venerdì 28 dicembre 2007
giovedì 27 dicembre 2007
POPSONGS: XMAS 2007
mercoledì 26 dicembre 2007
NY 08, FILIPPIDE O FIDIPPIDE
Fidippide (o Filippide) morto nel 490 a.C. è stato un leggendario corridore greco.
La leggenda narra che Milziade, a capo degli eserciti di Atene, dopo la vittoria sui persiani nella battaglia di Maratona (490 a.C.), incaricò Fidippide di recare la buona notizia ad Atene; la distanza tra le città di Maratona ed Atene è di circa 40 km e Fidippide percorse l'intero tragitto di corsa senza mai fermarsi; dopo aver gridato l'annuncio della vittoria di Atene sui Persiani, l'araldo crollò al suolo morto, stremato dallo sforzo.
A chiosa di tale precisazione, Steve commenta : "che Big mi baci il culo..."
Una disputa tra due accademici di quel Dio.
sabato 22 dicembre 2007
NY 06 - STEVE, AGAIN (GIORNO 1)
Il tour è una mezza vaccata, anche se ci da comunque una visione d’insieme della città. Al Financial District scendiamo e andiamo a vedere il vuoto lasciato dalle Torri. Sinceramente non è molto emozionante, in fondo oggi è solo un cantiere. C’è tanta gente. Lungo il perimetro le foto della tragedia e testimonianze varie ti riportano emotivamente all’11-9, ma non se nel frattempo ti chiama tua mamma per dirti che Libertà ha pubblicato le tue dichiarazioni pre-maratona, con tanto di cognome nel titolo. Scoppio in una risata. Mi guardo attorno, vedo le facce degli altri.
Eccolo, Johnny! Bella lì! Passavi di qua?
L’Hard Rock, dove la sera prima Vinnie ha sfoggiato il suo inglese con un “rare” graffiante, ci sembra il posto ideale per una cenetta a base di carne e cakes XXL.
giovedì 20 dicembre 2007
NY 05, LA VERSIONE DI STEVE (GIORNO 0)
Era passato un anno esatto ed eravamo lì, io, Paulette e l’immancabile Vinnie, atterrati a Newark, pronti per “l’Impresa”, stavolta con la "i" maiuscola.
Mi ricordo l’impatto con gli Stati Uniti, si apre la porta scorrevole e mi affaccio sul marciapiede dell’aereoporto.
Saliamo su un autobus che ci porterà alla Gran Central Station e mi incollo al finestrino. Sicuramente un po’ ci si autosuggestiona, perché in fondo quello che si vede arrivando in un aeroporto di una metropoli, sono delle gran tangenziali e dei tristi quartieri periferici. Ma per chi come me è cresciuto inondato da film e telefilm americani, è tutto uno spettacolo.
Ci assopiamo un po’ e ci lasciamo trasportare verso Manhattan, fino a quando, prima del sottopasso dell’Hudson ci appare a sinistra lui.. lo skyline della Grande Mela! Ti toglie il fiato!
Ecco, uno si prepara per un anno e poi la maratona passa subito in secondo piano.
- Prima di cena non facciamo volare la carta?”
mercoledì 19 dicembre 2007
domenica 16 dicembre 2007
RADICI
venerdì 14 dicembre 2007
giovedì 13 dicembre 2007
Chile, 30.000 (by BIG)
Vorrei rassicurarlo: siamo in Italia, non si deve preoccupare.
Forse il solerte maggiordomo ha scordato cos’è stato il Cile di Pinochet, e allora perché non rinfrescargli la memoria?
30.000 morti
130.000 arresti
35.000 torturati
E restando in tema di Cile, Chiesa e Illuminismo, forse non tutti sanno che il 18 febbraio del 1993 giunsero a Pinochet, in occasione della ricorrenza delle sue nozze d'oro, due lettere autografe in spagnolo con espressioni di amicizia e stima con in calce le firme di papa Wojtyła e del Segretario di Stato Angelo Sodano.
«Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II.»
