mercoledì 29 ottobre 2008

MADRID, 03

Domenica 19 ottobre

L'autobus ci lascia in Glorieta Puerta de Toledo, teatro di un progetto di riqualificazione ad opera di Navarro Baldeweg, il quale sottolinea il carattere pubblico e istituzionale dei nuovi manufatti (un centro sociale, un centro per anziani, una biblioteca) elevandoli mediante un basamento di granito grigio che definisce il margine settentrionale della piazza e individua una sorta di piccola acropoli.
Qui ha inizio il nostro tour attraverso i principali interventi contemporanei realizzati all'interno del centro antico.
Allora percorriamo gli stretti e tortuosi vicoli dei quartieri del Rastro, dove come ogni domenica mattina c'è il mercatino delle pulci, e del barrio di Lavapiès, dove possiamo apprezzare la riqualificazione di Plaza Lara (Linazasoro) e il nuovo Teatro Olimpia (Paredes y Pedrosa).
La tappa successiva è il Centro d'Arte Reina Sofia, recentemente ampliato da Jean Nouvel mediante l’addizione di un volume triangolare sormontato da un’imponente copertura a sbalzo in metallo lucido rosso. Nel complesso risulta poco convincente il prospetto verso Atocha, mentre è straordinaria la grande corte venutasi a creare tra il volume nuovo e il palazzo settecentesco, ovvero una vera e propria piazza coperta che costituisce un vero e proprio brano di città.



Attraversiamo la strada per raggiungere la Stazione di Atocha, opera di Moneo, dove gli elementi della composizione di maggiore rilievo sono la lanterna cilindrica e la torre parallelepipeda dell'orologio.
Sempre Moneo è il responsabile dell'ampliamento del Museo del Prado. Anche se è necessario tenere conto dell'immensa difficoltà insita nel progetto, la sensazione è che al grande maestro spagnolo sia in questo caso mancata una giusta dose di coraggio e sfrontatezza.
Coraggio e sfrontatezza che non difettano invece ad Herzog & de Meuron.
I due straordinari architetti svizzeri hanno recentemente convertito un'ex-fabbrica in un centro culturale polivalente (Caixa Forum) mediante un’ardita opera di sottrazione (ne hanno eliminato di fatto il basamento di solido granito) e di successiva addizione (la hanno sopralzata con un parallelepipedo irregolare in acciaio courtain).


L'aspetto più straordinario è quello strutturale: siamo in dieci o venti tra architetti e ingegneri e siamo tutti lì, mentre aspettiamo pazientemente di entrare in coda, a domandarci come fa a stare su...
Dopo una buona paella al ristorante della Caixa, che vista dall'interno un pò ci delude per la scarsa attenzione ai dettagli, rimane solo il tempo per una rapida incursione in uno dei fantastici musei della città.

MADRID, 02

Sabato 18 ottobre.

Il tour guidato per le zone periferiche della città inizia dal grande cantiere delle Cuatro Torres, allineate all'estremità nord della Castellana e ancora in costruzione. Terminati i lavori, probabilmente nella primavera del 2009, i quattro rascacielos modificheranno per sempre la skyline della città.
In generale, si può sottolineare la distanza tra l’approccio più formalista e creativo dei due grandi studi americani (César Pelli; Pei, Cobb, Freed & Partners, che propongono forme geometriche complesse, ottenute mediante tagli e rotazioni) e quello più tipologico e pragmatico dei progettisti europei (Alvarez y Sala; Norman Foster).



Proseguiamo verso est, in direzione Sanchinarro.
Qui, in un contesto anonimo e povero di segni, gli olandesi MRDRV hanno realizzato un "superblocco" residenziale, ovvero una torre parallelepipeda caratterizzata da un vivace patchwork nei rivestimenti esterni e da un enorme buco centrale, pensato come mirador sul paesaggio urbano.
Un lenzuolo appeso a una finestra, là in lato, recita:
"Balconi per stendere i panni? No, solo design".

Il viaggio prosegue verso sud.
Sollecitato a più riprese, Sergio improvvisa un'interessante lectio magistralis sui temi del grattacielo e della porta urbana.
Nel frattempo arriviamo a destinazione, ovvero il sobborgo di Villaverde, dove senza troppa fatica troviamo il complesso residenziale di Chipperfield.
La composizione libera tra i pieni dei pannelli prefabbricati di rivestimento dai colori terrosi e i vuoti delle aperture vetrate contribuisce a sdrammatizzare la compattezza di questo enorme monolito.


Una signora, probabilmente un'inquilina del palazzo in questione, passa davanti al nostro gruppo, scrolla la testa e ci dice:
"Questo edificio es una mierda!"
Stavamo appunto domandandoci, stimolati su questo punto da Sergio, del perchè spesso le cose che piacciono agli architetti non piacciono alle persone comuni...

L'impostazione degli interventi di housing di Carabanchel, progettati da diversi studi di architettura locali (Aranguren y Gallegos; Madridejos y Ochinaga; Albarola y Martorell; Foreign Office), si differenzia invece per un approccio sostanzialmente funzionalista e una maggiore attenzione alla scala urbana.


La nostra visita si conclude nel quartiere popolare di Usera, dove la Biblioteca Pubblica José Hierro emerge, criptica e impenetrabile, alla stregua di una scultura urbana.
Dopo un pò di shopping del tardo pomeriggio nella zona di Puerta del Sol, l'appuntamento per tutti è fissato per la cena sociale presso l'Ene Restaurante, in Calle del Nuncio, La Latina. Qui, sulle comode sedie progettate dal nostro Carlo, uno dei grandi designer della tradizione del nostro paese, gustiamo tonno e ternera di solomillo. Qualcuno, al piano terra, mangia sdraiato su una sorta di tatami, e la stanchezza prende il sopravvento: Margherita, nove anni, si addormenta dopo le prime portate. La piccola Cecilia, invece, stasera non ce l'ha fatta ed è già in albergo a riposare.

MADRID, 01

Venerdì 17 ottobre.

Piove anche a Madrid, chi l'avrebbe mai detto?
L'acqua inizia a scrosciare proprio nel momento in cui l'autobus lascia il nostro gruppo in Calle Mayor, ma dura assai poco, giusto il tempo per scatenarci nella ressa alla ricerca di un paraagua portatile nei negozietti di chincaglieria gestiti dai cinesi.
La passeggiata nel centro storico di Madrid procede dunque senza intoppi: la meravigliosa Plaza Mayor, capolavoro dell'urbanistica seicentesca spagnola, la Plaza de la Villa, l'Almudena e il Palacio Real - sontuosa opera barocca degli italiani Juvarra e Sacchetti - e per finire il Callao e la Gran Via, costeggiata da raffinati edifici fin-de-siecle.
Qui il gruppo si scioglie. Alcuni di noi proseguono sino all'elegante Circolo delle Belle Arti, realizzato da Palacios nei primi anni Venti, uno dei migliori esempi dell'architettura madrilena di inizio secolo, per poi cenare in uno dei locali più antichi di Madrid, l'Hlardy, situato nei pressi della Puerta del Sol, tra esili colonnine in ghisa, vecchi parquet scricchiolanti e pareti tinteggiate con colori caldi e vivaci.

La nostra prima giornata è filata via liscia, malgrado i miei timori di imbarcarmi su un volo Alitalia proprio di venerdì 17...
Al nostro arrivo all'aeroporto di Barajas, poco dopo le undici, abbiamo trovato ad attenderci Mikaela e l'autista che, senza perdere tempo, ci ha accompagnato in una prima ricognizione della città, in particolare della zona immediatamente a nord-est del nucleo storico, gravitante attorno al Paseo de la Castellana (le Torres Blancas e il Banco de Bilbao di Sainz de Oiza, l'Hotel Puerta America di Nouvel e altri, le KIO Torres a Puerta Europa di Philip Johnson e Burgee & Ass.)


La Castellana è l'arteria principale della città, la taglia tutta da nord a sud: essa costituisce da sempre, almeno dalla metà del XIX secolo in poi, la sua colonna vertebrale. Per questo motivo, i madrileni la considerano il vero fiume della città, dal momento che il Manzanarre si trova, invece, in posizione defilata e poco strategica.
Nel primo pomeriggio siamo finalmente scesi dall'autobus per sgranchirci le gambe e per gustare qualche tapas al Cafè Teatriz, un raffinato ristorante ricavato da Philippe Starck in un antico teatro, per ammirare l'Edificio Girasol, uno delle opere più famose di Coderch, e per finire con la visita al Santiago Bernabeu, uno dei templi mondiali del calcio, recentemente ristrutturato dall'Estudio Lamela.


Secondo recenti statistiche è proprio il Bernabeu, e non il Prado, il monumento più visitato della capitale spagnola...

venerdì 24 ottobre 2008

Il cugino più di tutti (tra quelli maschi, ovvio), Andrea - noto estimatore del Drugo: con il tempo ho imparato a considerare l'amore incondizionato verso The Big Lebowski come una chiara discriminante che individua le persone che mi piace frequentare - mi ha inviato un prezioso articolo uscito sull'ultimo numero di D di Repubblica, riguardante il mondo del Lebowski Fest.
Lo posto qui sotto (cliccando sulle immagini le ingrandirete sino a renderle, più o meno, leggibili).

Qualche giorno fa un altro amico, Daniel, mi ha portato in dono un bel volume, su carta patinata, sui più grandi film di tutti i tempi.
A casa, sfogliandolo con attenzione, mi accorgo dell'assenza, a dir poco clamorosa, del capolavoro dei fratelli Coen.
Allora gli invio un sms, con cui dico, grazie, davvero bello, ma non c'è il Drugo.
Lui mi risponde, è vero, ma devi tener conto che lui ormai esula dalla storia del cinema, lui fa parte a pieno diritto della storia della filosofia.
La sua risposta, a caldo, non mi sembra convincente, ma poi più ci penso più mi accorgo che, sì, cazzo, bisogna ammetterlo, il Drugo è stato uno dei più grandi pensatori del XX secolo.



martedì 21 ottobre 2008

Tanz bambolina


Mi piace portare Agnese all'asilo, anche se non riesco a farlo poi così spesso.
Lei, invece, viene poco volentieri con me, un pò perchè adora sua madre, un pò perchè, sostiene lei, il seggiolino della mia auto è molto scomodo e quindi non riesce a schiacciare l'ultimo pisolo prima di arrivare a destinazione.
Così devo convincerla con metodi abietti, ovvero devo letteralmente comprarla.
A volte le prometto i soldi di cioccolato, un suo autentico "must", anche se il problema è che ormai non li vende più nessuno, è roba datata, nemmeno la cioccolateria sotto lo studio: li tengono solo sotto Natale, mi dicono. E allora non mi resta che andarli a cercare all'Autogrill, cazzo, davvero comodo.
Oppure le permetto di portarsi dietro, a titolo di risarcimento morale, quantità assurde di giochi e bambolotti, che sono in grado di consolarla come una coperta di Linus.
Stamattina, per dirne una, abbiamo caricato Chicken Little su un passeggino di Ciccio Bello.
Avreste dovuto vedere la faccia della sua maestra, mentre commentava con evidente disapprovazione l'ennesimo trasloco.
Io dico sempre all'Agnese: guarda che la maestra si arrabbia, ma lei alla fine l'ha sempre vinta, la piccola testolina di cazzo.

