reuter, Panasonic...
Cous cous
La scorsa settimana siamo andati a vedere Cous Cous.
Ce ne avevano parlato gli amici, e le critiche erano state assai positive.
(Un film di Abdel Kechiche. Con Habib Boufares, Hafsia Herzi, Faridah Benkhetache, Abdelhamid Aktouche, Bouraouïa Marzouk, Alice Houri. Genere Drammatico, colore 151 minuti. - Produzione Francia 2007. - Distribuzione Lucky Red.
Beiji, 6o anni, lavora alla riparazione delle imbarcazioni nel porto di Sète, vicino a Marsiglia. Poco disposto alla flessibilità che la nuova organizzazione impone, viene licenziato. Beiji è divorziato e ha una nuova compagna ma non ha perso i contatti con la famiglia. Ora l'uomo vuole realizzare un sogno: ristrutturare una vecchia imbarcazione e trasformarla in un ristorante in cui proporre come piatto forte il cous cous al pesce. Nonostante le difficoltà economiche Beiji trova l'aiuto di tutti i familiari e l'impresa pare destinata al successo.)
Mi trovo in difficoltà a dare un giudizio.
All'uscita dal cinema, io e Sandy eravamo d'accordo nel sentirci delusi.
Io, tra le altre cose, mi ero addormentato un paio di volte nel bel mezzo della proiezione.
Il problema è che Cous Cous è troppo lungo. E inutilmente lungo, direi. Impassabili inquadrature fisse sulle donne che preparano il cibo, o che scorticano il pesce, sui commensali che mangiano il cous cous con i granellini infilati nei denti.
L'apice lo si raggiunge nelle scene finali, con il protagonista che insegue ripetutamente tre ragazzini che gli hanno rubato il motorino proprio la sera dell'apertura del suo ristorante e che scorrazzano tra gli squallidi caseggiati del porto, e con la figlia della sua nuova compagna che esegue la danza del ventre (di nome e di fatto, sembra Maradona tra una clinica e l'altra) per guadagnare tempo davanti agli invitati affamati, in attesa che arrivi finalmente il cous cous.
Però poi, rimuginandoci sopra, vengono a galla anche i lati migliori.
In primo luogo, i personaggi femminili, tutti o quasi di origine araba, ma in Francia ormai da decenni, tutti molto belli.
Le donne delle due famiglie di Beiji riescono a mettere da parte gelosie e invidie reciproche, e prendono in mano la situazione, facendosi in quattro per aiutarlo a coronare il suo sogno.
E pensare che lui, in cambio, non regala nemmeno un sorriso in oltre due ore e mezzo...
martedì 29 gennaio 2008
LA LEVA CALCISTICA DEL '68
Tenetevi forte, amici.
Cj ha intenzione di ripercorrere, con immagini e ricordi vari, la sua (direi) gloriosa carriera calcistica.
Vi ricordo che l'uomo in questione, cresciuto nella mitica Bolide di San Savino (nella categoria Pulcini), ha poi militato nel Roncaglia (Giovanissimi), Libertas (Allievi), Virtus (III categoria) - solo qualche sprazzo prima di infortunarsi seriamente al ginocchio sinistro - per poi riprendere negli Amatori con REA, Cavalli e Scommesse, ecc...
Per iniziare, eccovi due chicche da intenditori...
Cj ha intenzione di ripercorrere, con immagini e ricordi vari, la sua (direi) gloriosa carriera calcistica.
Vi ricordo che l'uomo in questione, cresciuto nella mitica Bolide di San Savino (nella categoria Pulcini), ha poi militato nel Roncaglia (Giovanissimi), Libertas (Allievi), Virtus (III categoria) - solo qualche sprazzo prima di infortunarsi seriamente al ginocchio sinistro - per poi riprendere negli Amatori con REA, Cavalli e Scommesse, ecc...
Per iniziare, eccovi due chicche da intenditori...
venerdì 25 gennaio 2008
Unità di crisi
Dopo l'inesorabile caduta del professore bolognese, Country Joe ha immediatamente aperto un tavolo per l'analisi degli ultimi avvenimenti e per l'elaborazione delle future strategie.
L'Unità di Crisi si è data appuntamento ieri sera al Temple.
La delegazione di centrosinistra era composta, oltre che da Cj, da Steve e da Big, ovvero due raffinitassimi osservatori delle vicende politiche nostrane.
La destra era invece degnamente rappresentata da Galletto Bubù, invitato permanente al tavolo allo scopo di verificare la possibilità delle larghe intese.
La delegazione progressista, dopo aver affogato la propria amarezza in qualche litro di birra chiara, avendo sostanzialmente una paura fottuta di straperdere (giustamente) le eventuali elezioni anticipate ha proposto un governo tecnico, sostenuto da un'ampia parte del Parlamento.