Ma ancor più caloroso è il messaggio del Cardinale Angelo Sodano, già nunzio apostolico in Cile dal 1977 al 1988, e che nel 1987 aveva perorato con successo la visita del papa a Santiago:
«...il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l'autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza. Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile».
Sodano poi conclude, riaffermando al signor Generale,
«l'espressione della mia più alta e distinta considerazione».
Il Vaticano non rese pubbliche queste missive, tuttavia, alcuni mesi dopo, i documenti furono rivelati dal quotidiano cileno El Mercurio e ripresi dalla rivista francese Témoignage chrétien.
Non credo ci sia altro da aggiungere.
BIG
martedì 11 dicembre 2007
TAXI BLUES PART TWO - BUCAREST (by Paulette)
Prendi un taxi in Plata Universatea, il centro culturale di Bucarest. Un anonimo enorme slargo dominato da un grattacielo, moderna ma insignificante sede del celebre hotel da cui i giornalisti occidentali assistettero alla fine del regime di Ceausescu.
Era il dicembre del 1989, il muro di Berlino era caduto da due mesi e la Perestroika avviata da tempo. Ti hanno raccontato che fu proprio Gorbaciov, da Mosca, a fomentare la rivolta di Timisoara, prima, e la caduta di Bucarest, decisiva. E ti hanno portato a vedere i fori delle pallottole sui muri dell’ateneo cha dà il nome alla piazza, e il balcone dove il 22 dicembre Ceausescu tenne l’ultimo discorso, o meglio ci provò, prima di tentare un’inutile goffa fuga in elicottero dai tetti di Plata Rivoluzione.
Ti dirigi verso Sud, nella periferia della capitale.
Scorgi il profilo del Palazzo della Rivoluzione, che i rumeni chiamano ancora Casa del Popolo, opera maestosamente imbarazzante, fulgido esempio del delirio onnipotente del dittatore e dell’esigenza di dare all’esterno un messaggio di progresso e prosperità.
La tua mente torna alla Torre della Radio, simbolo della vecchia Berlino Est. L’edificio, il secondo più grande del mondo dopo il Pentagono, si affaccia su un enorme viale che taglia trasversalmente la città, sullo stile dei Champs Elysees. Del resto ti hanno detto che Bucarest è la Parigi dell’Est, e lo hanno fatto senza autoironia, convinti.
Oltre ai finestrini della tua Dacia gialla sfilano orrendi palazzoni grigi, in una sequenza tanto regolare quanto angosciante.
Il grigio domina in modo assoluto.
E opprimente.
Ti chiedi se la povertà e la storia sfortunata di questo popolo siano sufficienti a spiegare e a giustificare la tristezza e la sensazione di brutto che hai percepito in questi giorni.
Ovvio che non è così, non può essere così.
Pensi a Cuba, pensi al Portogallo. Pensi alla Sicilia profonda.
Tutti luoghi poveri e in un certo senso arretrati, che ti abbagliano con la loro struggente bellezza.
Ti domandi dunque se questo popolo non abbia gusto, sensibilità, piacere per il bello: non lo capisce, non lo sente, non lo desidera, non lo cerca.
Lo percepisci ovunque in città, nelle case, nei palazzi, nei balconi, nei giardini, nei marciapiedi e nei piccoli dettagli dell’arredo urbano, nei negozi, nella gente. O almeno hai questa sensazione.
Canticchi uno strepitoso pezzo dei Marlene Kuntz, “noi cerchiamo la bellezza, ovunque”.
Sei immerso in questi pensieri quando ti accorgi che il tassista non ha ancora aperto bocca.
Non che i rumeni si siano dimostrati particolarmente socievoli, però ti sembra che questo stia esagerando.
Scambi due parole con le colleghe, in italiano.
Il tassista infastidito alza il volume della radio.
Una rotonda, una svolta a destra e poi alza ancora e si mette a ghignare, prima facendo un timido tentativo di contenersi, poi lasciandosi andare di brutto.
Cerchi di capire di cosa stiano parlando alla radio.
E’ un programma comico, probabilmente di satira di quart’ordine, di quelli che inondano anche le nostre emittenti private durante la mattinata.