Avete presente quegli articoli sui giornali che tracciano l'identikit del padre moderno, immaturo e poco autorevole, che lascia alla madre - che già deve fare tutto il resto - il compito di dire di no?
Ecco: quello sono io.

Durante il viaggio, invece, comando io, ho la situazione sotto controllo.
Niente canzoncine per bambini.
Ho fatto credere a mia figlia, con una pietosa menzogna, che non esistono ancora sul mercato i cd con la sigla di Heidi o degli altri cartoni animati.
Lei l'ha bevuta.
Per ora.
Il suo preferito, adesso che sono in piena fregola anni '80, è Camerini.
"Tanz Bambolina", soprattutto.

Al nostro arrivo all'asilo, mettiamo in scena - ormai da due anni - la solita gag sul menù del giorno.
Lei mi chiede di leggere cosa c'è scritto sulla lavagnetta collocata proprio all'ingresso.
Io allora inizio:
- "Minestrina in brodo con topo morto",
oppure:
- "Formiche arrosto con contorno di farfalle e vermi disossati" (tanto lei non sa che sono invertebrati, ndr),
o anche:
- "Ali di pipistrello alla griglia in pasticcio di medusa e alga marina",
eccetera eccetera.
E lei ride.
Da quasi due anni.
Scrolla la testa ridendo e mi fa, non è vero, papà, ma cosa dici.
No, no, è tutto vero, rispondo io, tuttavia senza risultare essere troppo convincente.

Dopo aver oltrepassato l'androne, dove l'acre odore dei prodotti disinfettanti ci avvolge senza possibilità di scampo - non ho ancora capito cosa cazzo usano, forse uranio impoverito - facciamo ingresso nella grande stanza dei giochi, dove già un esercito di piccoli bastardi salta strilla e schiamazza senza sosta.
E qui succede una cosa strana.
Vado incontro ai bambini che conosco, normalmente figli di amici e amiche, faccio per dire due loccate con loro, e loro - gli stessi che quando ci vediamo fuori dall'asilo non mi mollano per un attimo - non mi cagano di striscio.
Mi guardano, guardano i loro compagni con aria interrogativa - del tipo: ma chi è questo stronzo? - e poi si girano dall'altra parte.
Cioè: si vergognano di me.

Sono davvero dei piccoli bastardi.

Allora saluto con un bacio in fronte Agnese, che nel frattempo si è messa il grembiule a quadretti bianchi e rosa, che sembra una tovaglia per la colazione, e due buffe pantofole con su un ippopotamo - non due ippopotami, ma un ippopotamo tagliato in due tronconi - e mi dirigo verso l'uscita.
Appena fuori, entro nel bar lì a fianco per bere un caffè.
La coppia di gestori è simpatica come un gatto sui maroni, normalmente mi servono il caffè con lo sguardo fisso sul monitor a cristalli liquidi collocato sul muro proprio alle mie spalle, di solito sintonizzato sulla replica di una merda di reality show.
D'istinto, stamattina, mi giro anch'io verso la tv.
C'è Mtv.
Il video non mi è nuovo, e nemmeno la musica.
Cazzo, sono i R.E.M.!, mi dico, ma non riconosco il pezzo. Lascio scorrere le immagini postmetropolitane sullo schermo e penso, sarà di uno degli ultimi album, li ho sempre un pò sottovalutati, gli ultimi album dei R.E.M., ma questo pezzo non è male.
Finalmente compare in sovraimpressione il titolo del brano: "Man-size wreath".
Lascio un euro sul bancone ed esco dal bar, canticchiando ancora "Man-size wreath".
Appena arrivo in studio, mi dico, vado sul sito dei R.E.M. e mando una mail di scuse.
Ehi, Michael, gli scrivo: Cazzo, davvero niente male, "Man-size wreath"!

giovedì 16 ottobre 2008

Indovina chi è', 01

Si inaugura con questi due notevoli scatti casalinghi la galleria dei ritratti anni '80.



Notare la pregevole fattura della tappezzeria a righe verticali, il delicato cromatismo della moquette a pelo corto e i sobri fiori finti, in tinta, sulla sinistra.

Davvero niente male anche la scelta delle calzature, ovvero:

* Espadrillas bianche. Che nostalgia, per le battaglie al campeggio della parrocchia con le espa bagnate, bastava immergerle nella fontanella del cortile che diventavano un'arma di distruzione di massa...

* Le Adidas vintage a strisce blu. Non ricordo il nome del modello - qui ci può aiutare Steve, uno dei massimi esperti di scarpe ginniche a livello mondiale, oltre che consumatore senza freni - io d'altro canto ho quasi sempre optato per le Tampico, che si distinguevano per dimensioni maggiori e para in gomma più robusta, e duravano di più nel traffico a centrocampo nel capetto in cemento dell'oratorio.

I jeans invece dovrebbero essere Roy Rogers, Pezzali ne sarebbe orgoglioso.

Avrete senz'altro riconosciuto questa tipa...

Inviatemi una vostra fotografia anni '80 all'indirizzo: gbattm@libero.it
Sarà pubblicata.
Anonimato garantito.

martedì 14 ottobre 2008

Desaparecidos

Oppure Wanted, dead or alive!, per citare un altro classico eighties...
("You spin me round" a questo punto è d'obbligo!)
In un tripudio di sintetizzatori e di pianole elettriche si sta chiudendo in queste ore, e in modo definitivo, la tracklist del cd "40+40=80".
Qualcuno ha già inviato le sue preferenze, qualcuno resta desaparecido.
Tipo Big, che pur impazza su Facebook, pontificando come lui sa e iscrivendosi a svariati gruppi come "gli estimatori della carta vetrata" o "gli amici del bulldog francese", ecc...
Ma ancora di più colpisce il silenzio di DJ Looka, il re del mixer, colui che avrebbe dovuto dare l'imprimatur (si dice così?, boh...) decisivo al progetto con le sue dritte e i suoi veti.
E invece niente.
Eppure, è ancora tra noi, come sembrano infatti dimostrare le tracce - seppur rudimentali - di sè lasciate sui blog amici di Jr e Blackbado.
Speriamo si faccia vivo.
Chi lo avvistasse in giro, è pregato di comunicarcelo urgentemente.
Per chi non lo conoscesse, è quello al centro di questo recente scatto, insieme con gli altri sedicenti Fratelli del Pop:

domenica 5 ottobre 2008

Ampio risalto alla festa "40+40=80" sulla stampa specializzata e non:

http://www.piacenzasera.it/portfolio/personalizzazioni/HomePage.asp?id_prodotto=4375&id_categoria=4&commenti=s

Grazie a Mauro e Paola, ci avevano messo così tanto impegno per costruirsi una solida reputazione professionale...

Nella fotografia, i due festeggiati sono con Il Dottore, ovvero Gigi, dominatore incontrastato della speciale classifica per il migliore travestimento della serata, ance se a dire il vero prima o poi ci dovrà spiegare cazzo centravano gli anni '80...

Secondo classificato: Big, con una spettacolare mise in stile rapper alla RUN DMC.

Terzo posto ex-aecquo: Laura, con un paio di scarpe che da sole meritavano il prezzo del biglietto, e Maurizio che ha sfoggiato la sua ormai classica parrucca sotto gli occhi del megadirettore Bosoni.

Grazie a tutti gli ospiti, e anche a chi, purtroppo, non è riuscito a venire.

"Non potendo venire stasera a festeggiare gli anni ’80 e i vs 40, ho pensato di “regalarvi” …. come eravate agli inizi degli anno ’80.
Esattamente il 22 novembre 1980!!!!
"

Grazie!
La preziosa immagine è stata esposta all'ingresso del locale, venerdì sera.

Per chi non ci avesse riconosciuto, ricordo che CJ è quello sulla sinistra.
Paulette sulla destra.

Una lettura affrettata e poco approfondita della fotografia potrebbe portarvi a pensare che CJ fosse in quel periodo uno squallido lardoso, ma non è così.
Analizzando la geometria dell'immagine, è facile invece intuire che il suo viso è paurosamente dilatato a causa del suo essere in primo piano, ovvero - Brunelleschi insegna - trattasi di un effetto ottico dovuto alle leggi della prospettiva.

In quell'epoca, infatti, CJ seguiva un programma di alimentazione sano ed equilibrato, basato sostanzialmente su:

- una slitta di focaccia con le cipolle e/o olive appena prima del pranzo, che acquistava nella panetteria appena fuori dalla scuola, proprio all'angolo tra via della Ferma e via X Giugno; dal momento che CJ spendeva tutti gli spiccioli in figurine della Panini e che quindi non aveva mai soldi in tasca, la sua ingegnosa tattica consisteva nel chiedere al negoziante di mettere tutto sul conto, finchè verso marzo esso era lievitato a una cifra esorbitante e il negoziante stesso, avido e rancoroso, aveva telefonato la Giulia (la madre di CJ e Paulette, ndr) e le aveva lasciato due giorni di tempo per saldare il tutto.

- un sacchetto di gommose di liquerizia che acquistava nella latteria di via Alberoni, dal mitico Zauro, da mangiarsi appena prima di cena dopo aver sdrucito l'ennesimo paio di jeans sul campetto di cemento di San Savino. Queste giuggiole erano state ribattezzate dal Reggio "Fuel" (a quei tempi nella sala giochi del Bar Sport impazzava il Moon Ranger, un videogioco con protagonista un mezzo corazzato che, per andare avanti nelle varie schermate, doveva continuamente fare rifornimento, appunto il fuel) per sottolineare la totale dipendenza di CJ nei confronti delle stesse. Non ricordo come ne uscìi, probabilmente con pesanti dosi di metadone presso il Sert.