Scartata l'ipotesi di un reincarico a Prodi e le prevedibili soluzioni istituzionali (Marini, D'Alema, Letta), l'Unità di Crisi avrebbe individuato in Nuccio Cusumano l'uomo giusto per traghettare il paese fuori dalla situazione in cui si trova.
Godrebbe anche dei favori dell'Arci Gay
Altra idea, strepitosa risposta alla necessità del centro-sx di svecchiare la propria immagine: Rita Levi Montalcini. Sembra che l'interessata si sia dichiarata disponibile a guidare solamente un governo di breve durata...
Galletto, da parte sua, ha avanzato la candidatura di Clemente Mastella, oppure in seconda battuta, ipotesi alquanto suggestiva, Ignazio La Russa: un uomo sobrio e moderato che piace un pò a tutti, destra e sinistra.
Non sono neppure da scartare altre soluzioni: si parla insistemente di Titta Rota, Rocco Siffredi, Farncesco Guccini.
In rialzo anche le quotazioni di Kermit la rana.
Al fine di orientarsi meglio, l'unità di Crisi ha deciso di proporre a tutti i lettori del blog il sondaggio "Chi volete vedere morire per primo?", che troverete qui a destra.
giovedì 24 gennaio 2008
mercoledì 23 gennaio 2008
HIGHLIGHTS DALLA SPAGNA
In attesa della scansione della moleskine del viaggio spagnolo di fine anno, c.j. sperimenta la slideshow con le immagini più belle del viaggio.
Qui a destra...
Qui a destra...
L'infinita periferia dell'Italia
Una vampata di violenza, per alcuni giorni, ha investito la banlieue parigina. In modo più delimitato, rispetto a due anni fa, quando si era rapidamente propagata intorno a Parigi e in altre città francesi. Per molte settimane. Questa volta, invece, si è concentrata a Villiers-le-Bel. A Nord della capitale. Contagiando solo la vicina Saint-Denis, teatro di battaglia nel 2005. Inoltre, gli incidenti sembrano essere finiti abbastanza in fretta. Tuttavia, due notti di violenze hanno provocato, tra le forze di polizia, oltre 120 feriti, alcuni gravi. Ovvero: più o meno quanti in tre settimane di scontri due anni fa. Secondo il governo francese, si tratta di delinquenza giovanile organizzata, che ha "sfruttato" un episodio tragico (la morte di due ragazzi in moto, in seguito allo scontro con un'auto della polizia) per scatenare la guerriglia. Insomma: racaille. Teppaglia, feccia... La definizione usata da Sarkozy, all'epoca degli scontri di due anni fa. Quand'era ministro degli Interni. Tuttavia, se si trattasse "solo" di delinquenza comune, un sistema di polizia efficiente, come quello francese, un Presidente determinato, come Sarkozy, avrebbero contrastato il ripetersi di esplosioni violente, in tempi tanto ravvicinati, negli stessi luoghi. A Villiers-le-Ville, Saint Denis e nella banlieue parigina. Dove comportamenti violenti si ripetono con disarmante e straordinaria regolarità. Se ciò non è avvenuto, probabilmente, è perché questa violenza non nasce nel vuoto. Rischiando la banalizzazione sociologica di alcune letture sociologiche (o sedicenti tali) degli anni Settanta: questa violenza è "anche" figlia del contesto in cui esplode. Banlieues degradate, ad alta concentrazione etnica. Strade e piazze difficili da attraversare, per chi non vive nella zona. (E anche per chi ci vive). Tassi di disoccupazione giovanile elevati. Relazioni intergenerazionali difficili. Genitori che non riescono più a esercitare l'antica autorità sui figli. Un'architettura che denuncia "estraneità". Dello Stato, delle istituzioni. Questi quartieri, queste città periferiche "producono" tipi sociali violenti e marginali. Un Paese, come la Francia, ostile alla sola idea di "comunitarismo", intesa come modello di integrazione fondato sulla comune appartenenza religiosa, nazionale, etnica, oggi affronta una situazione peggiore. Alla periferia delle città e nelle città periferiche, emerge, infatti, un "comunitarismo" senza "comunità". Favorito da "aggregati etnici" (non previsti) che hanno perduto i legami (e le capacità di controllo) di una comunità.