I due conduttori distorgono i toni vocali in modo alquanto banale, una vocina e una vociona.
Ad un ceto punto capti qualche parola, facilitato da una certa somiglianza tra le due lingue, e capisci che stanno facendo sarcasmo sull’Italia. I rapporti tra i due paesi non sono idilliaci, al momento, e la nostra nazione ha appena rimpatriato cinquecento cittadini rumeni irregolarmente immigrati, sulla spinta generata dall’opinione pubblica a causa di alcuni fatti criminosi compiuti da rumeni.
Chino sul volante nella sua giacca a vento azzurra il tassista continua a ghignare, alzando ulteriormente il volume. Evidentemente quei due devono essere irresistibili, pensi.
Prendono per il culo gli italiani.
Lui sa di avere a bordo degli italiani e invece di abbassare il volume imbarazzato o cambiare canale, come avresti fatto tu, se la ride di brutto.
Sei arrivato, la sede del seminario è davvero un luogo allucinante.
Avresti voluto chiedergli che cazzo ha da ridere, che basta lanciare un’occhiata oltre al vetro sporco della sua fottutissima Dacia per realizzare che davvero non c'è un cazzo da ridere.
Ti viene in mente il vecchio Monte, che prontamente l’avrebbe compatito perché mangia la carne una volta al mese, o lo Zio Facce, che l’avrebbe ricoperto delle peggiori ingiurie accusando lui e i suoi connazionali di essere indietro come la coda del gogno.
E invece sorridi, e con te sorridono le colleghe, e lo guardi come potresti guardare un pazzo quando con aria tranquilla si gira per chiedere il dovuto e proporre di arrotondare la cifra.
E’ la prima volta che apre la bocca, ti sembra.
Pensi che forse è meglio così, gli lasci il resto e te ne vai.
venerdì 7 dicembre 2007
La palla è ovale
* non si vede ma sicuramente un "goosestep" degno del miglior Campese succederà alla fase, staticamente ripresa dall' obbiettivo, mettendo a sedere l'ignaro avversario...
martedì 4 dicembre 2007
Ratzinger vs Voltaire
Immanuel Kant
domenica 2 dicembre 2007
NY 04, LA CITTA' DEGLI ANGELI
Bonnie era una donna smilza e arcigna, con due trecce da ragazzina che ricadevano come guinzagli sugli innocenti cagnolini disegnati sulla sua maglietta. Aveva uno spiccato accento di Greensboro ed era atterrata al Kennedy convinta che i neewyorkesi, se solo lei gliene avesse dato una mezza possibilità, le avrebbero rubato anche le otturazioni che si ritrovava in bocca.
"Il tassista ci fa: Dall'accento si direbbe che venite da fuori", e io ho capito all'istante che pensava di fregarci. (...) Io l'ho capito subito cosa aveva in mente. So come gira il mondo, non sono mica stupida. E così mi sono segnata il nome e il numero della licenza e gli ho detto che se solo provava a fare qualche scherzetto lo denunciavo alla polizia. Non son mica venuta fin qui per farmi spennare..."
Mi mostrò la ricevuta del taxi, e io la rassicurai: il prezzo era giusto. I soliti trenta dollari di una corsa dall'aeroporto Kennedy a un qualsiasi punto di Manhattan.
Bonnie ripose la ricevuta nel portafoglio. "Be', spero prorpio che quello non si aspettasse una mancia, perchè da me non ha visto un centesimo."
"Non gli hai dato la mancia?"
"Ma figurati!" esclamò Bonnie. "Non so tu, ma io i miei soldi me li sudo. Sono i miei e di mance non ne do, a meno che il servizio non sia come dico io."
"D'accordo" dissi, "ma che tipo di servizio ti aspettavi esattamente, se prima d'ora non avevi mai preso un taxi?"
"Io mi aspetto di essere trattata come chiunque altro, ecco come. Di essere trattata da cittadina americana."