Sempre CJ sulla sinistra.
In verità, questa fotografia non è propriamente anni '80.
Correva l’anno 1978, esattamente il 17 luglio.
Desidero far notare:
- i fantastici sandalini gommati da Trebbia, in un sobrio colore rosso;
- le agghiaccianti pettine made in Giulia: la prima volta che sono andato da un barbiere vero avrò avuto sedici anni!

sabato 4 ottobre 2008

Riso in bianco

I postumi della festa di venerdì sera si sono concretizzati, la mattina dopo, in una terribile nausea, in un catarro della consistenza del cemento armato e, in generale, in uno stato mentale piuttosto approssimativo: diciamo pure che ero totalmente imbambolito.
A stendermi è stato il White Russian, a me nemmeno piace la Vodka, su questa cosa il Drugo non lo seguo.

Verso le undici scendo in città, guidando quasi per inerzia.
Mi presento da Mediaworld per acquistare la Eos 400D in offerta e ne hanno ancora una sola, bene, cazzo, ogni tanto un colpo di culo non guasta. Nel dettare il mio nome per il modulo per l'estensione della garanzia, l'addetto scrive Benzani. Scusa, gli faccio, ho un raffreddore della madonna, il mio cognome è con la M di Milano. Lui straccia i fogli e si rimette a scrivere.

Poi faccio un salto al supermercato dove, una volta entrato, mi accorgo che senza un fottuto carrello non sarei mai riuscito a prendere la frutta e la verdura, dal momento che avevo già tutte due le mani impegnate con le buste di Mediaworld. Allora, appena all'ingresso, recupero uno strano carrello, ci deposito sopra le sporte e inizio il mio difficile viaggio nel labirinto delle corsie.
Questo carrello è proprio strano, penso, proprio non riesco ad andare dritto. E poi continuo a urtare gli spigoli dei banconi, anche perchè questo aggeggio diabolico - chissà per quale assurdo motivo - ha le ruote posteriori molto più larghe di quelle anteriori.
Travolgo un espositore di merendine, e mi dileguo senza lasciare traccia.
Al riparo da occhi indiscreti, osservo il carrello e, cazzo, mi accorgo che lo sto usando al contrario.
Quando arrivo alla cassa, la commessa - una ragazza giovane e piuttosto spigliata - mi apostrofa con commiserazione. Metta giù quel carrello, mi dice, è per i disabili e ne abbiamo solo due.
Ehm, abbozzo io, in effetti mi era sembrato un pò strano. Non faccio la spesa così spesso, l'avrà capito, aggiungo senza troppa convinzione.
Vada a rimetterlo dove l'ha trovato, mi dice.
Appoggio tutte le mie cose sul nastro trasportatore e mi dirigo verso l'ingresso.
Al mio ritorno, la cassiera ricomincia a battere i prezzi.
Io, imbarazzato, volgo lo sguardo lontano, verso un punto imprecisato del controsoffitto.
Respiro a bocca aperta, quasi in apnea.
La stanchezza mi sta crollando addosso all'improvviso, cristo, ho dormito neanche tre ore: ho anche preso un Plasil che, mi ha detto Sandra, provoca sonnolenza.
Resto lì in sospensione, cullato dai beep del lettore ottico, e socchiudo gli occhi.

Signore!
Io niente.

Signore!, ripete ad alta voce la cassiera.
Allora mi scanto, e la guardo ancora intontito.
Ha la patta aperta, mi dice lei con aria disgustata.
Mi scusi, faccio io pieno di vergogna, mentre mi accingo a tirarmi su la cerniera.

Merda.
Come vorrei essere già fuori di qui.
Questa tipa pensa che sono un idiota integrale, un disadattato, o peggio un maniaco sessuale, un tipo che all'improvviso si apre l'impermeabile nei giardinetti.

Avrei potuto dirle, per giustificarmi: non mi sento molto bene.
Oppure: ho avuto una serata difficile.
Invece mi limito ad aspettare il turno di pagare, con un sorrisetto da ebete stampato in faccia.
Striscio il bancomat e, mentre mi affretto a mettere tutte le cose nei sacchetti, lei - forse un pò pentita per il tono secco che ha usato sino a quel momento - improvvisa una conversazione incentrata sul fatto che, messo così, avrei potuto certamente chiedere una settimana di mutua e starmene a letto una settimana. Io provo anche a risponderle, ma per via del catarro riesco a emettere solo suoni gutturali.
Finalmente ho finito, sto per andarmene quando un'amica di Sandra, che era da poco in coda dietro a me, mi fa: e adesso come fai senza un carrello?
Allora realizzo che devo trascinare sei pesantissime buste di plastica fino alla macchina, ovviamente posizionata in fondo al parcheggio.
Quando arrivo alla Scenic, sono fradicio di sudore.
Salgo, respiro piano, mi stiro un pò i muscoli, accendo la radio e mi appresto a ripartire.
Squilla il telefono. E' Sandra.
Stai arrivando?
Sì.
Cosa vuoi da mangiare?
Riso in bianco, rispondo io, sognando di essere già sotto le coperte.

venerdì 3 ottobre 2008

Take it easy

E così sono arrivati 'sti fatidici 40 anni.
Cazzo.
Stamattina, scendendo a valle con l'Agnese sul suo seggiolino che ascoltava la storia di Nemo, rimuginavo sulla caducità delle cose e sull'inesorabile scorrere del tempo.
Il papà vuole che tu rimani sempre così piccola, le dico.
Non posso, papà. Devo diventare grande come il Tato, dice lei.
Ah, dico io. Allora non si può.
No, dice lei.
Avreste dovuto vedere il suo viso, dolce e stupito al tempo stesso, riflesso nello specchietto retrovisore.
Una vena malinconica stava avvolgendo i campi coltivati all'orizzonte, appena baciati da un pallido sole.

Ma per fortuna c'è la radio.
Avete presente quello che dice il Liga, quando certe notti la radio capisce chi sei e allora mette Neil Young ecc...
Ecco, stamattina, Virgin Radio capisce chi sono e mi piazza a manetta un classico degli Eagles, "Take it easy".
Massì, dai, C.J., take it easy!

mercoledì 1 ottobre 2008

40+40=80, 02

DJ Looka (di seguito denominato "resident dj") e Don Franco (special guest) sembra non lascino trapelare alcuna indiscrezione sulla scaletta ufficiale di venerdì sera, ma alcune voci sempre più insistenti parlano di una vera e propria virata trash.
In ogni caso, se elettro-pop deve essere, che elettro-pop sia.
Ecco la mia lista definitiva:

1) Don't go - Yazoo
2) Dance all days - Wang Chung
3) Smalltown boy - Bronski Beat
4) Man eater - Hall&Oates
5) Big in Japan - Alphaville
6) Don't you want me - Human League
7) Tainted love - Soft Cell
8) Hold me now - Thompson Twins
9) Gold - Spandau Ballett
10) Don't leave me this way - Communards

Per scongiurare tale deriva, c'è da augurarsi un intervento attivo in consolle di DJ Bed Sabidda, con la sua solida formazione sui grandi classici anni '80 (Fall, Sonic Youth, Nick Cave, Cure, Police, Minutemen, i primi R.E.M., New Order, ecc...), mentre è da evitare come la peste l'apporto demenzial-rock di DJ Karako.

Perchè l'argomentazione dei sostenitori della serata trash ("in quell'epoca noi ascoltavamo robe così"), non regge.
Cioè, in parte è vero, come tutti ascoltavo l'Hit 105 e a volte anche Discomania con Federico l'Olandese volante, mi ciucciavo tutti i giorni DJ Television su Italia 1 appena tornato da scuola, compravo addirittura l'album dei Phd (o forse l'ho guzzato a qualcuno...).
Però avevo già scoperto Carlo Massarini e Mr Fantasy.

Ecco i primi tre dischi acquistati da me e Paulette, correva l'anno 1982:



(seguiti da "Shango", non proprio l'album migliore nella discografia dei Santana).
Mica robetta...

E poi, non vorrei fare lo sborone, ma io ricordo le facce degli amici della panca quando portai su nella sala dell'oratorio, quella che il Ludo aveva attrezzato con uno stereo nuovo di pacca, i vinili di "War" degli U2 (molto, molto prima di Pride) e di "Sparkle in the rain" dei Simple Minds, o i Big Country. A quell'epoca ero un fan agguerrito di Giampiero Vigorito, acquistavo tutti i dischi che lui recensiva su "Rockstar", forse la rivista più decente di quegli anni (in realtà "War" lo scelsi dopo aver letto dieci righe entusiastiche su "Stereoplay", onore al merito), dagli Style Council a Sade, dagli Everything but the girl a Robert Wyatt, anche se scoprìi "Old Rottenhat" - che avevo già in casa - solo anni dopo, su consiglio di Bed Sabidda.
Chiamo in mia difesa il Capriglia, lui a quell'epoca ascoltava Taffy e Sandy Marton...

Dite la vostra!

lunedì 29 settembre 2008

Una nostra esclusiva


E così anche il vecchio ciliegio se n'è andato, non c'è stato nulla da fare.
Era stato colpito da una malattia frequente in questa specie, tipo invecchiamento precoce, probabilmente per colpa di una potatura piuttosto barbara.
L'unica cosa da fare era abbatterlo, aveva sentenziato quest'estate il Serr***, il nostro esperto in materia, un esperto per la verità con la mano un pò pesante, fosse per lui raderebbe al suolo ogni cosa che c'è in giardino, diciamo pure che non è per l'accanimento terapeutico.
Povera pianta, ci eravamo affezionati, in fondo era giovane, solo un paio d'anni in meno del sottoscritto...

Rientrando a casa, quel grande vuoto dietro casa mi ha colpito nel cuore.

La sua assenza è già opprimente, sembra un paradosso, lo so, nel senso che quell'albero enorme incombeva sulla casa in modo sinistro.
La verità è che con lui al nostro fianco, a guardarci le spalle, è come se ci sentissimo più protetti.

Ma intanto le motoseghe scoppiettano senza pietà, e del vecchio compagno ormai non vi è più traccia, se non alcune radici talmente diramate che sarà difficile eliminare.
Oscar guarda gli operai al lavoro e sembra pensare, cazzo, non si può mai stare quieti, qui, tutti i giorni ce n'è una, ma non sono capaci di stare un pò fermi?
Aprendo gli scuri della finestra del soggiorno, noto che adesso c'è più luce, molta più luce, magra consolazione, per chi ha visto almeno una volta lo spettacolo che andava in onda ogni marzo che il cielo mandava in terra, con la nuova fioritura. L'altra nota positiva, penso, è che quest'autunno dovremo rastrellare parecchie foglie in meno, e questa è già più convincente, cazzo, so di cosa parlo.