Se pensiamo a noi, è forte la tentazione di chiamarsi fuori. Non siamo la Francia. L'Italia è una terra di città piccole e medie. Con rare eccezioni. Un "Paese di compaesani", come l'ha definito il sociologo Paolo Segatti. Che ancora non si è rassegnato al flusso, massiccio, degli "stranieri". E vorrebbe lasciarli fuori. Alle porte della città. Come a Cittadella e in altri comuni veneti, dove, per scoraggiare il flusso dei poveracci, i sindaci hanno emesso un'ordinanza che vincola la concessione agli stranieri della residenza ad alcuni requisiti. Fra cui un reddito minimo intorno ai 500 euro mensili. (Se applicato ai residenti, produrrebbe l'espulsione di numerosi pensionati). L'Italia non è la Francia. Ma si sta avviando lungo un cammino altrettanto rischioso. Perché si sta trasformando, in modo inconsapevole, in una periferia infinita. Che produce sradicamento, indebolisce il controllo sociale, non contrasta la diffusione di comportamenti violenti. Nelle nostre metropoli, d'altronde, emergono, da tempo, lacerazioni visibili. A Milano. La "rivolta" del quartiere cinese. Il moltiplicarsi di episodi di ordinaria violenza, nelle periferie, che hanno indotto la sindaca Moratti a promuovere una marcia popolare, per rivendicare maggiore attenzione dal governo. (Come se, durante gli anni precedenti, quando essa stessa sedeva al governo, il problema non esistesse). A Roma. Dove alcuni eventi drammatici (ultimo: la tragica aggressione di una donna, a opera di un rom) hanno fatto esplodere il malessere delle zone suburbane. Ulteriormente degradate a causa del flusso costante di nuovi immigrati dall'est europeo. Ammassati in baracche provvisorie. A Napoli. Dove la lunga scia di violenza è, riduttivamente, ricondotta alla "camorra". Mentre riassume i percorsi di "normale devianza", che attraversano alcuni quartieri marginali. Come Scampia: raccontata, con rara efficacia, da Roberto Saviano insieme ad altri autori, in un libro antecedente al fortunatissimo "Gomorra" ("Napoli comincia a Scampia", L'Ancora del Mediterraneo, 2005). Ma segnali di decomposizione si avvertono anche - soprattutto - nell'Italia minore. Nella provincia "dove si vive bene". Non è un caso che la "crescita della criminalità" sia avvertita soprattutto nelle regioni del Centro (62%; media nazionale 51%: indagine Demos per UniPolis, novembre 2007) e nei comuni medio-piccoli (56%). Indipendentemente dall'effettivo andamento del fenomeno (che le statistiche considerano in calo). Il fatto è che molti, troppi borghi, molte, troppe piccole città si stanno svuotando. Ridotte a grandi supermarket. Parchi giochi. Musei. Oppure, come abbiamo osservato qualche settimana fa, in "cittadelle universitarie". Abitate da - anzi, affittate a - studenti. Mentre gli abitanti si sono trasferiti all'esterno. Creando periferie ricche. Ma pur sempre periferie. Aggregati senza centro. Con scarse relazioni. Cariche di edifici affollati. Oppure costellate da villette pregevoli e cascinali ristrutturati. Una umanità che perde l'abitudine alle relazioni; e il "controllo" sul territorio. Il Nord "padano" e "pedemontano", da parte sua, questa strada l'ha già intrapresa da tempo. E' divenuto una metropoli inconsapevole. Che incorpora una miriade di piccoli comuni. Perduti in un viluppo di strade, punteggiato di rotonde impossibili da attraversare a piedi; mentre chi passa in bici corre un rischio mortale. Anche perché, in Italia, il tasso di automobili è il più alto d'Europa: quasi 6 ogni 10 abitanti. La provincia tranquilla e quieta del Nord. Una galassia puntiforme. Una specie di Los Angeles involontaria. Dove maturano piccoli omicidi, inattesi e feroci. Dove la "comunità" ha perso ogni controllo sulla società e sulle persone. Perché si è decomposta. Né possono surrogarla pallide caricature, come le "ronde" padane. Riescono solamente ad accrescerne la nostalgia. Difficile riconoscere il paesaggio intorno a noi. E' cambiato troppo in troppo poco tempo. Edificato, impersonale e desocializzato. Dove, per rispondere al malessere che si respira, le persone si chiudono dentro casa. E gli amministratori erigono nuove mura, visibili e invisibili, intorno alle città. Ma anche dentro alle città. Incapaci di "riconoscere" i problemi, ma anche i propri meriti. Preferendo negarli, per opportunismo. Pensiamo, ad esempio, alle città del Nordest. Le aree che, come dimostrano le statistiche della Caritas e del Cnel, garantiscono livelli di integrazione degli immigrati fra i più elevati in Italia. Ebbene, preferiscono negarlo. Si presentano per quel che "non" sono: inospitali. E rifiutano, anzitutto, di proporsi come un "buon modello" di accoglienza. Fondato sul lavoro, sull'offerta di servizi, espressa dalle associazioni del mondo economico e dal volontariato. Meglio immaginare il Nord Est come il Far West degli sceriffi. Pronti a spingere la racaille fuori dalle mura della "cittadella" assediata. E vero, non siamo la Francia, dove le banlieues critiche si concentrano intorno ad alcune metropoli. Nell'Italia del nostro tempo, invece, la periferia dilaga ovunque. Come una metastasi. Alimentata da logiche immobiliari e immobiliariste; da mille paure. Che la politica si limita a inseguire e ad assecondare. La nostra banlieue infinita non ha un aspetto cupo. Piuttosto: "grigio". Un reticolo di quartieri residenziali. Cresciuti, in modo disordinato, intorno a un "centro storico", bello e inabitato. La nostra periferia infinita. Non trasmette identità. Non promuove relazioni. Non comunica regole. Non plasma uno spirito "estetico", tanto meno "etico". Al più: un individuo "mimetico". E insicuro.