Con quella frase aveva centrato il problema. I turisti americani sono destinati a essere accolti meglio a Teheran che non a New York, una città fondata sul principio del "Noi vs. Loro". Come me, la maggior parte delle persone che conoscevo si era trasferita a New York proprio per sfuggire agli americani tipo Bonnie. E la loro paura aveva sempre giocato a nostro favore, almeno finchè un nuovo sindaco non si era messo a promuovere la città come un parco giochi per famiglie. La sua campagna era stata un successo, e le Bonnie avevano cominciato ad affluire in città a frotte...
da DAVID SEDARIS, Me parlare bello un giorno, Mondadori, 2004 (Me Talk Pretty One Day, 2000)
giovedì 29 novembre 2007
NY 03, NEWARK
Messo piede a terra, C.J. scrutava all'orizzonte lo skyline di Manhattan che si intravvedeva appena sotto l'ala sinistra dell'aereo.
Sbrigò rapidamente tutte le formalità dello sbarco, compreso l'ormai classico questionario - di inarrivabile comicità - a cura del Dipartimento U.S.A. per l'immigrazione:"Lei è un terrorista?""Lei fa parte di organizzazioni sovversive di matrice marxista?""Lei fa uso abituale di sostanze stupefacenti? E' alcolizzato?""Lei ha mai ucciso un uomo?""Lei ha mai stuprato un bambino", e via dicendo.
Mentre il cab attraversava le lande desolate attorno a Hoboken (Do you remember Night falls on Hoboken?), C.J. si limitava a osservare in lontananza, con gli occhi increduli e curiosi di un bambino, la metropoli - assurda e straordinaria - che letteralmente gli si spalancava davanti. Percorsero per lo più strade a percorrenza veloce, a tre o quattro corsie, con auto che sfrecciavano a destra e sinistra ad un ritmo frenetico. Ogni tanto, il taxi svoltava su uno svincolo sopraelevato, per poi infilarsi sotto i piloni in cemento armato delle freeways, tra roulottes e distributori di carburante. Ai bordi della strada, oltre il guard-rail arrugginito e contorto, solo sterpaglie e alberi spogli.
Attraversarono poi i sobborghi di New Yersey City. Le luci al neon dei negozi e dei Mc Donald's punteggiavano un agglomerato caotico di vecchie case in stile vittoriano ed enormi caseggiati in mattoni brunastri. Sulla vetrina di una lavanderia a gettone campeggiava la scritta: "Al lunedi', martedi' e mercoledi' il sapone è gratis."
Quando giunsero infine all'Holland Tunnel, uno dei passaggi sotterranei che attraversano l'Hudson River, trovarono una coda terrificante per il pagamento del pedaggio. Il tassista si destreggiò tra le varie corsie sino ad infilarsi a tutta velocità in una corsia riservata.
I grattacieli di Tribeca incombevano ormai sulla Baia, suscitando timore e rispetto.
Tra pochi minuti C.J. sarebbe arrivato a destinazione.
mercoledì 28 novembre 2007
http://www.youtube.com/watch?v=D3WcfO7mI2o
Qui troverete la fucking version da 2'18''
http://gracefulflavor.net/2007/11/08/the-big-lebowski-the-fuck-edition/
Tempo fa C.J. si era imbattuto sul web in un pazzo che si era preso la briga di contare tutti i "FUCK" del capolavoro dei Coen, erano diverse centinaia...
A questo punto, visto che l'argomento è sul tavolo, a C.J. non rimane che pubblicare - a puntate - la sceneggiatura originale del film, ovviamente in inglese.
Se qualche anima buona avesse la voglia di farne una rapida traduzione, il compenso è nullo, ma farebbe un gran regalo al popolo italiano...
sabato 24 novembre 2007
SOME MEN ARE BIGGER THAN OTHERS
Ci ha lasciato un commento sul penultimo post, ma siccome il suo è un gran pezzo, C.J. lo ri-pubblica.
Facce era molto teso quel giorno. Era domenica. Gebre stava rincorrendo il suo sogno. Così lontano dai sogni dei più, così lontano da casa. Eppure ora il sogno era lì, alla sua portata. La falcata di Gebre era allo stesso tempo lieve e potente, ti dava una sensazione di velocità e di calma (se mai possono stare assieme due parole così diverse).