Sento il suono di un clacson, esco sulla soglia e mi trovo davanti un tizio obeso, ma direi obeso in modo raccapricciante, un paio di occhiali con montatura alla moda e due gote rosse, che mi saluta dicendo: si sta bene qui.
Eh sì, faccio io.
Oggi c'è caldo, dice asciugandosi la fronte con il dorso della mano.
Stamattina c'erano sette gradi, dico io, ma adesso s'è scaldato.
Le interessano dei surgelati, mi fa.
Ci siamo, penso io, sono qui immerso nell'infinita poesia di un ciliegio caduto e arriva lo stronzo a vendermi i suoi fottuti surgelati.
Devo ammettere che mi sbaglio.
Lo guardo bene, infatti, è un personaggio straordinario, nel senso letterale del termine. Persino letterario, direi, mi ricorda quei venditori di bibbie usate che popolano i romanzi di Soriano.
Senza impegno, mi fa lui, abbiamo un filetto di merluzzo favoloso, o il minestrone di verdure, è fantastico.
Mah, sa, di solito se ne occupa mia moglie, prendo tempo io, e intanto penso al modo più sbrigativo per liquidarlo senza essere maleducato.
Fagli vedere i gelati, dice il tipo al suo aiutante, un anziano anch'egli sovrappeso che era ancora seduto nel furgone. Eccomi qui nella trappola, penso io, non devo cedere a questi due cazzoni per nessun motivo.
Certo, qui abbiamo la confezione mista, mi fa l'altro dopo aver rinchiuso lo sportello a doppia mandata della cella frigorifera, ci sono anche il biscotto al cioccolato e un'imitazione del magnum con le praline di cacao fondente. Sono una nostra esclusiva, aggiunge e mi porge un'anonima confezione senza marca o logo o quant'altro.
Sticazzi, dico io prendendo in mano la scatola, quant'è?

martedì 23 settembre 2008

Crepe


Mi chiama un'amica e mi fa: una mia collega avrebbe bisogno di una tua consulenza, ha preso in affitto una vecchia casa in sasso, proprio lì dalle tue parti. E' preoccupata perchè ultimamente si sono aperte un pò di crepe, cioè, nulla di pericoloso, ma insomma, vorrebbe stare tranquilla...
Le dico, ok, d'accordo, dille di chiamarmi pure.
E' qua con me, mi dice lei.
Bene, passamela, dico io.
La tipa in questione mi dà appuntamento per quella stessa sera, presso il bivio sulla provinciale. Quando ormai il sole è tramontato, la trovo a piedi nel punto concordato, sul ciglio della strada. Le apro la portiera e la faccio salire e, dopo le presentazioni di rito, ci mettiamo in marcia verso la cima della collina.
La mulattiera sale irta nel bosco.
Dopo un paio di chilometri, lei mi dice di accostare la macchina. Siamo arrivati?, vorrei chiederle, anche se tutto attorno non vedo alcuna costruzione.
Da qui in poi è impossibile continuare, dice lei vedendomi perplesso, la strada si fa brutta, dopo quella curva ci aspetta il mio compagno, saliremo con lui.
Infatti lui è già in attesa su una vecchia Panda tutta ammaccata, con una portiera di colore diverso rispetto al resto della carrozzeria, i fari rotti e i sedili dall'imbottitura tutta sfondata che, merda, sembra di essere seduti sulla canna di una di quelle biciclette d'altri tempi.
Cristo santo, penso, questi qui tutte le volte che li va a trovare qualcuno devono mettere su una task-force con i controcazzi.
Il percorso è in effetti assai accidentato, ci sono buche che sembrano delle voragini, ma lui sembra infischiarsene, e le affronta a velocità folle, avanzando letteralmente a strappi. Perdiamo persino per strada un pezzo del paraurti, e siamo costretti a inserire la retromarcia per recuperarlo, anche se ormai dubitavo che potesse servire a qualcosa.
A un certo punto, appena prima di una rampa dalla pendenza vertigonosa, il tipo inchioda e poi esegue un paio di manovre in retromarcia, piuttosto scomposte per la verità, grazie alle quali la Panda rincula nel bosco, aggrappandosi a una scarpata ricoperta di cespugli di mirtilli e di felci.
Parcheggiamo qui?, chiedo io, sempre più disorientato.
No, cazzo, devo prendere un pò di rincorsa, dice lui, se no non non ce la facciamo. Tenetevi forte!, strilla, e poi accelera all'improvviso e si lancia sulla rampa di lancio, e a me par di decollare. Atterriamo pochi metri più avanti, e a quanto pare abbiamo superato l'ostacolo. Loro ridono e applaudono come due bambini. Evidentemente trovano la cosa molto divertente, io invece avrei voglia di vomitare.
Sono due fottuti squilibrati, penso, due cazzo di hippy fuori di testa.

A prima vista la casa sembra piuttosto conciata male, e a un esame approfondito è pure peggio. Avvicinandomi al portoncino di ingresso, mi accorgo che l'architrave è obliqua, gli stipiti laterali sono ceduti, e persino la soglia non è più in bolla. In pratica, il vano della porta ha una forma piuttosto irregolare, pare quasi un trapezio, scaleno se non erro. Lui apre con fatica l'uscio e poi cerca inutilmente di chiuderlo dietro di sè. Vedi, non si chiude più neppure la porta, mi dice. Annuisco, e intanto penso, lo so anch'io, sarà sempre così finchè non trovi una porta nuova a forma di trapezio scaleno del cazzo.
Entrando nel soggiorno ci investe l'acre odore dell'incenso.
C'è un divanetto imbottito in finta pelle con addosso alcune coperte ricamate a mano, una stufa di ghisa, un tavolino con una pila di libri e una radio a transistor su una mensola di legno. Nient'altro.
Il pavimento in pianelle di cotto è ceduto di schianto, sembra una catinella, al centro della stanza è più basso di almeno una spanna rispetto ai quattro lati. Quando entro nel cucinotto, uno stanzino misero con un lavello in pietra, un tavolino e due sedie in legno, non riesco a credere ai miei occhi: il solaio del piano di sopra è staccato dalle pareti perimetrali di quasi dieci centimetri, ci puoi infilare addirittura una mano, forse mezzo braccio. Molto comodo, dico, qualora decidiate di fare colazione a letto, cazzo, potete far passare tutto dalla fessura, anche se piuttosto pericoloso...
Le scale che portano al piano di sopra sono traballanti in modo inverosimile, anche se il tipo le ha un puntellate con delle barre di ferro arrugginito.
Di sopra lo scenario è inquietante, ci sono delle fessure talmente ampie che è possibile guardare fuori, verso la corte inghiaiata. La finestra della stanza da letto ha i vetri spaccati, talmente è deformata. Le travi del tetto sono appoggiate ormai solo sull'intonaco, e sono vicinissime al collasso.

Allora?, mi fa lui dopo un pò.
Il mio silenzio lo aveva reso un pò nervoso.
Qui sta crollando tutto, dico.
Dici sul serio?, dice lui.
Dico sul serio sì, cazzo.
Cazzo, dice lui.
Restare qui dentro è troppo pericoloso, dico. Da un momento all'altro il solaio della camera può cedere, e quando succede mica ti avverte. E se casca il solaio, può tirarsi dietro tutto il resto.
Cazzo, dice lui.
Lei scrolla la testa, visibilmente spaventata, forse sta pensando a tutti i rischi che hanno corso in questi mesi.
Usciamo a prendere una boccata d'aria.
Lui mi chiede: quanto ci vuole secondo te a mettere insieme ancora la baracca?
Così, su due piedi, è difficile darti una cifra, rispondo.
Lui dice: sai, potrei proprorre al proprietario della casa un accordo, ovvero io ristrutturo la casa a spese mie e in cambio non pago l'affitto.
Puoi star qui per i prossimi tre secoli a macca, penso io.
Cinquantamila euro, basteranno cinquantamila euro?, chiede speranzoso.
Ce ne vorranno più del doppio solo per l'involucro esterno, ribatto, poi devi aggiungere impianti, pavimenti, serramenti e tutto il resto. Buona parte della casa va demolita e ricostruita, non c'è altro da fare.
La Madonna, dice lui. Non si riesce proprio a tenerla su?
Al tuo posto non ci penserei neppure, aggiungo, sarebbe un'impresa disperata, oltre che un caso di vero e proprio accanimento terapeutico.
Lui annuisce. Improvvisamente, l'idea di ristrutturare questa casa deve sembrargli un'idea del cazzo.
Dobbiamo uscire di qui immediatamente?, mi chiede, recuperando un pò di sano pragmatismo.
Non ti sto dicendo di scappare stanotte, ma certo la cosa è urgente. Diciamo che potete prendervi il tempo per metter via le vostre cose. Avete un posto dove andare a stare?
Non mi rispondono.
Lui sta fissando un punto qualsiasi del soffitto.
Lei interrompe il silenzio: io non ho nessuna intenzione di restare qui a rischiare di fare la fine dei topi, dice.
Cosa pensi di fare?, chiede lui.
Ce ne andiamo subito, ecco cosa facciamo, risponde lei.
Cazzo, dice lui, proprio adesso che avevamo il frigorifero pieno.

(nell'immagine, "Cretto" di Alberto Burri, 1975)

N.B.: il post è largamente ispirato a un episodio realmente accaduto. Quello che è pura finzione, invece, è la descrizione dei personaggi, che nella realtà sono una simpatica coppia di "disobbedienti".

domenica 21 settembre 2008

40+40=80

Scatta il conto alla rovescia per la grande festa dei 40 anni di Cj e Paulette, il 3 ottobre prossimo al Bellavita di via Chiapponi, alla quale tutti i lettori del blog sono già da ora ovviamente invitati.
Al prestigioso live-act degli 80 Special di Peggy spetterà il compito di scatenarsi nella dance eighties (Imagination, Village People, Gloria Gaynor, Donna Summer, Falco, Alphaville, ecc), senza trascurare il trash puro.

