martedì 24 dicembre 2013

LA MURAGLIA BAVARESE

In via Taverna - proprio di fianco al centro per la promozione patriottica Italia, per Cristo - ha da poco aperto i battenti un nuovo ristorante multiculturale cino-germanico. La muraglia bavarese si presenta, già dal suo nome, con un insolito mix tra estremo Oriente e profonda Baviera.
L’ambiziosa architettura dell’ingresso è composta da due massicce colonne a forma di dragoni, che stendono tra le grinfie la bandiera a scacchi bianchi e azzurri tipica della regione tedesca.
All’interno l’arredamento soddisfa le aspettative che si creano all’entrata. Lunghe tavolate di legno d’abete sono affiancate da robuste panchine del medesimo materiale e, come da tradizione, vi potrebbe capitare di condividere il desco con altri clienti. Alle pareti spiccano grandi arazzi raffiguranti nobili della dinastia Ming, e quadri di grandi foreste di bambù. Il locale si compone di tre sale divise da eleganti paravento in carta di riso. 
Il personale che si occupa di tutto il servizio è vestito di una lunga vestaglia di seta rossa, che copre una salopette corta di fustagno marrone. Ai piedi scarponi rigidi, con l’attacco automatico per i ramponi da ghiaccio. 
Sono da provare nel menu: gli involtini primavera ripieni di crauti, i canederli di fegato al curry e germogli di soia, i brezel alla cantonese, i ravioli al vapore con salsiccia di maiale, lo stinco misto caldo con nuvolette di gamberi, la Sacher torte fritta in pastella e la coppa Monocina con marmellata di nespole. Se proprio non gradite l’acqua, potrete trovare una birra miscelata fatta con la pils HB e la Tsingtao. La cantina è, invece, un luogo vuoto e umido dove si tengono la scopa e il mocio.
Purtroppo non tutti hanno la sensibilità per apprezzare l’estro creativo dello chef Adolf Chan. “Provatelo se volete togliervi la curiosità su che sapore possa avere il contenuto del sacchetto dei rifiuti”, dice Annibalo Trivulzio sulla rivista culinaria Infornalo. “Mandateci un amico. Quando perde una scommessa”, consiglia Armande Parmantier su Enjambement, il giornale francese di cucina interrotta. Ancora, Giorgio Teroldego ammonisce, nella sua rubrica dedicata ai vini e al traffico Imbottigliati: “Se vi piace quel posto vi tolgo dagli amici di facebook”. Ultimo, ma non di minore importanza, il critico Antonicco Sgarrapazzi sul periodico di cucina minimalista Nutriti: “Questo locale mi ricorda i profumi di quando i miei genitori mi portavano a passare l’estate dai nonni. Ma io odio i cimiteri”.
 
Marco Murgia nasce all’ospedale di Ponte Dell’Olio, il quale, reo di aver permesso questo, nel giro di pochi anni viene chiuso e convertito in una clinica riabilitativa. Per vendicarsi di quest’antica vicenda, Marco si laurea in psicologia con una specialità neuropsicologica e inizia un periodo di praticantato proprio tra quelle stesse mura, animando dall’interno rivolte sovversive, scambiando i referti radiologici e togliendo il tonno dai tramezzini preparati per l’ufficio amministrativo. Ora, conclusa la sua vendetta, si occupa di psicogeriatria. Irriducibile giocatore di calcio a cinque, appassionato di montagna, quando non può farne a meno scrive anche dei racconti. Il suo ultimo lavoro è la raccolta “I fratelli Ammazzatempo” (ed. Creativa, 2013).

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