Lui si chiese che senso potesse mai avere stare lì fermi ad aspettare, fermi immobili a vedere passare l'uomo più veloce del mondo, e guardarlo prendersi il suo sogno.
Non sarebbe stato mille volte meglio avere un sogno da rincorrere? Non sarebbe stato meglio viverla la vita, piuttosto che osservarla dai bordi?
La domenica, lui lo sapeva, queste domande paranoiche lo tormentavano più degli altri giorni.
Berlino era un dettaglio insignificante, lui lo aveva detto, non gli sembrava nemmeno una città, eppure ne era ossessionato.
E poi nessuno sembrava più sapere, o ricordare, perché fossero lì. Cosa ci facevano? Quale fottuto motivo li aveva portati a nord? Lui non ne aveva la più pallida idea. E invece quell’omino africano, pelle, ossa e grinze, lo sapeva benissimo cosa era venuto a fare, la sua determinazione era feroce, dietro al sorriso beffardo che svelava denti bianchissimi ed una incredibile impressione di non sforzo, avresti detto di relax. A Gebre di sicuro non mancava la sua casa, anzi, non gliene fregava un cazzo, ora che il sogno era davanti a lui, e diveniva reale metro dopo metro.
A lui invece mancava tutto di casa sua, anche le cose che normalmente lo angosciavano o lo facevano incazzare: gli sembrava di essere a Berlino da troppo tempo, voleva solo tornare. Ma anche quell’atto di volontà durò un istante. Poi ritornò l’apatia di sempre. Si voltò verso gli altri. “Facciamoci una birra, ‘codìo”. Ma non c’era più nessuno.
venerdì 23 novembre 2007
Analogie
martedì 20 novembre 2007
domenica 18 novembre 2007
NY, 02 - THE TERMINAL
mercoledì 14 novembre 2007
Ci hanno preso proprio tutto
E il fuffian?
A proposito di Stipe
venerdì 9 novembre 2007
giovedì 8 novembre 2007
NY, 01 - LASCIARE NEW YORK NON E' MAI FACILE
- Siamo ad Harlem?, chiese C.J. provando a rompere il ghiaccio.
- Non ancora, fece lui, - ci saremo tra tre o quattro isolati.
- Mi piacerebbe vedere Harlem.
- Very famous, aggiunse.
- Dove?
- Dall’altra parte della strada.
C.J. domandò da dove veniva. Veniva da un piccolo paese di montagna, nel Peloponneso. Una montagna arida e assolata, dove non cresceva nemmeno la vite. C'erano solo fichi d'India. Suo padre era un pastore, ed anche suo nonno lo era stato. Lui, quando aveva raggiunto la maggiore età, era scappato in America. Non aveva nessuna intenzione di passare la sua vita a correre dietro a delle pecore.
- A New York stai bene?, fece a un certo punto il nostro.
- Yeaaaahhh.
- Il tuo lavoro ti piace?
- E’ stressante. Sto su questa macchina da lunedì al sabato, dalle 7.00 della mattina alle 9.00 della sera… sempre incolonnato… ma non mi lamento. Nella vita ho fatto anche di peggio.
- E la domenica?
- La domenica? La domenica dormo.
- Vivi solo?
- Sì, naturalmente.
- Cazzo, pensò C.J., costui passa la vita sul suo sedile immerso nel traffico di New York. Roba da farsi prendere la nostalgia delle pecore…
- Quand’è l’ultima volta che sei stato in Grecia?
- Saranno ormai quindici anni. Fu per il funerale di mia madre, povera donna. Dio la benedica. In ogni caso, rimasi solo poche ore.
Passarono a fianco dello stadio per il baseball, nella zona di Staten Island. Il greco lo indicò a C.J. con un certo stupore, come se fosse stata la prima volta che lo vedeva.
- Vai mai a vedere gli Yankees?, domandò C.J.