Il successivo set con Dj Looka e Don Franco, invece, riproporrà tutto il meglio del rock del decennio, ovviamente sempre sul versante più orecchiabile e danzereccio.
Non è mio volere, qui, condizionare troppo i due Dj, che ovviamente avranno carta bianca, ma mi permetto lo stesso di proporre una mia personalissima, assai incompleta, track-list:

Begin the begine - R.E.M.; In between days - Cure; Enjoy the silence - Depeche Mode; Should I stay or should I go? - Clash; Hand in glove - Smiths; Shout - Tears for fears; Such a shame - Talk Talk; Don't you want me - Human League; Blue Monday - New Order; This is not a love song - P.I.L.; Glittering prize - Simple Minds; Hungry like the wolf - Duran Duran; Sunday bloody sunday - U2; Fiesta - Pogues; Fisherman's blues - Waterboys; Smalltown boy - Bronski Beat; Everything's exploding - Flaming Lips; Sweet child o'mine - Guns n Roses; Once in a lifetime - Talking Heads; Tom violence - Sonic Youth; Bombast - Fall; Kiss off - Violent Femmes; Bastards of young - Replacements; New England - Billy Bragg; Nightporter - Japan; Ashes to ashes - David Bowie; Owner of a lonely heart - Yes; You shook me all night long - ACDC; I.G.Y. - Donald Fagen; Shock the monkey - Peter Gabriel; Debaser - Pixies; Big mouth - Fugazi; Dead grammas on a train - Thin white rope; The mercy seat - Nick Cave; These important years - Husker du; Ulakanakulot - Virgin prunes; Kerosene - Big black; I wanna be adored - Stone Roses; Just like honey - Jesus & Mary Chain; Next to nothing - Died pretty; Bring the noise - Public Enemy; Underground - Tom Waits; Carry home - Gun Club; Mexican radio - Wall of Woodoo; Perfect - The The; Strange - Galaxie 500.

e non può certo mancare:
Non si esce vivi dagli anni Ottanta - Afterhours

Postate qui sotto la vostra lista, e anche i vostri eventuali suggerimenti per il look da esibire alla festa, che esige un abbigliamento rigorosamente "in tema".

Eccovi un'anteprima degli 80 special:



Nel frattempo, divertitevi qui a fianco con il mitico frogger, e votate il sondaggio sul più strepitoso videogame che la storia ricordi, in puro stile anni '80...

mercoledì 17 settembre 2008

Carta moschicida


L'appuntamento è per stamattina, ore nove, presso un casolare fatisciente della bassa, che trovo in fondo a uno stradello polveroso proprio ai margini di un torrente pieno di melma e canne di bambù.
Mi avvicino al portone della stalla, che sembra abbandonata, poi trovo la piccola abitazione, anch'essa deserta.
Un cane mi abbaia da dietro un cancello.
Del proprietario nessuna traccia. A dire il vero, già immaginavo che non venisse, molti fanno così. Vengo per una perizia per conto di una banca e, anche se non mi intendo per nulla di mutui subprime e quelle robe lì, non deve essere una bella storia.
Leggi: il nostro eroe deve aver combinato un qualche casino.

Penso: sono bene accetto come l'esattore delle tasse, come lo Sceriffo di Nottingham.
Altro che fare il creativo...
Direbbe Palahniuk: è la merda con cui mi pago da vivere.

Dopo aver atteso inutilmente una ventina di minuti, sto per abbandonare la mia posizione. All'improvviso, da una finestra del primo piano della casa lì accanto, vedo sporgere due braccia grassocce che appoggiano con cura due cuscini sul davanzale.
Chiamo e non mi sente nessuno.
Alzo la voce e si affaccia una signora di mezz'età, ancora in vestaglia, alla quale chiedo notizie sul nostro eroe.
Lei sulle prime non si sbilancia, ma poi assapora la possibilità di fare un pò di pettegolezzo e allora mi dice, aspetta, adesso scendo.
Mi apre la porta dopo pochi minuti, ed è ancora in vestaglia e con i capelli in disordine. Cammina aiutandosi con un bastone. Scusami, mi dice, mi sono alzata proprio adesso, cioè, ero sveglia da più di un'ora ma ero attaccata al computer. Computer?, chiedo. Ah sì, io appena mi sveglio mi butto sul computer e chiacchiero un pò con le mie amiche. Adesso stavo parlando con un'amica dalla Germania, poverina, ha fatto un'operazione per ridursi la pancia. Pensa, pesava più di 200 chili. Le hanno messo uno stomaco di un bambino di sei mesi. A una donna di cinquant'anni, pensa te. Adesso sta male, passa il giorno sul water. Non trattiene niente, non so se mi spiego, e accompagna le sue parole con gesti inequivocabili. Caspita, mi spiace, la interrompo io, più che altro perchè non voglio che scenda in particolari scabrosi. Anch'io devo perdere 25 chili, mi fa. Mi dicono tutti: ma dove ce li hai, questi 25 chili?, e invece è così. Io penso che i 25 chili ci sono tutti, nei rotoli faccidi che si intravvedono sotto la vestaglia, ma annuisco.

Rifiuto gentilmente un caffè, l'ho appena preso infatti, poi riesco a ottenere alcune informazioni sul nostro eroe, che a quanto pare ha ceduto tutti i suoi beni a un connazionale che smercia mercanzia varia in tutto il paese. Dovrebbe essere qui venerdì prossimo, se non erro, passa ogni tanto ma solo per stipare tutte le stanze con la sua paccottiglia, mi dice. Lascia sempre tutto in disordine, guarda là, mi dice indicando un cumulo di scatoloni di cartone accatatastati in un angolo del cortile. Abbiamo chiamato anche i vigili, ma niente. Qui è sempre un gran casino...
Provo a riportarla sul nostro eroe. Dove posso trovarlo?
Sa tutto Ben******, mi fa.
Ben******? E chi è?
Mio marito, mi risponde con tono sorpreso.
E' tutto così surreale.
Non so perchè, ma questa tipa è convinta che io debba sapere che Ben****** è suo marito.
Non so perchè, ma io certi personaggi li attraggo con estrema facilità, peggio di una carta moschicida.

Veramente è il mio ex-marito, si corregge con aria fintamente imbarazzata. Cioè, adesso vive a pochi metri da qui, in quella casa là in fondo con le persiane verdi. Andiamo d'accordo, pensa, viene a cena tutte le sere da me, da quando mi hanno dato l'invalidità permanente con l'accompagnamento obbligatorio... però, ognuno a casa sua.
Allora potrei parlare con suo marito, le faccio. Posso avere il suo numero?
Vado a prenderlo.
Mi abbandona nel suo soggiorno incustodito, mentre sale faticosamente le scale e scompare per una decina minuti o forse più, e io penso che sarebbe così facile raggirare la gente, ingenua e indifesa. Come questa signora simpatica e un pò svampita.
Quando torna mi dice: senti, perchè non vieni a vedere l'appartamento che ho ereditato da mia madre. Poveretta, è mancata solo giovedì scorso, ma con mia sorella ci sono già dei problemi per la divisione. Mi vuole fregare, quella strega lì. Sapessi quante me ne ha fatte passare... Eh, ma io la conosco. Stavolta non mi frega.
Ehm... io... forse... vedremo..., balbetto.
Le fai le stime?
Ma... sì, cioè, non è proprio il mio lavoro, ma se lei ha bisogno, dal momento che è stata così gentile..., rispondo io.
A domanda secca non so mentire.
Mi lasci il suo numero allora, mi dice estraendo dal cassetto una matita e un notes ingiallito.

Qualcosa mi dice che devo lasciarle un numero sbagliato.
Qualcosa mi dice che devo lasciarle un numero sbagliato e scappare di lì finchè sono in tempo.
E invece le lascio il mio numero, e mentre mi accommiato sulla soglia di casa le dico, mi chiami pure quando vuole.

sabato 13 settembre 2008

Incontro con l'eroe a Mantova

Dicono i critici che l'italia è diventato il paese dei Festival, anche se forse tutto ciò accade in ogni paese europeo, frutto forse di un bisogno culturale diffuso. Ce n'è per tutti i gusti: musica, mente, poesia, diritti, teologia, filosofia, architettura, letteratura, cinema muto, fantascenza... come direbbe Serra (anche lui a Mantova), manca solo il petomane. A quando il festival del peto?, la gara del rutto libero c'è già, si collegano sempre con Caterpillar.
In ogni caso, sabato scorso con Sandra decidiamo di andare a Mantova al festival della letteratura.
Collegandosi con il sito ufficiale della manifestazione, scopriamo subito la complessità della cosa. Solo sabato ci sono decine e decine di incontri, in varie location disseminate nel centro storico della città, con orari spesso coincidenti. Un'autentica emorragia di parole, davvero arduo orientarsi.
Con grande difficoltà, riusciamo a mettere insieme un programma interessante.
Prevede uno spettacolo per i più piccoli, la Parrella, giovane napoletana autrice di racconti per minimum fax, Mura che rievoca le grandi imprese del Tour de France, l'intervista di Lerner a Jonathan Safran Foer.
Provo a prenotare gli eventi, e ovviamente, è tutto SOLD-OUT, biglietti esauriti da settimane.
Lamadonna.
Dopo immane fatica, riesco ad acquistare cinque biglietti - con noi anche la famiglia Zavarov - per una rappresentazione teatrale sul tema delle canzoni di protesta folk nell'Aamerica della grande depressione. Che depressione, appunto.
Appoggiato a una transenna situata ai margini del cortile del Castello Ducale, sporgendomi un pò in avanti riesco comunque a origliare le prime battute dell'incontro con Foer.
L'incipit non mi entusiama.
Dice che qui è tutto bello.
Dice che Mantova gli ricorda New York, nel senso che Mantova sta all'Italia come New York sta all'America (che cos'avrà voluto dire, poi, forse intendeva la Mantova del XV sec. e la New York del XX sec., Leon Battista Alberti vs Frank Lloyd Wright, Mantegna vs Warhol).
Dice che lui è diverso, perchè lui è un giovane ebreo che vive da straniero a New York.
Dice che lui è diverso, perchè lui scrive per se' stesso, per propria soddisfazione, senza pensare al suo ipotetico pubblico.
Dice che lui è diverso, perchè lui è diverso e basta.

Leggo dalle cronache che dopo si è sciolto, ed è andato molto meglio.
Sarà, ma la delusione rimane. Forse è meglio non andarli ad ascoltare, sti scrittori. Accontentiamoci di leggerli.

