martedì 24 dicembre 2013

LA TIPOGRAFIA DAL MURON

La tipografia ha sede presso un elegante palazzo residenziale risalente alla seconda metà del settecento, caratterizzato da una facciata tripartita, un cornicione finemente lavorato con decorazioni floreali e putti, e da una piccola edicola votiva sopra il portone principale. L’ingresso alla tipografia, situato nel cortile oltre l’androne caratterizzato da una bellissima scala di epoca barocca, dalle curve sinuose, introduce in uno spazio dedicato all’esposizione di strumenti utilizzati nelle tipografie dall’Ottocento a oggi: cliché, rulli inchiostratori, la chiave per serraforma, il compositoio, la battitoia, il mazzuolo, pinze, spago, il tipometro, piombi, e ancora arnesi come cacciaviti e chiavi inglesi usati per la regolazione delle macchine da stampa. Da qui si accede a uno scantinato in cui trova collocazione una macchina da stampa offset-piana dotata di sbobinatore, calamaio, gruppo di macinazione, rulli bagnatori, cilindro porta-caucciù, cilindro di contropressione. La macchina, che può stampare a quattro colori, è nota per avere l’esclusiva della stampa del “Libar dal Muron”, il celebre testo che per i piacentini sta a indicare un tipo di formazione elargita a studenti culturalmente poco dotati che invece si credono detentori di un livello di istruzione elevato. Si tramanda il detto: “L’ha studiä al libar dal Muron: pö la studiä, pö al dveinta cuiön”. In passato la tipografia fu gestita da un unico tipografo di cui non è pervenuta l’identità, così come del garzone che lo aiutava. I due si avvalevano di un torchio in metallo, già evoluto rispetto agli esemplari di legno di inizio Ottocento. Secondo la tradizione, lo scantinato era umido e pieno di inchiostro, e questo creava una perenne coltre nera nel poco spazio a disposizione. Il soffitto del locale era talmente basso che i due uomini passavano tutto il giorno - e sovente anche la notte - chini sul torchio. Questa tipografia si dedicava per lo più ad attività di cancelleria e a pubblicazioni di documenti clericali. Fu all’incirca intorno al 1890 che al tipografo in questione fu commissionata, da parte di un facoltoso piacentino, la stampa di un libro che doveva costituire la base per la formazione culturale del suo figliolo, futuro erede di tutti i possedimenti. Il precettore del giovane era un tale Oliviero Bosoni, maestro letterato e presunto scrittore, che aveva sentito parlare dell’esistenza di un testo policulturale, una sorta di enciclopedia, scritta da un certo Gaetano Moroni intorno alla metà del 1800, sulla scorta dell’esempio di Diderot oltralpe. Il Bosoni si affidò alle dicerie dei colleghi insegnanti che decantavano le lodi di questo testo, a parere loro completo di tutte le nozioni necessarie di geografia, arte, bella scrittura, persino di cucina che nel nostro territorio di certo non guastava. Alla tipografia furono ordinate dieci copie che tramite il Bosoni finirono nelle biblioteche dei figli dei signorotti locali, i quali non persero occasione di riconoscersi titolari del massimo sapere nel piacentino. Dieci copie che costituivano una rarità e suscitarono le invidie di chi ne venne a conoscenza troppo tardi per poterne beneficiare. Luigi Illica, noto commediografo e librettista, incuriosito dalla fama che il presunto testo enciclopedico aveva sviluppato in città e persino in provincia, riuscì a procurarsene una copia. Subito dalle prime pagine si rese conto che si trattava in realtà di un “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica” con qualche appendice su personaggi storici dell’epoca, ma lontano da quella valenza culturale che il Bosoni gli voleva attribuire. Illica informò gli intellettuali della sua cerchia del malinteso e ridimensionò dunque la funzione pedagogico-intellettuale del testo, e descrivendone i reali contenuti. In ogni caso la tipografia resta ancora oggi conosciuta come la Tipografia dal Muron e i visitatori possono ammirare il funzionamento della macchina da stampa offset, nonché commissionare una copia del libro a soli 10 € se in bianco e nero, a 15 € se a colori.
Bibliografia: AA.VV. , “Libri celebri dell’Ottocento piacentino”, ed. LiberoArbitrio, Milano Lambrate, 1998. G.Lolli: “Al Muron e i sò cuion, storia e curiosità della cultura piacentina”, ed. FantasticiEditori, Parma, 2002.
Manuela Merli nasce come assidua lettrice dai tempi delle medie, e coltiva la passione della scrittura in gran segreto fino a quando decide di iscriversi a un laboratorio di Gabriele Dadati. Nel 2011 partecipa alla Bottega di Narrazione, ideata dallo stesso Dadati e da Giulio Mozzi. E’ laureata in Economia e commercio e lavora come impiegata contabile presso la Groppalli srl. Ha vissuto a Sarmato, poi a Piozzano e da qualche anno si è stabilita a Gragnano. Vive con Nicola in un appartamento affacciato su una via percorsa da tutti gli amici a quattro zampe del paese. Adora la provincia di Piacenza da cui non si allontanerebbe mai per paura di perdere il profumo dei salumi, le balere estive, le colline dolci e quella tipica chiusura dell’emiliano medio che si sa far amare da tutti.

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