Se pensiamo a noi, è forte la tentazione di chiamarsi fuori. Non siamo la Francia. L'Italia è una terra di città piccole e medie. Con rare eccezioni. Un "Paese di compaesani", come l'ha definito il sociologo Paolo Segatti. Che ancora non si è rassegnato al flusso, massiccio, degli "stranieri". E vorrebbe lasciarli fuori. Alle porte della città. Come a Cittadella e in altri comuni veneti, dove, per scoraggiare il flusso dei poveracci, i sindaci hanno emesso un'ordinanza che vincola la concessione agli stranieri della residenza ad alcuni requisiti. Fra cui un reddito minimo intorno ai 500 euro mensili. (Se applicato ai residenti, produrrebbe l'espulsione di numerosi pensionati). L'Italia non è la Francia. Ma si sta avviando lungo un cammino altrettanto rischioso. Perché si sta trasformando, in modo inconsapevole, in una periferia infinita. Che produce sradicamento, indebolisce il controllo sociale, non contrasta la diffusione di comportamenti violenti. Nelle nostre metropoli, d'altronde, emergono, da tempo, lacerazioni visibili. A Milano. La "rivolta" del quartiere cinese. Il moltiplicarsi di episodi di ordinaria violenza, nelle periferie, che hanno indotto la sindaca Moratti a promuovere una marcia popolare, per rivendicare maggiore attenzione dal governo. (Come se, durante gli anni precedenti, quando essa stessa sedeva al governo, il problema non esistesse). A Roma. Dove alcuni eventi drammatici (ultimo: la tragica aggressione di una donna, a opera di un rom) hanno fatto esplodere il malessere delle zone suburbane. Ulteriormente degradate a causa del flusso costante di nuovi immigrati dall'est europeo. Ammassati in baracche provvisorie. A Napoli. Dove la lunga scia di violenza è, riduttivamente, ricondotta alla "camorra". Mentre riassume i percorsi di "normale devianza", che attraversano alcuni quartieri marginali. Come Scampia: raccontata, con rara efficacia, da Roberto Saviano insieme ad altri autori, in un libro antecedente al fortunatissimo "Gomorra" ("Napoli comincia a Scampia", L'Ancora del Mediterraneo, 2005). Ma segnali di decomposizione si avvertono anche - soprattutto - nell'Italia minore. Nella provincia "dove si vive bene". Non è un caso che la "crescita della criminalità" sia avvertita soprattutto nelle regioni del Centro (62%; media nazionale 51%: indagine Demos per UniPolis, novembre 2007) e nei comuni medio-piccoli (56%). Indipendentemente dall'effettivo andamento del fenomeno (che le statistiche considerano in calo). Il fatto è che molti, troppi borghi, molte, troppe piccole città si stanno svuotando. Ridotte a grandi supermarket. Parchi giochi. Musei. Oppure, come abbiamo osservato qualche settimana fa, in "cittadelle universitarie". Abitate da - anzi, affittate a - studenti. Mentre gli abitanti si sono trasferiti all'esterno. Creando periferie ricche. Ma pur sempre periferie. Aggregati senza centro. Con scarse relazioni. Cariche di edifici affollati. Oppure costellate da villette pregevoli e cascinali ristrutturati. Una umanità che perde l'abitudine alle relazioni; e il "controllo" sul territorio. Il Nord "padano" e "pedemontano", da parte sua, questa strada l'ha già intrapresa da tempo. E' divenuto una metropoli inconsapevole. Che incorpora una miriade di piccoli comuni. Perduti in un viluppo di strade, punteggiato di rotonde impossibili da attraversare a piedi; mentre chi passa in bici corre un rischio mortale. Anche perché, in Italia, il tasso di automobili è il più alto d'Europa: quasi 6 ogni 10 abitanti. La provincia tranquilla e quieta del Nord. Una galassia puntiforme. Una specie di Los Angeles involontaria. Dove maturano piccoli omicidi, inattesi e feroci. Dove la "comunità" ha perso ogni controllo sulla società e sulle persone. Perché si è decomposta. Né possono surrogarla pallide caricature, come le "ronde" padane. Riescono solamente ad accrescerne la nostalgia. Difficile riconoscere il paesaggio intorno a noi. E' cambiato troppo in troppo poco tempo. Edificato, impersonale e desocializzato. Dove, per rispondere al malessere che si respira, le persone si chiudono dentro casa. E gli amministratori erigono nuove mura, visibili e invisibili, intorno alle città. Ma anche dentro alle città. Incapaci di "riconoscere" i problemi, ma anche i propri meriti. Preferendo negarli, per opportunismo. Pensiamo, ad esempio, alle città del Nordest. Le aree che, come dimostrano le statistiche della Caritas e del Cnel, garantiscono livelli di integrazione degli immigrati fra i più elevati in Italia. Ebbene, preferiscono negarlo. Si presentano per quel che "non" sono: inospitali. E rifiutano, anzitutto, di proporsi come un "buon modello" di accoglienza. Fondato sul lavoro, sull'offerta di servizi, espressa dalle associazioni