Sentite come si presenta Foer nelle sue pagine:

Deve essersi accorto del cartello che tenevo perchè mi ha dato un pugno sulle spallen e detto: "Alex?" Io ho detto di sì. "Sei il mio interprete, vero?" Io gli ho chiesto di andare lento perchè non capivo. In verità stavo fabbricando tanta merda nelle mutande. (...) "Tu sei il mio interprete" ha ripetuto fabbricando gesti, "giusto?" "Esatto" ho detto io regalandogli la mano. "Io sono Alexander Perchov. Sono il tuo umile traduttore." "Non sarebbe carino picchiarti" ha detto. "Come?" gli ho detto io. "Ho detto" ha detto "che picchiarti non sarebbe carino." Ho riso. "Oh sì. Non sarebbe carino neanche picchiarti te. Ti scongiuro perdona la mia parlata. Non sono pregiato in inglese." "Jonathan Safran Foer" ha detto lui regalandomi la sua mano. "Come?" "Io sono Jonathan Safran Foer." "Jon-fen?" "Safran Foer" "Io ho il nome di Alex" ho detto. "Lo so" ha detto. "Qualcuno ti ha picchiato?" mi ha chiesto adocchiando il mio occhio destro. "E' stato carino per il Babbo picchiarmi" ho detto. Gli ho preso le valigie, e siamo andati fino alla macchina.
"Il treno ti ha accontentato?" gli ho chiesto. "Oddio" lui ha risposto. "Ventisei ore. Incredibile, la puttana." Questa ragazza di nome Incredibile, ho pensato, dev'essere molto laida. "Tu sei stato capace di Z Z Z Z Z?" ho chiesto. "Cosa?" "Sei riuscito a fabbricare le Z?" "Non capisco." "Requiem." "Che cosa?" "Hai fatto requiem?" "Oh, no" lui ha detto, "non ho fatto requiem neanche un pò." "Cosa'" "Io non... ho... riposato... per niente." "E le guardie del confine?" "Nessun problema" ha detto lui. "Ho sentito dire di loro tante cose, che mi avrebbero, sai, fatto vedere i sorci verdi. Invece sono entrate, hanno controllato il passaporto e non mi hanno dato noia." "Come?" "Avevo sentito che poteva essere un problema ma non è stato nessun problema." "Tu hai sentito parlare di loro?" "Sicuro. Avevo sentito dire che sono dei grossi stronzi malcagati." Grossi stronzi malcagati. Mi sono scritto questo nel cervello.


(J.S.F., Ogni cosa è illuminata, Guanda, 2002"

venerdì 12 settembre 2008

domenica 7 settembre 2008

TACCUINO DI PUGLIA, 01

13.08

La strada verso il Divertimento è quasi sgombra, a quest'ora della sera, per cui il viaggio verso sud procede senza intoppi. Niente esodo, e niente bollino rosso, almeno stavolta.
Cervia, Milano Marittima, Riccione, Rimini, sfilano via senza rimpianti.
Con il buio, il vuoto della grande pianura sembra fare meno tristezza.
La luna piena campeggia in un cielo color viola elettrico.
In mezzo al nulla, i tralicci dell'alta tensione brillano in modo sinistro.


Se vogliamo essere pignoli, qualche intoppo c'è.
Il lettore cd, un Blaukpunt piuttosto datato ma finora funzionale all'uopo, nel senso che aveva sempre fatto il suo dovere, stasera non va. Inserisco il disco, ma il bastardo, dopo aver rimuginato inutilmente una decina di secondi, me lo restituisce puntuale. Io riprovo, lui risputa. Ancora. Faccio un tentativo con la Winehouse. Niente da fare.
Non rimane che accendere la radio. Cristo. Non si riesce a trovare una stazione decente. Cerco di sintonizzarmi su Virgin, ma non c'è. Radio Capital è disturbata parecchio, ma non ho alternative. A parte Radio Maria, è chiaro. E' un classico. Puoi trovarti in qualunque parte del paese, nel deserto, sulle vette delle più alte montagne, in una grotta: stai pur certo che Radio Maria ti trova, con quelle voci cantilenanti, tetre e tristi, che solo a sentirle ti senti in colpa per tutti i tuoi peccati in pensieri, parole, opere e omissioni. E poi anche Subasio: questo invece è un dilemma, un incubo ci perseguita da anni. Di dove cazzo sarà mai questa stazione radio? Se volete sapere il mio parere, questi qui si informano sul nostro itinerario prima che noi partiamo, e poi ci inseguono spostando le loro postazioni...
E' un vero peccato, fortuna che ho l'iPod di riserva, per i lunghi tratti in autostrada mi tornerà utile.
Per il resto, sembra tutto ok.
L'Arca America è supercarico, i gavoni sotto i sedili sono stipatissimi di vettovaglie, cibarie e stoviglie, mentre gli sportelli in alto si chiudono a fatica per il vestiario da contenere, le biciclette sono sul retro, i libri, le mappe e le guide sono state accuratamente selezionate, non manca proprio nulla.
La sosta all'Autogrill - il più perfetto tra i nonluoghi nostrani - è inevitabile, quasi un rituale arcaico. Non puoi dire di essere veramente partito se prima non ti schiaffi nella pancia un Camogli o un Fattoria. O un panino con la cotoletta: il Gio se lo fa non appena entra in autogrill, a qualsiasi ora del giorno o della notte, deve essere un riflesso incondizionato. Segue tour forzato tra prosciutti al pepe nero e orrendi pupazzetti che intonano canzoni natalizie, anche in agosto, lì trovi sempre lì sugli scaffali, come un cattivo presagio, a me viene sempre in mente una di quelle freddure che giravano all'epoca delle Medie, quella sul tipo che faceva l'albero di Natale in giugno perchè aveva scoperto di essere malato.

(Ecco la mia personalissima classifica degli acquisti da Autogrill:
1. TUC
2. TOGO (per un certo periodo ho persino pensato li vendessero solo lì)
3. MADELEINES AL COCCO
4. CACCIATORINI BERETTA
5. GOMMOSE A FORMA DI SCARPA)

14.08

Dopo il riposo notturno, in un'area attrezzata nell'entroterra marchigiano, il mattino seguente siamo pronti a ripartire.
L'armonia del paesaggio collinare, punteggiato da filari di ulivi, piccole querce e alberi da frutta, è riposante e mette di buon umore.

giovedì 4 settembre 2008

Il caso Paolissimo

L'antefatto:
per festeggiare i 40 anni dell'esimio Prof. Catrame, e più in generale di tutta la classe 1968, è in fase di organizzazione una riedizione delle epiche sfide
REAL TRAPANA-DINAMO M.
Luogo Deputato: lo stadio Stefano Ver***, oppure il Comunale di Tuna (che non fa Comune...)
Giorno: 26 settembre 2008.

Il fatto:
La Real, nella persona del suo presidentissimo Andrea Ranc***, sta cercando di strappare all'acerrima rivale, che in questi giorni sta faticosamente cercando di risorgere dalle ceneri, alcuni uomini storicamente targati Dinamo.
Il caso più clamoroso è quello del piccoletto (che i due mister, ovvero i Menzi, hanno intenzione di schierare in attacco a far coppia con Big: i due si integrerebbero alla perfezione, sono una coppia alla Skuravy-Aguilera, anche in quanto a cattive frequentazioni...), ovvero un uomo che è sempre stato un pilastro della squadra, uno dei 5-6 dello zoccolo duro, insieme agli stessi Menzi, il Reggio, il Terenzio, ecc...
Altro caso eclatante: il Puccione, proprio il Puccione, l'uomo che C.J. ha schierato (tra gli strali dei compagni) per anni titolare nei vari tornei amatori, un centravanti dalle polveri bagnate che non ha mai segnato nemmeno con la matita: bella riconoscenza...
E poi la ciliegina sulla torta: Paolissimo. Nel suo caso, sarà decisiva la volontà del calciatore, la Dinamo non ha mai costretto nessuno a restare controvoglia.
Forse la Trapana adotta questi metodi.
Si profila un nuovo caso Robinho...

Per conoscenza, queste le patetiche motivazioni del presidentissimo Trapana, che si attacca anche (con poco stile) all'ultima vittoriosa battaglia:
"(...)esiste un editto presidenziale mai abrogato che recita: LA TRAPANA E' PER LA VITA. Qui non si vogliono volta gabbana! Chi decide di andarsene non vestira' piu' i leggendari colori bianco azzurri. Trovo altresì biasimevole il volersi accaparrare giuocatore che fu nemico e giustiziatore (con 1 gol mi pare - 8 furono di Capucciati) nell'ultima leggendaria sfida. Su Puccio mi pare che non abbia presenziato all'ultima disfida ne' tantomeno alle precedenti quindi e' soggetto da acquisire. Ritengo il ricorso alle buste il piu' sensato. Mi riservo pero' di ascoltare in merito le indicazioni del Mister Peggy che ci legge per conoscenza riguardo all'utilizzo tattico del giocatore e se ne ritiene indispensabile l'inserimento nella compagine. Nel caso contrario, essendo io gia' in possesso della firma del giocatore, mi riservero' di trattare uno scambio con gli acerrimi rivali."

La risposta della Dinamo non si fa attendere:


Contano i fatti.

lunedì 1 settembre 2008

(Non è il 4 luglio, ovvio, ma è il compleanno di Sandra.)

Bruce Springsteen
4TH OF JULY, ASBURY PARK (SANDY)
(From "The Wild, the Innocent, The E St...")
Note: Transcribed from the book "Springsteen Complete"

INTRO: C F C F
Sandy the fireworks are hailin' over Little Eden tonight
C F C
Forcin' a light into all thode stoned-out faces left stranded on this warm July
Am Gsus
Down in town the circuit's full wit switchblade lovers so fast so shiny so sharp
C F C
As the wizards play down on Pinball Way on the boardwalk way past dark
Am Gsus
And the boys from the casino dance with their shirts open like Latin lovers on
F G C
the shore
Am
Chasin' all them silly New York girls
Gsus G F/G G7
Sandy the aurora is risin' behind us, the pier lights our carnival life forever
F C F C F/G G G7 F C F C F
Love me tonight for I may never see you again, hey Sandy girl
F C F C G Dm7 G7 C
Now the greasers they tramp the streets or get busted for trying to sleep on
the beach all night
Them boys in their spiked high heels ah Sandy their skins are so white
And me I just got tired of hangin' in them dusty arcades bangin' them pleasure
machines
Chasin' the factory girls underneath the boardwalk where they promise to unsnap
their jeans
And you know that tilt-a-whirl down on the south beach drag
I got on it last night and my shirt got caught
And that Joey kept me spinnin' I didn't think I'd ever get off
Oh Sandy the aurora is risin' behind us
The pier lights our carnival life on the water
Runnin' down the beach at night with my boss's daughter
Well he ain't my boss no more Sandy
Sandy the angels have lost their desire for us
I spoke to `em just last night and they said they won't set themselves on fire
for us anymore
Every summer when the weather gets hot they ride that road down from heaven on
their Harleys they come and they go
And you can see `em dressed like stars in all the cheap little seashore bars
parked making love with their babies out on the Kokomo
Well the cops finally busted Madame Marie for tellin' fortunes better than they
do
This boardwalk life for me is through
You know you ought to quit this scene too
Sandy the aurora's rising behind us, the pier lights our carnival life forever
Oh love me tonight and I promise I'll love you forever
Dm7 G7 F
CHORD FORMATIONS:
C x 3 2 0 1 0
F x 0 3 2 1 1
Am 0 0 2 2 1 0
Gsus 3 x 0 0 1 3
G 3 2 0 0 0 3
F/G 3 x 3 2 1 1
G7 3 2 0 0 0 1
Dm7 x 0 0 2 1 1