- No, io sono per i Mets. Una volta andai a vederli, poco tempo dopo essere arrivato qui. Adesso li vedo in tv, quando capita. Il biglietto costa troppo.
- Davvero non te lo puoi permettere?
- Qui la vita non è facile. E’ vero, ci sono opportunità di lavoro per tutti, ma con che salari? Mi ammazzo di lavoro sei giorni la settimana per riuscire a pagare l’affitto di un misero bilocale a Brooklyn. Se alla fine del mese avanza qualcosa, e non sono rimasto con il frigorifero vuoto, mi prendo una scatola di sigari cubani.
- Così questa è la vita, a New York.
- Sì, anche. Ti dico una cosa: stringo i denti ancora cinque-sei anni e poi vado in pensione, e allora mando a fare in culo tutti questi figli di puttana, disse, indicando una ad una le auto che ci affiancavano a più riprese, secondo un ritmo costante, come fossero legate alla loro da un enorme elastico invisibile.
- E poi cosa farai?
- Ancora non lo so.
- Tornerai al tuo paese?
- Non ci ho ancora pensato. Ma oramai là non ho più nessuno, i miei parenti sono morti tutti. E’ rimasto solo qualche cugino di secondo grado.
- Mi dispiace, disse C.J., ricordandosi di non avere in precedenza nemmeno commentato del funerale della madre (come se fosse del tutto naturale fare le condoglianze ad uno sconosciuto quindici anni dopo la morte di sua madre.)
- Non che qui abbia poi così tanti amici. Due o tre colleghi con i quali ogni tanto si beve una birra al pub la sera, dopo aver smontato dal lavoro. Il fatto è che io sono un newyorkese, adesso.
L’auto sbucò da un lungo tunnel male illuminato, e, improvvisamente, apparve alla loro destra lo skyline di Manhattan al tramonto.
- La vedi là, Manhattan?, fece lui.
- Cristo, certo che la vedo.
- Capisci, adesso, quello che sto cercando di dirti?
mercoledì 7 novembre 2007
Agnese dolce Agnese
Mentre la portavo in braccio sino all'ingresso dell'asilo, mi ha detto: "Sei il papino più bello del mondo".
A parte l'uso agghiacciante del termine "papino" - d'altronde i compagni d'asilo si chiamano Pier Emilio e Carlo Alberto - è stato comunque molto bello.
Un bacio.
martedì 6 novembre 2007
NY, 00 - CITTA' DI VETRO
Paul Auster, 1985.
lunedì 5 novembre 2007
NEW YORK, UN ANNO FA
sabato 3 novembre 2007
Acqua
Una donna che aveva partecipato in California ad un concorso radiofonico su chi riusciva a bere più acqua è morta poco dopo essere rientrata nella sua abitazione. Il medico legale ha attribuito la morte di Jennifer Strange, 28 anni, alla quantità eccessiva di acqua ingurgitata durante il concorso, che si è svolto nella sede della stazione radiofonica KDND 107.9 di Sacramento (California). La donna, madre di tre figli, si era iscritta alla gara nella speranza di vincere il primo premio, un box per videogame Nintendo. I concorrenti avevano bevuto diverse bottigliette d'acqua senza poter andare al bagno. La donna, che non aveva vinto il concorso, aveva accusato un forte mal di testa poco dopo essere uscita dalla stazione radio per tornare a casa". E' la realtà che supera la fantasia. Ricordo un bellissimo racconto di A.M.Homes, intitolato "Achiappare i proiettili al volo" e compreso nella raccolta "La sicurezza degli oggetti" (Minimum fax, 2001) dalla quale è stato tratto un film con Meryl Streep.Anche qui era una stazione radiofonica, la z-100 ("una radio metal troppo fica"), che mette in palio un fuoristrada ("14.600 dollari; autoradio con mangiacassette, carrozzeria a prova di ruggine, ottimi pneumatici e alette parafango") al vincitore di una singolare prova di forza che si svolge all'interno di un centro commerciale: i partecipanti devono rimanere attaccati alla macchina con una