del mondo economico e dal volontariato. Meglio immaginare il Nord Est come il Far West degli sceriffi. Pronti a spingere la racaille fuori dalle mura della "cittadella" assediata. E vero, non siamo la Francia, dove le banlieues critiche si concentrano intorno ad alcune metropoli. Nell'Italia del nostro tempo, invece, la periferia dilaga ovunque. Come una metastasi. Alimentata da logiche immobiliari e immobiliariste; da mille paure. Che la politica si limita a inseguire e ad assecondare. La nostra banlieue infinita non ha un aspetto cupo. Piuttosto: "grigio". Un reticolo di quartieri residenziali. Cresciuti, in modo disordinato, intorno a un "centro storico", bello e inabitato. La nostra periferia infinita. Non trasmette identità. Non promuove relazioni. Non comunica regole. Non plasma uno spirito "estetico", tanto meno "etico". Al più: un individuo "mimetico". E insicuro.
Ilvo Diamanti su Repubblica.it
La foto è di cj
martedì 22 gennaio 2008
NY 12, CHELSEA HOTEL NO. 2
I remember you well in the Chelsea Hotel, you were talking so brave and so sweet, giving me head on the unmade bed, while the limousines wait in the street.Those were the reasons and that was New York, we were running for the money and the flesh. And that was called love for the workers in song probably still is for those of them left.
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I remember you well in the Chelsea Hotel you were famous, your heart was a legend. You told me again you preferred handsome men but for me you would make an exception. And clenching your fist for the ones like us who are oppressed by the figures of beauty, you fixed yourself, you said, "Well never mind, we are ugly but we have the music."
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I don't mean to suggest that I loved you the best, I can't keep track of each fallen robin. I remember you well in the Chelsea Hotel, that's all, I don't even think of you that often.
© by Leonard Cohen.
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I remember you well in the Chelsea Hotel you were famous, your heart was a legend. You told me again you preferred handsome men but for me you would make an exception. And clenching your fist for the ones like us who are oppressed by the figures of beauty, you fixed yourself, you said, "Well never mind, we are ugly but we have the music."
Ah but you got away, didn't you babe, you just turned your back on the crowd, you got away, I never once heard you say, I need you, I don't need you, I need you, I don't need you and all of that jiving around.
I don't mean to suggest that I loved you the best, I can't keep track of each fallen robin. I remember you well in the Chelsea Hotel, that's all, I don't even think of you that often.
© by Leonard Cohen.
lunedì 21 gennaio 2008
NY 11, CHELSEA HOTEL

E quindi il Chelsea Hotel, ovvero una delle cose che a New York non siamo riusciti a vedere.
Chelsea Hotel, 222 West 23rd Street, New York - tel. 001-212-2433700
Un motivo in più per tornare, prima o poi (magari con Sandy, se si decide a prendere l’apparecchio… dai, bella, solo solo nove ore di volo o poco più...)
Beh, forse non ci fermeremo a dormire qui... sarà pur vero, come recita il sito web ufficiale (http://www.hotelchelsea.com/), che quando osservi New York dalla finestra, sembra che la città non possa rinunciare al Chelsea, e viceversa, ma queste sono le tariffe: da $ 195 per la camera singola a $ 485 per la suite; mini appartamenti con uso cucina da $ 275.
Costruito nel 1884 come uno dei primi esempi di appartamenti in cooperativa, il Chelsea è da sempre l’albergo degli intellettuali, degli artisti e dei radical chic.
Se i muri del Chelsea Hotel potessero parlare, racconterebbero di vite bohémiennes, pagine letterarie imbrattate di whiskey, angeli della controcultura, demoni del rock.
Se i muri del Chelsea Hotel potessero parlare, racconterebbero di vite bohémiennes, pagine letterarie imbrattate di whiskey, angeli della controcultura, demoni del rock.
Accanto alla porta d’ingresso dell’edificio, alcune targhe celebrano i Chelsea residents a breve e a lungo termine.
La letteratura, qui, ha messo radici soprattutto negli Anni ’50 esibendo i suoi belli e dannati: William Burroughs, impegnato a scrivere The Naked Lunch; gli altri beatniks Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti; Nelson Algren e la sua streetwise novel A Walk On The Wild Side; Arthur Clarke che solo qui riusciva a concentrarsi sulla sceneggiatura del film 2001: A Space Odyssey; Arthur Miller, che al Chelsea trovò il domicilio ideale per il semplice motivo che non doveva indossare lo smoking per ritirare la posta alla reception, come succedeva nel più “fashionable” Plaza Hotel.