sabato 30 agosto 2008

+ 8

yes, we can

venerdì 29 agosto 2008

Alla fine, la rana resta al suo posto.
Non è poco.
Il presidente provinciale Luis Durnwalder aveva chiesto la rimozione dell’opera dell'artista Martin Kippenberger, collocata prorprio all’ingresso del nuovo Museion di Bolzano: “Si tratta di un’offesa”, lasciando anche intendere che l’artista era in realtà completamente pazzo: “Si tratta di un grande artista il cui vissuto è stato però caratterizzato da forti tensioni interiori e in questo caso sembra che egli abbia passato il segno”.
Il presidente del consiglio regionale Franz Pahl aveva addirittura minacciato lo sciopero della fame.
L’assessore provinciale alla cultura Sabrina Kasslatter Mur ha invocato: “Toglietela, ci offende, non siamo a New York“, tanto per far comprendere dove bisogna spostarsi perchè l’arte abbia la libertà d’espressione.
Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale, aveva detto: “Siamo rammaricati per la fine del dialogo tra mondo dell’arte e mondo religioso”.
Il vescovo Wilhelm Egger afferma: “I sentimenti religiosi hanno il diritto di essere rispettati. La rana crocifissa esposta al nuovissimo Museion d’arte moderna ha stupito tanti visitatori del Museion e li ha feriti nei loro sentimenti religiosi. Una mostra di opere simili non aiuta alla pace tra le culture e le religioni”.
Il presidente di An Alessandro Urzì ha parlato di “atti blasfemi da parte degli autori”.
Dal canto suo Il Giornale, come sempre distinguendosi con l’analisi più approfondita, chiede provocatoriamente perchè, come al solito, si sfotte la religione cattolica e non quella islamica: a fare le spese della loro creatività (degli artisti) è sempre Gesù Cristo.

martedì 12 agosto 2008

Waitin' south

Il blog di CJ chiude per ferie sino a fine mese.
Finalmente si parte, direzione sud, terra di Puglia.
Ormai diversi anni fa, abbiamo già visto quei luoghi carichi di storia, rimanendone folgorati. Abbiamo ammirato lo splendore abbagliante della luce sulle pietre color miele del barocco leccese, gli straordinari mosaici della cattedrale di Otranto, il mare celeste della Baia di Gallipoli, il mistero ottagonale di Castel del Monte, i sassi di tufo biancastro di Gravina e anche della vicina Matera, lo spettacolo della Cattedrale di Trani illuminata dal sole che tramonta sull'acqua, i buffi trulli di Alberobello e i vigneti della vicina Locorotondo, i paesi dell'interno salentino disseminati tra oliveti secolari e masserie ancora da ristrutturare, se ce ne sono ancora in giro, i paesi sempre in festa per la Madonna d'Agosto, con le strade invase da fettuccine colorate e da statue colossali.
Stavolta cercheremo di coprire le lacune del nostro primo viaggio, per cui lavoreremo di fioretto, per restare in tema con le Olimpiadi.

A proposito di Olimpiadi. Una polemichetta sterile, e politically uncorrect. Sono mesi che le tv di tutto il mondo ci mostrano le proteste - sacrosante, per carità, come tutte le volte si parla di diritti negati, lo ripeto: sacrosante - per la miope repressione cinese in Tibet. Di fronte a questi simpatici monaci, stretti nelle loro raffinatissime tuniche di raso arancio, si sono stracciati le vesti un pò tutti i leader dell'Occidente, salvo stringere rapporti economici sempre più stretti con quella che ormai è una delle più grandi potenze mondiali. Qualcuno non è andato alla cerimonia di inaugurazione di Pechino. Scelta rispettabile. Resta il fatto che, pochi giorni dopo, l'amico Putin ha bombardato l'Ossezia, in territorio georgiano, soffiando sul fuoco di quella che è una guerra, che ha già provocato migliaia di vittime: non sembra che la cosa abbia suscitato quel gran clamore. Evidentemente, gli Osseti non hanno quell'appeal mediatico dei monaci tibetani, che pubblicizzano persino - in compagnia di Richard Gere - la nuova Lancia Delta...

Tornando al sud, andremo dunque in tutti quei posti che l'altra volta fummo costretti a saltare: la bianca Ostuni, senza dubbio, poi la Puglia Imperiale (Barletta? Minervino?), la cattedrale di Bitonto, il Lago di Lesina, le saline di Margherita di Savoia, Martina Franca, forse Manduria per comprare il primitivo, e poi il paesaggio arido e desolato delle Murge.
E il mare, bellissimo, la costa adriatica (prima il Gragano, zona Peschici, e poi i Laghi Alimini) e quella ionica (Porto Selvaggio, Punta Prosciutto, le Maldive, Torre Mozza).
E infine la festa popolare della Notte della Taranta, con il gran finale il 23 a Melpignano (http://www.lanottedellataranta.it/concertone.php), nel mezzo della Grecia Salentina. Anche Stewart Copeland è passato di qui...

Vivremo insomma tutte le emozioni che solo la terra del sud è capace di regalare.

Il Sud, purtroppo, è anche Gomorra.
Siamo andati a vederlo anche noi, con Sandra. Era in programmazione al Cinema all'aperto, nella rassegna "Proiezioni Urbane: il Muro" promossa dall'Ordine degli Architetti con l'Arci. Penso che Garrone abbia fatto un gran lavoro, se ne è già parlato tanto, la mia voce di certo non aggiunge nulla. Ma non era facile mettere in scena il fortunatissimo romanzo, strutturato com'è in episodi spesso slegati tra loro. Le cose che non mi hanno convinto sono l'improvvisa redenzione dell'aiutante di Servillo, una via d'uscita che se non rammento male tra le pagine di Saviano non si trova, e l'incipit "a la videoclip", con un regolamento di conti in un wellness center della periferia napoletana, una (inutile) concessione facile allo spettacolo più truculento.
Memorabile, invece, la scena apocalittica di Ciro e del suo amico che imitano Scarface scaricando interi caricatori di un Kalashnikov nell'acqua, per poi dare fuoco a una piccola imbarcazione di legno ormeggiata a riva.
Qui:



Si è fatto tardi, è tempo di caricare le biciclette e le ultime cose sul camper. Libri, questi: con Sandra abbiamo scelto cose leggere, da Hornby a Soriano, l'ultimo Brizzi, e i best seller del momento, "L'eleganza del riccio" e "La solitudine dei numeri primi".
E l'immancabile "Gambero Rozzo", la guida alle trattorie e alle osterie più tipiche e tradizionali, anche se a dire al vero sarà meglio non esagerare con orecchiette e Negroamaro. Il gran premio delle sagre dell'estate travese ha lasciato infatti un'eredità pesante, la bilancia non mente. Quest'estate, il solito pienone in valle: peccato solo per la Festa della Birra, che CJ ha dovuto saltare per via della sua trasferta di studio spagnola... in ogni caso, quest'anno Sandra si è disimpegnata con classe tra piadine e nutella.
In assoluto, si parte con poche certezze, comunque, e una di queste è la conferma di Balotelli a 30 crediti.
Un saluto a tutti gli amici del blog, allora, dando appuntamento per il sondaggio di fine estate sul blog di Balckbado, quello sul Piace di tutti i tempi (anticipazioni: CJ voterà tra gli altri Stroppa, Carannante, Turrini e Signori) e segnalando una funzione aggiunta di recente (in basso nella colonna di destra), ovvero il Clustrmap, un indicatore visivo dei luoghi al mondo dai quali qualcuno si è collegato (in un arco di tempo sconosciuto...) almeno una volta con il blog.
Ci sono New York (Steve?), l'Andalusia (qui dovrebbe essere Gigiconti che doveva verificare la disfatta di Lupin III...) e persino la Thainlandia. O Kuala Lampur, non sono riuscito a individuare con certezza.: chi cazzo sarà, poi...
Divertente.

domenica 10 agosto 2008

Per un blog ci vuole una buona dose di autoironia, c'è sempre il rischio di prendersi troppo sul serio.

Nel presentare il suo, di blog, Richard Thompson - geniale autore di Cul de Sac, una divertentissima strip ambientata in un'anonima cittadina del middle America - scrive:
"la blogosfera, una comunità virtuale di web logs interconnessi, ha annunciato oggi l'aggiunta del suo ennemiliardesimo membro quando la Signorina Myrna Hummel ha lanciato il suo blog, "I PENSIERI A CASACCIO DI MYRNA".
Il primo post, "FORSE QUESTO PREPARATO PER FRITTELLE E' VECCHIO", è stato rapidamente linkato da oltre 5 milioni di blog e si adatta perfettamente al non dichiarato mandato della blogosfera:
* la diffusione di aneddoti e osservazioni privi di senso;
* l'espressione di opinioni mal informate;
* la circolazione di foto di gatti.
In effetti, il bloggare gatti è motivo di preoccupazione. I bloggers sono così in sovrannumero rispetto ai gatti che c'è una forte penuria di gatti non bloggati."
(http://richardspooralmanac.blogspot.com)

Di gatti a Fiorano non se ne vedono più, proprio adesso che sarebbero stati così utili con tutte queste pantegane.
Però c'è Oscar.
Il blog di CJ potrebbe, allora, occuparsi di Oscar.
Ieri, io e Agnese l'abbiamo portato a fare il bagno in Trebbia. Siamo andati su una spiaggetta di sassi bianchi vicina alla confluenza del Dorba, sotto la rocca di Caverzago. Avreste dovuto vedere com'era contento. E anche Agnese lo era.
Cazzo, il vecchio Oscar sono già otto anni che sta con noi.
Una presenza sempre più silenziosa, a tratti impalpabile, discreta: ormai si agita solo se c'è in giro una spiedata...
Ma ne ha combinate di tutti i colori, in questi anni. Dagli incontri ravvicinati con il rottweil dei napoletani del villone qui sopra, alle due ferite che ha inferto al golden del barbiere. Persino il bastardino di mio cugino, circa un anno fa, se n'è tornato a casa con un bel buco in un orecchio. L'aveva sigato tutta la sera, però, mi disse Sandra.
L'episodio più memorabile rimane quando, saranno stati tre o quattro anni fa, la nostra vicina Linda lo trovò alle sei del mattino appeso a una ringhiera insanguinata, nei pressi del ponte di Statto. Aveva un'asta di metallo infilata nello scroto, lo stronzo, tanto che le operazioni per liberarlo durarono diversi minuti, alla Linda toccò sguainarlo a mani nude. Il veterinario dovette somministrargli parecchie dosi di anestetico per riuscire a curarlo a dovere. Poveraccio, era là, piegato sul lettino, con la sigaretta in bocca e la barba poco curata - l'avevo tirato giù dal letto alle sei e mezzo - impassibile nel suo lavoro di cucitura. E' stato fortunato, mi disse. La spranga si è infilata proprio tra i due testicoli. Poteva andargli molto peggio. Cazzi suoi, pensai. Questa volta, fuor di metafora. Alla fine delle operazioni, che durarono tre ore o poco più, il tipo mi chiese 70 euro, Iva compresa. Io ne avrei chieste 700, risposi io, ringraziandolo.

