E’ difficile visitare la luna ingabbiata di Piacenza senza chiedersi il perché.
Ecco qui la storia: non molti anni fa c’era un falconiere che
abitava nei pressi di Piacenza e che aveva bisogno di un aquilone rosso,
che stesse fermo in aria, per addestrare i suoi falchi. Per costruire
un tale oggetto non sapeva a chi rivolgersi, fin quando non venne a
sapere che un siciliano residente in Sabina¹ aveva una fabbrica, o
meglio dire un laboratorio, famoso per rendere reali tutti i desideri
dei clienti che avevano a che fare con l’aria e con il cielo. Infatti, e
non a caso, costui costruiva aquiloni di tutte le misure per mettere in
volo gli oggetti più strani, dalle lettere d’amore alle bottiglie di
spumante, dagli occhiali da sole ai libri. L’uomo accettò la sfida, ma
quando scese dal treno a Piacenza per vedere il cielo sul quale il
falconiere avrebbe dovuto far volare il suo aquilone trovò tanta, ma
così tanta nebbia, che decise che prima di pensare ai falchi, doveva
pensare ai piacentini, spesso tristi e sconsolati per i lunghi periodi
di giorni grigi, senza mai poter vedere il nero profondo del cosmo
illuminato dalle stelle.
La fitta nebbia aveva da tempo reso intollerabile la vita ai poeti,
agli innamorati, ai creativi, i quali avevano iniziato a dare dei
brutti segnali di perdita dell’immaginazione, dell’ispirazione, dei
sogni...
Così il piccolo siciliano pensò a una soluzione brillante: decise
che i piacentini, se non potevano vedere le stelle, avrebbero potuto,
almeno ogni giorno, vedere la luna piena. E allora prese il suo aquilone
più potente e lo fece volare sempre più in alto, finché le sue ali non
sbatterono contro una luna un pochino più piccola di quella che vediamo
nei cieli, una sorta di sorella minore di quella originale, e i suoi
fili si intrecciarono con le pungenti montagne rocciose. Quando l’omino
sentì, attraverso il filo, di averla presa, la tirò giù, e per
proteggerla la depose per un piccolo periodo nella torretta di Piazza
Cavalli. Il suo piano era quello di lasciarla libera e di portarla a
terra solo quando ci fosse stata la nebbia ma, un brutto giorno, i
signori della torre decisero di impadronirsi per sempre della luna,
chiudendo con dei vetri gli archi della torre, e da allora la piccola
luna non può più tornare nello spazio.
E il suo amore, per il fortissimo dolore, piange nel cielo e dal
cielo le lacrime si trasformano, a contatto col suolo, in una nebbia che
si fa sempre più fitta.
P.S.: l’addestratore dei falchi, invece, ha deciso di emigrare verso cieli più sereni.
Note:
1) Sabina, zona collinare a nord della città di Roma, famosa per il Ratto delle Sabine.
Patricia Ferro è di origine argentine e quindi di radici
europee, architetto di professione, specializzata in energie varie.
Eclettica e curiosa di tutto, fatica a vivere in un mondo dove non si
ride molto. Nonostante fosse una frana a scuola in letteratura, è
riuscita solo ora a scrivere qualche racconto degno di essere
pubblicato. Le piace leggere, viaggiare e incontrare gente strana con la
quale spaziare a 360 gradi su temi correlati alla fisica, all’arte,
all’architettura, alla società e alla blue economy. Vive a Piacenza,
città di cui si è innamorata, ma non della sua insistente nebbia alla
quale è sempre più allergica. Ciò si riflette chiaramente nella sua
opera letteraria.
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