E ancora: Brendan Behan, Edgar Lee Masters, Thomas Wolfe, Vladimir Nabokov, Eughenij Evtucenko…
La letteratura, qui, ha messo radici soprattutto negli Anni ’50 esibendo i suoi belli e dannati: William Burroughs, impegnato a scrivere The Naked Lunch; gli altri beatniks Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti; Nelson Algren e la sua streetwise novel A Walk On The Wild Side; Arthur Clarke che solo qui riusciva a concentrarsi sulla sceneggiatura del film 2001: A Space Odyssey; Arthur Miller, che al Chelsea trovò il domicilio ideale per il semplice motivo che non doveva indossare lo smoking per ritirare la posta alla reception, come succedeva nel più “fashionable” Plaza Hotel.
E ancora: Brendan Behan, Edgar Lee Masters, Thomas Wolfe, Vladimir Nabokov, Eughenij Evtucenko…
I dipinti esposti sulle scale, lungo i corridoi e nella reception, si portano appesi i ricordi di artisti che barattarono una tela per una notte da non trascorrere sotto i ponti. Tra gli altri, gli action painters Jackson Pollock e Willem de Kooning, il grande pop Jasper Johns hanno soggiornato qui. E sempre qui, negli Anni ’60, zoomando da una camera all’altra, Andy Warhol e i dropouts della Factory hanno girato The Chelsea Girls.
Con l’avvento dei favolosi sixties, direbbe Gianni Minà, diventò poi un incredibile crocevia di rockstar.
Qui dimorò per molti anni Bob Dylan, il vate del Greenwich Village, nel 1966, in compagnia della prima moglie Sara: in una camera al terzo piano (suite 2011) compose la splendida ballata Sad–Eyed Lady Of The Lowlands.
E ci sono passati Jimi Hendrix, Joni Mitchell (che scrisse Chelsea Morning), i Grateful Dead del vecchio zio Jerry (saluta lo zio, Big!), i Jefferson Airplane, Patti Smith e Janis Joplin che a questo proposito proclamò: “Mi piace il Chelsea. Ci abitano parecchi miei amici e succede sempre qualcosa di divertente. Somiglia a una comune californiana. Solo che costa un po' di più."
In tempi più recenti, Jon Bon Jovi ha composto Midnight at Chelsea nella suite numero 515.
Il Chelsea Hotel fu purtroppo anche teatro di celebri tragedie: nel bagno della camera numero 100 - che adesso non esiste più – fu trovata assassinata il 11 ottobre 1978 Nancy Spungen, la ragazza di Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols.
Molti anni prima (1953), Dylan Thomas, il poeta gallese che ispirerà a Robert Zimmerman la scelta del suo nome d’arte, fu trovato in coma nella stanza n. 205 dopo essersi scolato 18 whiskhy in una sola notte.
Ma fu anche la cornice dell’incontro tra due grandi, Janis Joplin (suite 411) e Leonard Cohen (suite 424), che quest’ultimo immortalò nella fantastica Chelsea Hotel #2, inserita nell’album New Skin For The Old Ceremony del 1974 ma eseguita per la prima volta dal vivo il 23 marzo 1972 durante il suo terzo show londinese alla Royal Albert Hall.
Malinconia
venerdì 18 gennaio 2008
L'uomo dell'anno 2007
Sempre più spesso cj trova la sua casella piena zeppa di mail spiritose o presunte tali, il più delle volte di stampo rigorosamente maschilista, che prontamente cestina.
Questa, però, gli sembra simpatica, oltre ad essere in tema con le classificone di fine anno.
Per inciso, cj pensa che il secondo classificato (sarà per l'enorme massa adiposa, o per la sigaretta, o comunque per uno stile un pò lebowskiano, tipo: "I like your style, Dude!") meritasse qualcosina di più.
Questa, però, gli sembra simpatica, oltre ad essere in tema con le classificone di fine anno.
Per inciso, cj pensa che il secondo classificato (sarà per l'enorme massa adiposa, o per la sigaretta, o comunque per uno stile un pò lebowskiano, tipo: "I like your style, Dude!") meritasse qualcosina di più.
NY 10, IL CLAMOROSO SCOOP DI C.J.
Con i compagni niuiorchesi si era pensato di prepararsi all'evento con una cena al Roadhouse a base di steaks, nachos e chips.
Segue trasferimento alla multisala, altro "nonluogo" interessante, il tutto in omaggio alla filosofia omologante e spersonalizzante made in stelle e strisce.
Chi volesse aderire...