Mezzo labrador, mezzo pastore maremmano, Oscar è proprio un bell'incrocio.
Così almeno ha sentenziato l'esperto del canile, quando siamo andati a prelevarlo, anche se il suo pelo folto e gonfio a noi ricorda più i canidi da slitta, tipo samoyedo. Ero andato ai primi di ottobre là, l'anno era il 2000, per regalare un cane a Gio Jr. Non ne avevo mai potuto tenerlo uno, in città. Mia madre diceva sempre che lo vietava il regolamento di condominio. Allora perchè i signori del terzo piano tengono Jack, un fottuto cocker che scivola sempre con le sue zampone sulle scale appena lucidate dalla Nanda? Perchè Jack è vecchio, rispondeva lei. Cos'avrà mai voluto dire, non lo so.
Tornando al canile, successe che dopo aver visitato decine e decine di gabbioni di ferro zincato accompagnato dall'incessante guaire dei poveri reclusi, ancora non ne avevo trovato uno che mi sfarfallasse. Erano tutti dei bastardini piccoli e tozzi, spelacchiati e dallo sguardo triste. Stavo già male al solo pensiero di ritirarmi dalle mie intenzioni, dopo essere entrato nel recinto principale con tronfie dichiarazioni circa il mio volerne adottare uno. Avrei deluso le aspettative dell'assistente, una tipa che amava i cani più degli uomini, parole sue. Allora le domandai come mai non ci fossero cani di grossa taglia. Perchè non me lo hai detto prima, mi fece lei, quelli lì non li vuole mai nessuno, sono troppo impegnativi. Così, appena entrai nel reparto dei bestioni, fu Oscar che scelse me, aggrappandosi furiosamente alla rete, cercando di leccarmi una mano per dimostrarmi tutto l'affetto che avrebbe saputo, e voluto, donarci.

giovedì 7 agosto 2008

QUASI COME KEROUAC, 04

(July 24th, 1994) - SECONDA PARTE

La strada taglia il Sonoran Desert in due porzioni uguali.
Attraversiamo questa landa arida e desolata con tantissimo entusiasmo e voglia di stupirci. Siamo gasati. La radio è a manetta. Sono le due del pomeriggio, e la temperatura sfiora i quaranta.
I laghi di Cadiz e Danby, incastonati tra le Iron e le Calumet Mountains, sono quasi un miraggio, un'oasi, dopo tante miglia di nulla e poi nulla. Oltrepassato il Granite Pass, incontriamo per la prima volta il fiume Colorado, che diventerà nostro fedele compagno di viaggio nei prossimi giorni. Il grande fiume costituirà, per lunghi tratti nel futuro del nostro viaggio, il confine tra gli stati della California e dell'Arizona, il Grand Canyon State.
Sulla Statale n. 62 non ci sono segni di vita, o quasi. Incontriamo una casa, o meglio la sua cassetta della posta (sempre collocata sulla strada principale, mentre le case a volte sono in fondo a lunghi viottoli polverosi), solo ogni morte di Papa.
La Camry viaggia a tutto gas. Ci avevano avvertiti che in California sono inflessibili contro gli eccessi di velocità. Se passi i limiti di un tot, ti portano dentro una notte, e la passi in cella, non ci sono di cazzi. Ma qui nel deserto, sembra impossibile incontrare una pattuglia. Dovrebbero scovarci con l'elicottero. Tipo Punto Zero. Tipo Kowalski. Ma per quale motivo dovrebbero seguirci con un elicottero, poi? Avranno dell'altro da fare, che seguire tre stronzi di turisti italiani su una fottuta Toyota a noleggio, pensiamo.

La lancetta del carburante crolla paurosamente. Succede tutto all'improvviso: dieci minuti prima segnava quasi un quarto di serbatoio.
Merda, siamo in riserva sparata.
Rallentiamo.
Big controlla la mappa. A dieci miglia da qui, nel buco del culo del mondo, è segnata una località chiamata Rice, proprio al bivio con una strada secondaria che corre verso sud, parallela alla ferrovia che porta al confine messicano.
Procediamo a bassa velocità, aiutati dal cruise control, un meccanismo per noi nuovo che non ti permette di superare un limite prefissato.
Merda.
Scorgiamo due case diroccate in lontananza, ai margini della statale.
Su una delle due costruzioni vi è ancora dipinta una scritta: WELCOME TO RICE. Poco più in là, un distributore abbandonato da anni. Nel piazzale c'è un auto con il cofano aperto, e il suo proprietario steso a terra a torso nudo, apparentemente addormentato.
Cazzo, faremo la sua fine, pensiamo.
Riprendiamo la marcia, e come per miracolo la lancetta risale un pò. Tra dieci miglia dovremmo essere a Grommet, così almeno dice la nostra carta. Non ci nascondiamo che ci sono discrete possibilità che Grommet possa essere come Rice, l'ennesimo villaggio fantasma in queste terre di frontiera. Avamposti dimenticati della mitica corsa all'oro che si scatenò nel secolo scorso.
Così è, infatti.
Anche a Grommet non c'è un cazzo di niente.
Adesso sì che siamo preoccupati. Qui in California chi rimane senza benzina si becca anche una pesante sanzione, oltre al fatto che su questa strada non passa un cazzo di nessuno e di telefoni neanche a parlarne...
Diciannove miglia più avanti la mappa segnala Vidal Junction, a poche miglia dal confine. Arriviamo lì con il motore che procede letteralmente a strappi, cercando di pescare le ultime gocce di nettare vitale dal serbatoio. Ancora tre o quattro miglia e non ce l'avremmo fatta. Facciamo il pieno in una stazione si servizio della Shell, e mentre ci godiamo lo scampato pericolo ci diciamo che non aspetteremo più di restare in riserva.

In Arizona il deserto è ancora più deserto.
Costeggiamo il Cactus Plain, una distesa infinita di saguari, il cactus più familiare nel paesaggio dell'Arizona meridionale. La strada statale n. 95 ci conduce a Quartzsite, dove imbocchiamo la Freeway n. 10 in direzione est verso Phoenix, la capitale.
Il sole è sempre alto all'orizzonte, e ci accompagna durante la nostra cavalcata attraverso il Ranegras Plain, le Big Horn Mountains, il Tonopah Desert. In realtà, il paesaggio è sempre uguale: rocce, sabbia rossa e cactus. E poi ancora rocce, sabbia rossa e cactus.
Qunado giungiamo a Phoenix, il sole sta tramontando e regala uno scenario assai spettacolare. La vista di questa magnifica cattedrale del deserto, questa selva di guglie e grattacieli illuminati dalla sua luce rossastra resterà indimenticabile. La freeway penetra nel superbo skyline metropolitano come nel ventre di un mostro, e offre una serie di vedute mozzafiato. Sostiamo all'Heritage Place per una rapida visita, ma il caldo è insopportabile.
Esausti, ci mettiamo in cerca di un posto decente dove passare la notte. Lo troviamo sulla strada in direzione est, verso Scottdale, un Motel pulito con una piccola piscina in cortile, dove ci immergiamo subito dopo esserci liberati dei bagagli. Il bagno notturno ci ritempra e offre un temporaneo sollievo alla terribile calura.
Usciamo per la cena a un orario assurdo. Verso le undici, prendiamo un tavolo al ristorante messicano lì a fianco. Il gestore, Tom, è un tipo robusto con due bei baffoni neri. Ci chiava più di cinquanta verdoni a cranio per dei tacos e delle tortillas col chili, ma rimane un tipo simpatico. Altri posti dove mangiare non ce ne sono. Cazzo doveva fare? Era chiaro che ci avrebbe chiavato.
La clientela del locale ci piace meno. Puttane attempate, facce rugose e vissute da giocatori d'azzardo e da magnaccia, bevitori di birra di mezza marca che alzano la voce, sempre in cerca di un pretesto per scatenare una rissa.
Non è il caso di restare a fare due chacchiere conviviali, pensiamo.
Sarà meglio se andiamo a controllare se c'è ancora tutto nella nostra stanza.

lunedì 4 agosto 2008


Viene spontaneo citare per l'ennesima volta un titolo di Cuore per commentare a dovere il risultato delle semifinali del mitico Grande Sondaggio dell'estate, che questa volta ha sfondato il muro dei 70 voti. Ancora una volta, infatti, alcuni sospetti movimenti di voti hanno rischiato di alterare il significato della consultazione.
Molto strani, a giudizio del Comitato dei Garanti, sono soprattutto i due ex aequo dei gironi 2 e 3...

Il sospetto è che qualcuno stia cercando di boicottare il blog di Country Joe.
Perchè inizia a dare fastidio.
E' come Poldo, cazzo.
Che fine ha fatto Poldo Sbaffini?
L'amico di Braccio di Ferro che non faceva altro che mangiarsi dei panini...

Ho fatto una ricerca su di lui sul web:
Incontriamo per la prima volta Poldo nel 1931 in occasione di un incontro di boxe tra Popeye ed il generale Bunzo. Poldo Sbaffini (o Sbafini) è lo sciatto e viscido arbitro del match. Viscidità che nel corso degli anni lo spinge a compiere i gesti più meschini pur di ottenere il suo scopo primario: un panino a sbafo.
Poldo fa della sua disoccupazione uno “status”. Il suo è uno stato di parassitismo che obbedisce all’innato istinto di sopravvivenza.
La catena di ristoro americana Wimpy, specializzata naturalmente in hamburger, prende appunto il “cognome” da questo goloso personaggio


Il Sistema lo disprezzava, non c'è alcun dubbio...

Qualcuno ha visto un cartoon di Popeye, ultimamente?
Io sì, diversi, con Agnese.
Ebbene, Poldo non c'è più.
L'hanno fatto fuori.
Evidentemente, era un personaggio scomodo...

Tant'è.

Ecco il verdetto:
Girone 1: WILLIE 52 (72%), Lupo de Lupis 15, Silvestro 3, Grisou 2;
Girone 2: LUPIN III e PELINE 31, Jeeg 6, Holly e Benij 3;
Girone 3: BARBAPAPA' e NICK CARTER 32, Flinstones 5, Winnie 1;
Girone 4: CAPITAN HARLOCK 36, Wackie Races 24, South Park, Futurama 2, Spot The Pingeon 1.

Pronti per la finalissima?