sola mano per tutto il tempo, con una pausa di cinque minuti ogni ora.Frank non è stato ammesso alla gara: hanno preso "i primi venti che sono stati i centesimi a chiamare quando la z-100 ha passato "Roll my wheels" dei Poizon Boiz". Tra di essi, la madre di Julie sta resistendo. "La madre di Julie e un tizio più giovane di dieci anni erano rimasti gli unici concorrenti rimasti. L'uomo portava una maglietta che gli aveva fatto la sua ragazza, con sopra scritto "Giù le mani dalla mia macchina". La madre di Julie si era tolta le scarpe, e si era arrotolata i gambaletti fino alle caviglie. Le caviglie sporgevano viola e gonfie fuori dalle calze di nylon. Continuava a spostare il peso da un lato all'altro, da un piede all'altro. (...) Aveva la pelle smunta, gli occhi le erano sprofondati dentro la testa. Il nero che aveva intorno agli occhi era pesante come se qualcuno lo avesse disegnato col carboncino. Basta!, voleva urlare Frank. Basta. Datele la macchina. Se l'è guadagnata."La madre di Julie cede di schianto."Quando i giudici si avvicinarono alla madre di Julie, le presero le mani e gliele riabbassarono lungo i fianchi. Le braccia le caddero giù come leve a cui si fossero spezzate le molle. Lei alzò gli occhi e disse: "Che c'è?". Julie acorse e cominciò a scuoterla: "Mamma, cretina, hai perso la gara. Hai perso quando ti mancava tanto così per vincere". Frank odiò Julie."
martedì 30 ottobre 2007
ERRATA CORRIGE: ANCORA BERLINO!
C.J. porge le sue scuse, anche a nome di tutto lo staff delle Edizioni del Cartello, e rimedia pubblicando il post con le due pagine "nascoste", peraltro imperdibili per via delle suggestioni dello stesso Beddolix alla Gemaldegalerie e per via del "caso" dello smarrimento temporaneo della moleskine (altra cosa nello stile di C.J....)
Perdonami, Bed!
sabato 27 ottobre 2007
Ottobre - da "Guerra agli umani"
Cara Sandra, ormai da una settimana non telelavoro piú. Lungi da me l’idea di cercare un altro impiego qls. Ho preso in odio ogni lavoro da me fatto sotto il sole. Ma non vengo a dirti che tutto è vanità. Soltanto: il sottoscritto ha già dato. C'è un tempo per ogni cosa, e quel tempo è finito. Se uno è soddisfatto di questa vita, s’accomodi. Per quanto, l’uomo che lavora per sopravvivere non possa godere di una vera integrità. Da anni sorvolo l’abisso della disoccupazione cronica a spasso su corde sottili. Ho speso le migliori energie a mantenermi in equilibrio. Adesso basta. È giunto il momento di dare un'occhiata di sotto.Lo zaino è lí da quest’estate, lo sai. Ho un quaderno fitto di appunti, stratagemmi copiati da diversi manuali. So già dove andare, un luogo isolato e tranquillo che per il momento non rivelerò a nessuno. Vorrei evitare che una fila di persone si presenti ogni giorno davanti al mio rifugio con l’intento di farmi rinsavire. Non sono impazzito, anzi, mai stato piú lucido. Voglio solo diventare ricco: se questa è follia, la condivido con la maggior parte degli uomini. Un individuo è tanto piú ricco quanti piú sono gli orpelli che può trascurare. Vivrò in una grotta, mangerò bacche, castagne e farina di formiche. Mi scalderò col fuoco. Chi è il sultano di Brunei in confronto al sottoscritto? Questo mondo non ha bisogno di me, e viceversa. Pari e patta, il cerchio si chiude e il sottoscritto parte per la tangente. Mi farò vivo quando lo riterrò opportuno.
Saluta i nipoti,
Marco 'Walden', supereroe troglodita.
Wu Ming 2 - "Guerra agli umani"
Si consente la riproduzione parziale o totale dell'operae la sua diffusione per via telematica, purché non a scopi commercialie a condizione che questa dicitura sia riprodotta.