Come succosa anteprima, c.j. posta questo scatto colto di sfuggita sulla Fifth Avenue nel novembre 2006: è l'auto di The Legend!
giovedì 17 gennaio 2008
Bianca
Bianca indossa le candide vestie
apre i suoi occhi profondi e celesti;
la notte incomincia, è un dolce mistero
là dove il sogno può sembrare vero;
La notte è un viaggio in un mondo pulito
senza confini, un pianeta infinito;
e Bianca lo sa e mostra i suoi averi
non sono denaro, ma solo desideri
che crescono in fretta e assumon sembianze
di giovani, forti e convinte speranze.
Adesso Bianca la notte respira
il cielo stellato contempla e ammira
la quiete è attorno, la calma è carezza
che allontana o esorcizza ogni sua amarezza;
nella sua mente, ricordi e pensieri
di sogni raggiunti o rimasti desideri
ma anche la forza, che come una spada
distrugge la roccia che sbarra la strada;
e Bianca vorrebbe un mondo senza rocce
senza salate e amarissime gocce
che brillano il viso di leali sconfitti
che han visto negati i loro diritti,
il piu` importante di tutti: la dignità
spesso soffocata da odio e viltà;
ma Bianca stanotte veste di bianco
il suo spirito brilla, al buio tiene banco
dolcemente lo aggredisce, lo costringe alla resa
una luce immensa in questa notte si è accesa;
chissà se nell`animo, un pensiero ci dona
è il valore primario: si chiama "persona".
Cesco "Harrold The Barrel"
apre i suoi occhi profondi e celesti;
la notte incomincia, è un dolce mistero
là dove il sogno può sembrare vero;
La notte è un viaggio in un mondo pulito
senza confini, un pianeta infinito;
e Bianca lo sa e mostra i suoi averi
non sono denaro, ma solo desideri
che crescono in fretta e assumon sembianze
di giovani, forti e convinte speranze.
Adesso Bianca la notte respira
il cielo stellato contempla e ammira
la quiete è attorno, la calma è carezza
che allontana o esorcizza ogni sua amarezza;
nella sua mente, ricordi e pensieri
di sogni raggiunti o rimasti desideri
ma anche la forza, che come una spada
distrugge la roccia che sbarra la strada;
e Bianca vorrebbe un mondo senza rocce
senza salate e amarissime gocce
che brillano il viso di leali sconfitti
che han visto negati i loro diritti,
il piu` importante di tutti: la dignità
spesso soffocata da odio e viltà;
ma Bianca stanotte veste di bianco
il suo spirito brilla, al buio tiene banco
dolcemente lo aggredisce, lo costringe alla resa
una luce immensa in questa notte si è accesa;
chissà se nell`animo, un pensiero ci dona
è il valore primario: si chiama "persona".
Cesco "Harrold The Barrel"
lunedì 14 gennaio 2008
HORIZONS
- Pronto.
- Buonasera, sono Ivan della Compagnia Demoscopica Horizons. Posso rubarLe due minuti del suo tempo?
- No, grazie, non mi interessa.
- Mi consenta di rivolgerLe due domande.
- Non insista, la prego.
- Le rubo solamente due minuti.
- No.
- Due minutini e poi La lascio in pace…
- Senta, sessanta milioni di cristiani - diconsi ses-san-ta mi-lio-ni - vivono in questo fottuto paese. Perché sempre io?
La sua disperazione era comprensibile. Nella sola ultima settimana, aveva dovuto rispondere a quesiti rispettivamente su: progressivo surriscaldamento del pianeta, indice di gradimento dei reality-show, questione maghrebina, crisi delle vocazioni, scelta del nuovo coach della nazionale, livello di soddisfazione dei consumatori, qualità dei programmi televisivi del servizio pubblico in fascia preserale.
- Non comprendo i motivi del Suo nervosismo, Signore, io volevo solo…
- Non sono affatto nervoso, è che ne non ne posso più di rispondere alle vostre inutili domande del cazzo…
- Adesso Lei esagera. Io cerco unicamente di fare bene il mio lavoro.
- Si cerchi un lavoro serio, ragazzo.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
- Buonasera, sono Ivan della compagnia…
- Ancora lei? Le ho già detto che non intendo rispondere.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
Adesso il suo tono era desolatamente dimesso.
Rassegnato all’ineluttabile.
- Signore, Le ricordo che ai sensi dell’art. 6, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica (…) Lei è tenuto a rispondere ai test (…) a pena di reclusione anni due (…) da scontarsi preferibilmente in…
Il ragazzo giocava duro.
Lui non aveva commesso l’errore di sottovalutarlo. Si accomodò perciò nella poltrona imbottita in finta pelle, si accese una Camel senza filtro e restò immobile in attesa, lo sguardo fisso in un punto qualsiasi del soffitto, ormai ocra per colpa del fumo.
- Buonasera, sono Ivan della Compagnia Demoscopica Horizons. Posso rubarLe due minuti del suo tempo?
- No, grazie, non mi interessa.
- Mi consenta di rivolgerLe due domande.
- Non insista, la prego.
- Le rubo solamente due minuti.
- No.
- Due minutini e poi La lascio in pace…
- Senta, sessanta milioni di cristiani - diconsi ses-san-ta mi-lio-ni - vivono in questo fottuto paese. Perché sempre io?
La sua disperazione era comprensibile. Nella sola ultima settimana, aveva dovuto rispondere a quesiti rispettivamente su: progressivo surriscaldamento del pianeta, indice di gradimento dei reality-show, questione maghrebina, crisi delle vocazioni, scelta del nuovo coach della nazionale, livello di soddisfazione dei consumatori, qualità dei programmi televisivi del servizio pubblico in fascia preserale.
- Non comprendo i motivi del Suo nervosismo, Signore, io volevo solo…
- Non sono affatto nervoso, è che ne non ne posso più di rispondere alle vostre inutili domande del cazzo…
- Adesso Lei esagera. Io cerco unicamente di fare bene il mio lavoro.
- Si cerchi un lavoro serio, ragazzo.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
- Buonasera, sono Ivan della compagnia…
- Ancora lei? Le ho già detto che non intendo rispondere.
(Clic.)
(…)
- Pronto.
Adesso il suo tono era desolatamente dimesso.
Rassegnato all’ineluttabile.
- Signore, Le ricordo che ai sensi dell’art. 6, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica (…) Lei è tenuto a rispondere ai test (…) a pena di reclusione anni due (…) da scontarsi preferibilmente in…
Il ragazzo giocava duro.
Lui non aveva commesso l’errore di sottovalutarlo. Si accomodò perciò nella poltrona imbottita in finta pelle, si accese una Camel senza filtro e restò immobile in attesa, lo sguardo fisso in un punto qualsiasi del soffitto, ormai ocra per colpa del fumo.
mercoledì 9 gennaio 2008
Sempre sulle scimmie
La querelle tra scimmie sì e scimmie no sta prendendo il sopravvento.
Io offro un terreno di incontro tra le due scuole di pensiero...
I am the son / Io sono il figlio I am the heir / Io sono l'erede Of a shyness that is criminally vulgar / di una timidezza che é criminalmente volgare I am the son and heir / Sono il figlio e l'erede Of nothing in particular / di niente in particolare You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti There's a club if you'd like to go / C'é un club se ti va di andarci You could meet somebody who really loves you / potresti incontrare qualcuno che davvero ti ama So you go and you stand on your own / cosi tu ci vai e stai per i fatti tuoi And you leave on your own / e te ne vai per i fatti tuoi And you go home, and you cry, and you want to die / e torni a casa, e piangi, e vorresti morire When you say it's gonna happen now / Quando dici sta per accadere ora What exactly do you mean? / cosa esattamente vuoi dire? See I've already waited too long / Vedi ho aspettato troppo tempo And all my hope is gone / e tutte le mie speranze sono finite You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti
Io offro un terreno di incontro tra le due scuole di pensiero...
I am the son / Io sono il figlio I am the heir / Io sono l'erede Of a shyness that is criminally vulgar / di una timidezza che é criminalmente volgare I am the son and heir / Sono il figlio e l'erede Of nothing in particular / di niente in particolare You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti There's a club if you'd like to go / C'é un club se ti va di andarci You could meet somebody who really loves you / potresti incontrare qualcuno che davvero ti ama So you go and you stand on your own / cosi tu ci vai e stai per i fatti tuoi And you leave on your own / e te ne vai per i fatti tuoi And you go home, and you cry, and you want to die / e torni a casa, e piangi, e vorresti morire When you say it's gonna happen now / Quando dici sta per accadere ora What exactly do you mean? / cosa esattamente vuoi dire? See I've already waited too long / Vedi ho aspettato troppo tempo And all my hope is gone / e tutte le mie speranze sono finite You shut your mouth / Chiudi la bocca How can you say / come puoi dire I go about things the wrong way? / che io faccio cose sbagliate? I am human and I need to be loved / sono un essere umano e ho bisogno di essere amata Just like everybody else does / proprio come tutti
lunedì 7 gennaio 2008
Le scimmie
Il limite della democrazia, si sa, è che non tutti la pensano come noi.
E' giusto quindi consacrare "Favourite Worst Nightmare" degli Arctic Monkeys come disco dell'anno 2007.
Purtroppo non ho avuto il tempo per approfondire l'ascolto, ma ad un primo impatto mi era sembrato un disco di buon rock (qui inteso nella sua accezione più calssica, se ancora può avere un senso...).
Nulla di eclatante, insomma.
La cover è interessante, con quella immagine in bianco e nero di una siedlung in stile "existenz minimum" che contiene al suo interno un cancro psichedelico...
Però se Beddolix e DJ Paulette - non due stronzi qualunque, quindi - mi dicono che le scimmie artiche spaccano, non ci sono cazzi: spaccano!
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